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Autore: Mirkodancer    31/01/2008    5 recensioni
Una storia di un amicizia ...lunga una vita!La nostra migliore amica deve davvero possedere un corpo o può semplicemente essere qualcosa di astratto ma allo stesso tempo concreto? Sono le risposte che tenta di darsi Rebecca, una ormai ragazza maggiorenne in preda al panico innanzi al suo diario segreto .. Non sa cosa scrivere...ed inizia a narrare della sua "migliore amica"!
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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la mia più cara amica

La mia più cara amica

Di Mirko T.

 

“Ciao, mi chiamo Rebecca” -  è la prima frase che scrivo di getto, senza badarci, su uno di quei diari che tutti adorano chiamare “segreti”! E’ la prima volta che decido di affidare un po’ di me a pagine bianche che saranno pronte e disponibili ad accogliere i miei sfoghi. Saranno proprio sfoghi? Bah, tutto mi sembra così banale, ridicolo narrare di me ad un diario che sta zitto, senza che ti dia consiglio. Molti mi ripetono continuamente, che il proprio quaderno personale è come un amico e che averne cura di uno ti dà la possibilità di analizzare meglio te stessa.  Sostenessero tutto ciò che vogliono, ma io proprio non mi ci vedo a parlare con un amico.. immaginario (oh.. sono così confusa.. come esprimermi ?).  A dir la verità ,forse , avrei qualcosa  da scrivere, da raccontargli. C’è un problema però.. e se fosse geloso? Avrei intenzione di parlargli ..beh.. della mia migliore amica. Oh , mi sentirei distrutta se tutto ciò dovesse stancarlo o ingelosirlo. Ma sì , è deciso. Gli parlerò della mia più grande amica! Devo essere davvero pazza per preoccuparmi della gelosia di … un diario ! Sono proprio convinta ad iniziare a scrivere su di esso, lo apro e sfoglio le prime pagine. Oh che tristezza, è proprio una vecchia agenda quella che mi hanno regalato, senza neanche una vignetta , o qualche battuta carina. Almeno mi “consolo” inserendo i miei dati personali in una delle prime pagine :

Nome : Rebecca

Cognome : Ranieri

Età : 18

Data di nascita : 16 / 3 /  1990

Indirizzo : (non scrivo nulla.. troppo lungo da scrivere.. beh per essere una ragazza diventata maggiorenne da pochi mesi.. sono un po’ pigra, vero?)

 

Con la coda dell’occhio guardo verso il fondo della pagine e noto che deve essere proprio vecchia questa agenda, tra le richieste dei dati personali non allude minimamente ad un indirizzo e-mail. Ad ogni modo, sento il bisogno di inserire un pezzettino della mia migliore amica, sin dalla primissima pagina, in angolino. Io stessa scrivo : “Amici” , annotandovi accanto “ tanti , ma la best è V” .  Indugio qualche istante su ciò che ho appena scritto e sorrido. Sì, nonostante tutto le voglio bene. Non voglio tenere ancora tutto dentro e così prendo la decisione di iniziare subito a narrare di lei, del perché la consideri la migliore.

