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Autore: Ultraviolet_    18/07/2013    5 recensioni
La storia dei Malandrini, la storia di Lily, Alice, Marlene, Mary, Dorcas, James, Sirius, Peter, Remus e Frank durante il loro settimo ed ultimo anno ad Hogwarts.
Ma soprattutto, la storia di come James Potter e Lily Evans si sono innamorati a tal punto da non lasciarsi più.
"Perché Lily era una donna che colpiva. Non era una di quelle bellezze da perdere completamente la testa, era bella sì, molto, ma con i difetti tipici di un essere umano. Ma era la sua particolarità a colpire. Il suo modo di mettere due cucchiaini di zucchero nel caffè la mattina, i baffi di latte che le restavano sul labbro superiore al primo sorso. Il suo modo di prendere appunti, con la sua calligrafia accurata e ordinata, e il modo in cui mordicchiava la piuma quando non sapeva cosa scrivere in un tema di Trasfigurazione. La sua voce dolce, che diventava ferma quando lo rimproverava. Il suo modo unico di togliergli punti per le ragioni più svariate. La sua risata. Innocente, cristallina, contagiosa."
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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-Non esiste.
James sedeva dietro la scrivania di Silente, su una comoda poltroncina di pelle bordeaux.
-Insomma, no!- continuò, notando che nessuno dei presenti gli aveva dato ascolto.
-Signor Potter, mi risulta che lei si trovi qui per studiare magia- disse il Preside in tono calmo, congiungendo la punta delle dita delle due mani.
Gli altri guardavano in basso, decisi ad evitare lo sguardo di Ramoso.
-Non la lascerò sola di nuovo- protestò lui, sempre più debolmente.
-Non sarà sola, sarà ad Hogwarts, e non ne uscirà. Miei cari, non posso esentare l’intero settiamo anno di Grifondoro dalle lezioni, e o tutti o nessuno, e qui l’unica che ne ha veramente il diritto è la signorina Evans- spiegò Silente, irremovibile.
-L’ho lasciata sola una volta ed è quasi stata uccisa; l’ho lasciata sola ancora e l’abbiamo ritrovata svenuta nel corridoio. Non ho intenzione… di perderla- insistette il ragazzo a denti stretti.
-Andiamo James, Lily non è una squilibrata, non lascerà di nuovo la scuola da sola. E per quanto riguarda la sfuriata… non sono sicuro che le abbia fatto male- intervenne Sirius.
-Già… poi mettiti nei panni del professor Silente, non può farci fare quello che vogliamo tutte le volte che capita qualcosa a uno di noi. Ci ha già permesso di andare al funerale- rincarò Dorcas a voce bassa.
Ramoso sospirò, abbassando lo sguardo.
-Bene- disse alzandosi.
-Bene, allora andate a lezione, mi risulta che abbiate un compito in classe di Pozioni- li incoraggiò Silente.
-Già, e tu James hai passato tutta la scorsa settimana a studiare e sei prontissimo, giusto?- fece Alice con un sorrisetto.
Il ragazzo annuì leggermente.
-Bravi- sorrise il Preside.


Un supplente. C’era un supplente.
Proprio quando James credeva di aver fregato Lumacorno studiando tutto a memoria per il compito teorico, questo si assentava.
Si sedette all’ultimo banco, rassegnato, e ricordò di aver promesso a Lily di fare il possibile per prendere un buon voto, prima di lasciarla in infermeria. Sarebbe stata dimessa quel mattino stesso ed era tremendamente preoccupato per cosa sarebbe potuto succedere.
La porta sbattè quando un uomo alto e grasso entrò in classe, attraversandola con il mantello che svolazzava alle sue spalle e il cappello a punta in mano, insieme a un pacco di fogli di pergamena che probabilmente erano i loro compiti.
-Buongiorno, sono il professor Hide e sostituirò il vostro insegnante di Pozioni per una, due lezioni al massimo. Non c’è tempo da perdere, avete un’ora- li liquidò secco, agitando la bacchetta in modo che ognuno ricevesse un foglio. Si sedette alla cattedra e prese la Gazzetta del Profeta.
