Fanfic su artisti musicali > All Time Low
Ricorda la storia  |      
Autore: Pwhore    20/07/2013    7 recensioni
E se quando sono usciti dal Colosseo, alle cinque passate di quell'assurdo quattro giugno, una di noi avesse chiesto ad Alex come fosse baciare Jack?
"«Guarda Jackie, questo coso sembra sul punto di crollare a pezzi» osservò indicando un pezzo di colonna che Jack non esitò a toccare ripetutamente, davanti agli occhi sbarrati dell'addetto alla sicurezza accanto a lui, prima di stufarsi.
«Mah, forse tra qualche anno» storse la bocca, mentre Alex alzava gli occhi al cielo.
«Fammi capire, se qualcuno ti dicesse che quel sasso è una bomba andresti a toccarlo per vedere se è vero?!» esclamò.
«Non sono mica scemo» si difese Jack, «in quel caso ti porterei con me»."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
What's it like to kiss Jack Barakat? Alex si levò le mani dalle tasche dei jeans e se le posò sui fianchi, lasciando che lo sguardo gli vagasse sul monumento che lo aveva inglobato, ombreggiato appena dagli occhiali scuri; si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e inspirò a fondo, inumidendosi lentamente le labbra.
Per la loro prima volta a Roma, le nuvole gonfie di pioggia avevano ceduto il posto ad altre più soffici, bianche, e una brezza quasi impercettibile si era alzata, combattuta strenuamente dai raggi di un sole troppo forte. Prima che arrivassero si erano susseguite giornate cariche di scroscioni e temporali, ma da quando erano atterrati il tempo sembrava aver deciso di dare alla Città Eterna una tregua, e Alex non poteva che esserne felice.
Una goccia di sudore gli scese lungo la guancia e per una frazione di secondo si domandò perché avesse deciso di mettersi un beanie in una giornata simile, poi si ricordò del traumatico stato dei suoi capelli e abbozzò un sorriso. In realtà i capelli di tutti facevano schifo - quando si erano alzati quel mattino non avevano pensato che non avrebbero avuto il tempo di darsi una sistemata dopo colazione ed erano usciti senza farsi una doccia, e ora ne stavano pagando le conseguenze. Jack lo aveva raggiunto in camera quando era in procinto di spogliarsi ed entrare nella cabina, e alla fine aveva rinunciato pure lui, che trovava nell'acqua proprietà terapeutiche, e si erano catapultati assieme nella hall dell'hotel, dove li aspettavano Rian, Zack, Cassadee e una delle loro guardie del corpo. Jack aveva cominciato a saltare come un giocattolo a molla ripetendo fino all'esasperazione cosa avrebbe voluto fare ed erano stati costretti a dargli carta bianca pur di farlo star zitto, anche se alla fine non era dispiaciuto a nessuno.
«Il Colosseo, originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio, fu il primo e il più grande edificio stabile costruito a Roma per ospitare lotte fra gladiatori, manifestazioni pubbliche e drammi basati sulla mitologia classica. La tradizione che lo vuole luogo di martirio di numerosi cristiani è destituita di fondamento» li informò la guida in un inglese arrancante.
Alex tirò su col naso e si grattò la guancia con un dito, completamente disinteressato alle sue parole. Si chiese se sarebbe potuto andare a fare un giro da solo come facevano altri fortunati turisti ma bastò l'occhiata fulminante della guida a farlo desistere; tirò su col naso un'altra volta e s'inumidì nuovamente le labbra.
«Edificato per volontà di Vespasiano fra gli anni 72 e 80 d.C. e inaugurato da Tito, inizialmente l'edificio misurava 188x156 metri, ne era alto quasi 50 e poteva ospitare fino a cinquantamila spettatori. Non più in uso dopo il VI secolo, venne riutilizzato nei secoli successivi come cava di materiale da costruzione».
Alex osservò sovrappensiero le parti ricostruite e si chiese se fossero stati i romani a rubare le pietre o se piuttosto fosse colpa della natura; poi decise che probabilmente c'entrava lo zampino di entrambi e riabbassò lo sguardo.
«Il termine Colosseo entrò in uso solo nel Medioevo, probabilmente a causa della vicinanza, nell'antichità, di una statua del Colosso di Nerone, alta ben 36 metri» proseguì la guida, indicando il punto dove avrebbe dovuto trovarsi la statua.
"Chissà se gli antichi romani ci avrebbero lasciato visitare il Colosseo in completa libertà" pensò, cercando di ritrovare un briciolo dell'entusiasmo che l'aveva assalito quando aveva visto per la prima volta l'edificio da vicino. Jack dal canto suo sembrava non esser mai stato più felice e ascoltava con occhi luccicanti la storia del monumento, riempiendo ogni tanto Alex di sorrisi emozionati, e il cantante si chiese se stessero sentendo parlare la stessa persona, divertito.
Un'ora dopo erano liberi, ma Zack insistette per rimanere un po' più a lungo del resto del gruppo per andare a vedere da vicino alcuni punti, appoggiato dagli altri due, così Alex dovette rimandare la sua corsetta verso la libertà di più o meno un quarto d'ora. Dopo aver fatto una foto di gruppo, l'umore del frontman si risollevò notevolmente.
«Bene, direi che possiamo ritenerci soddisfatti» esclamò, le mani sui fianchi. Jack li raggiunse da chissà dove e sfoggiò uno dei suoi sorrisi più vivaci, annuendo vistosamente prima di asciugarsi una goccia di sudore.
«Be', andiamo?» propose quindi, prendendo Alex per il polso e trascinandolo verso l'uscita in uno dei suoi attacchi d'iperattività, «abbiamo ancora un casino di roba da vedere!»
Alex alzò teatralmente gli occhi al cielo e lo seguì docilmente, abbozzando un sorriso divertito, ma si vide costretto a diminuire drasticamente la velocità quando s'imbatterono in un ingorgo di turisti desiderosi di andar via.
«Ma che cazzo, possibile che ci sia una sola uscita qui?» disse il moro, più stupito che irritato. Fece cenno agli altri due di sbrigarsi a raggiungerlo e cominciò a saltellare da un piede all'altro, senza riuscire a star fermo.
«Sei davvero un terremoto» rise Alex, scuotendo allegramente la testa.
«Sei tu che ti scateni solo sul palco Lex, dovresti lasciarti un po' andare» lo punzecchiò l'altro, ridendo.
«Aspetta, lo sentite anche voi?» s'intromise Zack, alzando le mani per impedire ai due di ricominciare a chiacchierare.
«Sentire cosa?» domandò Jack senza capire, abbassandogli la mano.
«Shh, tendi le orecchie» ribatté il bassista, inclinandosi verso destra. Jack lo imitò, confuso.
«Aspetta, ma è Dear Maria questa?» esclamò Alex, sgranando gli occhi. Jack esplose in un sorriso gigantesco nel riconoscerla e Alex notò che i suoi enormi occhi neri stavano brillando di una luce bellissima, ma decise di non dire niente.
«Porca puttana, non ci credo, gli hustler ci hanno seguiti pure qui!» esclamò felice, voltandosi intorno.
«Guarda che ci sono degli hustler pure qui, abbiamo fatto sold-out a Milano» gli ricordò Zack, prontamente ignorato.
«Secondo voi quanti sono? Porca miseria questa giornata non potrebbe andare meglio» continuò a gongolare Barakat, strattonando eccitatamente la maglietta di Alex.
«Ehi, calmati; cos'è, hai preso troppo zucchero oggi?» rise il frontman, 
«tranquillizzati, va tutto bene».
«Così ammazzi tutta la magia, Lex» ribatté facendogli la linguaccia, e Alex sorrise.
«Comunque la canzone è finita, insceniamo un'entrata figa quando cominciano a cantare qualcos'altro o usciamo e basta e tanti saluti?» chiese Zack, lanciando un'occhiata oltre la fila.
«Entrata figa, entrata figa!» s'infervorò Jack, scrollando di nuovo il braccio di Alex.
«Ma in realtà c'è un oceano di gente davanti a noi, possiamo anche farci un giro e vedere un po' dopo» lo tradì invece lui.
«Mi sa che hai ragione, con tutte queste persone davanti non li raggiungeremo mai» convenne il bassista, annuendo.
«Siete dei guastafeste» brontolò Barakat fingendo un muso lungo «spero ne siate consapevoli».
«Consapevolissimo» mormorò Alex, divertito. Lo squadrò un attimo poi gli scompigliò energicamente i capelli.
«Alex porca troia, per una volta che stavano giù» si lamentò lui, cercando invano di appiattirseli «ti odio, ora dovrò squagliarmi con un cappello come un certo cretino di mia conoscenza». Zack rise alzando gli occhi al cielo.
«Ma quanto sei primadonna Jack?» lo punzecchiò Alex.
«Ah, io?» s'indicò il chitarrista, fingendosi piccato «parla il signor 'senza una doccia non esco'».
«Quella si chiama igiene, magari prima o poi v'incontrerete» rise il cantante.
«Magari succederà quando ti beccherai con la signorina Simpatia, cosa che non farebbe schifo» ribatté Jack.
«Sembrate dei bambini dell'asilo, forza, andiamo a fare un giretto» commentò invece Zack scuotendo la testa, divertito. Alex sorrise e lo seguì senza fare obiezioni, con Jack che gli trotterellava vivacemente al fianco, mentre il bodyguard si tirò meglio gli occhiali da sole sul naso, guardandosi intorno con circospezione.
«Andiamo, rilassati» fece Jack posandogli una mano sulla spalla «con quello che costa entrare qui dentro vedrai che i fan rimarranno sicuramente ad aspettarci fuori, non hanno mica soldi da buttare». Il bodyguard si lasciò scivolare il commento addosso e il chitarrista accelerò il passo per raggiungere di nuovo il suo cantante, fermo ad aspettarlo.
«Guarda Jackie, questo coso sembra sul punto di crollare a pezzi» osservò indicando un pezzo di colonna che Jack non esitò a toccare ripetutamente, davanti agli occhi sbarrati dell'addetto alla sicurezza accanto a lui, prima di stufarsi.
«Mah, forse tra qualche anno» storse la bocca, mentre Alex alzava gli occhi al cielo.
«Fammi capire, se qualcuno ti dicesse che quel sasso è una bomba andresti a toccarlo per vedere se è vero?!» esclamò.
«Non sono mica scemo» si difese Jack, «in quel caso ti porterei con me!»
Alex rimase immobile un secondo, indeciso se badare al fatto che Jack volesse morire con lui o a quello che fosse un cretino patentato, poi lasciò perdere e rise, prendendolo per il polso.
«Forza, vieni, proseguiamo il giro».
Senza lasciarlo andare, tornò da Zack e camminarono un po' lungo il perimetro dell'anfiteatro, accompagnati dall'ombra di qualche nuvola passeggera. Quando tornarono all'uscita, Alex lasciò la mano di Jack con un sorriso e notò con sollievo che si era calmato rispetto a prima, ma lasciò comunque che fosse lui il secondo a uscire. Zack decise di fare l'apripista e si voltò a fare il pollice in su agli altri prima d'immergersi nella folla.
«Andiamo a fare un po' di casino» esclamò sfregandosi i palmi e respirando a fondo, gli altri annuirono e si gettarono dietro di lui, fiduciosi.
La prima cosa che Alex notò raggiungendo i tornelli fu il gruppo di ragazzi che armeggiava con le macchine fotografiche e saltava sul posto indicandoli. Rispetto agli hustler americani urlavano molto meno, cosa che il cantante apprezzò, ma se comparata, l'emozione di entrambi i paesi era pressappoco la stessa. I ragazzi, già vicinissimi ai tornelli, si avvicinarono ancora di più e sporsero verso Zack penne e quaderni da firmare, inondandolo con richieste di foto, autografi e abbracci. Alex sorrise nel vedere anche Jack inghiottito da quest'ondata d'affetto e seguì Zack, che cercava di dirottare i ragazzi lontano dall'uscita; s'inumidì le labbra in un sorriso ancora più largo e si riempì gli occhi della felicità dei suoi fan, aprendo le braccia per stringere il primo che gli s'era avvicinato. Firmò qualche autografo su blocchi, quaderni e libri e abbracciò quante più persone possibile, fermandosi a fare una foto con chiunque glielo chiedesse; poi si avvicinò a un banchetto e si godette per qualche secondo lo spettacolo dei suoi amici circondati dalla gioia, e per un istante gli sembrò che Jack brillasse più del solito, abbracciato a tre ragazze visibilmente più basse di lui. Sorrise intenerito e cercò di stamparsi in testa quell'immagine, da aggiungere alle altre migliaia che aveva di lui. Se fosse dipeso da lui, avrebbe passato le giornate a guardare Jack sorridere, gridare, ridere e fare il pazzo, per poi movimentare il tutto ogni tanto sfiorandolo con la mano. Sorrise felicemente e si sentì caldo dentro, in un punto che nessun altro era mai stato in grado di sfiorare semplicemente esistendo, e pensò che in effetti era quello che faceva - passare le ore ad ammirare il suo migliore amico in ogni stato d'animo possibile e immaginabile e da ogni angolazione umanamente possibile, ecco cosa lo faceva star bene. Stare con lui e poter essere la fonte dei suoi sorrisi lo faceva sentire privilegiato rispetto agli altri, l'unica stella in un mare di satelliti. Quei momenti sul palco in cui si scambiavano qualche bacio o si toccavano i fianchi per far andare la folla fuori di testa per lui erano come un ritorno a casa, e quando stavano ognuno per le sue gli sembrava che ai concerti mancasse qualcosa - che a lui mancasse qualcosa. Jack era la ciliegina sulla punta della torta, era quel tocco in più che rendeva la sua vita così speciale, e poterlo guardare in tutta la sua vivacità era un qualcosa per cui Alex non si sarebbe mai stancato di ringraziare ogni dio tirato in ballo nel corso dei secoli.
