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Autore: shesunbroken    19/07/2013    4 recensioni
Breve storia basata sulla Grande Peste degli anni 1664-65 a Londra. La vicenda è raccontata dal punto di vista di due giovani, Joseph e Annabelle.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Annabelle, un ultimo sforzo, manca poco!» esorto la mia compagnia a resistere alla lunga camminata.

«Joseph, le mie vesti sono troppo pesanti...» la sento sussurrare tra un respiro e l'altro.

Mi avvicino a lei, che intanto si ferma. «Potrei togliere qualche strato dall'abito.»

Lei sembra essere d'accordo, così mi abbasso e strappo con forza gli ultimi due strati di cotone che compongono il suo abito, lasciando quello esterno, ovvero quello più ricamato, intatto. Mentre lei si siede alla base di un albero ricavo una striscia di tessuto e glie la porgo «Legati i capelli.» le suggerisco, e così fa.

Scorgo delle lacrime sul suo viso, mentre tenta di legare i suoi lunghi capelli neri.

«Annabelle, va tutto bene.»

«Non va tutto bene! Mia madre e mio padre non capiscono che l'epidemia è pericolosa...stanno morendo migliaia di persone e sono ancora convinti che non sia niente, che sia una malattia del popolo.» tiene i suoi enormi occhi neri coperti dalle mani, così da non poter scorgere la tristezza in quel lago di pece nera.

«Adesso sei qui con me, ci stiamo allontanando dalla città e sfuggiremo a questa peste. Non ci succederà nulla.» provo a tranquillizzarla, invano.

«A noi no, ma a loro sì. Alla tua famiglia non ci pensi?» finalmente riesco a vedere il suo viso per intero e mi sento già meglio.

«Non sanno sfruttare la saggezza del loro figlio, né i miei genitori né i miei tre fratelli, e nemmeno i Redgrove, Annabelle. Non avevamo scelta!»

Lei resta in silenzio e abbassa lo sguardo verso le sue ginocchia piegate contro il petto.

«Alzati, dobbiamo trovare un rifugio per la notte.» la incito e lei si mette in piedi a fatica.

Il bosco sembra tutto uguale, non so dove stiamo andando, quale direzione stiamo prendendo, dove sto portando Annabelle...le uniche cose che mi guidano sono il sole, che ormai sta tramontando, e la pendenza del terreno, che ci spinge in salita.

Dopo un paio di ore di fatica riesco finalmente a trovare un rifugio decente, se il termine 'decente' può indicare alcuni cespugli molto alti che ospitano un cavità. Almeno saremo protetti dietro, sopra e ai lati. Lascio riposare Annabelle mentre cerco della legna. Quando ritorno al rifugio sta già mangiando una mela. Dopo aver accesso un piccolo fuoco leggermente lontano dai cespugli, mi siedo vicino a lei e arrotolo su se stesse più e più volte delle foglie di tabacco essiccate, formando una bastoncino lungo quanto il mio indice, e le accendo.

«Per il momento abbiamo solo le scorte di frutta...meglio che la consumiamo tutta in due giorni se non la vogliamo vedere marcire.» le consiglio dopo aver inspirato un po' di fumo.

«Cosa sai di questa peste?» sembra del tutto ignorare le mie precedenti parole.

«Dicono sia colpa di un bacillo, chiamato Yersinia Pestis e si trasmette attraverso al puntura delle pulci dei ratti.» prendo una pausa. «C'era anche quest'inverno ma era più contenuta...l'afa ed il caldo non migliorano le cose. Re Carlo II si è trasferito con la famiglia ad aOxford...che carogna del cazzo. E sembra che anche nello Derbyshire ci sia qualcosa di simile, ma qui a Londra ci sono ogni settimana un paio di migliaia di morti.» le riferisco il tutto con noncuranza, come le stessi parlando della storia di Gesù Cristo.

Appena finisco il discorso la vedo entrare nel panico più totale e mi chiede come ho avuto queste informazioni.

«Mio zio, il medico...conosce persone che sanno di cosa parlano.»

Annabelle sussurra un «Che Dio ci assista.» seguito un “Angelo di Dio” , un “Padre Nostro” e un “Ave Maria”.

«Hai intenzione di recitare tutto il rosario?» scherzo.

Ma lei ha le lacrime agli occhi, non riesce a smettere di piangere.

«Devo affidare me ed i miei cari a Dio e alla Vergine, devo farlo...devo.» più continua a parlare e più la sua voce si fa debole.

«Sembra che il tabacco aiuti a restarne immuni. Forse sono solo credenze...» così le porgo le foglie essiccate quasi del tutto bruciate ma lei rifiuta.

«Io mi fido di Dio, non del tabacco, Joseph. Dovresti farlo anche tu.»

Sbuffo ed evito di risponderle per non smontare la sua teoria, per fare in modo che non cada in depressione. Non sono d'accordo: dovremmo tutti fidarci della scienza, della medicina, di persone reali che studiano. Vorrei avere una conversazione tranquilla con lei, come due ragazzi innamorati prossimi al matrimonio. Sì, perché le nostre famiglie hanno già programmato tutto e grazie al cielo io ed Annabelle andiamo d'accordo...non so cosa provi lei per me: amore, amicizia, affetto...è comunque qualcosa di positivo.

Finisco di fumare e getto il resto nel fuoco.

«Prendi i panni che ho strappato prima dalla tua veste, copriti, così non avrai freddo.»

Lei mi guarda scossa ed impaurita, si stende con la schiena verso il muro fatto di rami e foglie e prova a chiudere gli occhi. La osservo per qualche secondo, poi prendo i resti del suo vestito e la copro, lasciandole un bacio sulla fronte. La vedo sorridere, poi aprire gli occhi ed incupirsi nuovamente.

«Domattina ho intenzione di ritornare a Londra, dalla mia famiglia. Se devo morire voglio farlo con loro, con nessun altro.» e ritorna a riposare.

E' come se una freccia mi avesse trapassato il petto, come se non fossi abbastanza per lei. E' comprensibile, vuole bene alla sua famiglia, ma Demetria Devonne non l'avrebbe fatto...lei sarebbe rimasta con me fino...fino alla morte.

«Riposa in pace.» sussurro dopo aver fatto il segno della croce.

E già rivedo il suo volto senza vita, la mia Londra, un tempo viva, sporca, cupa, con odori insopportabili di spezie e legno bruciato, coperta di cenere. Sì, perché ho intenzione di accontentarla, farò quel che dice e la riporterò in quella città che non riconosco più come mia. Annabelle ha paura che la morte possa prendere la sua famiglia. Io ho paura che la morte possa prendere me. Sono un egoista. Ma ho già visto e riconosciuto i suoi segni ed il suo operato sulla mia dolce Devonne e le ho promesso che sarei stato felice senza di lei. Chiudo gli occhi e provo a dormire, sperando di poter sognare almeno qualcosa di felice prima di ritornare nell'inferno.

 



Ammetto che questo è semplicemente un esperimento perché è la prima oneshot ambientata in un tempo passato che scrivo.
Come avete notato del vero 'Joseph Adam Jonas' non c'è molto, ma vederlo in altre vesti e in altre circostanze mi affascinava troppo e avevo l'irrefrenabile impulso di usare questa nuova versione in una delle mie oneshot. Ho inserito anche Demi, il quale ruolo non è precisato e non ho intenzione di precisare in questo angolo autrice, scusate!
Spero che l'apprezziate e che non contenga errori storici o di qualunque altro tipo, in ogni caso sarei davvero grata se lasciaste una recensione.
Grazie, un bacio,
Noemi.
   
 
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