Per quello che James aveva potuto vedere sembrava piuttosto giovane e portava corti capelli scuri. Lanciò un’occhiata a Sirius per sottolinearne la simpatia, e lui rispose storcendo la bocca. Osservò per qualche istante la prima pagina del giornale dietro al quale il professore si era nascosto, vedendo che ritraeva il Ministro della Magia che respingeva i giornalisti. Scosse la testa e si concentrò sul compito che era appena atterrato sul suo banco. Alla prima domanda rispose in modo piuttosto esauriente, ripetendo nella testa quello che aveva studiato come una filastrocca. Era l’unico modo per fargli imparare qualcosa di quella materia, anche se non era dei migliori. Passò al secondo quesito e si stupì di non comprendere quanto chiedeva. Lo rilesse più volte, ma niente da fare, non faceva parte degli argomenti che ci sarebbero dovuti essere nel compito. Posò la piuma sul banco e alzò la mano. Quasi subito, l’uomo lo vide e alzò lo sguardo, invitandolo a parlare.
-Mi scusi professore, ma la seconda domanda non è nel nostro programma- disse.
-A dire il vero nemmeno la terza- aggiunse Remus dalla fila più avanti.
Hide lasciò vagare lo sguardo dall’uno all’altro alunno, poi parlò:
-Signori…
-Potter- completò James, vedendolo abbassare il capo sul registro –e Lupin.
-Vi posso assicurare che ogni quesito del compito fa parte del programma del settimo anno.
James, che nel frattempo aveva letto le altre e le aveva trovate quasi tutte incomprensibili, protestò: -Siamo appena a novembre, non abbiamo studiato tutto il programma- il tono era abbastanza seccato.
Il professore alzò la testa dal giornale per la seconda volta e lo fissò.
-Ho potuto notare che siete irrimediabilmente indietro, e mi sono preso la libertà di aggiungere qualcosa dai capitoli seguenti.
-Allora non vedo come possa aspettarsi che qualcuno di noi conosca le risposte.
-Risponda solo alle domande che conosce, signor…- esitò.
-Potter- ripetè lui frettolosamente. Aveva passato ore a prepararsi per rimediare i suoi voti mediocri, e gli si era presentato quello sconosciuto con la pretesa di fare quello che voleva.
Intanto, tutti all’interno dell’aula si erano zittiti e lo fissavano –Non è corretto metterci in difficoltà in questo modo- insisté, in prede alla rabbia.
-Sta mettendo in dubbio il mio metodo, Pot…ter?- chiese Hide, alzandosi in piedi –Quello del vostro professore non dev’essere stato sicuramente efficace, se i suoi alunni si permettono di rivolgersi così ad un adulto. Mi vedo costretto ad assegnarle una punizione per questa sera- aggiunse.
A quel punto Ramoso si alzò dal banco, prese la bacchetta e fece volare il compito incompleto sulla cattedra. Prese la borsa, se la gettò in spalla e si incamminò fuori dalla classe, borbottando:
-Lo faccia lei il suo stupido compito.
-O per tutta la settimana!- sentì dire alle sue spalle, mentre usciva.
 
 
Attraversò i corridoi di volata, senza pensare. Si diresse dritto verso il parco, incurante del freddo e del chiaro odore di pioggia imminente. Gran parte del suolo era ricoperta da foglie secche e la neve non avrebbe tardato ad arrivare, occupando il vuoto che queste avevano lasciato sui rami degli alberi. Attorno alla capanna di Hagrid c’era uno spiazzo pulito, dove il guardiacaccia aveva sicuramente rastrellato l’erbetta secca per poi accumulare le foglie in punti strategici, in mucchietti in cui, durante i primi anni, Ramoso e i suoi amici si erano tuffati allegramente. Anche l’orto era sgombro e ben curato, e vi cresceva ancora qualche zucca. James non notò i pittoreschi contrasti con cui la mezza stagione aveva rivestito la valle, o forse ignorò che la tristezza degli arbusti spogli aveva invece creato magiche decorazioni variopinte. Non si accorse della frescura e pulizia dell'aria autunnale, non si fermò neanche un attimo ad inspirarla, come normalmente avrebbe fatto, ma si concentrò sulle orme decise che lasciava nel tappeto di foglie, sbandando e, inizialmente, senza badare a dove andava, acciecato dalla rabbia e dallo stress.