Tirò su col naso e inclinò il capo, sorridendogli, e quasi non vide arrivare la roscia davanti a lui - non che l'avrebbe notata, anche se fosse arrivata dalla direzione di Jack: era troppo concentrato sui suoi occhi per far caso a qualsiasi cosa attorno a lui, figuriamoci una ragazza decisamente più bassa. Per una frazione di secondo il suo sguardo traballò prima di metterla a fuoco decentemente; la salutò e lei lo interruppe chiedendogli dove alloggiassero i Green Day, o se per caso avrebbe potuto dare il suo numero a Billie Joe o qualcosa del genere. Alex sbatté gli occhi, colto alla sprovvista, recuperò il sorriso e si scusò, dicendo che non era proprio possibile, non aveva idea di dove si trovassero.
«Sappiamo solo che domani suoneremo assieme» spiegò, alzando le spalle e storcendo la bocca in segno di scusa. La roscia annuì e disse che era okay, non importava, grazie lo stesso; poi lasciò che tornasse al suo sogno ad occhi aperti e si allontanò verso le sue amiche, sbottando qualcosa in una lingua che non capiva.
Alex deglutì; non era ancora abituato alla gente che lo fermava chiedendogli del gruppo per cui aprivano i concerti - era consapevolissimo che in Europa fossero molto più famosi di loro e che avessero centinaia di migliaia di fan in più, ma ogni volta sperava che questi fan avessero abbastanza tatto da non venirgli a chiedere cose sul quartetto, più che altro per rispetto a lui e alla sua band. Respirò a fondo e inclinò la testa per scacciare il dialogo. Jack stava abbracciando di nuovo le tre ragazze e tra tutti e quattro non si capiva chi fosse il più radioso, e la cosa lo fece sorridere, ammorbidito. Li vide che si staccavano e notò altri ragazzi appolparsi al suo migliore amico, ma fu costretto a spostare lo sguardo quando un'altra ragazza gli si avvicinò con un sorriso impacciato, esitante.
«Ehi» la salutò, rompendo il ghiaccio al posto suo. Lei sembrò essergliene grata e lui sorrise di ricambio.
«Ehi, er, posso farti una domanda stupida e un po' fuori luogo?» chiese.
«Spara pure, mi piacciono le domande stupide» sorrise, incoraggiandola «sono qui per questo».
«Okay, er... Com'è baciare Jack Barakat?» mormorò, sperando di non offenderlo. Alex la guardò per qualche istante, preso alla sprovvista, cercò di radunare qualche pensiero e quando gli sembrò di aver trovato qualcosa di decente da balbettare fece per aprir bocca, ma il bodyguard gli picchiettò sulla spalla e gli disse che era ora di andare.
«Giusto due minuti» provò a insistere, ma l'uomo scrollò le spalle con aria irremovibile.
«Siamo già in ritardo di dieci minuti, rischiamo di perdere la navetta» disse con un tono che non accettava repliche. Alex lanciò uno sguardo ai compagni e notò che erano tutti pronti ad andare, fece una smorfia che significava 'mi dispiace, non è davvero colpa mia' alla ragazza e li raggiunse, esitando nel voltarsi indietro. Jack lo raggiunse e gli mise una mano sulla spalla, inclinando il capo. «Tutto okay Lex? C'è qualcosa che non va?» domandò apprensivamente.
Alex lo guardò e in un attimo il senso di disagio scomparve.
«Nono, tutto a posto, non preoccuparti» mormorò.
«Ah, grande allora, ci mancava solo che ti fossi depresso, sennò sai che casino!» scherzò, poi gli ammollò una sonora pacca sulla spalla. «Bene ragazzo, vado avanti a inebriarmi con quest'aria del passato! Divertiti con Zack» lo salutò con una linguaccia al bassista, trotterellando quindi verso il bodyguard e pretendendo di fare da guida.
«Ma che cos'abbiamo fatto di male per meritarcelo?» disse Zack alzando teatralmente gli occhi al cielo. Alex abbozzò una risata di circostanza - Jack era il miracolo più strabiliante che gli fosse mai capitato, sperava lo sapesse. Gliel'aveva mai detto? Sperò di sì con ogni cellula del suo corpo e si ripromise di farlo appena possibile.
Smise di pensarci lasciandosi alle spalle tanti ragazzi abbracciati e in lacrime. Chissà se Jack piangeva mai.


«Show fantastico ragazzi, li avete conquistati!» esclamò Matt quando gli All Time Low raggiunsero il backstage, bevendo e asciugandosi il sudore con un asciugamano bianco «Le prime file erano a dir poco fuori di testa».
«C'era un sacco di gente che non ondeggiava neanche sul posto» osservò Alex, passandosi una mano sul collo.
«Quelli sono qui per i Green Day, anche se foste il gruppo più bravo della storia non vi cagherebbero» gli ricordò Matt.
«Hai anche ragione» sorrise Alex, poi si girò verso Jack «ehi amico, quanti reggiseni hai rimediato?»
«Tre o quattro, ma parecchi non ce l'hanno fatta ad arrivare sul palco» rispose quello, scrollando via il sudore dai capelli.
«Mica male» commentò il cantante con un sorriso, afferrando una bottiglia d'acqua.
«Ce n'era uno nero con della roba attaccata, chissà che diavolo era» fece Jack, tirando su col naso.
«Magari erano bigliettini, dovresti recuperarlo» suggerì Alex, passandogli la bottiglietta con un tiro.
«Bho sì, forse dopo» tagliò corto il ragazzo, stappandola «ora voglio solo tornare in centro e fare un bel po' di casino!»
«Possibile che tu non sia mai stanco?» rise Alex, scuotendo la testa.
«La vita è troppo breve per essere stanchi» rispose il chitarrista, lasciando l'acqua su un amplificatore «però direi che il tempo per una doccia ci sta tutto. Io per primo!» gridò poi, correndo verso i camerini.
«Ehi, aspetta un secondo, non è valido!» gli urlò dietro Alex, seguendolo a rotta di collo per i corridoi poco illuminati. Jack svoltò l'angolo e scomparve dalla visuale di Alex, che accelerò il passo e si lanciò verso destra per non trovare nessuno in giro. "E ora dove si sarà ficcato?" pensò guardandosi intorno, poi mosse qualche passo incerto verso la fine del corridoio e Jack gli saltò addosso, serrandogli le braccia attorno al collo.
«Lo sapevo che sarebbe finita così, lo sapevo» esclamò Alex posando le mani su quelle dell'amico, ridendo.
«Era anche ora, è tutto il tour che lo faccio» ribatté lui «e ora scarrozzami in giro, cavallo!»
«Non ci penso neanche, ci manca solo che mi spacchi la schiena per farti divertire» rifiutò Alex con una risata.
«Eddai, solo fino alle docce. Ti preeego» cantilenò Jack inclinando la testa «ti preeeego».
«Okay, hai vinto, ma solo fino alle docce» si arrese Alex, «avanti, salta su». Gli occhi di Jack brillarono e il ragazzo strinse più saldamente le braccia sul petto dell'amico, chiudendogli le gambe attorno al bacino dopo un balzo deciso.
«Galoppa cavallino!» esclamò, mentre il cantante gli afferrava i polpacci per impedirgli di cadere e lo guardava stranito.
«Jack così mi ammazzo per davvero» provò a obiettare, poi scoppiò a ridere e scosse la testa «massì dai, proviamoci. Alla più puttana sbatto la testa e muoio, e a quel punto ti perseguito dall'aldilà». Jack rise.
«Mi va benone, basta che non mi metti i bastoni fra le ruote con le ragazze» commentò, poi gli cinse i fianchi con più forza e ad Alex mancò il fiato per un secondo «Dai, corri! Anche le formiche vanno più veloci di noi!». Alex alzò gli occhi al cielo e cercò di arrivare ai bagni il più velocemente possibile, con Jack che gli urlava frasi incoraggianti dalle spalle e la crew che li guardava senza capire, accigliata. Una volta arrivati, Jack saltò giù e tirò fuori una bustina di zucchero dalla tasca, che poi si aprì nel palmo e piazzò sotto lo sguardo incuriosito di Alex, deciso.
«Be'? Che mi significa?» gli domandò quello con una risata, spostandogli la mano. Jack gliela rimise davanti.
«Mi sembra ovvio, tu sei il cavallo ed io il fantino. Dopo una cavalcata il cavallo mangia sempre lo zucchero che gli dà il fantino, quindi devi farlo anche tu» rispose con l'aria più seria possibile. Alex lo osservò spiazzato per qualche secondo, poi scoppiò nuovamente a ridere.
«Tu sei tutto matto, non ho la minima intenzione di farlo» chiarì.
«Ma sei un cavallo Lex, devi farlo» insistette il chitarrista «ai cavalli piace tanto lo zucchero».
«Sono un cavallo solo per finta, l'unico zucchero che m'interessa ora è quello che mi troverò a colazione domattina, il resto può anche andare a quel paese» rispose il frontman, scuotendo la testa senza smettere di ridacchiare.
«Eddai Alex, non fare il guastafeste» riprovò Jack «se non ti dessi lo zucchero non sarei un bravo fantino!»
«Ma non lo saresti comunque, non fai che incrinarmi le ossa» gli ricordò Alex arcuando le sopracciglia.
«Daaai! Eddaaaai» continuò a insistere.
«No! È umiliante» rise Alex, scuotendo la mano.
«Guarda che te lo ficco in bocca con la forza» lo avvertì Barakat, sperando che la minaccia facesse effetto.
«Mi piacerebbe sapere come ci riusciresti» lo provocò Alex; al che Jack chiuse la mano a pugno e cercò di farglielo mangiare premendogli sulle labbra, senza ottenere risultati soddisfacenti.
«Non ce la puoi fare Bassam, non c'è niente che potrebbe farmelo inghiottire» lo sfotté Alex, spingendolo via.
«Okay, okay, ho capito, non vuoi che sia un bravo fantino. Sappi che al mondo ci sono cavalli che ucciderebbero per avere dello zucchero da me, sei un ingrato!» ribatté, poi si fece scivolare lo zucchero in bocca. «Mmm, buono però».
«Certo che sei proprio un soggetto» commentò Alex, scuotendo la testa con un sorriso. «Per un attimo ho pensato che avessi davvero un piano per ficcarmelo giù per la gola» rise, poi tirò su col naso ed espirò. «Bene, vai tu per primo?» domandò quindi, indicando col pollice la doccia. Jack annuì e si avviò, ma prima di superare Alex si girò e si avvinghiò alle sue labbra, che si schiusero per riflesso. Jack ghignò e gli sputò lo zucchero in bocca, staccandosi subito.
«Ommioddio che cosa disgustosa» esclamò Alex pulendosi la bocca con una smorfia. Jack gli fece una linguaccia.
«Te l'avevo detto che ci sarei riuscito!»
«Sì ma non pensavo che... Ahh, sei terribile» lasciò perdere il cantante, ridendo suo malgrado. «Piuttosto, sbrigati ad andare o ti frego il posto. Anzi, mi sembra più che giusto che vada io per primo adesso» commentò, fiondandosi in bagno.
«No, ehi, fermo!» gridò Jack correndogli dietro negli spogliatoi. Alex gli lanciò la maglietta addosso e cominciò ad armeggiare con i bottoni dei jeans, togliendosi rapidamente le scarpe con i talloni.
«Non pensarci neanche, tocca a me» ribatté Jack sfilandosi gli skinny, ma quando rialzò lo sguardo Alex era già partito.
«Gaskarth ti odio!» gli urlò dalla stanza, una smorfia divertita dipinta sulle labbra. Raccattò i vestiti dell'amico da terra e li lasciò cadere nel cesto della roba sporca, seguiti dai suoi pantaloni. Tirò su col naso guardandosi attorno e decise di andar a controllare se magari c'era un altro locale docce nei paraggi, così da ammazzare il tempo. Stupido cavallo.
Alex emise un sospiro di sollievo nel tirare la tenda e sentire l'acqua picchiettare contro la sua pelle sudata. Alzò la testa e si godette la carezza del getto, spostandosi i capelli dagli occhi e tenendoli socchiusi; rimase in silenzio per un po' poi abbassò il capo, raccogliendo lo shampoo da terra. Si passò la lingua sulle labbra e il sapore dolciastro gli invase di nuovo la bocca, facendolo sorridere. Jack aveva un gusto deciso, di libertà, allegria e voglia di vivere, e lo zucchero che gli aveva nascosto sotto la lingua contrastava con il suo fare da peccatore senza freni. Alex aveva avuto più volte l'occasione di assaggiarlo, sul palco e fuori, ma in tutti gli anni della loro amicizia non aveva mai trovato le parole adatte per descrivere l'essenza di quel ragazzo; e in quel momento si sentì ancora più lontano dal poterlo fare. Si rigirò fra i denti il sentore dell'amico e cercò di farlo durare il più a lungo possibile, poi s'insaponò e si cinse i fianchi, respirando a fondo. Gli piaceva stare con Lisa, amava il suo carattere, il suo aspetto, la sua presenza e quello che facevano assieme, specialmente se sotto le coperte; ma quando gli capitava di scambiare un bacio con Jack si rendeva conto che alla loro relazione mancava qualcosa e che quel qualcosa riusciva a trovarlo solamente sulle labbra di lui, le poche volte che l'amico gliene concedeva l'accesso. Era capitato più volte che sotto i suoi tocchi si fosse sentito bruciare e che i suoi sorrisi fossero stati capaci di scioglierlo completamente, ma non sapeva se per Jack fosse lo stesso. Dopotutto si conoscevano da quando erano piccoli, forse era solo uno scalino più alto della loro amicizia e sarebbe passato presto.
