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Autore: shywr1ter    20/07/2013    1 recensioni
Subito dopo gli eventi di “La confessione” (titolo originale: “Bury your dead”), Tim non riesce a dormire. Gli eventi delle ultime ore lo tengono sveglio; ciò che è avvenuto nelle ultime settimane e mesi lo spinge a riflettere su chi sia davvero Tony DiNozzo… e perché tutto ciò sia importante. Genere: friendship/family.
ATTENZIONE: questa storia è stata scritta nel 2009.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Timothy McGee
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Redux - shywr1ter

Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .    
   
   DISCLAIMER: i personaggi e i riferimenti alla trama di NCIS sono solo presi in prestito.
   
   Note dell’autrice: Non ho mai scritto una fanfiction totalmente su NCIS, ma l’idea per questa storia mi ha martellata negli ultimi giorni. Non aveva intenzione di mollarmi finché non l’avessi scritta. Spoiler su un po’ di tutto fino a “La confessione” (titolo originale: “Bury your dead”). Tranne o una o due cosine dovrebbe essere in canon. Commenti e suggerimenti sono i benvenuti.
   
   Nota della traduttrice: questa storia è stata scritta nel 2009, e come tale non può rispettare qualsiasi rivelazione canon avvenuta successivamente nella serie. Mi riferisco in particolare alle rivelazioni sulle famiglie di Tony e McGee.    
   
   
   “Tim non riusciva a dormire”

