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Autore: AsanoLight    17/07/2013    0 recensioni
E' una stupenda mattinata, l'ideale per andare al mare. Il dottor Akari, tuttavia, non la pensa alla stessa maniera e preferisce restare chiuso nel suo studio e continuare a lavorare piuttosto che sollazzarsi con l'equipaggio della Seconda Nave. Ma l'arrivo di Hirato stravolgerà ogni suo piano.
[HiratoxAkari]
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akari, Hirato, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Oggi è una giornata ideale per andare al mare, non pensi anche tu, adorabile Akari?».
Tutto era cominciato da quella frase, quelle parole che Hirato aveva pronunciato insidiandosi come al suo solito nel suo studio, senza nemmeno scusarsi del disturbo arrecato. Si era messo lì, a sedere proprio di fronte a lui, in tutta la sua compostezza da gentiluomo, e gli aveva rifilato un'altra delle sue indecifrabili occhiate.
Che aveva qualcosa in mente, glielo poteva leggere in faccia, ma non aveva davvero voglia di perdere tempo con lui né chiedergli dei suoi piani. Sapeva che, presto o tardi, sarebbe stato lo stesso comandante a parlare. Aveva fatto ciò che gli veniva più naturale.
Con il capo chino sui dati che stava studiando prima del suo arrivo, era rimasto immerso nel più profondo dei silenzi, come se fosse stato da solo in quello studio -come di consuetudine lo era-. Si era abituato a quella quiete imbarazzante. Se ne sarebbe fregato altamente, sia di quello che pensava Hirato sia di quello che aveva da dirgli. Non gli voleva essere debitore, tantomeno voleva avere a che fare con lui. Akari faceva scorrere i suoi occhi di pesca sui fogli, trovava rifugio in quei risultati, quelle scritte e quei numeri e si sentiva bene, lontano dallo sguardo accattivante del comandante. Ma Hirato amava provocarlo, ci provava uno strano gusto.
«Sei sempre così indaffarato...», aveva mormorato grattandosi perplesso il mento, smorzando un mezzo sorriso compiaciuto, «Ti farebbe proprio bene una vacanz-».
«Voi del Circus non avete proprio niente di meglio da fare che venire ad infastidirmi, vero?».
Akari gli aveva risposto con tono freddo e distaccato, posando il suo sguardo per un effimero istante sul comandante per poi lasciarlo scivolare nuovamente sui suoi documenti: «Sei tu quello ad aver bisogno di una vacanza lontano da me. Io sto bene qui dove mi trovo».
 
«Capisco...».
Hirato aveva sibilato solamente quelle parole, velandole di un tono comprensivo ma piuttosto risentito.
 
Per quel motivo, per quello sciocco silenzio che era nuovamente piombato in quella stanza, Akari si era sentito di nuovo libero, sgravato da un enorme peso. Ma per la stessa, medesima ragione, non riusciva a spiegarsi come avesse fatto, nemmeno mezz'ora dopo, a ritrovarsi in spiaggia assieme all'equipaggio della Seconda Nave. O, meglio, una spiegazione forse c'era, perché dopo una sonora botta sulla testa, ricordava vagamente di aver perso conoscenza lasciando morire nella bocca un insulto rivolto esplicitamente ad Hirato e, quando si era risvegliato, aveva indosso un paio di pantaloncini corti e messi all'incontrario ed aveva la schiena impanata di sabbia. Non poteva andare peggio.
 
«Akari!», lo importunò Eva porgendogli un fresco bicchiere di aranciata, «Finalmente ti sei svegliato! Temevamo fossi morto!».
La sua turchese e voluminosa chioma le accarezzava le spalle e le natiche ed il suo costume metteva in risalto il suo abbondante seno. «S-Sì», borbottò il medico imbarazzato scansandole la mano, con un gesto che indicava un chiaro rifiuto, «E sfortunatamente per voi, me ne ritorno subito nel mio studio. Non perderò una giornata sotto l'ombrellone».
«Ma che peccato. Nel cestino del pranzo che abbiamo preparato per te c'è anche il tuo amato tarunero», scherzò Hirato, che sdraiava prono sul suo asciugamano, trattenendolo per una caviglia ed impedendogli di andarsene, «Quello che piace tanto». Lo sguardo del dottore lo fulminò. Strinse i pugni irritato e fece per liberarsi della sua presa senza successo: «Lasciami andare! Che scherzo è mai questo?! Dove sono i miei vestiti?!».