Spense l'acqua e si lasciò gocciolare per un po', poi si strizzò i capelli e uscì, alla ricerca di un asciugamano. Nella fretta di arrivare per primo non ne aveva preso nessuno, ragionò, ma era impossibile che in un locale docce non ne fosse stato dimenticato nessuno, si trattava solo di aguzzare un po' la vista. Rabbrividì al contatto con l'aria fresca e si scrollò un altro po' d'acqua di dosso, insultandosi per non averci pensato prima; scivolò dall'altra parte della stanza e notò con disappunto che le uniche cose presenti erano un phon mezzo scassato e un pacchetto di fazzoletti, e che di asciugamani non c'era neanche l'ombra. Si accostò alla porta e starnutì, bussando per attirare l'attenzione di Jack. "Sempre che sia ancora lì" pensò, laconico. Uno scalpiccio di piedi gli provò che si sbagliava; subito dopo Jack tentò di aprire la porta.
«Jack sono nudo, ho bisogno di un asciugamano» lo bloccò Alex, afferrando saldamente il pomello. Jack si fermò.
«Un asciugamano? E dove diavolo dovrei trovarlo?» domandò.
«Chiedi alla crew, al massimo prendi uno di quelli che abbiamo sul bus. Tanto serve anche a te, no?» spiegò. Jack sembrò pensarci su un po' e Alex si chiese se l'avesse ascoltato davvero, poi lo sentì respirare e si rincuorò.
«Okay, torno subito» disse il chitarrista, esitò un attimo e poi si staccò dal pomello «tu aspettami pure qui».
"Come se potessi andare da qualche altra parte" pensò Alex divertito, lasciando la maniglia e andando a sedersi sul fondo della doccia; appoggiò la schiena contro la parete e chiuse gli occhi, godendosi il suono rimbombante del concerto. Billie Joe aveva appena cominciato a suonare Longview e lui lo accompagnò sottovoce, ritrovandosi a pensare che era buffo canticchiare una canzone sul masturbarsi mentre era nudo e per niente eccitato, in attesa del suo migliore amico e di un asciugamano pulito. Si sistemò meglio e lasciò che le scapole aderissero alle piastrelle, poi socchiuse gli occhi. Aspettò cinque minuti e sentì la corsa scoordinata di Jack farsi sempre più vicina, così si alzò e si sistemò accanto alla porta.
«Sei tu Jack?» domandò, ricevendo un 'aha' di risposta. Aprì la porta e Jack scivolò dentro respirando affannosamente; si spostò i capelli dagli occhi e gli passò l'asciugamano, poi starnutì.
«Cazzo, che umidità assurda» commentò mentre Alex si asciugava i capelli, stringendosi il naso fra le dita.
«Puoi cominciare ad andare se vuoi, finisco di asciugarmi e levo le tende» lo avvisò Alex, indaffarato. Jack rimase in silenzio e gli lanciò un'occhiata, imperscrutabile, poi spostò lo sguardo verso la doccia e si sfilò la maglietta, lasciandola cadere a terra, seguita anche dai boxer. Entrò nella cabina e accese l'acqua, mentre Alex cominciava a vestirsi.
Alex indugiò un po' prima d'infilarsi i jeans e uscire dalla stanza. Per lui il corpo di Jack non era un mistero, c'era cresciuto assieme e lo vedeva praticamente tutti i giorni, ma c'era qualcosa nel suo modo di fare che non finiva mai di affascinarlo. Sapeva di non essergli completamente indifferente perché ogni tanto sentiva il suo sguardo corrergli addosso, ma d'altra parte non era mai stato un segreto che a Jack piacesse osservarlo, quindi non ci aveva mai pensato più di tanto. Uscì dalla stanza e sentì un brivido corrergli lungo la schiena; evitò di voltarsi e chiamò Lisa.
«Ehi, piccolo». Alex storse la bocca nel vedere che la voce della sua ragazza non aveva scacciato l'inquietudine.
«Ehi. Tutto bene? Disturbo?» domandò, ricordandosi di non aver calcolato il fuso orario prima di comporre il numero.
«Non disturbi mai» lo tranquillizzò lei; dei gabbiani gracchiarono in sottofondo. «Com'è andato lo show? Tutto bene?»
«Sta andando tutto benissimo, avevo solo voglia di sentirti» mentì. «Ora devo andare. Ci sentiamo presto, ti amo».
«Ti amo anch'io, mi manchi tanto» sorrise lei. Alex si sentì fuori posto nel risponderle meccanicamente 'anche tu'; pose fine alla chiamata e si lasciò scivolare il telefono nella tasca posteriore, pensieroso. Si lanciò un'occhiata alle spalle e scosse la testa, uscendo dallo spogliatoio per andare a prendere una boccata d'aria sotto le stelle. Era tutto sotto controllo; tutto. Si sedette davanti al tourbus ed aspettò l'arrivo degli altri.

«Cameriere! Un altro giro per favore!» esclamò un Jack che cominciava ad essere piuttosto alticcio, accasciandosi sulla spalla di Alex, seduto sul divanetto rosso accanto a lui. Il cameriere lanciò un'occhiata dubbiosa al cantante e lui gli diede conferma dell'ordine con un gesto della mano, tornando a cercare di far sedere dritto l'amico; così due minuti dopo si trovarono altri quattro boccali di birra davanti agli occhi, accompagnati da una vaschetta di noccioline. Alex ne afferrò qualcuna e ne porse un po' a Jack, che farfugliò di non essere lui il cavallo e che mangiare dal palmo di qualcuno non era il compito che spettava a lui ma ad Alex, tuttavia ne ingollò qualcuna e decise che erano di suo gradimento.
«Lex, come si chiama questo posto?» domandò il moro, girandosi a guardarlo.
«The Drunken Ship credo, come mai?» chiese a sua volta Alex, tamburellando con le dita sul bordo del boccale.
«Mi piace, potremmo tornarci la prossima volta che veniamo qui» rispose con un sorriso, abbandonando il capo su Alex.
«Dubito che te ne ricorderai anche solo domani mattina» rise quello, rilassato. Jack gli fece la linguaccia e si tirò su.
«È una sfida?» chiese, buttando giù della birra.
«Affatto» negò Alex, divertito «piuttosto è buonsenso. Sei brillo e visiti nuovi posti tutti i giorni, che vuoi ricordarti?»
«Questo» rispose Jack, prendendosi l'iPhone dalla tasca e mostrandolo all'amico «guarda che gnocca. L'ho incontrata prima mentre andavo al bagno, non mi ha tolto gli occhi di dosso neanche per un secondo». Alex si portò il boccale alle labbra e lanciò un'occhiata non molto interessata alla ragazza, poi si pulì la bocca con la mano.
«Jack, sei un ragazzo ubriaco che non fa altro che urlare di volere altra birra, non ci vuole molto a capire che o sei ricco o hai conoscenze nel locale» gli fece notare «quella vuole solo spennarti».
«Fai così solo perché non ti ha degnato di uno sguardo, ora vado e ti faccio vedere» replicò convinto il chitarrista, alzandosi di colpo e reggendosi sulle mani. Alex si coprì il viso con il palmo finché Jack non ebbe arrancato fino alla bionda, poi spostò le dita dagli occhi e lo guardò chiacchierare con lei, mentre Zack e Matt trattenevano il fiato. La tipa cominciò a gesticolare, incazzata, e Jack sembrò tentare inutilmente di spiegarle qualcosa, e i tre esplosero in una sonora risata. La ragazza si alzò e accartocciò il bicchiere di plastica con la mano, prima di scaraventarlo contro Jack e andare a sedere al bancone, visibilmente offesa; e il chitarrista rimase lì a braccia aperte per un po' prima di accettare il rifiuto e tornare a sedersi al tavolino, più incredulo che demotivato.
«Diavolo, non capisco che gli è preso» sbottò chiudendo le dita attorno al boccale «non ha fatto altro che guardarmi il pacco per tutta la sera e ora che le dico che non ho soldi s'incazza e mi pianta lì come un cretino qualunque; regolati!». Poi fissò Alex, che non riusciva a trattenere un sorriso divertito, e alzò una mano. «Alt, so già cosa stai per dirmi quindi sta' zitto, okay? Avevi ragione tu, hai vinto. Era una stronza». Alex diede un altro sorso e non commentò, ma in cuor suo era felice che l'avesse rifiutato. Espirò e guardò Jack tirare una nocciolina a Zack e Matt, che si scompisciavano ancora dalle risate e non facevano che stuzzicarlo al riguardo.
«Hai visto che faccia ha fatto quando ha accartocciato il bicchiere?» esclamò il bassista, piegandosi su Matt.
«Ma perché, quando le ha detto di non essere nessuno d'importante?» rincarò quello, coprendosi la bocca col palmo.
«Ve la smettete?! Ha smesso di essere divertente cinque minuti fa» si lamentò Jack, tirandogli altre noccioline.
«Oddio vorrei averlo registrato» proseguì Matt, ignorandolo.
«Oddio ti prego, sarebbe stupendo» rise Zack «non farei altro che guardarlo e riguardarlo dalla mattina alla sera».
«Tipo il video della gallina» s'illuminò Matt, scosso da un'altra scarica di risate «quello è qualcosa di meraviglioso».
«Video della gallina?» ripeté Alex, cercando d'inserirsi nella conversazione. Matt annuì vistosamente.
«Aspetta, non dirmi che non l'hai mai visto» esclamò invece Zack «oddio dobbiamo troppo rimediare, è fantastico».
«Okay, è cruento e tutto quanto e mi dispiace pure per la gallina, ma più lo guardo e più mi sembra il video più bello del mondo» spiegò l'altro, cercando il video nella libreria del telefono. «Ecco, guarda» fece poi, sporgendo lo schermo verso Jack e Alex. Una gallina beccò dei semi da terra e si guardò in giro, chiocciando; poi all'improvviso qualcuno le tirò un pugno e l'animale volò via dall'inquadratura. Zack scoppiò a ridere e sputò parte della birra che aveva in bocca, riuscendo ad evitare di strozzarsi.
«Ommioddio che cos'è» esplose Jack, ridacchiando «è una cazzata immensa, dove l'avete trovata?»
Matt si rimise il cellulare in tasca, 
«Ce l'ha inviato Vinny, guardarlo da fatti è la cosa più meravigliosa che possa esistere».
«Davvero, se vi capita fatelo assolutamente, vi cambia la vita» convenne Zack, annuendo.
«Ecco, te lo mando» disse Matt a Jack, e pochi secondi dopo una vibrazione segnò l'arrivo del messaggino.
«Voi non state bene» rise invece Alex, mordicchiandosi l'unghia del pollice «dovrebbero rinchiudervi tutti quanti».
«Scherzi? Poi chi sarebbe disposto a suonare le tue canzoni deliranti?» scherzò Zack, bevendo un sorso di birra.
«Guarda che sarebbe capace di suonare tutto lui» lo sfotté Jack «tipo quelli che al contempo suonano tromba, batteria, fisarmonica, filarmonica, triangolo e chi più ne ha più ne metta, e che camminano in giro durante le fiere». Alex quasi si strozzò e gli altri risero, immaginandosi la scena.
«Ti prego sì, sarebbe meraviglioso» commentò Matthew «pagherei oro per vederlo».
«Sentito Lex? Non sei ancora diventato un suona-tutto umano e hai già un fan» lo stuzzicò Jack, dandogli una gomitata.
«Ora mi mancano un roadie e una groupie» disse Alex annuendo e alzando le sopracciglia, considerando l'idea.
«Il roadie lo faccio io!» fece immediatamente Zack alzando la mano, Jack rise.
«Oh andiamo, va bene che non ho ancora rimorchiato nessuna, ma Alex!» esclamò Jack, spingendolo di lato.
«Guarda che potrei offendermi» scherzò lui con un sorriso divertito, e Jack rise di nuovo.
«Lo sai che che hai il culo più bello del mondo» disse baciandolo sulla guancia, e Alex alzò gli occhi al cielo fra le risate degli altri. Jack a quel punto si rivolse a Matt, ma Alex notò che dopo avergli dato qualche pacca sulla gamba gli aveva lasciato la mano sulla coscia e ne sorrise, coprendola con la sua. Jack continuò a chiacchierare come se non se ne fosse accorto, ma accarezzò con il pollice la mano dell'amico e gli premette un po' di più sulla coscia, facendo suo il suo calore.
«E va bene, via; andiamo a fare un giro?» propose Matt, e Zack annuì con decisione, illuminandosi. Si alzò subito in piedi e fu seguito da Jack, improvvisamente pieno d'energie, che lasciò Alex spiazzato a guardarlo dal basso, senza sapere cosa avrebbe dovuto pensare.
«Stavolta offro io» annunciò Matt tirando fuori il portafogli «mettete via tutto».
«Così si fa!» gioì Jack dandogli una pacca sulla spalla «Finalmente qualcuno che ci capisce qualcosa!». Matt alzò gli occhi al cielo e allungò una banconota al cassiere, che gli passò uno scontrino decisamente lungo squadrandolo di sottecchi.
«Ammazza, abbiamo bevuto così tanto?» si stupì Alex, prendendoglielo di mano e dandogli una letta veloce.
«Be', abbiamo pure offerto un drink a quelle tre tipe, direi che alla fine non è tutta sta gran bevuta» gli ricordò Zack, mentre Matt storceva la bocca, infilava lo scontrino nel portafogli e si metteva tutto nella tasca posteriore dei jeans.
«Forza, andiamo; sono dei rapinatori qui» disse spingendo Jack verso l'uscita, seguito a ruota dagli altri due.
