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Autore: Marti Lestrange    19/07/2013    2 recensioni
Tessa riflette e pensa a Jem.
ATTENZIONE: piccolo riferimento agli eventi del capitolo 9 de "Il Principe".
Dal testo:
{Solo che la sua mente era un caos, un caos primordiale di sensazioni ed emozioni, troppo forti e potenti da debellare e da tenere a bada. Inoltre, non voleva nemmeno cacciarle via, non per davvero.}
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Theresa Gray
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Flashfic scritta in occasione dell'iniziativa "Multifandom Challenge" indetta dal gruppo Facebook "Fanfiction Challenges".

 
 
 
Fandom: Shadowhunters.
Prompt: poesia.
Rating: verde.
Titolo: “Jem era poesia”.
Personaggi/Pairing: Theresa Gray, Tessa/Jem [accenno].
Note: le parole in corsivo sono tratte da “Dolores”, poesia di Algernon Charles Swinburne, tratta a sua volta dal libro “Shadowhunters – Le Origini, Il Principe” di Cassandra Clare. Non sono riuscita a trovare il testo completo della poesia, quindi non so se il pezzo da me riportato sia la poesia completa o solo un estratto. Chiunque sappia dove trovarla me lo dica, ho cercato come una matta, inutilmente. Grazie. Un’ultima cosa: temporalmente, la flashfic potrebbe collocarsi dopo il capitolo nove de “Il Principe”. Non aggiungo altro per evirare spoiler, ma chi ha letto SA. L'immagine l'ho trovata su tumblr.com. Mi dileguo :D
 
 
 



 

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          ~Jem era poesia

 
 
I baci di Jem le affollavano la mente. Non voleva pensarci, Tessa. Non davvero.
Non voleva pensarci perché altrimenti avrebbe ricordato altri baci, che avrebbe voluto soltanto dimenticare.
Non che Jem le ricordasse Will, erano troppo diversi. Solo che la sua mente era un caos, un caos primordiale di sensazioni ed emozioni, troppo forti e potenti da debellare e da tenere a bada. Inoltre, non voleva nemmeno cacciarle via, non per davvero. Le piaceva la beata sensazione di immaterialità e infinito che provava stando accanto a Jem, e non voleva lasciarla andare via. Non voleva che il suo cuore smettesse di battere. Le piaceva il suo suono sordo e potente, che le rimbombava nella cassa toracica. E ricordare Jem alimentava quella musica. Jem era musica. E poesia. Una dolce e pacata poesia senza tempo, una poesia che arrivava dal passato, da un tempo strano e che profumava di esoticità e mistero, un passato inebriato di sole e istanti perduti.  Era come una poesia letta al chiarore della Stregaluce, durante una di quelle serate invernali in cui la neve vortica nel cielo e ricopre la terra, gelando l’aria e intirizzendo le membra. Era come un fuoco che ti scalda la pelle e ti riporta a casa. Al sicuro. Per sempre.
 
 
 

Ardenti mezzanotti e domani affamati,
E gli amori che completano e controllano
Tutte le gioie della carne, tutti i dolori
Che logorano l’anima

 
 
 
Jem avrebbe sempre costituito un mistero, nonostante la limpidezza della sua anima. Avrebbe sempre custodito quella maledetta vena di ineluttabilità e fragilità, come se fosse sempre sul punto di spezzarsi sotto i colpi di un vento invisibile e tenace. Avrebbe sempre conservato quell’aura di dolore e velata consapevolezza – della vita, della morte, del destino.
 
Jem era poesia.
 

   
 
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