«Nel tuo studio, ovviamente». La risposta di Hirato giunse ad Akari agghiacciante ma, ancora di più, lo era l'espressione serafica ed innocente che il comandante aveva in volto, come se la situazione non lo riguardasse minimamente.
«Nel mio studio», ripeté il dottore con tono secco, corrucciando le sopracciglia, pronto ad esplodere in un impeto di rabbia, «Non ti azzardare a rivolgermi più la parola, bastardo».
Bofonchiò queste parole e si mise seduto sul suo asciugamano, al riparo dalla luce accecante ed abbagliante del Sole, rannicchiato e con la testa nascosta tra le braccia. Non aveva nemmeno le sue mutande addosso. Hirato lo aveva spogliato di tutti i vestiti, gli aveva lasciato solo quel ridicolo costume addosso, oltretutto messo all'incontrario di proposito. Doveva averlo visto nudo, dunque.
Una vampata di calore lo colse facendogli balzare il cuore in gola e tingendogli di rosso perfino le orecchie.
Non ci voleva pensare.
 
Si gettò all'indietro sull'asciugamano, sdraiandosi e tenendo lo sguardo dritto verso l'ombrellone, senza azzardarsi a piegare la testa, ond'evitare di incrociare quello di Hirato. Eva stava ancora in piedi, con gli occhi che miravano lontano verso l'azzurro e cristallino mare che rifletteva i caldi riflessi del Sole. Intravide una chioma bionda venire mossa dal vento e, poco più vicino, c'era un ammasso di capelli bianchi dalle sfumature violacee che si rotolava nella sabbia. Gareki le guardava entrambe tirando affranti sospiri e, accanto a lui, Tsukumo, con i capelli lisci, liberati dai soliti ciucci in cui li teneva raccolti, sfoggiava un caloroso sorriso.
Yogi e Nai si tiravano divertiti una pallina da tennis e giocavano ad acchiapparla.
Così, ora l'uno, ora l'altro, si gettavano a terra per recuperarla e farla volare nuovamente. Eva si liberò dei suoi sfarzosi sandali e li ripose con cura sopra il proprio asciugamano raggiungendoli in una corsa.
«Eva-neesan!», gli urlò il biondino affondando i piedi nella bollente sabbia dorata, «Vieni a giocare con noi!».
Nai agitò le sue mani a destra e sinistra festeggiando e corse poi incontro a Gareki abbracciandogli affettuosamente il torso. Yogi li raggiunse allora entrambi spupazzandoli allegro e gettandoli per terra.
Risero di gusto, tutti tranne il burbero ragazzo dai corvini capelli, che si lasciò sfuggire un sospiro mentre accusava il biondino di essere sempre troppo irruento nelle sue azioni. Eva raggiunse Tsukumo e sfoggiò uno dei suoi solari sorrisi, di quelli che le irradiavano il viso ogni volta che parlava.
«Che caldo che fa...», si lamentò avvicinandolesi ed accarezzandole la spalla, «Che ne dici di buttarci in acqua per un rinfrescante bagno?».
La ragazza scosse la testa timidamente e cominciò a parlare con tono basso ed imbarazzato: «Sinceramente volevo rimanere qui a giocare con Nai-chan, Yogi e-».
«Capisco», le mormorò in un radioso sorriso la donna dai turchesi capelli, poggiandole una mano sulla sua chioma di platino, «Hai davvero un cuore d'oro, Tsukumo».
Si raccolse i capelli in una fastosa coda di cavallo e si rifece il laccio del reggiseno del bikini correndo rapidamente verso il calmo mare:
«Se gli altri mi cercano, dì che sono andata a farmi una nuotata a largo! Torno fra una mezz'oretta!».
Così dicendo si lasciò accarezzare il corpo dalle salate e fredde correnti marine, lasciandosi trascinare lontana, sempre più distante da quella spiaggia paradisiaca.