«Whoa» esclamò il chitarrista contento, mettendo piede fuori dal locale. Attorno a lui, oceani di persone che cantavano, ridevano e festeggiavano allegramente, accompagnate da musica, alcol e una brilla voglia di divertirsi; bar con insegne luminose e televisori trasmettenti ognuno una cosa diversa, banchi dei fiorai svuotati dai fiori e ridotti a scalinate verdi straripanti di gente; ragazzi e ragazze di ogni età e nazionalità, uniti fra loro dal semplice desiderio di perdere un po' il controllo e divertirsi fino a crollare. Jack fece un sorriso enorme e si girò a guardare gli altri, estasiato.
«Benvenuti a casa!» esclamò, senza esitare a tuffarsi nella folla.
«Ehi aspetta!» fece Zack scoppiando a ridere, una mano tesa verso l'animo già scomparso.
«Io non vado a cercarlo» avvertì tutti Matt, facendo un passo indietro.
«Ah, se è per questo neanche io» convenne il bassista, alzando entrambe le mani «Lex, tocca a te».
«Fottetevi» rise «io vado, ma non aspettatevi di vedermi di ritorno prima di qualche ora».
«Non potremmo desiderare di meglio» esclamò Zack con aria beata «Riesci a immaginarlo Matt? Paradiso!». Alex gli fece la linguaccia e i due ricambiarono, poi Zack tirò fuori il cellulare e diede un'occhiata all'ora. «Okay, sono le undici e cinquantatré, facciamo che ci rivediamo qui verso le tre?» Alex annuì con un 'per me va bene' e il bassista si rimise il telefono in tasca, osservando di soppiatto una castana che lo squadrava languidamente.
«Bene, allora è deciso. Ci vediamo dopo» li salutò, avvicinandosi e facendo l'occhiolino alla ragazza. Alex diede il pugno a Matt, tutt'altro che spaesato, e si lanciò tra la gente, sperando di trovare presto Jack. Faticò a superare un gruppetto di spagnoli ubriachi, che tentarono di fermarsi a chiacchierare con lui perché gli sembrava troooppo di averlo già visto da qualche parte, e sgusciò fra due irlandesi, piegandosi sulle ginocchia. Raggiunse un'enorme statua nera e si portò una mano davanti agli occhi, cercando di riconoscere l'amico fra le decine di studenti e lavoratori urlanti che non facevano che spostarsi da una parte all'altra della piazza alzando boccali di birra e sigarette; finché una mano non lo tirò indietro e perse l'equilibrio, ritrovandosi fra le braccia di Jack.
«Guarda che ho rimediato» esclamò subito quello, mostrandogli un bicchierone stracolmo di alcol «costo zero! Me l'hanno offerto quelle due là perché quando mi sono avvicinato una di loro aveva appena ricevuto una telefonata importante e doveva tornare a casa e non poteva portarselo via». Butto giù un lungo sorso e passò il bicchiere ad Alex, contento.
«Jack, potrebbero averci messo dentro qualunque cosa» gli fece notare quello, lanciando un'occhiata alle ragazze.
«Tu pensi troppo Lex, dovresti lasciarti andare e goderti un po' più i tuoi venticinque anni» rispose semplicemente l'altro, riprendendosi il bicchiere e bevendo un'altra sorsata, un po' meno lunga. «E poi se mi capita qualcosa ci sei sempre tu a salvarmi, no? Sei il mio angelo custode».
«E sia, ma la prossima birra la compriamo noi, okay?» si arrese Alex, e Jack s'illuminò.
«Cristallino! Ti va di fare un giro? Qui non si respira» propose prendendolo per la mano, senza aspettare una risposta. Si diresse verso un bar e attraversò la piazza con qualche giravolta, virando poi verso un vicolo non molto illuminato. Si fermò quando ne ebbero percorso metà e scoppiò a ridere, appoggiandosi al muro e portandosi una mano alla fronte.
«Zack è più andato con la riccia, che tu sappia?» domandò. Alex inclinò la testa e arricciò le sopracciglia.
«Be' sì.. ma tu come lo sai?» chiese, poi decifrò l'occhiata sul volto dell'amico e scoppiò a ridere. «Non ci posso credere, di tutti i modi stupidi per spendere soldi questo è il più fetente che tu potessi trovare, sei una merda!». Jack rise con lui e si spostò i capelli dalla fronte, inumidendosi le labbra.
«I dieci euro più ben spesi della mia vita» commentò «ma conoscendolo la rimorchierà comunque». Tirò su col naso. «Be'? Andiamo?» riprese, lasciando il bicchiere a terra e cominciando a trotterellare verso la piazza alla fine del vicoletto, senza dare le spalle ad Alex. Lui rise e lo raggiunse, poi continuò a correre finché non l'ebbe superato e irruppe nello spazio senza fermarsi, mentre Jack accelerava il passo per cercare di vincere la gara.
«Vittoria!» esclamò Alex con uno sbuffo, piegandosi sulle ginocchia dopo aver superato una delle due fontane.
«Sei un bastardo, non vale» espirò invece Jack, appoggiandosi con l'avambraccio alla schiena dell'amico, ansimante.
«Ah perché, c'erano delle regole?» ribatté il cantante, sentendosi improvvisamente bollire sotto le dita dell'altro.
«Eccome se ce ne sono, e una di queste dice che tu non puoi mai vincere» annuì Jack, rimettendosi in piedi.
«Poco pretenzioso» commentò Alex con un sorriso divertito, riprendendo a camminare.
«Pretenzioso o no, è una regola» replicò Jack, con il fiatone «e tu l'hai appena infranta. Devi pagare una penitenza». Alex alzò gli occhi al cielo e trattenne una risata, voltandosi verso Jack senza smettere di camminare, e annuì più volte.
«Okay, va bene. Che vuoi che faccia?» chiese, ridendo.
«Assecondami» rispose semplicemente Barakat, dopo averci pensato un po' su. Alex si accigliò.
«In che senso 'assecondami'?» domandò, arricciando le labbra. Jack lo guardò come se fosse strano non capisse.
«Come, 'in che senso'? Nell'unico senso possibile; stasera mi dovrai dar retta e fare con me tutte le cazzate che voglio, quando voglio, lasciando da parte il tuo lato da mamma preoccupata» spiegò. «In pratica devi lasciarti andare e seguirmi, senza stare sempre a pensare a cosa sia sbagliato e cosa sia pericoloso. Scatenarti davvero, insomma». Alex lo guardò.
«Tutto qui?» chiese, incredulo.
«Tutto qui» ripeté Jack, sorridendo. Alex esitò un attimo e poi annuì un paio di volte.
«Okay. Va benone. Lo posso fare tranquillamente» disse «non c'è problema. Alla grande». Jack sorrise e gli tese la mano.
«Punto uno. Corri finché non stramazzi al suolo e fino ad allora non fermarti mai» fece, e prima che Alex potesse aprir bocca e dire qualsiasi cosa partì in quarta verso una strada che costeggiava un palazzo protetto dalla polizia, stringendogli la mano con tutta la forza che aveva. All'inizio Alex faticò a seguirlo e si ritrovò trascinato in avanti, più volte sul punto di cadere, ma dopo un paio di metri riuscì ad aumentare il passo e ad arrivargli accanto, acquisendo il suo ritmo. Prese un respiro profondo e accelerò la velocità, ma non riuscì a superarlo e se lo ritrovò accanto dopo pochi secondi, ancora più divertito di prima. Alex si sentì il sangue scrosciare lungo le tempie e per un tempo che non avrebbe saputo descrivere non riuscì a sentire altro che quello, poi percepì che Jack gli aveva urlato qualcosa e fece per chiedergli di ripetere, ma si sentì trainare verso il basso e gli rovinò addosso, coprendosi il viso con le mani. Riaprì gli occhi, terrorizzato, e lo trovò che rideva a crepapelle, il volto coperto dai suoi capelli. 
«Ommioddio rifacciamolo ti prego» esclamò con voce rotta dalle risate, gli occhi serrati al massimo. Ad Alex ci volle un po' prima di realizzare che l'amico si era buttato a terra correndo e trascinandoselo sopra, e quando lo capì il cuore cominciò a battergli ancora più affannosamente, mentre spostava lo sguardo da Jack alla strada e dalla strada a Jack.
«Si può sapere che diavolo ti frulla nel cervello, saresti potuto finire all'ospedale!» esclamò appena ne fu in grado, le guance sempre più rosee «ommioddio Jack e se avessi sbattuto la testa? Che ne sarebbe stato degli All Time Low? Che ne sarebbe stato di me? Come ti è saltato in mente, e se fosse finita male?» Jack lo lasciò fare con un sorriso e dopo un altro po' di 'se' gli pose l'indice sul labbro con una calma surreale, facendogli segno di calmarsi.
«Ah, ah, ah, devi assecondarmi, ricordi?» mormorò. «Ti prometto che andrà tutto bene e che non mi farò male in alcun modo, ma tu devi fidarti di me, okay?» Alex si morse il labbro e lo guardò terrorizzato, lo sguardo immerso nella quiete dei suoi grandi occhi neri; e per un istante gli sembrò di esserne risucchiato. «Okay?» ripeté più dolcemente. Gli accarezzò la guancia con il pollice e Alex cercò di respirare a fondo, inghiottendo la preoccupazione.
«Okay. Okay, va bene» annuì, cercando di tranquillizzarsi. Jack sorrise e si tirò a sedere, poi aprì le braccia.
«Dai, vieni qui» lo esortò, e Alex posò la testa sul suo petto, appiattendosi contro il suo corpo magro. Jack inspirò il suo odore e lo abbracciò, appoggiandogli il mento sulla spalla, poi socchiuse gli occhi e cominciò a passargli una mano fra i capelli, delicatamente. «Ti preoccupi troppo Lex, così non ti godi la vita» soffiò, mentre l'amico taceva. Sapeva di non aver ragione, ma d'altra parte Jack era troppo sfrenato e qualcuno doveva pur riportarlo con i piedi per terra, quindi non aveva molta scelta se non abbracciare quella sfaccettatura dominante del suo carattere e prendersi cura di lui giorno dopo giorno, con un'attenzione che non riservava a nessun altro. Abbassò lo sguardo e cercò con tutto sé stesso di spegnere la sirena che gli urlava in testa, contandogli i battiti cardiaci per distrarsi, ma si ritrovò ancora più agitato di prima e si aggrappò alla sua maglietta per non andare alla deriva. Si sentiva stordito, inebriato dal suo profumo, aveva lo stomaco in subbuglio e non ne capiva il perché, e cosa peggiore di tutte, non riusciva a metter su una frase con un ordine logico e un significato minimamente comprensibile - una pugnalata alla schiena per uno come lui, che di parole ci viveva e che ci aveva sempre giocato con dimestichezza, senza alcun problema.
«Ti senti un po' meglio?» domandò Jack dopo un po', senza smettere di passargli le dita fra i capelli. Alex annuì.
«Possiamo passare al prossimo passo, mi metto completamente nelle tue mani» sorrise, e Jack fece lo stesso. Gli diede una pacca sulla schiena, si tirò su e gli porse una mano per aiutarlo a mettersi in piedi, poi quando furono faccia a faccia gli dedicò un altro sorriso e continuò a stringergli la mano.
«Punto due: non importa la città, quando siamo insieme il giovedì dura per sempre». Si levò la polvere di dosso e riprese a correre, stringendogli dopo qualche metro anche l'altra mano e facendolo girare in tondo con sé, come quando erano piccoli. Alex intrecciò le dita con le sue e si perse in quella bellezza poco comune, e pensò che in quel momento stava brillando solo per lui e che nessuno al mondo avrebbe potuto portargliela via. Accelerò il passo e seguì Jack nella notte, uno stormo di gabbiani che oscurava le stelle. D'altra parte, why can't Thursday last forever?

«Vedi Jack, quello è il Grande Carro» spiegò Alex indicandoglielo. Jack strizzò gli occhi per focalizzare meglio e annuì.
«A casa nostra è più brillante» commentò, per niente impressionato.
«Siamo a Roma, con tutte queste luci è un miracolo che si veda qualcosa» gli ricordò Alex, abbozzando un sorriso.
«Da quando ti piacciono le stelle?» domandò il chitarrista, facendo aderire le scapole al muro su cui erano appoggiati.
«Da sempre, credo. Mi piace guardarle, dargli nomi, vedere come cambiano a seconda della luce con cui le si osserva. Puoi crescere quanto vuoi, ma loro sono sempre le stesse e possono cambiare solo spegnendosi». Jack annuì.
«Tu ci credi agli extraterrestri?» chiese.
«A-ha, ma non come invasori assetati di sangue e potere» rispose Alex.
«Chissà cosa penserebbero della nostra musica. Secondo me il tuo sedere gli piacerebbe» mormorò Jack.
«Lascia in pace il mio sedere, maniaco» ribatté Alex con una risata, dandogli una spinta sulla spalla. Jack non oppose resistenza ma sorrise, divertito, poi posò la testa sul grembo dell'amico, guardandolo sornionamente dal basso.
«E credo gli piacerebbero anche i tuoi occhi» mormorò, spostando i suoi lungo il suo viso. Alex rabbrividì. Jack non era scemo, si doveva essere senz'altro accorto che c'era qualcosa che non andava in lui; ma allora perché faceva così? Il trillo del telefonino lo salvò dal rispondere, e in meno di mezzo secondo se l'era già portato all'orecchio.