La disavventura di Lily aveva risvegliato in sé il ricordo della morte di suo padre, solo duramente nascosto e adesso sul punto di esplodergli dentro. Anche se non lo dava a vedere, non l’aveva presa molto meglio di sua madre. Si era ripreso, aveva avuto a disposizione lunghi mesi di solitudine per pensare e medicarsi le ferite e soprattutto per prendersi cura di lei, ma erano stati i più brutti della sua vita. E ora ogni nuova vittima di Voldemort lo faceva sentire impotente, inutile, ma non gli toglieva la speranza, anzi l'incrementava. Cresceva in lui la voglia di reagire, e più di tutti aveva compreso le parole di Sirius, il giorno prima.
Raccolse una manciata di sassolini e si sedette in terra, a gambe incrociate, iniziando a lanciarli in acqua in modo da farli rimbalzare, ma quelli affondavano senza il minimo accenno di successo.
Plop.
Trovava inconcepibile il clima che aveva trovato in classe quella mattina, probabilmente un problemuccio da nulla, agli occhi di qualsiasi altro. Sì scocciante, ma rimediabile nel corso dell'anno. James, che mirava solo ad un buon voto in Pozioni, per diventare Auror, non era riuscito a sopportarlo. Sentiva addosso la pressione di eccessive aspettative, e quest'ultima prova di incapacità l'aveva mandato in escandescenze. Il professore era stato freddo, totalmente indifferente all’averli messi tutti in difficoltà. In tempo di guerra, tutti dovevano aiutarsi, collaborare, come diceva Silente. Magari il suo discorso non era esattamente riferito ai compiti in classe, ma James non capiva come qualcuno potesse ancora avere voglia di vedere gli altri interdetti e ostacolati in quel modo, come si potesse pensare a quanto la classe sia indietro nel programma di Pozioni quando fuori le persone morivano per mano di un tiranno. Con rabbia, scagliò a terra i sassolini che aveva ancora in mano e risalì l’argine del Lago, senza sapere bene dove dirigersi. Si fermò accanto ad un albero, e guardo la sagoma del castello stagliarsi enorme davanti a lui. Individuò la Torre di Grifondoro e si chiese se Lily fosse là, e se fosse giusto lasciarla sola. Probabilmente sì, in momenti del genere non sempre si voleva qualcuno pronto a imporre la sua presenza. Stava giusto pensando di tornare per non perdere anche l’ora di Difesa, quando qualcuno gli posò una mano sulla spalla.
Si voltò di scatto, la bacchetta in mano, e la puntò alla gola dell’uomo. Ma a guardarlo era un ragazzo con i capelli un po’ troppo lunghi, la cravatta rossa e oro slacciata e l’espressione divertita.
-Ehi fratello, vengo in pace- disse Sirius abbassandogli il braccio che reggeva la bacchetta.
-Scusa- disse James, poco convinto –Ma da dove sei sbucato?- chiese guardandosi intorno, come se si fosse appena svegliato da un lungo sogno.
-Devi esserti fritto il cervello- disse lui mostrandogli il Mantello dell’Invisibilità stretto in mano –Sono passati venti minuti da quando hai fatto la tua uscita trionfale, ho consegnato il compito e mister Simpatia mi ha intimato di aspettare fuori dall’aula dove in teoria dovevi esserci anche tu. E’ vietato uscire durante le lezioni, rammenti?
Ramoso borbottò qualcosa su Gazza che era un imbecille e si sedette ai piedi dell’albero, subito imitato dal fratello.
-Allora, cosa bolle in pentola?- domandò Felpato. Ad un’occhiata interrogativa di James, continuò: -Non ci credo che hai quella faccia solo per Pozioni… si tratta di Lily?
