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Autore: AstronautOnTheMoon    19/07/2013    0 recensioni
Storia di una ragazza comune che sognava, ma che non é riuscita a realizzare il suo sogno.
Un passato felice,due genitori che le vogliono bene, ma la rabbia e la delusione sono nel suo cuore, perché aveva vissuto tutta la vita per la realizzazione del suo grande sogno.
Rabbia perché ha avuto tutto.
Delusione perchè non ha ottenuto niente.
Genere: Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5. Inizia una nuova storia.

Così a settembre tutto ricominciò: nuovo tragitto, nuova palestra, nuovo allenamento, nuovo allenatore, nuove compagne.

Tutte novità che non mi facevano sentire bene.

Il tragitto era molto lungo, la palestra grande e quell'immensità mi spaventava, gli allenamenti erano molto faticosi e difficili, l'allenatore diverso da quelli precedenti e le compagne unite.

Per la prima volta avevo paura dell'allenatore: un uomo molto alto con i capelli a spazzola e gli occhi neri, sembrava un sergente americano con i suoi pantaloni mimetici, appena apriva bocca il vento stesso si fermava e le macchine per la strada rallentavano per paura di un suo urlo.

Ma il coach non era ciò che più mi spaventava, infatti all'improvviso mi sono ritrovata in un gruppo di ragazze molto unite. Il primo periodo è stato bruttissimo.

Entravo in palestra a testa bassa, andavo dritta negli spogliatoi e nessuno sembrava accorgersi della mia presenza. Una volta passata la porta azzurra tiravo fuori la voce e salutavo e a rispondermi erano solo delle voci confuse perse nella confusione delle chiacchierate giornaliere.

Volevo tornare indietro, ma non potevo perché i miei genitori avevano già pagato e conoscevo i sacrifici che facevano per mantenermi in quella squadra, ma la vera ragione per cui non ho ceduto è che non volevo mollare: io volevo realizzare il mio sogno ed ero disposta a tutto per farlo.

Come avrete capito sono sempre stata una persona estremamente determinata e anche orgogliosa.

Comunque se avessi mollato me lo sarei rinfacciata per tutta la vita e resistere è stata senza dubbio una delle scelte migliori che abbia mai fatto.

Dopo un mese, dopo aver capito le mie potenzialità mi hanno accettato come se avessi giocato sempre con loro.

Mi sento stupida a scrivere certe cose, perché è assurdo pensare che le persone vengano divise in categorie a seconda di ciò che sembrano valere, ma purtroppo spesso è ciò che accade.

Dopo aver iniziato a giocare seriamente mi sono ritrovata mille amiche che non avrei mai pensato di avere, ma ero troppo stupide da interpretare la falsità nei loro gesti e la gelosia nei loro occhi.

Giocammo, vincemmo e festeggiammo.

Tutto mi sembrò andare bene, ma in realtà la perfezione era solo frutto della mia mente, era solo una barriera che avevo creato dentro la mia testa per difendermi dal mondo reale.

Rimasi due anni in quella squadra e i problemi uscirono alla fine del secondo anno, quando iniziai ad aprire gli occhi.

Mi accorsi che le ragazze parlano e quando arrivavo zittivano, mi resi conto che mi giudicavano, mi prendevano in giro, erano invidiose di me.

Giocavo con le ragazze più grandi come sempre, io ero abituata, ma probabilmente loro non erano abituate ad avere delle ragazze più piccole in squadra.

Mi arrabbiai e mi sentii delusa, presa in giro.

Dopo quella scoperta non riuscii a concentrarmi, una settimana prima della finale il coach mi prese da parte per parlare.

Eravamo in piedi, lui ritto con la testa alta io curva come se stessi tenendo sulle mie spalle un peso più grande di me.

Lo sentii parlare con una voce diversa del solito, sentivo della comprensione e della preoccupazione nelle sue parole mi chiese perché non riuscivo più a concentrarmi e io gli risposi in un modo di cui nemmeno oggi vado fiera.

Gli urlai letteralmente in faccia e dissi: “Sai qual è il problema? Che questa è una squadra falsa! Fatta di gente voltafaccia! Mi fa schifo!”

Erano due settimane che avevo scoperto la cattiveria umana e ancora non ne avevo parlato con nessuno.

Mi trattenne per un braccio mentre tentavo di allontanarmi e mi chiese il motivo delle mie parole.

Con le lacrime agli occhi gli spiegai tutta la situazione e alla fine ciò che mi disse fu che dovevo imparare a non dar peso alle parole degli altri e mi disse anche che se l'anno prossimo avrei voluto cambiare mi avrebbe capito, ma che in quel momento dovevo pensare solo alla finale.

  
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