«Piccola. Ehi» la salutò, coprendo il microfono con la mano e girandosi dall'altra parte, cercando di farsi il più piccolo possibile per scappare agli occhi di Jack. «Nono, non disturbi, non preoccuparti. Cosa ti serve?» Rimase in ascolto per un po', lanciando occhiate furtive al chitarrista di tanto in tanto, poi sospirò, stropicciandosi nervosamente i capelli. «Er, no guarda, è meglio se chiami un idraulico e fai sistemare tutto a lui, non sono capace di spiegartelo al telefono e se sbagli qualcosa salta tutto l'impianto; meglio lasciar stare e aspettare domani, okay?» rispose, senza smettere di attorcigliarsi il ciuffo attorno alle dita mentre lei conveniva e lo metteva al corrente di qualche altra piccola cosa. Strizzò gli occhi e annuì qualche volta, coprendoseli. «A-ha. A-ha. No, sì, ho capito, quando torno in America ci penso io. Sì, non preoccuparti. Di nulla, ci mancherebbe altro. Va bene. Mi manchi anche tu, ci sentiamo. Buona giornata». Chiuse la chiamata e si tenne la mano sugli occhi per un altro paio di secondi, poi respirò e si ficcò il cellulare nella tasca davanti.
«Qualcosa non va?» domandò Jack, arcuando le sopracciglia.
«Lisa ha sfasciato qualcosa e non può far venire nessuno a ripararla perché domani parte per una vacanza con le sue amiche, quindi ha chiuso il rubinetto centrale e mi ha chiamato per chiedermi se potevo occuparmene io visto che lei non ci capisce niente. In pratica sono senz'acqua e non ho neanche capito quale elettrodomestico o tubo abbia incriccato cercando di metterci una toppa sopra» rispose Alex, espirando. Jack annuì imperscrutabilmente, riflettendo sulla cosa.
«Se vuoi puoi venire a casa mia finché il problema non si risolve» disse «cioè pure con Lisa se vuole. Il mio letto è a due piazze e io posso tranquillamente dormire sul divano, non è un problema. Se serve, hai dove andare».
«Non sarebbe un peso?» esitò Alex, guardandolo.
«Affatto, mi fa piacere avervi tra i piedi. Magari riuscireste a raddrizzarmi un po'» scherzò Jack, e Alex annuì.
«Temo che sarai costretto a ospitarci per un po' allora, non so a chi rivolgermi per il danno» mormorò «però non puoi essere tu a dormire sul divano, già ci lasci stare da te, ci manca solo che ti costringa a cedermi il letto». Jack lo guardò.
«Lex, Lisa non può dormire sul divano e non è il caso che io dorma con lei per ovvi motivi. Davvero, non fa nulla, è l'unica soluzione decente. Per me non è un problema, quando torno dalle mie notti in bianco crollo su qualsiasi cosa tranne il letto, ormai ci sono abituato» lo tranquillizzò, toccando senza volere un tasto che lo preoccupava parecchio. Jack si ubriacava spesso, con o senza di lui, e certi giorni gli si leggeva in faccia che c'era qualcosa che non andava, anche se continuava a negar tutto e a dire che erano tutte impressioni. C'erano volte in cui si isolava in un mondo tutto suo e in cui potevi anche passargli davanti vestito da drago senza che se ne accorgesse minimamente, ma nessuno sembrava farci davvero caso. A volte Alex lo lasciava da solo e si comportava più gentilmente con lui dopo che si era ripreso, altre andava a sederglisi accanto e posava la testa sulla sua spalla, cominciando a pensare assieme a lui senza dire una parola. Non gli aveva mai chiesto a cosa pensasse perché non voleva intromettersi nella sua vita più di quanto gli venisse normalmente concesso, ma ogni volta che era sovrappensiero non riusciva a trattenere la voglia di andare lì e stringerlo forte.
«Non devi per forza farlo, se siamo un peso possiamo tranquillamente andare da Cass o da un'amica di Lisa, non sentirti in dovere di ospitarci» mormorò apprensivamente, e Jack lo smentì con un gesto della mano prima che potesse continuare.
«Sei il mio migliore amico, che peso vuoi mai essere?» ribatté con un sorriso. «Sono più che felice di dare una mano a te e alla tua ragazza; ci mancherebbe altro considerando tutte le volte in cui mi hai parato il culo durante questi anni». 
«Grazie Jack» sussurrò Alex con un sorriso, e l'altro contraccambiò. Per un attimo ad Alex Lisa sembrò più lontana che mai, e quando tornò alla realtà non seppe cosa fare. Trasalì e Jack lo guardò chiedendogli con gli occhi cosa ci fosse che non andava, ma Alex scosse lievemente la testa e accennò un sorriso, calmandolo. Sorrise di nuovo, la testa ancora sul suo grembo, e socchiuse gli occhi, respirando piano.
«Jack, in questi anni hai mai pensato di sostituirmi?» domandò, senza schiudere le palpebre.
«Non riuscirei a stare in una band senza di te» ribatté Jack, abbassando lo sguardo. «Sei speciale. Non sei come gli altri, e non dico solo di aspetto o di carattere. Sei proprio speciale. Una specie di mondo a parte se mi segui; e farne parte mi fa sentire meglio con me stesso. Non riuscirei mai a fare a meno di te, se te ne andassi me ne andrei anch'io». Alex aprì gli occhi, guardò l'amico e distese le labbra in un sorriso carico d'affetto.
«Ti voglio bene Jackie» mormorò, l'altro abbozzò una risata impacciata spostando lo sguardo e Alex gli cinse la guancia con il palmo, accarezzandogliela con il pollice un paio di volte. Jack posò la mano sulla sua e ad Alex sembrò che ogni cellula del suo corpo avesse cessato di respirare. Jack abbassò lo sguardo e con lui la mano, ed esitò.
«Lex, posso farti una domanda?» chiese, deglutendo. Il cuore di Alex gli si strinse nel petto.
«Tutte quelle che vuoi» rispose, provando a sembrare rilassato. Cercò di decifrare lo sguardo di Jack ma non ci riuscì.
«Ecco, hai... hai dei problemi con Lisa ultimamente?» domandò, impacciato «Voglio dire, parlate, vi mandate foto, fate... sì insomma, va tutto bene fra voi? Non le telefoni più come prima e siccome sei un tipo riservato non ne hai parlato con nessuno, ma magari qualcosa c'è e non sai solo come dirlo». I suoi occhi guizzarono sul viso pallido del cantante ma poi schizzarono di nuovo via, mentre un brivido corse lungo la schiena di Alex, ghiacciato.
«Va tutto bene, non preoccuparti» mentì senza accorgersene «è solo che sono un po' stanco ultimamente, quindi non riesco più a chiamarla come a inizio tour. Ma è tutto okay, davvero. Grazie per aver chiesto». Jack annuì flebilmente.
«Va bene allora» mormorò «in ogni caso io sono qui, okay?» Alex avrebbe potuto giurare che si era rabbuiato.
«Stessa cosa per te Jack» disse, e abbozzò un sorriso. Jack lo ricambiò al meglio, respirò e si tirò su, stiracchiandosi.
«Be', si è fatta una certa, io direi di tornare dagli altri» fece con un finto sbadiglio, si mise in piedi e tese la mano ad Alex. Lui la strinse e il chitarrista lo aiutò ad alzarsi, ma poi sciolse la stretta e s'infilò entrambe le mani in tasca, avviandosi verso la piazza senza spiccicare parola. Sbadigliò sinceramente un paio di volte, poi tirò su col naso. Alex sorrise.
«Mi sa che ti ho attaccato il raffreddore» commentò rompendo il silenzio.
«Vedrai che concerto stasera» scherzò Jack, non molto in vena di parlare. Alex evitò di continuare il discorso e lasciò che il chitarrista si chiudesse nel suo guscio, osservandolo con preoccupazione crescente. La sensazione di calore che aveva provato fino a pochi secondi prima si era spenta e ora si sentiva solo terribilmente in colpa per avergli mentito, anche se l'aveva fatto a fin di bene. Non poteva certo dirgli che cominciava a dubitare del suo ruolo nella sua vita, avrebbe fatto inceppare quel meccanismo speciale che esisteva fra loro da quando si erano conosciuti e avrebbe mandato a monte quel rapporto viscerale che li teneva così vicini da quanto?, vent'anni? Proseguì con lo sguardo fisso sui sampietrini e lo rialzò solo quando sentì la voce di Zack, stupita della loro puntualità.
«Guarda che siamo professionisti noi» ribatté Jack, battendosi un pugno sul petto «mica come voi comuni mortali che se non fate ritardo non vi sentite importanti». Matt alzò gli occhi al cielo e si limitò a indicare via Vittorio Emanuele col capo.
«Avanti professionisti, il tourbus vi attende» annunciò fingendosi esasperato, e Jack si avviò docilmente fuori dalla piazza, ancora strapiena di uomini e donne che festeggiavano, sebbene con un po' meno d'energia.
«Gli è per caso successo qualcosa?» domandò Matt ad Alex, osservando il chitarrista da dietro. Alex si morse il labbro.
«No, nulla... Credo sia solo stanco» rispose. ''E tradito'', aggiunse mentalmente, accarezzando la figura magra con lo sguardo. Matt annuì e si passò una mano fra i capelli, senza insistere ulteriormente. Trotterellò accanto al chitarrista e lo superò, portandosi il cellulare all'orecchio per avvertire l'autista del loro arrivo. Alex sospirò fra sé e sé e finì di percorrere la via in silenzio, rimuginando sulla reazione di Jack. Dopo che tutti furono saliti, rimase fuori qualche minuto a parlare con l'autista della prossima tappa e di quanto ci avrebbero impiegato per arrivarci, e nel salire a sua volta trovò Rian stretto a un cuscino, profondamente addormentato, Zack che armeggiava con la lampo dei pantaloni e Matt che scendeva al piano di sotto per farsi un altro paio di drink prima di mettersi sotto le coperte e chiudere gli occhi. La prima occhiata superficiale non gli permise di localizzare Jack e il cuore gli saltò nel petto, preoccupato; avanzò ansiosamente di mezzo metro e lo trovò rannicchiato sul divano, il viso premuto contro i cuscini e la schiena rivolta a tutti gli altri, e si sentì accartocciare dentro. Senza dire una parola ma col respiro spezzato, si allontanò, prese una coperta e gliela stese sopra, esitando nel decidere se sedersi o meno accanto a lui. Optò per lasciarlo in pace e si diresse verso la cuccetta a malincuore, lanciando qualche occhiata al ragazzo prima di spegnere l'ultima luce rimasta accesa. Vestito, si sedette sul materasso e si appoggiò alla parete, sporgendosi per riuscire ad osservare il divano senza però essere visto a sua volta; si abbraccio le ginocchia, tese le orecchie e aspettò un qualche segno. Dieci minuti dopo Zack aveva raggiunto il batterista nel mondo dei sogni e Matt aveva smesso di camminare avanti e indietro al piano sottostante, e tutto ciò che Alex riusciva a sentire erano i loro respiri soffici e rilassati, sincronizzati da qualche minuto a quella parte. Si sentì vacillare la testa e la scosse con forza per svegliarsi, deciso a rimanere alzato. Venti minuti dopo l'aria si riempì di un altro flebile russare.
Si svegliò di scatto e ficcò la mano in tasca per controllare l'ora sul telefono, maledicendosi per essersi addormentato. Le quattro e tre. Reinfilò il cellulare nei jeans e si sporse per controllare Jack, ma con suo gran sgomento scoprì che non era più lì. Raggiunse il divano e si guardò attorno, ma nella penombra ogni sagoma gli sembrava estranea e dopo qualche minuto fu costretto ad arrendersi, sedendosi sul cuscino dove prima aveva posato la testa Jack. Sfiorò con la mano il tessuto e notò che era tiepido. Sentì una fitta al cuore e si portò le ginocchia al petto, stringendole più forte che poteva; strizzò gli occhi e decise che l'avrebbe aspettato lì, sia che fosse andato in bagno sia che stesse dormendo nella cuccetta. Rabbrividì e posò la testa sulle braccia, socchiudendo le palpebre. Si addormentò di lì a poco, immergendosi in un sonno agitato e pieno di incubi, e l'ultima cosa che desiderò prima di crollare fu vedere il chitarrista sorridere.
Quando si svegliò, si sentì tiepido ovunque - un tepore dolce, piacevole, che lo fece sentire di nuovo a casa, circondato da tutti quelli che amava e dall'aria frizzante di Baltimora. Aprì lentamente gli occhi e vide la coperta con cui aveva coperto l'amico avvolgerlo con cura, senza lasciargli un centimetro di pelle scoperto, e nell'intorpidimento generale si mosse per vedere se fosse nella sua cuccetta, tirando una gomitata dietro di lui. Un mugolio si levò alle sue spalle e Alex sobbalzò, girandosi di scatto per trovarci Jack, ancora semiaddormentato e con una smorfia dipinta sulle labbra.
«Jack» mormorò Alex, gli occhi sgranati. Il chitarrista brontolò e si tirò la coperta sugli occhi, infastidito dalla luce.
«Torna a dormire Lex; è presto» disse con voce impastata dal sonno, mentre Alex rimaneva lì a fissarlo a labbra schiuse, colto di sprovvista. Era sicuro di avere il sonno leggero, come cavolo aveva fatto? Scosse la testa. Non importava. Si stese di nuovo e si accorse che anche stringendosi finché fossero rimasti spalla contro spalla non ci sarebbero entrati mai; prese un respiro e posò la testa sul petto di Jack, cercando di sembrare naturale. Per un secondo gli parve di vederlo sorridere, poi tornò alla sua non-espressione da 'voglio solo dormire per l'amor di Dio dimenticatevi della mia esistenza' e Alex riprese a respirare, trovando il coraggio per portarsi una mano vicino al viso. Il cuore di Jack batteva veloce e ad ogni battito Alex si sentiva bruciare di più, allo stesso tempo felice di trovarsi lì e terrorizzato dalla possibilità di vederlo aprire improvvisamente gli occhi. Si portò la mano davanti alla faccia in modo da coprirsi il più possibile e inspirò a fondo l'odore del chitarrista, socchiudendo le palpebre e lasciandosi prendere dal suo calore. Pochi secondi dopo il telefono squillò e Alex saltò su di colpo, ancora più spaventato di prima; rotolò freneticamente giù dal divano e corse verso la cuccetta, inciampando su sé stesso, recuperò il cellulare e ci mise qualche tentativo prima di sbloccare la chiamata.
