Anime & Manga > Rossana/Kodocha
Ricorda la storia  |      
Autore: Bethan__    20/07/2013    9 recensioni
Perché Sana, durante quel po’ di tempo che aveva dormito, non aveva fatto che sognarlo.
Prima di addormentarsi, non era riuscita a pensare ad altro che a lui.
Il punto era che non vedeva l’ora di dargli il buongiorno, di chiedergli cosa avesse fatto la sera precedente, di dirgli che forse era stata ingaggiata per girare un vero film.
“Io vado, buona giornata a tutti!”, salutò energicamente prima di infilarsi lo zaino sulle spalle.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 


Il sole era quasi accecante quel giorno, una giornata primaverile in piena regola.
Sana si era miracolosamente svegliata non in tempo, ma addirittura prima del solito.
Aveva fatto la doccia, si era spazzolata meticolosamente i capelli che aveva deciso di lasciare sciolti, aveva avuto persino il tempo di fare colazione con sua madre e Rei.
Ovviamente quest’ultimo era rimasto scioccato da tale avvenimento ma era una cosa a cui tutti si sarebbero dovuti abituare.
Perché Sana, durante quel po’ di tempo che aveva dormito, non aveva fatto che sognarlo.
Prima di addormentarsi, non era riuscita a pensare ad altro che a lui.
Il punto era che non vedeva l’ora di dargli il buongiorno, di chiedergli cosa avesse fatto la sera precedente, di dirgli che forse era stata ingaggiata per girare un vero film.
“Io vado, buona giornata a tutti!”, salutò energicamente prima di infilarsi lo zaino sulle spalle.
“Hai preso tutto?”, le domandò Misako.
“Ho preso anche troppo, sta’ tranquilla! Ciao, ci vediamo più tardi!”.
“Divertiti!”, le augurò Rei, ma Sana era già uscita sbattendo involontariamente la porta.
Era davvero una bella giornata, l’ideale per una gita all’aria aperta.
La meta stabilita era il parco di Ueno ed era stata accolta con entusiasmo soprattutto da parte delle ragazze.
Oltre al visitare il Tokyo National Museum, lo zoo ed il santuario Gojo, era infatti previso un picnic all’ombra dei ciliegi in fiore.
Sana aveva passato parecchie ore in cucina insieme alla signora Shimura, si era persino tagliata un dito mentre affettava il pesce.
Il suo pranzo non era importante, si era portata dei semplici tramezzini.
Il sushi era per Akito.
Ovviamente sapeva che lui avrebbe avuto il suo pranzo, sicuramente sua sorella gli aveva preparato qualcosa di ottimo, ma non era importante: al massimo lo avrebbe mangiato per cena.
Il punto d’incontro con i suoi compagni e l’insegnante era la stazione di Ueno, fortunatamente non lontana da casa sua.
Che colpo di fortuna una gita proprio con la classe di Hayama, non poteva capitarle cosa più bella.
Dopo poco più di cinque minuti, si accorse che qualche metro più avanti c’erano Aya e Tsuyoshi.
Decise di fare una piccola corsa per raggiungerli, avrebbero comunque avuto l’intera giornata per stare da soli.
“Buongiorno!”, esordì con un gran sorriso.
Ricambiarono entrambi, voltandosi subito.
“Buongiorno, Sana! Come mai in orario?”, le domandò Tsuyoshi beccandosi una lieve occhiataccia.
“Ci tenevo ad iniziare bene la giornata, se proprio vuoi saperlo. Come ti sta bene quel fiocco, Aya! E’ nuovo?”.
La ragazza annuì, felice.
“Me lo ha regalato mia madre!”.
Arrivarono alla stazione in poco tempo, chiacchierando animatamente.
La maggior parte dei loro compagni erano già lì, ne mancavano davvero pochi all’appello.
“Buongiorno, ragazzi!”, li salutò la professoressa, la signorina Fujita.
“Buongiorno a lei”, ricambiò educatamente Aya anche a nome dei suoi amici.
Sana guardò con gioia i suoi compagni, tutti impegnati a parlare tra loro a proposito del parco, di cosa avevano portato per pranzo e di cose simili.
Sarebbe stata una bella giornata, se lo sentiva.
Si alzò sulle punte per cercarlo con lo sguardo e sorrise quando lo vide: se ne stava in disparte, appoggiato al muro, lo sguardo rivolto verso l’alto.
Gli si avvicinò e nonostante il cuore sembrava volesse uscirle dal petto, abitudine dura a morire, si sentì più tranquilla.
Finalmente era lì, con lei, e lo sarebbe stato per tutto il giorno.
“Ciao, Akito.”
Lui si voltò e lo sguardo gli cadde sul cestino che la ragazza teneva in mano ma si affrettò a riportarlo su di lei.
“Buongiorno”, rispose, atono.