 
«E così, siamo di nuovo rimasti soli, Akari». Hirato cacciò un'occhiata divertita e d'intesa al medico ed allungò una mano ai cestini del pranzo in vimini impilati l'uno sopra l'altro alla base dell'ombrellone per tenerlo fermo ed evitare che cadesse spinto dal vento. Se ne pose uno, decorato con colorati e sfarzosi fiorellini, sopra le nude ginocchia e lo aprì tirandone fuori un paio di bacchette. «Tarunero affumicato», disse avvicinandovi il naso e riempiendosi i polmoni di quel forte aroma. Fece nuovamente scorrere lo sguardo su Akari, supino sul proprio asciugamano, con gli occhi chiusi ed il respiro profondo. Si portò una mano davanti alla bocca ricacciando una compiaciuta risata.
Se avesse avuto a portata di mano un pennarello, gli avrebbe indubbiamente scarabocchiato la faccia. Scosse la testa. Esistevano scherzi migliori da fare al povero medico. Impastocchiargli il viso, per quanto l'idea lo tentasse assai, era fin troppo infantile. Sbuffò ed afferrò con la bacchetta un tocchetto di tarunero, già precedente tagliato. Yogi, Gareki e Nai erano finiti per fare la lotta sulla sabbia. Un po' di sano combattimento avrebbe fatto bene allo spirito indomabile di quello spocchioso ragazzo dai corvini capelli. Tsukumo si era invece seduta nel bagnasciuga, i rosa fronzoli del suo costume erano stati mollati. Dondolava i piedi a destra e sinistra divertita scavando ai suoi lati, con le mani curate, delle piccole buche. Tutti erano felici e, da una parte, erano proprio i sorrisi dell'equipaggio della Seconda Nave che rendevano soddisfatto anche Hirato. Li aveva presi da anni sotto la sua ala, si sentiva responsabile per ognuno di loro ed avrebbe fatto di tutto perché fossero felici.
Certe volte era severo, certe volte li prendeva in giro ma in fondo, nel suo cuore, voleva bene a ciascuno di loro. Ognuno ai suoi occhi era speciale. Posò lo sguardo su Akari. Lui lo era in particolar modo e, anche se spesso il medico rimaneva freddo e distante nei suoi confronti, sapeva che, da qualche parte nel suo glaciale cuore, c'era un pizzico d'amore per 'Hirato'. Continuò a stringere con le bacchette il pezzo di tarunero. Si avvicinò poi con una mano al viso del medico e, mentre con una gli tappava il naso, con l'altra gli ficcava il cibo in bocca accompagnandolo con un infantile e smielato: «Amm~ ♥». Akari aprì gli occhi di soprassalto, raggelato dalla vicinanza del volto del comandante al suo e da quel disgustoso sapore a cui le sue papille gustative non erano abituate.
Fece quasi per sputarlo ma le mani di Hirato gli strinsero le guance aiutandolo a masticare, con un forte tono di presa in giro:
«Su, su, ora, non fare i capricci. Non è mica la fine del mondo».
Il medico deglutì malvolentieri e tirò affannati respiri. Il cuore gli era saltato in gola, sia dallo spavento, sia dallo stupore.
Quando realizzò ciò che era appena accaduto, strappò violentemente dalle mani del comandante le bacchette e gliele mostrò con sguardo fermo e deciso.
«Le vedi queste?», ringhiò stringendole con forza, «Se ti azzardi un'altra volta a fare qualcosa del genere, non sai dove te le ficco». «Come siamo freddi, dottore...», gli rispose Hirato con il sorriso nella bocca, arricciandosi i suoi scuri capelli tra l'indice ed il medio, «Dopo tutto l'impegno che ci ho messo per prepararti il cestino del pranzo...». «Nessuno te l'ha chiesto!», lo redarguì Akari mettendosi seduto ed impuntandogli un dito sul petto turbato, «Come quando mi avete portato qui! Non ti ha sfiorato la mente il pensiero che potessi avere altro da fare alla Torre di Ricerca?». Hirato si sistemò la montatura degli occhiali ed indicò Nai, che si stava rotolando allegro sulla sabbia, e Gareki, che invano tentava di liberarsi dell'abbraccio soffocante di Yogi: «Sai, avrei anche potuto lasciare quei due mocciosi sulla nave con le pecore-robot o affidarli a quelli della Prima, piuttosto che portarmeli dietro, no? Voglio dire, essere al mare non ci esenta dall'essere esposti a dei pericoli. I Varugas sono sempre in agguato e potrebbero attaccare in ogni momento, giusto? Eppure, nonostante ciò, ho deciso di portarmeli dietro». «Se sei un idiota, non è mica colpa mia», commentò l'altro burberamente, scrutando il profilo del comandante mentre parlava. I capelli gli accarezzavano la nuca, alcuni li teneva dietro le orecchie. Sotto l'ombrellone, non sembravano sfoggiare gli stessi riflessi violacei che vantavano alla luce del Sole. Ma, ecco, quella pelle di porcellana, così liscia e priva di imperfezioni che poteva ammirare quel giorno, quel nudo corpo che poteva gelosamente guardare solo una volta l'anno, durante la visita di routine e-
«Akari, mi stai ascoltando?».