«Ehi» rispose affannato, portandosi il telefono all'orecchio. Jack lo osservò mordendosi il labbro e si sentì improvvisamente un imbecille. Sentì gli occhi appannarglisi e si girò dall'altra parte, coprendosi con la coperta per non farsi vedere.
«Ehilà dormiglione, ti ho svegliato?» trillò Lisa dall'altro capo del telefono, sorridente. Alex si passò una mano sugli occhi e fu tentato dal mettere giù e inventarsi una scusa più tardi per tornare sul divano con Jack, ma scacciò l'idea.
«Sono le sei e un quarto qui» mugolò stancamente «ti serve qualcosa?»
«Assolutamente nulla, volevo solo dirti che siamo arrivate e che non ci sono stati contrattempi. Qui è molto carino e ha proprio l'aria di essere uno di quei posti in cui ci si diverte da matti. Dove siete ora?» domandò, piena di energie.
«Stiamo andando a Bologna» rispose Alex, incasinandosi i capelli. Dio, perché non attaccava?
«Mai sentita nominare, siete ancora in Italia?» Alex borbottò un 'sì' e Lisa fece un'esclamazione emozionata. «Certo che siete davvero fortunati, andarci da turisti costa davvero un'enormità» sospirò con una punta d'invidia.
«Ah sì?» ribatté distrattamente Alex, lanciando un'occhiata a Jack. Notò a malincuore che si era girato dall'altra parte.
«Be' sì, è una delle cose più palesi che esistano» rise Lisa, versandosi da bere in un bicchiere di plastica. Alex sentì una porta aprirsi e qualcuno bisbigliare qualcosa, e pochi secondi dopo Lisa si scusò e disse che le dispiaceva tanto ma doveva proprio andare. «Ti amo» aggiunse velocemente, inviandogli un bacio. Alex esitò e alla fine non rispose, rigirandosi il cellulare fra le mani dopo averlo spento. Tornò sul divano e lo lasciò cadere per terra, sedendosi sul bordo. Jack continuò a mostrargli la schiena e Alex si maledì per essersi alzato e averlo lasciato così, facendosi scappare un'occasione più unica che rara; raggruppò un po' di coraggio e si sdraiò comunque al suo fianco, schiena contro schiena. Avrebbe voluto girarsi e abbracciarlo ma capì da solo che non era il caso, così lasciò perdere e abbassò lo sguardo, perdendosi nei suoi pensieri. Zack e Rian non erano mattinieri, ma d'altronde neanche Jack lo era. Sospirò. Jack esitò e spostò lo sguardo su ogni lembo di tessuto nella penombra del suo angolino, deglutì e si voltò.
«Tutto okay, Lex?» domandò con un filo di voce, sperando che i suoi occhi non fossero più lucidi. Alex deglutì, pensando alle varie opzioni. Non voleva mentirgli, aveva visto quanto c'era rimasto male la sera prima; ma non voleva neanche che la loro amicizia andasse a farsi benedire a causa sua. Allontanò lo sguardo da quello di Jack.
«Io non..» prese il respiro più grande della sua vita «non so se voglio continuare a stare con Lisa». Strizzò gli occhi e si sforzò di continuare a respirare regolarmente. L'aveva ammesso a sé stesso solo quando l'aveva pronunciato ad alta voce e l'effetto che la cosa aveva avuto su di lui era devastante. Annaspò per dell'aria e si costrinse a guardare Jack.
«No aspetta Lex, ieri andava tutto bene; state insieme da anni, non potete lasciarvi perché ti ha telefonato alle sei del mattino e ti ha mandato a puttane l'impianto idraulico, tu la ami» farfugliò quello, completamente spiazzato. Ad Alex sembrò di sprofondare e gli occhi gli si riempirono di lacrime mentre realizzava che no, non voleva più stare con Lisa, voleva stare con Jack e basta, fino alla fine dei suoi giorni. Si coprì il volto con una mano e in una frazione di secondo Jack si mise a sedere, lo tirò su e se lo sistemò sulle ginocchia, abbracciandolo più forte che poteva; con una mano raccattò la coperta e gliela sistemò sulle spalle, stringendogli quindi la testa al petto. «Shh» sussurrò senza la minima idea di come o cosa fare «va tutto bene, ci sono io qui. Va tutto bene». Alex sentì l'abbraccio e affondò il viso nella maglietta di Jack con un singhiozzo, si aggrappò a lui e inspirò il suo odore. «Va tutto bene, okay? Se non la ami più troveremo il modo di dirglielo ferendola il meno possibile, non è la fine del mondo, capito? Non sei una merda e non è nemmeno colpa tua, sono cose che succedono ogni tanto e non dipendono da noi nel modo più assoluto; tu sei un ragazzo fantastico e a meno che non sia costretto non faresti male a una mosca, non devi sentirti in colpa» sussurrò, passandogli dolcemente le dita fra i capelli. Si fermò per prendere un po' d'aria e lo baciò sulla nuca, lasciandoci poi il palmo sopra. «Vedrai che capirà, qualsiasi cosa tu dica o faccia ti vuole felice. Anche se non la ami più rimane comunque una pietra miliare nella tua storia, vedrai che rimarrete in contatto e che non ti odierà neanche lontanamente, non preoccuparti. Non è colpa tua, capita a tutti di smettere di amare qualcuno; anzi, è bello vedere che t'importa così tanto di lei da piangere nel realizzare che fra voi... Non devi incolparti di nulla Lex, sono cose che accadono e che per quanto vorremmo non possiamo decidere noi» mormorò, spaventato tanto quanto il cantante dalla situazione e dalle sue parole.
Alex ascoltava e non ascoltava, perso nei battiti del cuore di Jack, ma nel frattempo aveva smesso di piangere e teneva gli occhi socchiusi, attraversato da scariche elettriche ogni volta che l'amico gli passava le dita fra i capelli. Avrebbe voluto alzarsi e chiudergli le labbra con un bacio, ma rimase immobile e ascoltò il suo respiro infrangersi con delicatezza contro il suo petto, senza riuscire a smettere di pensare che quella di Jack era la voce più bella del mondo.
«Jackie?» lo chiamò con un filo di voce, senza staccarsi dal suo corpo. Jack lo guardò con viva apprensione e si morse un labbro, in attesa del continuo. «Grazie di esistere» mormorò Alex, alzando la testa per guardarlo. Il suo sguardo era un misto di paura, sorpresa e affetto, e Alex pensò che avrebbe potuto viverne per l'eternità, se lui gliel'avesse concesso. Si accoccolò meglio contro il suo petto e deglutì, poi tornò a guardarlo. «Devo chiamarla» sussurrò con voce rotta. Jack mandò giù un groppo alla gola e annuì flebilmente, sciogliendo le braccia. Alex si sporse, prese il telefono da terra e si risistemò le braccia di Jack attorno al corpo, guardandolo in silenzio. Jack lo vide spaventato come non mai e lo cinse più saldamente, respirando profondamente prima di aprir bocca.
«Sei sicuro di volerlo fare ora?» domandò inumidendosi le labbra, e Alex annuì, abbassando lo sguardo.
«Devo» rispose. Compose prefisso e numero e il nome di Lisa balenò sullo schermo per un paio di secondi prima che Alex premesse la cornetta verde e la chiamasse. Lanciò un'occhiata a Jack e lui gli accarezzò la guancia libera, apprensivo.
«Alex! Ehi!» rispose squillante la ragazza, dopo il quarto squillo. Alex si morse le labbra.
«Lisa. Ehi. Ciao» farfugliò «er, sei a una festa?»
«Sì ma posso tranquillamente andarmene, aspetta che trovo un posto un po' più calmo» la sentì camminare, dire un paio di 'scusa' e 'permesso' e poi la musica si fece distante e ovattata «ecco, tutto risolto. Volevi dirmi qualcosa?» chiese. Alex si sentì sprofondare di nuovo e strinse nervosamente la coscia di Jack, che guaì di dolore, sebbene sottovoce. Alex mimò uno 'scusa' con le labbra e mandò giù un nodo alla gola, angosciato.
«Sì, in realtà sì» mormorò, deglutendo «ma non... non so come fare». Lisa rimase in silenzio e un brutto presentimento le corse lungo la schiena. «Solo che girarci attorno rende solo le cose più difficili e io non... Non so come dirlo ma... non ti amo più» disse Alex con un filo di voce «penso che dovremmo rompere». Lisa impiegò una frazione di secondo a recepire il vero significato di quelle parole e scoppiò a piangere appena lo fece, aggrappandosi al cellulare e al muretto davanti a lei per non cadere a terra. Alex si sentì una persona orribile e gli occhi tornarono ad appannarglisi, ma prima che potesse piangere Jack glieli asciugò con il pollice e lo strinse più forte, accarezzandogli i capelli. Alex si sentì bollire e pensò che forse qualcosa di buono da quella situazione era nato. «Non è colpa tua, tu sei una ragazza fantastica e al tuo fianco ho passato momenti davvero meravigliosi, è solo che.. sono cose che succedono, non dipendono da noi. Vorrei non avertelo dovuto dire; sei una delle persone più importanti della mia vita e non voglio perderti in nessun modo, ma non potevo guardarti negli occhi e fingere, non me lo sarei perdonato» mormorò, il respiro pesante e rotto. Lisa singhiozzò ancora e si accasciò a terra, spalle al muro.
«Da» deglutì «da quanto tempo ci pensavi?» Alex mandò giù un groppo alla gola, abbassando lo sguardo.
«Forse una settimana» ammise, senza guardare in faccia Jack. Lisa tirò debolmente su col naso e per un istante i singhiozzi cessarono, mentre cercava di garantire un po' d'aria ai suoi polmoni raggrinziti e si appiattiva al muro.
«Cos'è che è cambiato?» domandò, chiudendo il pugno attorno ai capelli biondi e vaporosi.
«Io» sussurrò Alex, strizzando gli occhi «è colpa mia. Sono io l'unico che è cambiato e che non sa più come muoversi nella propria testa, tu non hai fatto proprio niente di male, anzi. Mi dispiace tanto». Trattenne a stento le lacrime.
«Io non...» Lisa esitò, poi scartò del tutto la frase e scoppiò di nuovo a piangere «dammi una seconda possibilità, posso tornare a farti felice, lo so che posso, ti prego lascia che ti renda felice». Alex affondò il viso nel petto di Jack e mugolò qualcosa mentre due lacrime gli solcavano le guance. «Ti conosco, so come prenderti, sei solo stanco per il tour; vedrai che una volta a casa tutti questi casini finiranno e che tornerai a essere il ragazzo spensierato di sempre, non è cambiato nulla, possiamo ancora farcela» farfugliò Lisa, cercando più di convincere sé stessa che lui. «Possiamo ancora essere io e te contro il mondo, possiamo ancora completarci a vicenda, ti prego dammi un'altra opportunità per dimostrartelo, vedrai che non te ne pentirai» continuò con voce rotta, senza più crederci davvero. Alex staccò la testa dal chitarrista e deglutì, prendendo un respiro profondo per calmarsi.
«Lisa io... dovremmo finirla qui, così ci feriamo e basta» mormorò, mandando giù un groppo. Lisa pianse più forte.
«Come faccio adesso io ad andare avanti?» gridò, scagliando un pugno al muro. Alex rimase in silenzio. «Ci hai pensato a me Alex? Hai pensato a come avrei potuto sentirmi?» esclamò, piangendo.
«Lisa, io» provò, ma lei lo interruppe.
«'Lisa io' un corno! Non te n'è fregato nulla di me, altrimenti avresti aspettato e mi avresti affrontata di persona, invece di rifugiarti dietro a un telefono come un qualsiasi codardo! Ti sei innamorato di un'altra, non è vero?» Alex si morse il labbro e abbassò lo sguardo, senza rispondere, e il suo silenzio la colpì come un treno, lasciandola a bocca aperta. «Non riesco a crederci» sussurrò, gli occhi sgranati. «Non è possibile, io non... Ti ho perso davvero» mormorò. Lisa tornò a singhiozzare e Alex desiderò con tutto il cuore di poter essere seppellito in quel momento, nel posto più lontano possibile.
«Mi dispiace» sussurrò, avvolgendo il telefono con entrambe le mani «mi dispiace davvero».
«Non chiamarmi per un po'» mormorò lei con voce spenta, trattenendo un singhiozzo «mi farò viva io quando sarò pronta a sentire di nuovo la tua voce». Alex annuì e sperò di risentirla presto in un frangente più felice. «Alex?» lo chiamò dopo un paio di secondi, lui alzò lo sguardo «non ti odio. Al cuor non si comanda, so che non è colpa tua. Ti auguro di essere felice con lei, più di quanto lo sia stato con me». Dal tono sembrava stesse sorridendo, ma probabilmente piangeva ancora.
«Io non... grazie» rispose, la vista nuovamente appannata. Sapeva che dirgli quelle parole le doveva costare parecchio.
«Ti amo Lex» sussurrò lei «ti prego non dimenticarlo». Chiuse la telefonata e Alex restò immobile, avvolto dalle braccia calde di Jack e tormentato da mille pensieri, chiedendosi se avesse fatto la scelta giusta. Jack gli accarezzò i capelli.
«Come ti senti?» domandò con apprensione. Alex scosse la testa.