   
   Tim completò l’ultima pagina del libro e lentamente in silenzio lo richiuse, fissando la foto che gli sorrideva dalla quarta di copertina. Era la sua faccia, la foto ormai familiare dopo essre stata riprodotta su migliaia di copertine, che gli rivolgeva un’espressione raggiante per tutta l’eccitazione e l’entusiasmo che gli ribollivano dentro al pensiero, in quel momento di tanto tempo prima, che era sulla via per diventare un autore pubblicato.
   Si sentiva un po’ nauseato dentro.
   Aveva commesso una tale ingiustizia nei confronti di tutti loro: Gibbs, Ziva… persino la dolce e inoffensiva Abby… Tony. Li aveva resi sagome di se stessi e li aveva descritti come semplici, vuote caricature di ciò che erano in realtà. Erano rimasti offesi dal suo romanzo, alternando lamentele sulle loro rappresentazioni e prese in giro per le sue scuse - e non credendo nemmeno per un minuto che non avesse usato loro come modelli. Solo Gibbs non aveva detto assolutamente niente al riguardo… beh, non lo aveva fatto finché qualcuno non aveva rubato il suo patetico tentativo di sequel e aveva iniziato a uccidere i “personaggi” del suo libro successivo.
   Il ricordo era ancora doloroso, specialmente il ricordo di quanto Abby fosse stata prossima al diventare un’altra vittima. L’intera faccenda aveva ucciso il suo interesse nella scrittura per un lungo periodo. Avevano anche smesso quasi del tutto di prenderlo in giro riguardo al libro, forse tutta la storia del “fan pazzo” aveva reso la cosa troppo vicina a tutto loro.
   Era tardi, le tre e diciassette del mattino. Al di là del ronzio del condizionatore in fondo al corridoio e del rumore sommesso del traffico lungo il viale, movimentato anche a quell’ora tarda lì presso la periferia del Distretto, la casa era silenziosa.
   Era stata una giornata dura. Un casino di giornata, una settimana dura, un anno impegnativo. Non era sicuro del perché avesse preso il libro; non aveva riletto il suo best-seller da mesi, non aveva voluto nemmeno pensarci, nonostante la richiesta della sua casa editrice di un sequel, visto che aveva portato un uomo a uccidere per davvero persone innocenti solo perché erano state inconsapevoli fonti per le sue storie. Ma dopo oggi, dopo aver guardato Tony morire in una feroce esplosione, anche se lo avevano “perso” solo per poche ore, dopo aver processato la scena del crimine avendo guardato uno dei loro saltare in aria e ridotto in pezzi, per quanto ne sapevano… per poi trovarsi Tony apparire illeso dall’ascensore, incazzato, teso e… e con le sue perdite da dover affrontare…
   Tim non riusciva a dormire. Iniziò a ricordare i suoi primi giorni all’NCIS… e Kate… e la persona che era stato allora… la persona che era ora. E iniziò a ricordare quella visione ingenua, troppo semplicistica che aveva di tutto allora, del lavoro - e dei suoi compagni di squadra - tutto racchiuso nel suo best-seller. Quasi come per penitenza si alzò per prendere una copia del suo romanzo dallo scaffale, si sedette e iniziò a leggerlo daccapo. Più andava avanti più rimpiangeva di aver catturato la sua stoltezza da pivello che aveva all’epoca.
   Tim tornò a guardare il libro tra le mani, i suoi pensieri che si incanalavano verso la persona che era stato quando aveva iniziato a scrivere sull’NCIS ancora prima di diventare un vero agente operativo, quando sognava ad occhi aperti di essere parte del team che aveva assistito, immaginando come sarebbe stato essere parte di una squadra, un vero investigatore; e questo aveva preso forma nel romanzo che aveva iniziato, con se stesso come personaggio chiave del team. E quando era stato poi strappato dall’oscurità dei nerd del computer dal leggendario Leroy Jethro Gibbs - LJ Tibbs era una parodia così dolorosamente ovvia del suo nome che rabbrividì - il libro aveva preso via propria.
   Tim si era sempre dilettato a scrivere per divertimento, ed era innamorato dell’idea di essere sul punto di diventare un agente operativo con uno dei migliori team che avesse l’NCIS, così meravigliato che gli venisse data questa opportunità che le sue giornate lavorative iniziarono ad apparire in ciò che scriveva di notte. All’inizio era stato la sua valvola di sfogo per la sua frustrazione quando faceva qualche casino, per il suo ingenuo stupore che esistessero agenti come Tony e medici legali come Ducky e scienziati forensi come Abby, che effettivamente raggiungevano risultati ma erano tipi eccentrici e originali e, nel caso di Tony, il suo demone personale…
   Tim corrugò le sopracciglia. Di tutti loro, probabilmente aveva frainteso Tony di più. Forse perché Tony si era impegnato di più ad essere qualcuno che non era, forse in parte anche per far perdere a lui la sua innocenza e ingenuità. Era in debito con Tony per questo. La maggior parte delle volte, sapeva che ciò era vitale per la salvezza sua e della squadra, sapeva che lo avrebbe reso un agente di gran lunga migliore e gli avrebbe permesso di concentrarsi e imparare più in fretta quando c’era così tanto da imparare. Ma a volte… avrebbe voluto ch Tony non avesse avuto tanto successo nel temprarlo. O almeno a cancellare le stelline dai suoi occhi.