Il ragazzo sospirò.
-Di Lily, della guerra, di tutto. Sono stanco di stare qui, io voglio combattere. Hogwarts è cambiata, invece di unirci questa situazione ha diviso Serpeverde dal resto della scuola. Li hai visti? Sempre pronti ad aggredire i più deboli, mentre là fuori Voldemort fa la stessa e identica cosa. La resistenza è ridicola.
Sirius annuì, facendosi tetro.
-Io voglio veramente fare parte dell’Ordine. Io… ecco… sto cominciando a pensare che forse non diventerò mai un Auror, non ce la farò- disse a testa bassa.
-Sir, non ho mai visto uno più qualificato di te per fare l’Auror, davvero…- iniziò James.
-Non avrò mai E in Pozioni, mai, per non parlare di Trasfigurazione. Faccio schifo, o almeno, non sarò mai abbastanza; e se anche imbrogliassi in qualche modo, che Auror sarei? Per fare parte dell’Ordine non serve esserlo, saprei comunque di aver aiutato al massimo delle mie possibilità e se morissi bevendo qualche veleno che non ho riconosciuto non deluderei nessuno… non di nuovo.
Alla fine esitò, come se non avesse avuto davvero intenzione di dirlo, almeno le ultime tre parole.
Il viso di James si accese di rabbia, e fissò i suoi occhi in quelli dell’amico, costringendolo a guardarlo.
-Sirius Black, mettiti in quella testa che ti ritrovi che tu non hai MAI deluso NESSUNO. Sei il migliore amico, il migliore fratello e il migliore figlio che si possa volere, e solo perché quei… i tuoi genitori e tuo fratello sono… oh al diavolo, odiami pure per questo, ma solo perché loro sono degli idioti non vuol dire che tu sia un delusione. Fatti entrare nel cervello che le pecore nere della famiglia sono tutti loro, non tu, una volta per tutte.
Felpato, che era rimasto ad ascoltarlo senza dire nulla e senza smettere di guardarlo, esitò qualche istante, poi lo strinse in un abbraccio da orso di qualche secondo. Quando lo lasciò, James notò che il fratello stava trattenendo le lacrime, allora gli diede una pacca sulla spalla e gli sorrise, beccandosi una gomitata nelle costole.
Rimasero in silenzio ancora per un po’, poi si alzarono di malavoglia per tornare al castello e non perdere un’ulteriore ora di lezione. Percorsero il tragitto spintonandosi  e insultandosi come bambini, proprio come nei loro primi giorni ad Hogwarts sette anni prima. I corridoi erano affollati, pieni di studenti carichi di libri che si spostavano tra le aule, il cervello staccato alla ricerca di dieci minuti di pausa e le labbra pronte ad arricciarsi in uno sbuffo al primo contatto con il mondo reale. Anche in mezzo a tutti quei ragazzi però, una certa chioma rossa non poteva sfuggire allo sguardo, soprattutto non a quello di James.
-Ehi Evans!- gridò per farsi sentire.
La ragazza si guardò attorno e quando lo vide si fermò, come distolta da pensieri che l’avevano seguita tutto il tempo.
-James- disse con un impercettibile sorriso.
-Come stai?- chiese lui dopo averla raggiunta, scostandole una ciocca di capelli dagli occhi.
Lei annuì senza dire nulla e lo abbracciò goffamente per colpa dei libri che teneva tra le braccia. Uno cadde a terra, e Ramoso si lasciò scappare un sorrisetto quando si chinò a raccoglierlo, poi disse:
-C’è un supplente al posto di Luma… tremendo, ha fatto un compito assurdo e ora sono in punizione tutta la settimana.
-Dev’essere terribile- commentò lei guardando in basso.
-Non… non così tanto- le assicurò James, sentendosi in colpa per l’osservazione infelice.
-Mi dispiace di non poter stare con te quando sarai a scontare la tua pena- disse poi la ragazza come a scusarsi a sua volta per la freddezza.
Il ragazzo la strinse in un abbraccio più lungo del solito, le posò un bacio sulle labbra e imboccò il corridoio dell’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
 
 
Doxy e Mollicci.