E ‘ da sempre che la conosco, sin da quando ho memoria, o chi sa anche prima … non mi ricordo la prima volta che l’ho incontrata (questa frase mi ricorda troppo quella canzone di quei due grandi artisti italiani …. ma quale sarà mai il titolo?? Oh.. forse sto divagando.. “caro mio diario”… perdonami se sarò condotta in tentazione di uscire fuori argomento.. l’ho sempre detto mi perdo nei miei discorsi – ecco che ci risiamo!). Per parlare dei lei, ti devo narrare prima un poco di me. Sono sempre stata una ragazza spensierata, ma la classica tipa pulita, ottimista in tutto, spiritosa (oh oh.. spero di esserla..ma d’altronde chi sono io per dirlo se sono o meno ?!?!), e mi ritengo di essere abbastanza matura, nonostante dietro questa maschera che indosso da ragazza stupida ed infantile , matura psicologicamente. Non capita a tutte le ragazze di 15 anni di dover aiutare la propria madre ad uscire dalla depressione post divorzio. Per carità , non mi lamento di esserle stata accanto tutti quei mesi.  Di quei tempi, mia madre non vedeva alcuna via d’uscita ai suoi problemi. Mi ripeteva di essere fiera di me, sapeva di aver una figlia forte e che sulla quale stava gravando un grande peso ma nonostante tutto non era abbastanza forte da affrontare un colloquio di lavoro, o chiedere aiuto a qualcuno. Erano in quei momenti che abbracciavo la mia mamma , le sorridevo negli occhi, le pizzicavo teneramente la guancia (ormai pallida a causa del troppo stress), e le bisbigliavo parole che avrebbero dovuto darle fiducia, coraggio per alzarsi e mostrare a chiunque che lei avrebbe camminato per la sua strada anche senza un uomo che le era stata vicina per più 15 anni. Non riuscivo a fissarla, senza fare nulla. Dentro di me sapevo che avrei dovuto prendere in mano la situazione , scuoterla anche, se si fosse presentata l’occasione, perché in quel modo non si poteva continuare. Ha fatto sempre fatto parte di me dare un senso di protezione  a coloro che si sentivano persi smarriti. Questi valori si sono consolidati ancora di più con la migliore amica che possa esistere al mondo. Lei è come un colore, così bello, sempre così nuovo, così innovativo che al quale ancora deve esserle affidato un nome. E’ profumo, profumo che si coglie in ogni stagione, in ogni emozione che viviamo. E’ la guida, guida ufficiale per chi si smarrisce nella sua esistenza, e mia madre dovrebbe esserle grata. Forse lo è. La mia amica non chiede nulla in cambio, siamo state entrambe ad aiutare mia madre ad uscire dal buio pesto. La mia amica ed io ci rispecchiamo così tanto che qualche volta mi viene da pensare “e se fossimo sorelle separate alla nascita?”. Sono matta, l’ho già detto.. ma io le sono devota, è una carissima compagna di viaggio, la stimo , la ringrazio in continuazione perché mi dà l’opportunità di migliorare me stessa, è lei che fa sì che  il mio positivismo sia sempre nel mio spirito, che non mi perda quasi mai d’animo. E’ lei che mi ha voluto ,ancora qui con lei, poche settimane fa : fu un lunedì sera, festa di 18 anni di un mio compagno di classe in discoteca , fuori città, lui era elegantissimo (mi chiedo ancora come mai non abbia mai avuto una cotta per quel ragazzo!), i regali scartati ad inizio serata, e la musica si impossessò di noi invitati. Il volume era così alto che la musica attraversava le mura del locale, penetrando in esse. D’un tratto alcuni cugini del mio amico , al momento dell’apertura della torta, si radunarono attorno a lui, o dovrei dire noi dato che stavo chiacchierando con lui. Si avvicinavano sempre più lentamente con sorrisi dipinti sulle labbra. Avevo l’impressione che essi fossero pronti a realizzare qualche scherzo e fu così. Un gran brutto scherzo per entrambi. I ragazzi in cerchio ci bloccarono, entrambi (nonostante si concentrassero soprattutto sul festeggiato) ed iniziarono a  lanciare e spalmare  la torta sui nostri visi. Iniziammo a ridere , e ci accorgemmo di aver ingerito chi sa quanta torta in quella guerra. Non avevo il tempo di parlare, continuavano ad farci aprire la bocca come dei forsennati. Il motivo per il quale fui coinvolto anche io resterà un mistero, fatto sta che pochi secondi dopo mi accorsi di ciò che stava accadendo e stava per succedere. Mi dimenai dalle loro strette, non capivano, ovviamente loro non potevano saperlo. Come fu possibile che mi dimenticai del mio “problema”? Il peggio è che lo dimenticai per poco più di 20 secondi. Secondi che potevano essere stati fatali , se la mia amica non fosse stata così rapida a venire a soccorrermi. In quei 20 secondi o poco più , dimenticai di essere un soggetto celiaco , di essere intollerante al glutine. Dimenticai tutto d’un tratto, gli sforzi compiuti da mia madre quando mi assillava ripetendomi di stare attenta a non ingerire nulla che non fosse senza glutine. Che sciocca che fui, mia madre aveva ragione , non ero in grado di badare a me stessa. Fissai il mio compagno con occhi colpevoli, con gli occhi di chi sa di essere il colpevole, l’assassino.  Potevo essere la assassina e la vittima allo stesso tempo, se lei non si fosse presentata al momento adatto.