   Si alzò e si diresse al frigorifero, da cui tirò fuori una bottiglia di latte e ne bevve una lunga sorsata. Riavvitando il tappo, rifletté che non lo avrebbe mai fatto prima di entrae all’NCIS e riusciva persino a senire Tony che lo provocava: « Andiamo, McGenio, sei un agente federale con la pistola! Solo le femminucce usano i bicchieri - credi che James Bond si fermerebbe, mentre salva il mondo, abbastanza a lungo da prendere un bicchiere per il latte? ».
   Tony. Certo, aveva imparato moltossimo da Gibbs su come essere un investigatore e un agente, ma Tony gli aveva insegnato di se stesso, del suo valore nella squadra… non del tutto consciamente, vero, ma probabilmente più di quanto realizzasse o avesse pianificato.
   Tim rimase impietrito per un momento, quel pensiero era apparso da solo, ma era innegabilmente ero. Lo aveva fatto davvero. Tony era stato effettivamente più insegnante e modello - e mentore - per lui di quanto fosse stato Gibbs. Aveva imparato di più da quell’adolescente troppo cresciuto di quanto avesse mai dato credito a Tony, e rifletté che si può imparare tanto - e forse di più - da un esempio negativo quanto da uno positivo, specialmente se quel qualcuno che dava l’esempio conosceva davvero la differenza in fondo, e forse faceva ciò che faceva solo per effetto.
   Se così, l’effetto era certamente raggiunto. Quanta gente, nel corso della sua vita, aveva sottovalutato DiNozzo vedendolo come un insegui-gonnelle, non-riflessivo giocatore di beer-pong?
   E DiNozzo stesso?
   Tim si ritrovò a chiedersi fino a che punto Tony si comportasse così perché persino lui credeva in quell’identità che indossava con tanta attenzione, il vuoto sciovinista, il pagliaccio a cui capitava di essere a volte fortunato mentre indagava su un crimine. Date alcune delle altre cose che aveva scorto, riusciva a immaginare che Tony avrebbe più facilmente visto se stesso in quel modo che come lo Yoda dell’ignorante pivellagine di Tim.
   Forse Tony non si rendeva nemmeno conto di farlo. Ma nei suoi mesi come team leader, prendendo a livello sia conscio che inconscio dalla figura di Gibbs per sostituirle il loro capo assente, poteva aver iniziato a bere caffè e strisciare alle loro spalle, a ridere di meno e a esigere di più, ma lo aveva fatto mentre chiamava i raduni e faceva incoraggianti lodi alla squadra, anche. E mai, mai aveva dato loro scappellotti… non quando era lui il capo. Lo faceva solo quando lo era Gibbs era e lui recitava la parte dell’intermezzo umoristico, la spalla comica. Mai quando era lui il capo.
    Quando Gibbs era tornatio, nonostante tutti loro lo tormentassero quando gli capitava di scivolare di nuovo in modalità capo, Tony era riuscito abbastanza in fretta a tornare al secondo posto e, senza perdere troppe settimane, riportare tutti loro ai ruoli che avevano prima che Gibbs se ne andasse. Tim rifletté ora su quanto facilmente e senza dolore ci erano riusciti - e solo ora comprese che era stato senza dolore per lui grazie alle gaffe e alle “scivolate” che Tony aveva fornito loro…
   Come aveva fatto a sfuggirgli per tutto questo tempo? E si rendeva conto, lo stesso Tony, di quanto facesse da firltro a Gibbs per tutti loro, sia prima che dopo la sua partenza per il Messico, dissipando le sue pretese spesso tutt’altro che pazienti? Quando era un novellino, Tim era rimasto di sasso per le forti reazioni di Gibbs e, mentre era lì in piedi a tremare, non aveva mai capito come facesse Tony ad avere la faccia tosta di fare qualche commento così stupido o rozzo o misogino nel bel mezzo di un’indagine seria, guadagnandosi uno scappellotto o un rimprovero o anche una ramanzina abbaiata, quando Gibbs riteneva che l’osservazione fosse particolarmente idiota. Tony era lì a dissipare l’intensità di Gibbs, per permettere a lui di scaricarsi sul il suo agente più anziano e alla squadra di andare avanti.
   Tim prese un lungo, silenzioso respito, mentre si rendeva conto di ancora un’altra verità.
   « Beh, accidenti a me » mormorò rivolto alla stanza vuota. Come aveva fatto a sfuggirgli per tanto tempo, e come aveva potuto lui essersi fatto un’idea così sbagliata sull’agente da cui aveva imparato di più? Qualcuno una volta aveva fatto notare che la squadra - sia l’attuale formazione sua quella che era stata quando Kate era ancora con loro - somigliava a una famiglia, specialmente gli agenti operativi: Gibbs, il burbero ma premuroso padre, e i suoi tre agenti, i fratelli bisticcianti, Tony sempre il fratello maggiore so-tutto-io che rendeva le vite dei minori un inferno. All’epoca, Tim non ci aveva dato troppo peso, ma era consapevole che non era una descrizione proprio esatta. Ora aveva più senso…
   Sì. E ora capiva perché l’analogia non gli era mai sembrata proprio corretta.
   Rimase lì in piedi a fissare il pavimento, senza vederlo, mentre questa realizzazione rievocava eventi passati da tanto e parole dette tanto tempo fa. La sua vita all’NCIS iniziò ad assumere un senso, ad incastrarsi al suo posto. Gibbs come figura paterna, modello - era un’analogia immediata, e poteva facilmente sembrare così dall’esterno. Ma Gibbs era l’esatto opposto del suo dolce, inoffensivo, piacevolmente riservato padre professore di matematica, talmente tanto che a Tim non era mai venuto in mente che Gibbs potesse ricoprire il suolo di un padre per lui. Mentore, certo. Capo, decisamente. Ma suo padre era… beh, papà. Il suo solo ed unico padre, l’unico di cui avesse mai bisogno e l’unico che desiderasse e da ciò che aveva sentito e indovinato, Ziva potva avere ongi genere di folle problema familiare, ma aveva già un padre forte come una roccia e non aveva bisogno di un secondo come lui nella sua vita.