Quella era la sua punizione.
Si era presentato nell’ufficio di Lumacorno alle nove esatte, e vi aveva trovato il professor Hide, che gli aveva spiegato che una delle tante aule in disuso del castello doveva essere ripulita perché presto sarebbe servita di nuovo, non aveva capito bene per cosa. E, guarda caso, quando Gazza l’aveva aperta quella si era disgraziatamente rivelata piena di creature decisamente sgradite. E visto che il bidello aveva “così tanto a cui pensare, in una scuola grande come questa (James era invece convinto che non ne fosse semplicemente in grado), perché non dagli una mano approfittando della punizione?”
Doxy e Mollicci.
Ad Hogwarts.
Probabilmente ce li aveva messi Hide, pensò James dentro di sé stringendo i denti e afferrando un flacone di Filtro Doxycida tra diverse bottigliette, tra le quali anche l’antidoto al veleno di quei piccoli mostri in caso lo avessero morso. Prima di avvicinarsi alla pesanti tende infestate, il ragazzo si concesse di ripensare a quello che aveva lasciato per recarsi lì.
Subito dopo cena, alla quale Lily non si era presentata, erano saliti tutti quanti alla Torre, e lei li aveva raggiunti poco dopo. Li aveva salutati e da quel momento non aveva più aperto bocca fino al momento di salutare lui. Si era limitata a sdraiarsi sul divano con la testa in grembo al ragazzo e un libro aperto davanti agli occhi, che si spostavano regolarmente lungo le pagine. Non era un clima dei più gioiosi, ma gli altri avevano deciso che rimanere in silenzio a loro volta non l’avrebbe aiutata, così avevano ripreso a chiacchierare come sempre, e lei evidentemente apprezzava il fatto perché qualche rarissima volta non riusciva a mascherare una luce diversa negli occhi, la luce di chi si sente amato. Ma era ancora troppo presto, infatti quei momenti duravano lo spazio di un nanosecondo, poi lei tornava ad essere vuota, triste, seria, distante. L’unica cosa che le occorreva era il tempo.
Si riscosse dai suoi pensieri e si avviò verso le tende. Prima cominciava, prima finiva.
Agitò la stoffa, il flacone in mano, e quando le creature presero a svolazzare in giro le innaffiò di pozione. I Doxy cadevano a corpo morto sul pavimento, e ogni tanto James li metteva tutti in sacco per poi tornare a stanare gli altri. Dopo quasi un’ora, le tende erano linde e leggere, e il ragazzo posò gli strumenti e si tolse i guanti. Puntò la bacchetta verso il sacco colmo e lo chiuse per bene, buttandolo poi in angolo. Si spostò davanti a un grosso armadio delle scorte, la cui anta chiusa a chiave si agitava tremando. Un Molliccio vi dimorava, così come in tutti gli altri posti bui e chiusi della stanza, lui doveva rinchiuderli dentro a una cassetta. Si fermò un attimo a pensare. Non aveva mai dovuto sconfiggere un Molliccio, non sapeva in che cosa si sarebbe trasformato, ma era pronto a scommettere tutto quello che sua madre aveva alla Gringott che, novantanove su cento, si sarebbe trattato di Voldemort. Prese un respiro profondo e aprì il mobile. Per un momento una figura indistinta gli si parò davanti, poi, senza neanche dagli il tempo di sbattere le palpebre, il Signore Oscuro comparve a pochi passi da lui, il cappuccio alzato sulla testa a coprirla completamente alla vista e le mani bianchissime che spuntavano dal mantello. Con la sensazione che il posto fosse diventato improvvisamente più caldo, James alzò il braccio e si concentrò, stringendo la bacchetta quasi morbosamente, le goccioline di sudore che iniziavano a solcargli la fronte, mentre l’apparizione si muoveva sinuosa. Improvvisamente una risata roca prese a risuonare nella stanza, e per poco Ramoso non cadde a terra in ginocchio. Non seppe mai come, ma riuscì a biascicare un “Riddikulus!” abbastanza convinto da far sparire il Molliccio, indirizzandolo verso la cassetta fornitagli da Hide.