Hirato aveva un tono piuttosto risentito.
Il medico sbuffò e fece per sdraiarsi di nuovo sull'asciugamano parlando spicciamente: «Sì, sì, stavi dicendo dei Varugas e del fatto che tu abbia portato qui anche Nai per-». «Vieni con me», lo incitò il comandante in un comprensivo sospiro porgendogli la mano, «L'acqua del mare mi ispira parecchio oggi. E' un peccato non bagnarsi». Il medico lo incendiò con il suo docile sguardo di pesca: «No. Scordatelo. Io non verrò con te». «Potresti approfittare dell'occasione per farti una nuotata un po' a largo e girarti il costume, dato che lo indossi al contrario», lo sollecitò il comandante in un innocente sorriso, tirandogli la mano ed incitandolo ad alzarsi. All'udire di quelle parole, il dottore oppose resistenza stringendosi al suo asciugamano irritato ed arrossendo in viso: «T-Tu! Non dire altro o giuro che t'ammazzo! L'hai fatto di proposito a mettermi il costume all'incontrario, eh, razza di bastardo?!». «Non è mica stata intenzionata la cosa, Akari», si scusò Hirato chinando il capo senza lasciarsi tuttavia sfuggire una risata, «Ma nel costume mancava l'etichetta e dovevo fare tutto di fretta. Se i ricercatori avessero aperto la porta all'improvviso mentre ti infilavo il costume, credo che avresti fatto meglio a dare le tue dimissioni e rifugiarti in qualche isola o Paese nell'altro Emisfero e cambiare identità. Sarebbe stato terribile...».
«Terribile?!», urlò il medico liberandosi della sua presa e mettendosi in piedi, «Sì, certo, per la mia immagine sicuramente. Ma forse non sarei morto di solitudine, lontano dalla tua faccia».
Hirato si portò entrambe le mani dietro la nuca uscendo dal rezzo dell'ombrellone ed avvicinandosi alla riva: «Akari-san, sei un pessimo bugiardo».
Il medico lo udì e lo raggiunse aggrottando la fronte: «Con quella faccia che ti ritrovi, sei proprio te a parlar-!».
Si interruppe non appena sentì qualcosa colpirlo forte alla tempia. Accusato che ebbe il colpo, si chinò a raccogliere una pallina fosforescente da tennis. Fece vagare lo sguardo entro un raggio di sei metri e, quando avvistò un ragazzo biondino, alto quanto lui, mentre si allontanava spaventato fuggendo a gambe levate, gli restituì il colpo beccandolo in piena fronte. Nai gli accorse immediatamente atterrito mentre Gareki si gettò a terra esplodendo in una risata di gusto, che mai si era permesso di mostrare.
Hirato si avvicinò alla riva e passò una mano tra i capelli di platino di Tsukumo rifilandole un pacifico sorriso: «C'è del tarunero avanzato se vuoi, nel cestino del pranzo di Akari. Me lo sarei aspettato che non avrebbe gradito». «Lo sai che detesto il tarunero affumicato!», lo redarguì il dottore raggiungendolo in un affanno, «E nonostante ciò trovi sempre una maniera per rifilarmelo!».