   … quindi solo uno di loro aveva bisogno di un padre che lo approvasse, che fosse fiero. Solo uno di loro aveva bisogno di quella figura paterna da seguire; solo uno di loro aveva bisogno di lavorare instancabilmente per la propria affermazione, nella speranza di essere all’altezza…
   Tim rilasciò il fiato dalle labbra strette, la rivelazione era impressionante.
   Sentì un improvviso senso di empatia e di protettiva apprensione per Tony che non aveva mai pensato di provare…
   Avevano perso Tony quel giorno. O così avevano creduto. I resti inceneriti della sua macchina e il corpo carbonizzato all’interno - Tim non aveva idea del perché avesse insistito tanto che non era davvero Tony in macchina, ma iniziò a comprendere che era meno abilità da investigatore o intuito, e più chiaro e semplice negazione.
   Se qualcuno gliel’avesse chiesto, anche allora, solo una manciata di ore prima, non avrebbe descritto Tony come un’amico e avrebbe presunto che l’agente più anziano pensasse ancora a lui come uno povero pivello. La sua caparbia revisione dei video del traffico e la sua meticolosa, testarda ricerca di risposte era più per cercare di portare indietro Tony che per una vera convinzione che potesse essere sopravvissuto.
   Grazie a Dio era così. Per Tony stesso, ovviamente, ma… ma, egoisticamente, anche per lui, così avrebbe avuto del tempo per pensare a tutto ciò, per comprendere un po’ meglio Tony, magari per capire perché Tony aveva fatto ciò che aveva fatto, begli ultimi anni. Forse così avrebbe potuto comprendere meglio che l’ahente che lui stesso dtava diventando, l’agente che regolarmente riceveva complimenti da Gibbs con la stessa frequenza con cui Tony lo prendeva in giro, era in gran parte dovuto all’eccentricità di questo fratello maggiore, l’uomo che si impegnava tanto per guadagnarsi l’orgoglio e l’approvazione di Gibbs mentre nello stesso tempo si prendeva cura del piccolo della squadra.
   In un lieve sbuffo di sorpresa per le rivelazioni, Tim guardò di nuovo l’orologio. Voleva quasi - quasi - telefonare a Tony. Le tre e quarantadue. Tony avrebbe pensato che era pazzo e lo avrebbe chiamato con ogni sorta di nomignolo. No, Tim sospettava ora, avrebbe comunque significato qualcosa per l’uomo sapere che avevano sentito la sua mancanza, che la squadra aveva sofferto al pensiero del buco che sarebbe stato lasciato dalla sua perdita…
   Ma Tony aveva ogni già troppi problemi al momento, non aveva bisogno anche della sua telefonata nel cuore della notte… Tanto per iniziare c’era la rilevazione dell’operazione segreta orchestrata dal Direttore, che aveva chiaramente scosso Gibbs; uno spettacolare attentato alla sua vita che lo aveva costretto a confessare alla donna di cui si era innamorato - la figlia della Grenouille, tutto parte del piano - che non era chi le aveva detto di essere. Ziva aveva ipotizzato, in uno strano, teso modo, che Tony era apparentemente arrivato a nutrire sentimenti reali per la ragazza, una cosa davvero stupida da fare durante una missione. E tutto ciò dopo essere stato tenuto ostaggio, solo poche ore prima, insieme alla donna che amava, rimediandone una probabile commozione cerebrale, oltretutto.
   Sì, Tony aveva abbastanza problemi, non aveva bisogno della telefonata di Tim.
   Per la prima volta da quando conosceva Tony, Tim sentì improvvisamente di aver visto al di là degli scherzi e delle prese in giro e dei nomignoli, e forse aveva scorto un po’ di ciò che rendeva Tony Tony. Era molto più complesso dell’“agente Tommy”, meritava molti più ringraziamenti e riconoscimento di quanto Tim gli avesse dato.
   Tim si alzò e attraversò la stanza diretto al computer. Non una telefonata, allora, nel cuore della notte, dell’orribile sconvolgimento della sua vita che era avvenuto nelle ultime ventiquattr’ore. Ma Tony aveva ragione quando era apparso illeso dall’ascensore, comprovando la rivelazione di Ducky che non era lui carbonizzato in sala autopsie, quando aveva protestato « Allora, niente palloncini? ». (*)
   Tim gli doveva tanto. Gli doveva molto di più dell’irriflessivo carattere dell’agente Tommy che gli aveva attribuito, doveva a Tony l’agente che era diventato, gli doveva una più considerata stima per tutto ciò che aveva fatto per lui…
   Le sue dita volavano sulla tastiera e tra solo poche ore l’agente DiNozzo si sarebbe ritrovato una dozzina di scintillanti palloncini metallizzati consegnati alla sua scrivania con l’allegro messaggio “Bentornato a casa!” in bella vista - da parte di un ammiratore anonimo.
   Dopotutto… Tony gli aveva insegnato bene.
   
   
   Nota della traduttrice: prima traduzione nel fandom di NCIS, quarta in totale di questa meravigliosa autrice che è shywr1ter. Se conoscete Dark Angel e ne avete amato la prima serie, vi consiglio vivamente di dare uno sguardo alle altre storie che ho già tradotto in questo account, non ve ne pentirete.
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
    (*) Nella versione italiana, Tony dice “
Beh, non festeggiamo?” ma nella versione originale è “What, no balloons?”.
   
   
   
 
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