Decise di fare una pausa, e dopo una decina di minuti passò a un cassetto, poi alla cattedra, allo scomparto inferiore di diversi banchi, e la stessa scena si ripeteva in continuazione, sempre uguale, come un incubo ripetuto ogni notte, lasciandolo turbato secondo la funzione di quelle creature. Alla fine, quando restò l’unico essere pensante all’interno dell’aula, si affrettò verso la porta e andò dritto al dormitorio, esausto.
 
 
Aprì la porta della stanza senza troppa delicatezza e se la richiuse alle spalle con un tonfo, ritrovandosi al buio.
-Ehi senti, è l’una di notte, c’è gente che vuole dormire!- esclamò Sirius da un punto indistinto alla sua destra, seguito da un rumore di coperte spostate.
James puntò la bacchetta a caso nell’oscurità e accese la luce. Lasciò cadere a terra le scarpe e andò al suo baule, afferrando un paio di boxer puliti.
-Accidenti al tuo disordine- disse inciampando nella borsa di Felpato e raggiungendo il bagno.
Sirius sbuffò e si alzò di malavoglia. Recuperò ciò che aveva ostacolato James e la infilò sotto al letto, lasciandocisi poi cadere di nuovo. Stava per spegnere la luce pregustandosi la reazione del fratello, quando intravide qualcosa per terra. Si sollevò leggermente dal cuscino e capì che si trattava di un pezzo di pergamena ripiegato. Allungò un braccio per prenderlo, sospettando che fosse uscito dalla cartella, e lo aprì.
 
Sirius, devo parlarti di una cosa importante. Se tieni ancora un minimo a tuo fratello, vieni martedì all’ora di pranzo nel corridoio del quarto piano. Ho bisogno di te.
Regulus”

 
Dovette rileggerlo almeno tre volte prima di rendersi conto di cosa si trattava. Suo fratello gli stava chiedendo aiuto. O almeno, così sembrava. C’erano molte più probabilità che fosse una trappola rispetto a quelle positive, ma per qualche motivo Sirius non riuscì semplicemente ad accartocciare quel foglietto e tornare a dormire, ridendo della stupidità di Regulus. Forse era per via di quello che gli aveva detto durante il loro ultimo incontro… “lo sai che non sono così…”, “io sto cercando di uscirne…
E lui? Teneva ancora un minimo a suo fratello?
La riposta arrivò automatica. Certo che ci teneva. Da quando se n’era andato di casa, non c’era stato giorno in cui non si era chiesto perché lui non facesse lo stesso. Era convinto che fosse un codardo, ma non che fosse malvagio.
E comunque, voleva vederlo ad Hogwarts. Se aveva intenzione di tendergli un’imboscata avrebbe potuto aspettare le vacanze e invitarlo in un posto desolato, direttamente nelle fauci della belva. No, c’era qualcosa di strano. Rimase ancora per qualche istante seduto sul bordo del letto con il foglio in mano, riflettendo.
-Che fate, un festino a mia insaputa?- domandò la voce impastata di sonno di Remus.
Il ragazzo esitò, ma dopo qualche secondo rispose:
-No, non è nulla- come a confermare le sue parole tornò a sdraiarsi, posando la pergamena dentro al cassetto del comodino e chiudendolo bene, prima di afferrare la bacchetta e spegnere le luci.
Istantanea, arrivò dal bagno la sonora imprecazione di James.
 
 
Il giorno dopo, Sirius passò l’intera mattina a pensare, ma poco prima di pranzo non era ancora riuscito a trovare un motivo per non andare. Così, uscendo dalla serra di Erbologia, gridò agli altri di andare avanti e prese una scorciatoia per il quarto piano. Una volta arrivato, scrutò l’intero corridoio, ma non vide nessuno, così afferrò la bacchetta e si appoggiò al muro, in attesa. Rimase così per diversi minuti, tanto che pensò più volte di andarsene, ma poco prima che si scostasse dal muro e imboccasse le scale, Regulus arrivò di corsa andandogli incontro.