 
Le onde si infrangevano calme sulla riva, accarezzavano le loro caviglie e sembravano chiamarli a sé. La ragazza si rialzò dal bagnasciuga e, dopo aver richiamato Gareki e Nai, si guardò attorno cercando Yogi, sperando di pranzare in compagnia. Hirato si chinò sul mare e fece giumella con le mani riempiendosele d'acqua. Era tiepida. Una giornata ideale.
«Vieni Akari», disse in un sereno sorriso afferrandogli il polso e tirandolo verso il mare, «Facciamoci una nuotatina»
Il dottore non riuscì ad opporre resistenza alla forza del comandante, che lo tirava verso quella cristallina distesa d’acqua.
Non voleva bagnarsi. Detestava doversi mollare tutto, gli costava troppa fatica. Sarebbe morto dal freddo mentre si immergeva e quando sarebbe uscito dall'acqua si sarebbe impanato come una cotoletta nel tragitto dalla riva all'ombrellone.
Scosse la testa tirandosi indietro: «Non voglio».
«Eh, eh, suvvia non fare l'ostinato», disse sollazzato Hirato.
Gli gettò l'acqua, che aveva raccolto tra le mani, addosso bagnandolo. Akari indietreggiò spaventato, poggiò tuttavia male il piede e scivolò sulla sabbia cadendo per terra e permettendo al comandante di guadagnare vantaggio. Rapidamente, quest'ultimo lo afferrò per le spalle contro la sua volontà e lo trascinò con la forza in acqua.
Le gelide correnti marine gli accarezzavano il corpo, che tremava scosso da brividi. Nonostante ciò, il punto in cui le mani di Hirato lo stavano in quel momento toccando per spostarlo gli bruciava come se stesse poggiando su dei carboni ardenti. Si lasciò guidare e, senza rendersene conto, si erano entrambi allontanati di parecchi metri dalla spiaggia e sotto di loro c'erano più di due metri a separarli dal fondale.
«Ah~», commentò il comandante compiaciuto muovendo i piedi in avanti ed indietro per restare a galla, «Come si sta bene qui».
Akari mosse agitato le braccia deglutendo: «R-Riportami immediatamente a riva». Questo piegò tuttavia la testa preoccupato ed allungò una mano alla sua fronte: «Puoi tornarci da solo, se vuoi. Sono pochi metri a nuoto». «N-Non-!», si interruppe d'un tratto scosso da un brivido e strinse la spalla di Hirato preoccupato, sudando freddo, «Torniamo e basta».
Il comandante soffocò una risata. Akari era dannatamente adorabile, con quel volto paonazzo ma preoccupato e quella mano tremante con cui gli stava stringendo timidamente, in quegli istanti, la spalla.
«Vieni qui», gli sibilò con tono rassicurante in un sorriso mieloso e compassionevole. Lo afferrò per la vita e lo strinse a sé, poggiando il mento nell'incavo della sua spalla. Gli sembrò di bruciarsi a quel contatto, il cuore gli esplose in petto. Un calore pervase il suo corpo in un impeto tale che l'acqua del mare stessa sembrava essere divenuta calda.
Akari restò in silenzio, aggrottando la fronte turbato da quell'abbraccio, senza tuttavia scioglierlo. Aveva l’impressione che qualcosa si stesse muovendo sotto di loro, non era un pesce indifferente.
Un'ombra gigante si agitava sul fondale. Sentì qualcosa accarezzargli il piede. Sussultò.
«Akari», Hirato lo richiamò con voce soave, il suo sorriso s'era addolcito di nuovo, le sue mani gli stavano ora accarezzando il nudo torace e stavano salendo verso il suo collo, «Akari, posso baciarti?». Il medico arrossì in volto, gli occhi lucidi dall'imbarazzo: «Ti sei bevuto il cervello? Ti sembra il momento di fare domande del genere?!». «Dunque, se fosse stato in un altro momento avresti detto di sì?», gli domandò il comandante, senza tradire un attimo di esitazione, lasciando scorrere le dita lungo il volto del medico, accarezzandogli bramoso quella pelle dello stesso colore del latte di mandorla. Akari scosse la testa senza opporre una vera resistenza a quelle speciali attenzioni. Sentì nuovamente qualcosa sfiorargli il piede. Deglutì atterrito sussultando e tirò su i piedi fino ad abbracciare il bacino di Hirato. Il comandante soffocò una risata divertito ed avvicinò, repentino, le sue labbra a quelle del medico.