«Non lo so» rispose «ma stasera sul palco baciami. Ho bisogno del tuo calore». Ommioddio, l'aveva detto davvero? Fu tentato dal darsi uno schiaffo ma sarebbe sembrato ancora più equivoco, quindi si limitò a maledirsi mentalmente.
«Posso farlo anche ora se vuoi» mormorò invece Jack, in un tono così soffice che Alex faticò a sentirlo. Si voltò a guardarlo e annuì un paio di volte, aumentando lievemente d'intensità. Jack abbozzò un sorriso e posò dolcemente le labbra sulle sue; Alex le schiuse e lasciò che le loro lingue cominciassero ad accarezzarsi e giocare, posandogli una mano sulla guancia. Ogni tanto era capitato che si baciassero fuori dal palco, ma erano baci a stampo supportati dall'alcol o dalle scommesse con gli altri; scambi leggeri di affetto o spavalderia, e Alex si sentì travolgere da una scarica elettrica quando realizzò che quello era un bacio vero, con lingua, background romantico e tutto quanto. Si staccò per prendere un po' d'aria e appoggiò la testa sul petto di Jack, posandogli una mano sul cuore, e lui tornò ad accarezzargli i capelli.
«Jackie?» lo chiamò; lui abbassò lo sguardo «agli alieni piaceresti tutto». Chiuse gli occhi e non lo vide sorridere, ma si strinse più a lui. Sticazzi se aveva appena lasciato Lisa, sticazzi se non sarebbe mai andato fino in fondo con Jack, in quel momento, lì fra le sue braccia, non si sarebbe potuto sentire più felice. Gli lasciò un bacio leggero sul petto e lasciò che le forze l'abbandonassero, stremate dal concerto e dalle poche ore di sonno, e l'ultima cosa a cui pensò fu che aveva fatto la scelta giusta e che era contento di aver smesso di mentire. Jack gli piaceva da matti.

Fu svegliato dal flash di un cellulare e grugnì, aprendo leggermente gli occhi. Rian abbassò il telefono e lo passò a Zack, che osservò la foto e rise, scuotendo la testa con un'aria a metà fra l'addolcito e il divertito.
«Questa finisce dritta su Twitter» annunciò, ridando il telefono al batterista «com'è che dite? If the kids don't believe make them believe?» Abbozzò una risata e Alex si tirò la coperta fin sopra la testa, mugugnando uno stanco 'andate via, rompiballe'; finse di aver ripreso a dormire e aspettò che i due si trasferissero di sotto, poi tirò giù la coperta e guardò Jack. L'aveva sdraiato e si era addormentato con la testa sulla sua spalla, il braccio che gli cingeva il fianco e lo teneva più vicino a lui, e ora aveva quest'aria angelica che rendeva terribilmente difficile non svegliarlo con un bacio. Mandando a fanculo la logica, Alex lo circondò con un braccio e si strinse di più contro il suo corpo, respirando piano. Contro ogni pronostico, Jack borbottò qualcosa a labbra chiuse e sbadigliò.
«Che c'è, siamo arrivati?» biascicò aprendo appena gli occhi. Incontrò lo sguardo di Alex e sorrise, imbarazzato. «Ehilà. Dormito bene?» chiese, tirando via la mano dal suo fianco. Alex annuì ma non spostò la sua.
«Ho sognato Lisa» mormorò, Jack tirò giù la testa.
«E ora come ti senti?» domandò, osservandolo con un velo di preoccupazione.
«Meglio» rispose francamente il cantante «era la cosa giusta da fare. Alla fine non è più lei che amo». Jack annuì.
«Be', se hai la coscienza a posto siamo già un passo avanti» commentò, sopprimendo uno sbadiglio.
«Hai mai pensato d'intraprendere una relazione seria, Jack? Di esporti a tutti i rischi che essa comprende, di tenerti da parte per una persona e una soltanto, di affidare a lei ogni parte di te e di dover prima o poi ammettere che tra voi due non c'è più nulla di speciale e che è tutto finito?» domandò Alex, scrutando il soffitto.
«Non mi piacciono le rotture» mormorò il chitarrista. «Per questo, le avventure di una notte sono l'ideale: finisci un concerto, esci, trovi una carina e te la porti a letto, poi appena finite la saluti e non vi rivedete mai più. Soddisfi i tuoi bisogni fisici senza dover abbassare la guardia, e anche se dal lato umano manca qualcosa è sempre meglio che affidare il cuore a qualcuno col rischio che ci giochi a football».
«Non ti senti mai come se mancasse qualcosa alla tua vita, non so, una figura in grado di portarti su con un semplice sorriso e di farti sentire la persona più speciale del mondo solo dicendoti 'ciao'?» chiese.
«Non devi necessariamente stare insieme a una persona perché lei ti faccia quell'effetto» osservò Jack. «Io ce l'ho, una persona del genere. Non sa che effetto mi fa, quello no; ma è speciale ed è l'unica per cui mi metterei davvero in pericolo ogni secondo della mia vita, senza pensare alle conseguenze». Tirò su col naso e guardò Alex. «Quindi per rispondere alla tua domanda sì, sì c'ho pensato. Sono stato anche sul punto di chiederglielo, qualche volta, ma temo rovinerei tutto e basta. Mi accontento anche solo di stargli intorno, mi basta sia felice». Alex sorrise, ricambiando lo sguardo.
«Questo è molto carino da parte tua, Jack» disse, lui abbozzò un sorriso.
«Credi che riuscirei a far felice qualcuno, se stessimo insieme?» domandò, distogliendo lo sguardo.
«Credo riusciresti a far sentire chiunque la persona più fortunata del mondo solo guardandola» lo tranquillizzò Alex.
«E se non dovessi riuscirci?» chiese nuovamente Jack.
«Ci riuscirai eccome» ribatté Alex «voglio dire, guarda me. Poche ore fa ho rotto con quella che credevo la ragazza della mia vita e invece di essere depresso e pieno di sensi di colpa sono qui a sorridere al tuo fianco, come se non fosse mai successo. E noi non stiamo neanche insieme, quindi renditi conto di che influenza positiva hai sulle persone». Jack sorrise.
«Sono felice di conoscerti» mormorò, affondandogli il viso nella spalla.
«Stessa cosa Jackie» ricambiò Alex, baciandogli la nuca «sono felice di poter accompagnare la tua chitarra».
«Senza la tua voce la mia chitarra non ha importanza» puntualizzò Jack, Alex rise fra sé e sé.
«Sei il solito esagerato ma grazie» replicò, spostando la mano dal suo bacino al suo petto. Rimase a fissarlo un po', poi espirò e strizzò gli occhi per finire di svegliarsi. «Andiamo a fare colazione?» propose, Jack annuì con convinzione.
«Se è già passato Rian non troveremo niente però» commentò dopo che Alex ebbe ritirato il braccio, stiracchiandosi.
«Possiamo sempre fermarci a un autogrill» rimuginò il cantante, realizzando di aver dormito vestito e togliendosi la maglia per indossarne una pulita «ma figurati se qualcosa non ce l'ha lasciata, ogni tanto anche lui ha dei sensi di colpa». Sentì lo sguardo di Jack sulla schiena nuda e si sbrigò a vestirsi, in imbarazzo.
«Lex, perché non ti sei mai fatto un tatuaggio sul torace?» domandò il chitarrista, spontaneo. Alex si voltò.
«Non saprei, non mi è mai venuto in mente» rispose francamente «e poi non lo vedrebbe nessuno, non pensi?»
«Il tuo 'significant other' lo vedrebbe» obiettò Jack «e anche i fan e noi tre. Ti starebbe bene, credo». Alex lo guardò.
«Be', l'importante è non farsene sulla gamba» commentò piegando la maglietta usata «lì è veramente brutto».
«Pure sopra l'ombelico non è un granché, almeno se è sotto ha un motivo di esistere» ribatté Jack. Alex alzò gli occhi al cielo. Gli sembrava strano che Jack si fosse dato una calmata.
«Sul collo invece?» gli diede corda. Jack ci pensò un attimo su, poi scrollò le spalle.
«Se è uno è okay, ma se hai tutto il collo pieno diventa brutto» rispose «e pure sulla schiena fanno schifo».
«Insomma, ti piacciono solo su braccia, petto, mani e bacino» ricapitolò Alex, avviandosi verso il piano inferiore.
«Sul bacino non mi piacciono, ma mi aprono la strada» precisò Jack, trotterellando al suo seguito.
«Sei davvero un maniaco» rise Alex, salutando Rian con la mano. Il batterista ricambiò e rimase seduto sul divanetto con un fumetto in mano, per niente intenzionato ad alzarsi; Zack e Matt invece si sfidavano ai videogiochi nella parte di dietro del bus, insultandosi a vicenda. Alex prese una mela dall'armadietto e la addentò, tirando su col naso. Dal finestrino il paesaggio era cambiato notevolmente e i tipi di piante differivano molto da quelli che li avevano accolti quando erano usciti dall'aeroporto della capitale, un po' più di quarantott'ore prima. Jack si attaccò alla bottiglia del latte e bevve un paio di sorsate, asciugandosi la bocca con l'avambraccio e lasciandosi andare in un 'ahh' soddisfatto.
«Bene, chi è pronto a perdere?» domandò quindi sfregandosi le mani e avvicinandosi ai ragazzi, sedendosi sopra Zack.
«Ehi» protestò quello, inclinandosi verso destra per guardare lo schermo «levati da davanti, non vedo nulla!»
«Sì!» esclamò invece Matt alzando il pugno in aria, vincendo la partita «Jack, sei proprio il mio membro preferito». Si diedero il cinque e Zack si tolse il chitarrista di dosso con una spinta, rifiutando di cedere il joystick.
«Non hai seguito le regole, dobbiamo rifare il set da capo» protestò, ricominciando il gioco. Jack si sedette accanto a Matt e s'infervorò coi due, urlando consigli a destra e manca e indicando lo schermo per evidenziare i loro errori, e ad Alex sembrò uno spettacolo da immortalare. Finendo di mangiare la sua mela, si appoggiò alla parete del veicolo e li osservò sorridendo, commentando ogni tanto la scena nella sua testa. Si sentiva bene, caldo dentro, e ringraziò silenziosamente gli ignari compagni di band per essere così spontanei quando invece tutti gli altri indossavano maschere su maschere in ogni momento della giornata, dimenticandosi a volte perfino di averle addosso. Si staccò dal bus e salì al piano superiore, in silenzio. Aveva lasciato la sua fidanzata storica da poche ore e a dispetto delle sue paure non avrebbe potuto sentirsi meglio - chi aveva detto che una passione non corrisposta poteva essere solo negativa? Sorrise e si buttò sul divano.

Si erano separati dagli altri da una mezz'oretta, da quando Rian aveva detto di voler visitare un museo e Zack di voler andare a spasso per monumenti - Jack si era lamentato dicendo che un conto era Roma, un conto una città di cui non aveva neanche mai sentito parlare prima di cominciare il tour, così aveva afferrato Alex per un polso senza chiedergli un parere e se l'era trascinato dietro, camminando senza una meta precisa. Dopo una dozzina di giri inutili e vicoli ciechi erano riusciti ad arrivare ad un enorme parco e ora erano sdraiati sull'erba ad osservare le nuvole rincorrersi su un cielo ceruleo, accarezzati da un vento quasi impercettibile. Alex tirò su col naso.
«Posto tranquillo, eh?» Jack annuì e rotolò verso di lui, lasciando perdere le nuvole.
«Lex, perché sei andato a dormire sul divano ieri sera?» domandò, arcuando le sopracciglia. Alex espirò.
«Ti stavo aspettando» mormorò, spostando le pupille da una nuvola all'altra.
«E se non fossi tornato?» chiese quindi il chitarrista, cercando di decifrare la sua espressione.
«Avrei continuato ad aspettarti» rispose sinceramente Alex, ricambiando il suo sguardo. «Scusa, non volevo ferirti ieri sera. È che non volevo ammetterlo a me stesso, figuriamoci a qualcun altro. Fatico ancora a crederci». Jack respirò.
«Non fa niente, so che non volevi farmi del male. Me la sono presa troppo, scusa» mormorò, abbassando gli occhi.
«Mi chiedo che show dovremmo mettere su, stasera» disse Alex dopo un po', sovrappensiero «Lisa lo guarderà di sicuro per vedere come sto reagendo, ma se non mi ci metto d'impegno perderemo centinaia di possibili nuovi fan e farei un gran torto alla band e a tutti quelli che sono dietro di noi e che si fanno un culo così per aiutarci ad arrivare al successo, non sarebbe comunque giusto». Giocherellò con un filo d'erba e Jack respirò a fondo.
«Non credo che la crew avrebbe problemi a perdonarti, ma secondo me dovresti comportarti come t'ispira il momento. Ti senti felice? Bene, metti su lo show più figo di tutti i tempi e guadagna migliaia di nuovi fan. Non sei nella migliore delle forme? Va bene comunque, scatenati un po' meno e impressiona solo qualche centinaio di ragazzi; tanto sei da paura lo stesso, anche se non t'impegni. Prendila alla leggera, Lisa ci rimarrebbe male in tutti i casi» mormorò.
«Se dovesse andar male, tornerai a dormire con me sul divano?» domandò Alex, deglutendo impercettibilmente.
«Ogni volta che vorrai» lo tranquillizzò Jack con un sorriso «ma ti conosco, andrai benissimo. Se siamo arrivati a questo punto è per via dei testi che scrivi e delle musiche che creiamo insieme, di certo non è merito mio o di Zack. Il mondo è pieno di bassisti, chitarristi, batteristi e strumentisti di ogni genere, ma sono poche le persone con una voce bella quanto la tua e un talento spinto quanto quello che hai tu. La gente non s'innamora di te solo per il tuo aspetto fisico, ma per tutto quello che hai dentro. Potrai anche non impegnarti per niente, stasera, ma li conquisterai tutti comunque».