-Che vuoi?- abbaiò Sirius, la bacchetta sempre in mano.
-Calma… voglio solo parlarti- disse tranquillo, appoggiandosi al corrimano della scalinata che portava al terzo piano.
Il fratello lo scrutò per un momento, con l’aria severa. Era piuttosto simile a Sirius, ma portava i capelli scuri tagliati corti e spettinati ad arte con il gel. Il bel viso, dai tratti duri ma ben disposti, ricordava molto quello del fratello, fatta eccezione per gli occhi azzurri ereditati dal padre. Era magro, e probabilmente curava abbastanza il suo fisico. Era leggermente più basso di Sirius.
-Senti, io lo so che mi odi. Mi odi forse addirittura più di mamma e papà, perché mi sono lasciato influenzare da loro e non ti ho seguito. Per questo non sarà facile convincerti, ma io ho bisogno di te… ho bisogno del mio fratello maggiore.
Felpato non disse una parola, si limitò a continuare a fissarlo variando leggermente espressione.
-Sono mesi che cerco un modo per… andarmene, uscire da quelle compagnie… ma non è facile. Loro possono anche accettare che io molli, ma non che io rimanga in vita dopo averlo fatto. Sarei una fonte di informazioni letale per…- non riuscì a terminare, perché Sirius lo interruppe.
-Regulus, parliamoci chiaro, perché lo stai dicendo a me? Sai che non metterò in pericolo nessuno per te, qualsiasi siano le tue intenzioni- pronunciando quelle parole lo guardò dritto negli occhi.
-Lo so. Non ti sto chiedendo questo, io vorrei solo che tu ti fidassi di me- la voce si era abbassata di un tono.
-E come pensi che possa farlo?
Ci fu un momento di silenzio, poi Regulus si voltò.
-Senti, sono stanco di dover fare i salti mortali per farmi credere. Sei o no mio fratello?
-Io ho già un fratello, e non sei tu- rispose Sirius, freddo e brutale.
Era incredibile. Come pretendeva di presentarsi lì dopo anni e volere il suo perdono così facilmente? Si avviò verso le scale e prese a salirle, ma venne trattenuto da una mano sulla spalla. Stava già per voltarsi e tirargli un pugno, ma si fermò vedendo le lacrime sul volto del fratello. E non erano finte, per nulla.
-Sirius, ti ricordi quando avevi otto anni e io sette? Quando c’era quel ragazzino, a scuola, che si divertiva a prendermi la merenda? Tu lo hai pestato e gli hai detto che tuo fratello non si tocca. E’ questo che mi manca, perché non possiamo essere una famiglia? Perché viviamo in un mondo che ha rovinato tutto?
Felpato non sapeva proprio cosa dire, aveva guardato bene Regulus e sul suo viso non c’era traccia di finzione. Era sincero, non c’erano dubbi. Ma era un Mangiamorte.
Nonostante questo, quando si sporse per abbracciarlo non trovò la forza di fare nulla, se non di permetterglielo. Passò un secondo, stava proprio per dire che ne aveva abbastanza, per scostarlo, quando il ragazzo gli sussurrò a un orecchio:
-Non crederci, mi costringono a fare questo.
Si irrigidì d’un tratto, e chiese:
-Stai davvero cercando di uscirne?- Regulus annuì impercettibilmente.
-Allora scusa- aggiunse, poi serrò un braccio del fratello nella sua stretta e con l’altra mano lo inchiodò al muro con forza.
-TU NON MI IMBROGLI CON DUE PAROLE E UN PO’ DI LACRIME!- gridò, la bacchetta puntata alla gola.
Lo scaraventò a terra e se ne andò, salendo sulla scala che stava girando proprio in quel momento.








I'm Here!
Ehilà! Rieccomi, con un capitolo di transizione che non mi fa troppo impazzire.
Spero che a voi piaccia, ho in serbo delle sorprese più avanti :D
Non dimenticate di lasciare tante belle recensioni, siete stupendi!
Alla prossima!


  
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