Le morse dapprima, facendo scivolare le sue mani alla vita di Akari, stringendolo a sé, poi, in una smorfia compiaciuta, quando capì di avere il dottore tra le mani, gli tappò il naso spingendolo ad aprire maggiormente la bocca e gli morse anche la lingua. Gli piaceva. Piaceva ad Hirato ma piaceva anche Akari. Quelle attenzioni non gli dispiacevano davvero. Lo aveva percepito dal rigonfiamento nel costume del dottore.
«Akari», sibilò il comandante, stavolta con voce più sensuale ma con una nota di fretta ed affanno, «So' che questo non è proprio uno dei posti più appropriati, devi perdonarmi ma-».
Il dottore lo fulminò con lo sguardo, mise mano alla sua nuca e gli afferrò un ciuffo di capelli tirandoglielo: «O-Oi, non ci starai serio, mi auguro». «Akari-san, te l'ho già detto, che sei un gran bugiardo», gli borbottò Hirato sottovoce stringendo quel rigonfiamento che spuntava dal suo costume, «Non opporre resistenza, non servirà».
Disse così e gli baciò nuovamente le labbra, stavolta restò gentile, gliele sfiorò dapprima con la lingua, che cominciava ad essere salata a causa dell'acqua del mare, poi cominciò a scoccare piccoli baci affettuosi su quella bocca, bisognosa di affetto ed amore. Akari gli si era avvinghiato al collo, il corpo rispondeva a quegli stimoli con scosse e sussulti. Le mani di Hirato scesero rapidamente dalla vita fino alle sue natiche, spogliandolo del suo costume. «H-Hirato, no!», si lamentò il medico arrossendo imbarazzato, completamente nudo di fronte al comandante, «Fammi tenere il-».
L'ombra che si agitava convulsa sott'acqua si avvicinò rapidamente alla sua mano. Li circondò in un turbine e, dopo qualche istante, si allontanò rapida.
Akari sciolse l'abbraccio con Hirato, guardandolo con impaccio, e gli tese la mano preoccupato: «Me ne torno a riva. Restituiscimi il costume».
«Vuoi tornartene a riva così?», gli domandò l'altro indicandogli il bacino, «Non è una cosa che passa inosservata 'quella', eh».
«N-Non mi interessa!», borbottò il medico arrossendo in volto, «Voglio tornarmene a riva. Dammi il costume».
Hirato sorrise e gli mostrò entrambe e mani libere in un ghigno che non rassicurò affatto il dottore che gli cacciò un palmo in faccia: «Cacciati quel sorriso idiota dalla faccia! Ti sembra che possa tornare nudo, io?! Come faccio adesso, cretino?!».
Il comandante avvicinò il suo volto a quello del medico e posò la propria fronte contro la sua sollazzato. Gli sfiorò poi i rosei capelli e gli baciò la punta del naso compiaciuto: «Resta in acqua ancora un po' e lascia fare a me». Così dicendo lo salutò scoccandogli un altro bacio sulle labbra e si diresse a nuoto verso la riva. Quando raggiunse l'ombrellone, trovò Nai e Tsukumo appisolati e non poté non lasciarsi sfuggire un sorriso. Yogi si rialzò preoccupato e gli si avvicinò rifilandogli un paio d'occhi lacrimosi: «H-Hirato-san... C-Come sta Akari-sensei? E' ancora arrabbiato con me? E' per quella storia della pallina, vero? E' per quello che non è ancora tornato?!».
«Yogi, calmati», gli rispose Hirato alzando gli occhi al cielo, «Il dottor Akari ha deciso di restare ancora un po' in acqua.. Ha detto che ci raggiungerà più tardi quando andremo a prendere il gelato». «Gelato?», domandò Eva mentre frugava soddisfatta nella sua borsa, «Ci offri il gelato?».
«Solo se andiamo adesso», disse questo facendo spallucce, «Tra mezz'ora la generosità potrebbe anche essermi passata».
Nai spalancò gli occhi come due fanali destandosi e tirò la mano di Tsukumo incitando anche lei a mettersi in piedi.
«Presto, Tsukumo-chan! Svegliati o non andremo a prendere il gelato!».