Ormai non si sorprendeva più quando lo chiamava per nome.
“Hai visto che bel sole? Scommetto che stavi pensando proprio a quanto sia bello il tempo oggi. Ho indovinato?”.
Akito trattenne a stento un piccolo sorriso: era troppo presto per dargliela vinta.
“Hai indovinato. Strano che tu non sia in ritardo, cos’è questa novità?”.
“Ma insomma, perché vi riesce così difficile credere che anch’io sono capace di arrivare ad un orario decente?”, sbottò lei, irritata.
Lui scrollò le spalle.
“Forse perché di solito non ti svegli neanche con le cannonate.”
“Vedi di smetterla, se continui così non riceverai la sorpresa che ti ho portato!”.
“Se è qualcosa che si muove, esplode o emette qualsiasi tipo di suono, tienila alla larga da me.”
Sana sbuffò.
“Sei impossibile.”
E tanti saluti al chiedergli cosa avesse fatto la sera prima.
 
Dieci minuti dopo, la signorina Fujita era stata raggiunta dal collega Watanabe che si era scusato per il ritardo e aveva preteso che si mettessero subito in marcia.
Partirono dall’uscita sud della stazione, in modo da poter visitare il parco verso nord.
Il santuario non sembrò suscitare granchè interesse negli studenti, per cui la visita fu relativamente breve.
Lo zoo fu invece accolto con decisamente maggiore entusiasmo.
Sana si era ovviamente portata la macchina fotografica ed aveva insistito per avere delle foto con tutti i suoi amici.
Meno uno che, come al solito, aveva deciso di fare il difficile.
La ragazza si concentrò sugli animali e, insieme ad Aya, Hisae e Fuka, si innamorò completamente degli esemplari di panda presenti.
Scattare foto agli animali era proibito perché ciò avrebbe potuto infastidirli ma a Sana bastò vedere da vicino leopardi, tigri, gorilla e orsi.
Erano davvero splendidi.
“Professoressa, potremmo andare a vedere anche gli animali esotici?”, domandò timidamente Hisae.
La signorina Fujita annuì.
“Certamente, abbiamo molto tempo a disposizione!”.
Il gruppo iniziò a spostarsi e Sana, che era rimasta un po’ indietro, fece per seguirlo ma si accorse che Akito ed un altro paio di ragazzi si erano allontanati e sembravano stare discutendo.
“A chi credi di far paura? Guarda che anche se frequenti un corso di karate, resti sempre un moccioso!”.
“E, tra l’altro, hai una faccia da idiota! Come fai a guardarti allo specchio senza scoppiare a ridere?”.
Hayama sentiva l’irritazione crescere e strinse convulsamente un pugno, ordinandosi mentalmente di ignorarli.
Quei due erano della sua classe ma non si erano mai rivolti la parola prima di allora, perciò non capiva cosa li spingesse ad essere tanto offensivi nei suoi confronti.
Non che avesse bisogno di altri buoni motivi per spaccare la faccia ad entrambi, si capisce.
Però aveva smesso di agire con il comportamento di un bambino impulsivo.
“Ci stiamo spostando, vi conviene unirvi al resto del gruppo se non volete perdervi.”
Gelida come non mai, la voce di Kurata lo sorprese parecchio.
I due ragazzi la guardarono con aria di sufficienza.
“E tu saresti?”, domandò il primo.
“Quella che riferirà all’insegnante cosa stavate facendo, se non vi levate dai piedi!”.
Risero entrambi ma decisero comunque di raggiungere i propri compagni.
“Fate proprio una bella coppia di sfigati”, commentò però il tizio prima di allontanarsi insieme all’amico.
Akito serrò la mascella, cercando di pensare ad altro per calmarsi.
Se prima Sana lo aveva sorpreso, quando lo prese per mano praticamente lo immobilizzò.
“Il tuo autocontrollo sta molto migliorando”, commentò la ragazza con un sorriso, nella speranza di tranquillizzarlo.
Ma Hayama aveva già dimenticato anche le facce di quei due.
Lei era lì e lo teneva per mano, impossibile pensare a qualcosa che lo innervosisse.
“Non mi andava di rovinare la gita a tutti”, si giustificò.
Il tono era neutro come al solito, gli occhi seri, ma non aveva esitato un solo minuto ad intrecciare le dita con quelle della ragazza.
“Questo sì che ti rende una persona matura, complimenti! Allora, ti piacciono gli animali? Devi ancora farti una foto con me, guarda che mica me ne dimentico!”.
Ma lui aveva abbassato lo sguardo sulle loro mani, notando qualcosa a cui prima non aveva fatto caso.
“Che hai fatto alla mano?”, domandò.
Il dito medio era completamente fasciato.
Kurata sorrise, iniziando a camminare in direzione dei loro compagni che si erano decisamente allontanati parecchio.