Mi chiedevano cosa mi fosse capitato, intanto c’era ancora qualcun altro che lanciava panna tra di loro , ma non riuscii a rispondere nulla, né ad emettere un suono, un sussurro . Niente. Le mie mani iniziarono a gonfiarsi , diventando rosse, creandomi prurito incontrollabile. Sfregai le mani con le lunghe unghia che mi ritrovavo ma niente , non provavo sollievo. Cosa potevo fare?? Ero in panico, conoscevo la diagnostica della mia malattia, conoscevo i rischi. Sapevo ciò che sarebbe accaduto. Altri sintomi si manifestarono sul mio corpo, nella parte visibile e non. All’interno vi era una sorta di chiodo che lacerava ogni parte dell’intestino. Un chiodo piccolo, con la punta più sottile di tutte, ma il più doloroso. Pulsava all’interno mentre il mio organismo dava i numeri : un momento avevo caldo, un altro freddo. Qualcuno mi fece sedere su una poltrona dove notati che finalmente tutti si resero conto della mia salute poco buona. Affatto buona. Chi sa quanti istanti dopo, avvertii i primi giramenti di testa. Tutti dicono che quando stai per morire la tua intera vita di scorre sotto i propri occhi in un momento lungo un’eternità, ma non è così. Sono solo cazzate ciò che dicono, dette solo per tranquillizzare . Non è affatto come un rivedere la tua vita sottoforma di un film al rallentatore. E’ panico ciò che avverti, ti affidi alla preghiera, anche se non hai mai creduto in Dio, gli chiedi di risparmiarti, chiedi di vivere. Sì, gli chiedi di poter continuare a vivere, perché non vuoi morire.  E poi da questo momento in poi non c’è  una procedura uguale a tutti i casi, c’è chi inizia a stare meglio, o chi perde il controllo del proprio corpo, perdendo coscienza. Beh, caro diario.. indovina un po’ a quale gruppo io appartenessi? .. come?... Sì è vero che grazie alla mia amica sono diventata una persona ottimista … ma ottimista non significa fortunata!... sì , esatto … appartengo al secondo gruppo. A coloro che non hanno potere né forza di sapere cosa stia succedendo. Quando poggiai le palpebre, chiudendo gli occhi, avvertii un ultima coltellata proveniente dall’interno. Sì, era sempre quel chiodo.

 

Cos’era il suono che percepivo? Passerotti che volavano felici in un giorno di primavera? No, erano solo le rotelle di un carrello , forse troppo vecchio, che allo spostamento di esso emetteva quel suono stridulo. Mi venne automatico aprire gli occhi, lentamente. Sugli occhi avvertivo un peso enorme, come se ogni ciglia pesasse tonnellate. Pian pianino li aprii totalmente. Non sapevo dove mi trovassi. Dov’era mia madre? Ero così stanca, fiacca, debole, da non riuscire a sussurrare nulla. Perché intorno a me era tutto bianco? Era quello il paradiso? Ad un tratto tutto mi fu chiaro. Ero in un ospedale, in una camera con le pareti dipinte di bianco, in un giorno di primavera. Avvertivo una strana sensazione : mia madre non era accanto me al mio risveglio, la cercai ancora più in lontananza con la coda degli occhi, per poi aver una folgorazione, una rivelazione. La vidi, come potevo non essermene accorto prima. Eccola lì, attorno a me.. era lei .. la mia migliore amica, che mi stringeva calda con i suoi raggi del sole, con l’aria che ad ogni respiro inspiravo.

Era lei, la mia più grande amica, la Vita.

 

 

 

Note dell’autore : Ciao! Storia scritta tutto di un getto dalle 21:48… terminata due ore dopo!! E una storia abbastanza drammatica ma sentivo di apportare qualche modifica ai miei soliti racconti. Volevo mostrare una persona, in questo caso Rebecca, diversa dagli altri personaggi delle altre fan fictions , afflitta sempre da problemi minori che affliggono la sua vita, ma che nel suo carattere si vedesse la forza, la tenacia che possiede. All’inizio del racconto ho tentato di descrivere il carattere di Rebecca come una ragazza non stupida, ma molto confusionaria, che si lascia prendere dalle mille cose che le girano per la testa, facendo sì che ella perda il filo del discorso! Ho tentato di far spuntare dei sorrisi in alcuni punti … ma su questo non oso esprimermi sull’eventuale riuscita o meno!! Spero la lettura vi sia gradita.

Mirko .

  
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