«Jackie, spero che la tua persona speciale ti tratti tanto bene quanto mi ci tratti tu» sorrise Alex, stringendogli la mano.
«Lo fa Lex, lo fa» ribatté il chitarrista, contraccambiando la stretta e rotolando un po' più verso di lui. Tornarono a guardare le nuvole senza lasciarsi la mano e Alex sperò profondamente di essere la sua persona speciale.
«Lex?» fece Jack dopo un po', rompendo il silenzio.
«Sì?» rispose il cantante voltandosi a guardarlo, le sopracciglia arcuate.
«Sai di speranza, lacrime e tenerezza» mormorò con naturalezza, gli occhi rivolti al cielo. Alex sorrise, gli lasciò la mano e si rannicchiò contro il suo petto, e Jack lo abbracciò, tirando distrattamente su col naso. Rimasero avvinghiati un paio di minuti, Alex a occhi chiusi e Jack a fissare gli sprazzi bianchi che danzavano sulle loro teste, poi il telefono squillò e il più alto rispose, senza mettersi fretta.
«Barakretino, dovete cominciare a tornare, fra poco ci sono le prove» lo avvisò Rian.
«Dove siete?» domandò tranquillamente Jack, guardandosi le unghie.
«In pullman, se ci spieghi dove siete forse riusciamo a venirti incontro» disse il batterista.
«Be' è un parco grandissimo» provò a descriverlo Jack, guardandosi attorno «mi pare abbia 'arena' nel nome, alle nostre spalle ci sono delle transenne e verso sinistra dei parcheggi». Ascoltò l'amico riferire tutto all'autista e spostò il cellulare da un orecchio all'altro, poi dopo un'interferenza di mezzo minuto la voce del batterista tornò, sbadigliante.
«Vi stiamo venendo a prendere, baciate i piedi all'autista quando ci vediamo» li informò «aspettateci all'entrata».
«Grande» commentò Jack, poi chiuse la chiamata e si posò una mano sugli occhi, respirando piano. «Lex, mi sa che dobbiamo alzarci» disse dopo qualche minuto, controvoglia. Alex arricciò il naso ma si staccò dal petto del musicista e obbedì, barcollando una volta in piedi. Jack seguì il suo esempio con un mugugno e tornò sui suoi passi, cercando con gli occhi un qualsiasi punto di riferimento. Non ne trovò e fu costretto a chiedere aiuto a un passante, che in un inglese molto approssimativo gli indicò una strada che proseguiva verso la città e poi deviava verso sinistra; lo ringraziò e imboccò il sentiero, raggiungendo l'entrata in un quarto d'ora circa. Rian e gli altri arrivarono dieci minuti dopo e li salutarono allegramente quando misero piede sul bus, poi il mezzo si diresse verso il concerto e Alex riuscì ad appisolarsi per un po'.

«Secondo me non dovresti andare a bere stasera».
Quando uscì dal locale docce, Alex si trovò davanti un Jack coi capelli umidi, con un asciugamano e una felpa tra le mani, che lo scrutava preoccupato e 
aveva dipinta in volto la stessa espressione di un cane bastonato. Arcuò le sopracciglia.
«Perché no?» domandò, senza afferrarne il motivo. Lo show era andato benone, non era lecito festeggiare?
«Perché un drink tira l'altro e ti ritroveresti di sicuro a pensare a Lisa» si preoccupò Jack, deglutendo. "Oh" pensò il cantante, "non ci avevo pensato". «Che ne dici se andiamo a fare quattro passi invece, o ci vediamo un film?» propose il chitarrista, mordendosi il labbro. Alex alzò le spalle e annuì un paio di volte, non c'era alcun problema, era un'idea carina. Così avrebbe potuto passare la serata da solo con Jack, realizzò, e sentì di nuovo il tepore invadergli il torace e espandersi in tutto il resto del corpo, dolcemente. Si sforzò di respirare regolarmente nel veder Jack sorridere, posò l'asciugamano in bagno al posto suo e poi tornò fuori dopo essersi messo il beanie, e Jack abbozzò un altro sorriso.
«Dove andiamo?» domandò il cantante, lasciandosi alle spalle il concerto. Jack scrollò le spalle, verso destra forse? Andata. Alex infilò le mani in tasca e i due s'immersero nell'oscurità della notte, rimanendo in silenzio per i primi metri.
«Jack, sei sicuro di non voler andare a bere?» domandò dopo un po', osservandolo «se ti stai trattenendo per me puoi benissimo andare, non preoccuparti». Jack lo guardò a sua volta.
«Certo che certe volte dici delle cazzate allucinanti» commentò, tornando a guardare la strada. Alex sorrise. Un po' rude, ma era comunque un 'ti voglio bene, non voglio abbandonarti', e sentirselo dire lo faceva sentir meglio.
«Ti va un gelato?» Jack ruppe il silenzio indicando un negozio col capo, e ad Alex parve un'idea grandiosa.
«Offro io però» precisò; Jack provò a controbattere ma alla fine fu costretto a arrendersi, mentre il frontman si avvicinava al gelataio e dava un'occhiata ai gusti, incitandolo a raggiungerlo velocemente.
«Un cono fragola e cioccolato per favore» ordinò, poi Jack si avvicinò «tu come lo vuoi, Jack?»
«Cioccolato e banana» rispose il chitarrista, senza pensarci troppo su. Alex si girò verso di lui, inarcando un sopracciglio.
«Banana?» ripeté, divertito. Jack guardò di lato e sbuffò, imbarazzato.
«Non capisci niente di gelato» borbottò, e Alex rise, tornando a rivolgersi al negoziante.
«E anche un cono cioccolato e banana, per favore» aggiunse, tirando fuori il portafogli. Pagò con una banconota da cinque, passò il cono a Jack e si tenne il suo, salutò il gelataio e andò a sedersi sotto un portico, imitato dall'amico. Mangiarono in silenzio per un po', poi ad Alex scappò una risatina e Jack espirò dal naso, guardando da un'altra parte.
«Banana? Seriamente?» domandò, divertito dagli sbuffi del chitarrista. «E il tuo 'this is not homoerotic' dove lo metti?»
«Se ci fai caso non metto quella maglietta da una vita» rispose Jack «e poi non gira tutto intorno al sesso, dai».
«Detto da te...» scherzò Alex, e Jack dovette ammettere di essersela cercata.
«Assaggia, così la smetti di fare il blasfemo» ribatté, avvicinandogli il cono alla faccia. Alex lo spinse indietro.
«No grazie, non m'interessa» lo evitò divertito, e Jack se lo riprese, riempiendosene la bocca.
«Peggio per te» bofonchiò, mandando giù, poi rabbrividì sonoramente.
«Che hai?» domandò Alex, spostando gli occhi dal suo gelato.
«Mi si è congelata la bocca» rispose Jack con una smorfia addolorata «ommioddio che freddo, soffro».
«Sei un coglione» rise il cantante «ma se vuoi ho un rimedio istantaneo». Si alzò, si sedette sulle ginocchia di Jack e lo baciò, rabbrividendo quando le loro lingue si sfiorarono. «Oddio sei peggio di un ghiacciolo» si lamentò staccandosi con una finta aria scandalizzata, e suo malgrado Jack rise.
«Però ora va meglio» commentò, poi tornò al suo gelato, senza spostare Alex.
«Te le vai a cercare allora» lo sfotté quello, seguendo il suo esempio, e Jack protese la testa in avanti.
«Un altro?» propose guardandolo dal basso, e Alex non seppe resistere. Schiuse le labbra sulle sue e - ommioddio era buono per davvero. Si staccò da Jack e lo guardò, senza sapere che espressione assumere. Jack scoppiò a ridere.
«Te l'avevo detto che era un signor gusto» scherzò, e Alex espirò con un sorriso, dandogliela vinta. Questo Lisa non l'avrebbe mai fatto. Tornò a prendersi cura della sua fragola e tirò su col naso; Jack lo osservò poi si tolse la felpa e gliela mise sulle spalle, facendo finta di niente. Alex sorrise.
«Vuoi, Jack?» disse, offrendogli il gelato. Il ragazzo scosse la testa e ringraziò.
«Ho ancora tutto il cioccolato da finire» spiegò «ma se non ti va più tienilo da parte, dopo ci penso io».
«Ti amerei» scherzò Alex, abbozzando una risata. Jack alzò lo sguardo.
«Ti prego fallo» mormorò. Abbassò lo sguardo prima sui suoi fianchi poi a terra, deglutì e espirò. «Scusa, fuori luogo. Non so che mi sia preso, davvero. Ti giuro che non era quello che avevo in testa, io...» se possibile, ad Alex sembrò lontano galassie, e tutta quella distanza lo faceva sentir male. Gli avvicinò la bocca posandogli la mano sulla guancia e lo baciò, facendolo tornare di nuovo sul pianeta. Dopo qualche secondo, Jack partecipò al bacio e coprì la mano di Alex con la sua, stringendogli le dita. Alex si sentì un fuoco d'artificio e gli morse il labbro, staccandosi a malincuore. Si guardarono per qualche secondo, Jack visibilmente confuso, la sua mano ancora premuta su quella del cantante.
«Whoa» mormorò, senza sapere cosa aggiungere.
«Jack, io...» respirò a fondo e si perse nei suoi occhi neri «sei il mio significant other. Più di quanto lo sia mai stata Lisa». Jack sembrò sul punto di cadere a pezzi e venir portato via dal vento; fece guizzare lo sguardo su ogni centimetro del viso del cantante, aprì la bocca e la richiuse, sbattendo ripetutamente le palpebre.
«Potrei piangere» mormorò, e dopo qualche secondo due lacrime gli solcarono le guance mentre sorrideva e cercava di mantenere un'aria vagamente dignitosa «ti prego dimmi che non sto sognando, mi sembra di volare». Alex rise.
«Volare puoi volare tranquillamente, sei il mio angelo» gli ricordò. Jack fece un verso acuto e mezzo soppresso e Alex pensò che era la persona più bella del mondo, tornando a baciarlo. Lasciò il cono a terra e portò l'altra mano sul viso di Jack, avvicinandolo più a sé, e quando si staccarono rimase a guardare i suoi occhi lucidi per quelli che gli sembrarono anni, la testa piena solamente dei suoi sorrisi.
«Ti amo tanto Lex» sussurrò, e Alex lo strinse a sé, pensando che aveva finalmente trovato qualcosa con cui rispondere. Jack sapeva di libertà, di gioia, di paura, di dubbi e scelte impulsive; di istinti repressi, di desideri troppo assecondati e di bisogni ignorati; di musica, di stelle, di gelato e di lacrime. Jack sapeva dell'universo e di tutti i suoi pianeti, sapeva di vento e sapeva di roccia; sapeva come i sogni appena realizzati e come le notti passate a dedicare frasi a qualcuno; sapeva come la sabbia dopo un inverno rigido, sapeva di burrasca per una stella marina e sapeva come un fulmine a ciel sereno dopo l'odore di granturco. Baciarlo era come baciare un fuoco d'artificio dopo aver danzato sul bordo di uno strapiombo a mille passi dal centro della Terra, come diventare la droga di qualcuno e creargli i più bei giochi di colori dietro agli occhi; era qualcosa che ogni volta si evolveva e portava un'emozione diversa, che nemmeno il più bravo dei poeti sarebbe mai riuscito a descrivere. Era qualcosa su cui avrebbe potuto scrivere per tutta la vita senza mai venirne a capo, qualcosa che ricostruiva ogni volta lui e tutto il suo mondo, qualcosa che riempiva ogni suo spazio bianco con una pennellata di risate e che disintegrava ogni barriera fra lui e il cielo; era la cosa più bella che gli fosse mai capitata, il tassello mancante per la felicità più assoluta. Se avesse potuto l'avrebbe baciato per sempre, senza curarsi più di nulla, e in quel momento si gettò a capofitto nella quiete dei suoi occhi, pensando che ora poteva finalmente farlo.
«Ti amo anch'io Jackie» ricambiò; lo strinse più forte e fece combaciare le loro labbra, sorridendo, poi le schiuse e lo fece suo un'altra volta, lentamente. Jack era passato, presente e futuro; Jack era un inizio e mai una fine, non finché non fossero stati entrambi morti, mescolati cenere su cenere, non finché la brina non avesse smesso di piangere nella notte, non finché non fosse tutto evaporato e sospinto verso i grandi mari asciutti, accompagnato da qualche aquilone e farfalla solitari. Alex avrebbe potuto esplorarlo per sempre e non capirlo mai, e la cosa gli piaceva, gli piaceva da morire. Le mani ancora attorno al suo viso rigato dalle lacrime, lo osservò e sorrise dolcemente.
«Non potrebbe esistere giovedì più perfetto di questo» disse, chiuse gli occhi e si accoccolò sul suo petto. Jack lo circondò con le braccia, il gelato finito chissà dove, e appoggiò il mento sulla sua testa, respirando piano e inspirando il suo odore.
«So much for keeping this just friends» disse, abbozzando un sorriso. Alex soffocò una risata e si voltò a guardarlo.
«Zitto e baciami, Barakretino» mormorò, unendosi di nuovo a lui sorridendo col cuore.
Fanculo, sarebbero tornati a Roma e avrebbe detto a quella ragazza che baciare Jack era il suo everything better plan, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto. Si alzò in piedi, prese Jack per mano e cominciò a correre. Finché erano insieme, il giovedì sarebbe durato per sempre. E in quel momento, era tutto appena cominciato.

   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > All Time Low / Vai alla pagina dell'autore: Pwhore