“Niente, non preoccuparti.”
Lui rimase in silenzio.
Anche se si fosse rotta una gamba avrebbe continuato a rassicurare tutti dicendo che stava bene, lo sapeva.
Che comportamento assurdo.
“Comunque non sei un moccioso, per quello che può valere”, mormorò Sana senza guardarlo.
Di nuovo, lo colse di sorpresa.
“E la mia faccia?”, domandò ingenuamente Akito.
Lei sorrise, continuando a camminare e a concentrarsi sugli animali in gabbia.
Un panda ricambiò il suo sguardo.
“La tua faccia non ha proprio niente che non va.”
Risposta soddisfacente, pensò lui.
 
Nessuno si era accorto di quanto era successo e nessuno fece commenti sulle loro mani unite.
La visita allo zoo terminò una mezz’ora più tardi, giusto in tempo per l’ora di pranzo.
Erano tutti piuttosto affamati e le ragazze non vedevano l’ora di sedersi sotto i ciliegi in fiore.
Lo spettacolo era meraviglioso: c’erano più di mille alberti, il sole filtrava tra i rami e rendeva il colore dei loro fiori ancora più acceso.
Il profumo dell’aria era straordinario.
Il parco era affollatissimo, ovviamente.
Tante persone venivano anche da città lontane pur di visitare il viale durante la stagione della fioritura.
Sana non li biasimava, i ciliegi in fiore erano una delle cose che più amava al mondo.
Gli insegnanti li condussero quasi fino alla fine del viale, finchè non trovarono un posto abbastanza grande da accogliere entrambe le classi.
“Finalmente, non ce la facevo più!”, Tsuyoshi sospirò di sollievo appena si sedette e Aya gli sorrise, come sempre.
“Anche io ho decisamente fame! Ti ho portato dei biscotti, sono i tuoi preferiti”, disse allungandogli un pacchetto rosa.
“Li hai fatti tu?”, domandò il ragazzo con gli occhi che brillavano.
Lei annuì, arrossendo appena.
Fuuka e Hisae ridacchiarono.
“Mia madre ha insistito perché mi preparassi il bento da sola, accidenti”, si lamentò la prima scartando di malavoglia il suo pranzo.
Non era proprio un asso in cucina.
“La mia mi ha rifilato un quintale di onigiri, tutti al salmone!”, Hisae si dimostrò più contenta.
Sana tirò fuori i suoi panini dallo zaino, un po’ abbattuta.
Magari avrebbe aspettato qualche minuto prima di chiedere ad Hisae il permesso di assaggiare un onigiri.
“Beh, buon appetito!”, esordì addentando il suo tramezzino al tonno.
Non era male, dopo tutto.
Si voltò a guardare Akito, il quale guardava con riluttanza quello che sarebbe dovuto essere un bento.
Accidenti se era venuto male, Natsumi non doveva essere una cuoca eccezionale come credeva.
“Non lo mangi?”, gli domandò cercando di nascondere un sorriso.
Lui sospirò.
“Ho scelta?”.
Sana mise giù il suo tramezzino e, al settimo cielo, gli allungò il cestino che aveva poggiato sul prato.
“Cos’è?”, chiese Akito prendendolo.
“La tua sorpresa!”.
Il ragazzo lo aprì e restò a dir poco sbalordito dallo spettacolo che gli si presentò davanti agli occhi.
Sushi.
Tanto sushi.
Al salmone, al tonno, ai gamberetti, persino alle uova.
“Lo hai comprato per me?”, domandò sconvolto assaggiando un pezzo di quello al salmone.
“Certo che no, l’ho fatto io! Beh, in realtà la signora Shimura mi ha aiutata molto, io ero un disastro all’inizio. So che la forma non è perfetta ma il sapore dovrebbe essere buono, no? Ti piace?”.
Al ragazzo per poco quel boccone non andò di traverso.
Lo aveva preparato lei?
Proprio lei che non aveva mai cucinato niente nemmeno per sbaglio?
Sì che era buono, lo era davvero.
Chissà quanto tempo ci aveva perso.
Akito abbassò la testa, vinto nuovamente da quel sentimento di impotenza che solo lei era capace di fargli provare.
Avrebbe voluto abbracciarla e urlare a tutti che ne era innamorato, che Sana era e sarebbe sempre stata soltanto sua.
Avrebbe voluto baciarla e avrebbe potuto farlo, perché i gesti gli riuscivano sempre più facili delle parole.
Sospirò, irritato da sé stesso.
“E’ così cattivo?”, mormorò la ragazza, preoccupata dal fatto che non parlasse.
Lui scosse la testa.
“Mi piace”, fu il massimo che riuscì a dire.
E le bastò, come sempre.