Hirato smorzò un sorriso compiaciuto.
Era sempre così facile prenderli in giro.
 
«Non è molto gentile da parte tua, Akari, dopo tutto quello che ho fatto ieri per te, non dirmi nemmeno un 'grazie'».
Akari lo fulminò con lo sguardo, strappò un foglio e lo gettò nel cestino. «Grazie...?! E di cosa dovrei ringraziarti io?!», borbottò digrignando i denti, «Hai la più pallida idea di cosa sia successo ieri, dopo che mi hai riportato qui alla Torre di Ricerca?! Tutti i ricercatori mi avevano cercato per l'intera mattinata e quando sono entrati qui l'unica cosa che hanno trovato è stato un paio di pantaloni, una camicia ed un camice bianco sopra il sofà!». Il comandante spostò lo sguardo altrove. Adorava vederlo arrabbiarsi, gli faceva venire voglia di stuzzicarlo ancora di più.
«E fosse mai...!», lo redarguì ancora il dottore, «Potevi per lo meno nascondere i miei vestiti da qualche parte anziché lasciarli lì!».
«Tutto sommato, devo dedurre che ti sei divertito, ieri...», disse Hirato in un sorriso, «La prossima volta potresti anche-».
«Non ci sarà una prossima volta, Hirato», lo frenò freddamente il dottore. Sentirono d'un tratto bussare alla porta.
«Dottor Akari?».
«Entra Azana».
Il ricercatore solcò l'uscio della porta con lo sguardo basso ed imbarazzato, tenendo tra le mani un pacco: «Buongiorno comandante Hirato. Akari-sensei, questo pacco è per lei, è da parte di Eva, della Seconda Nave. Con permesso». Così dicendo, lasciò lo scatolone sopra la scrivania e si congedò nel giro di pochi istanti.
«Eva...?», chiese Hirato perplesso inarcando un sopracciglio, «Non credevo foste in così buoni rapporti».
«Non siamo in 'quel' genere di rapporti», bofonchiò Akari cercando di aprire il pacco, «Anzi, non ho nessun rapporto con lei, che è diverso».
«Oh, capisco. Quindi sono io ad essere speciale per te», commentò Hirato in un allegro sorriso, «Beh, non posso negare di non sentirmi onorato~».
Il dottore sbuffò alzando gli occhi al cielo. Aprì il pacco e ne estrasse una lettera scritta con una calligrafia ricca di riccioli.
«Akari», lesse recitando al alta voce le parole, «Sono sicura che quando leggerai questa lettera saranno le dieci passate ed Hirato sarà già nel tuo studio a deliziarti con la sua piacevole compagnia ♥ Non avendo avuto occasione di farlo ieri, approfitto di questa lettera per ringraziarlo del gelato che ci ha offerto per favorire la tua fuga. Ieri mi sono accidentalmente ritrovata con qualcosa di tuo ed ho sentito il bisogno di restituirtelo. Spero tornerai presto al mare con tutti noi. Con affetto, Eva».
Hirato inarcò anche l'altro sopracciglio sempre più confuso e scrutò l'espressione amorfa di Akari cercando invano di tirarci fuori qualche cenno di vita. Il dottore girò il foglio, leggendo le ultime righe con tono incerto, scandendo ogni parola senza mancare a velarla di un tono dubbioso: «A proposito ragazzi...».
 
"Dateci dentro ♥".
 
Akari appallottolò la lettera tra le sue mani, incapace di pronunciare ad alta voce anche quell'ultima parte, rosso fino alle orecchie, e la sbrindellò in tanti piccoli pezzettini irritato.
Distrusse lo scatolone e ne estrasse il contenuto. Riconobbe il costume che indossava il giorno prima.
Hirato, che aveva provato fino all'ultimo istante a mantenere un'espressione seria, si era lasciato andare scoppiando in una fragorosa risata e poco si curò di Akari che, in un impeto di furia, aveva fatto volare lo scatolone dalla finestra e gli aveva gettato il costume in faccia.
 
Circus.
Non avevano proprio niente di meglio da fare che andare ad infastidirlo.
 
Da allora, un agghiacciante brivido gli correva per la schiena ogni volta che mirava il mare dal suo studio.
   
 
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