Ogni parola, ogni piccolo dettaglio lei lo apprezzava e lo conservava, ripromettendosi di non dimenticarlo.
Tra l’altro, aveva espressamente ammesso che era buono, non che semplicemente non gli dispiaceva.
“Sono contenta”, replicò, soddisfatta, ricominciando a mangiare il suo panino.
“E’ preparandolo che ti sei fatta male alla mano?”, domandò il ragazzo.
“Il fatto è che non avevo mai tagliato il pesce con un coltello del genere, ma non è niente di che. Per fortuna Rei ha trovato della garza, mia madre non è proprio affidabile quando si tratta di queste cose!”.
Sana si allungò verso Hisae, che lasciò a metà una battuta che stava per rivolgere a Fuka.
“Vuoi un onigiri?”, le chiese scoppiando a ridere davanti all’espressione dell’amica.
“Oh, sì! Grazie mille, sei sempre gentilissima, ti voglio bene!”.
Anche Fuka rise, scuotendo la testa.
“Sana…”.
Lei si voltò, la bocca piena di riso.
“Cosa?”.
“Grazie. Sai, per tutto.”
Quella frase la mormorò appena ma Sana la sentì benissimo e gli sorrise con tutto il calore di cui fu capace.
Che onore, sentirgli dire tante parole gentili tutte in una volta.
“Oh, a proposito, sai che forse mi hanno ingaggiata per un film?”, la ragazza cambiò discorso nella speranza di toglierlo da quell’imbarazzo che gli aveva leggermente arrossato le guance.
Però la reazione non fu molto positiva.
Akito la guardò quasi arrabbiato, ma forse la sua era solo paura.
“Dove?”, chiese, cauto.
Lei capì.
“Qui, Hayama. In città. Non sarei andata da nessun’altra parte.”
“Perché?”.
“Che razza di domanda è?”.
Akito distolse lo sguardo, ricominciando a mangiare il suo sushi.
Voleva sentirsi dire tutte le cose che lui non era in grado di esprimere a parole, sì.
Era un comportamento infantile ma cosa poteva farci?
Per troppo tempo aveva finto di non aver bisogno di nessuno, ma Sana aveva cambiato le cose, si era intromessa come un uragano nella sua vita e lo aveva sconvolto.
Gli aveva fatto capire di desiderare una persona da cui ricevere qualcosa che, magari, avrebbe potuto ricambiare.
E accidenti se era stato fortunato.
Sana sbuffò, irritata.
“Non mi sarei mossa da qui perché chissà in quali guai saresti andato a cacciarti senza di me.”
“A me risulta che sia tu quella che finisce sempre nei guai”, replicò il ragazzo con la bocca piena.
“Beh, ti risulta male!”.
“Probabilmente ti avrei seguita, in un modo o nell’altro.”
La ragazza si allungò per assaggiare anche uno dei biscotti al cioccolato di Aya: Tsuyoshi non si sarebbe innervosito.
“Probabilmente ti avrei chiesto di farlo”, mormorò poi, senza guardarlo.
 
Nel complesso, fu una bella giornata.
Quando Rei andò a prendere Sana alla stazione, la ragazza sentì l’umore colare a picco.
L’attendeva un’altra serata noiosa, seguita da una notte insonne e un risveglio straziante.
L’indomani era domenica e non c’era scuola.
La ragazza sospirò, salutando i suoi compagni uno per volta.
Raccomandò a Tsuyoshi di fare attenzione, visto che aveva deciso di accompagnare personalmente Aya a casa.
Soffocò tutte le sue amiche in un caloroso abbraccio e quando Fuka le ordinò di fare i compiti, rispose con una smorfia, assicurandole che ci avrebbe provato.
Salutò anche Gomi, nonostante fosse troppo impegnato a parlare con Hisae.
Poi fece un leggero cenno a lui, che la guardava senza dire niente.
Gli offrì un passaggio che fu rifiutato: suo padre sarebbe andato a prenderlo di lì a poco.
Frustrata, si arrese a salutarlo con un bacio sulla guancia.
Cioè, voleva esserlo.
Perché Akito si voltò, provocando l’incontro decisamente inaspettato delle loro labbra.
Nessuno, insegnanti compresi, si permise di commentare.
Sana arrossì con violenza ma all’imbarazzo non seguì una delle sue sfuriate.
Solo un castissimo “Ciao.”
Corse via subito, rifugiandosi nella macchina di Rei, che le domandò come fosse andata la giornata.
E lei rispose che era stata davvero una gita bella, dolce, diversa.
Rei era troppo occupato a ricordarle il programma dell’indomani per accorgersi che in realtà, Sana aveva appena descritto il proprietario dei suoi occhi ambrati preferiti, che l’aveva avuta vinta ancora una volta.
Niente foto.



  
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Rossana/Kodocha / Vai alla pagina dell'autore: Bethan__