Film > Now You See Me / I maghi del crimine
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Autore: CathLan    20/07/2013    7 recensioni
Jack e Daniel, la notte prima del grande show a Las Vegas.
-«Io non sono concentrato su di lei».
«Però non vedi nessun’altro».
«In che senso?»
Il ragazzo fece spallucce. «Lascia perdere».
«No, spiegami».
Gli occhi scuri di Jack lo infilzarono sul posto. «Sei mai stato con un uomo?»
«E questa domanda a cosa servirebbe?»
Il più giovane si morse un labbro e spostò gli occhi da lui al parquet. «Tu non mi vedi, che io sia molto vicino o che io sia molto lontano. Non mi vedi» soffiò, a voce bassa.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jack Wilder
Note: Lemon, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Can you see me? '
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Now you see me - prima parte
Fandom: Now you see me
Pairing: Jack/Daniel (JackDaniels)
Rating: Rosso
Genere: Lemon, PWP, erotico
Avvertimenti: nonsense, slash
Note: Probabilmente quasi nessuno conosce questa coppia e il film (che è appena uscito), ma who cares? Io e FINNtastic ne siamo uscite pazze e mi è venuta l’ispirazione e quindi niente, ho deciso di scrivere e pubblicare.
Che dire? Questa è la prima One shot di una serie che sarà composta da tre/quattro capitoli suddivisi in fic separate e la coppia sarà sempre la JackDaniels. Ho una fissa per Dave Franco e piango, okay? Lasciatemi morire piangendo per lui, cià! xoxo  
Ah, loro due sono questi: uan (Jack/Dave Franco) & ciù (Daniel/Jesse Eisenberg- che nella mia ff ha i ricci, ma nel film in realtà sono ammosciati icsdì). E per scrivere mi sono ispirata a questa canzone.
DISCLAIMER: io queste cose me le invento e loro, naturalmente, non sono miei. Questa giungla mi distrugge.

Quando la porta si aprì col solito ciondolare di chiavi Daniel saltò giù dal divano e corse all’entrata, pronto a guardare in cagnesco chiunque fosse appena rincasato.
Il mal capitato era, come sempre, Jack. Il ragazzo, infilato dentro una felpa grigia e dei jeans scuri, non appena notò il suo cipiglio alzò le mani al soffitto. Alla luce fioca del lampadario era impossibile non notare i tanti piccoli taglietti che gli tracciavano i palmi come una mappa. Se li procurava intrattenendo il pubblico con le carte. Erano sensuali, i segni del suo mestiere.  
«Hanno detto che dormivi così bene che era un peccato svegliarti» si giustificò rapidamente il ragazzo, chiudendo la porta con il tacco della scarpa per poi appoggiarvisi sopra con la schiena. «E volevano uscire a divertirsi prima del grande numero».
Daniel cercò tutto l’autocontrollo di cui era disponibile e dopo qualche respiro profondo si decise a lasciare afflosciare le spalle su se stesse. Era inutile arrabbiarsi con quegli occhioni grandi, lo sapeva che era tutta colpa di Merritt. Era sempre tutta colpa sua. «E dove sono?»
«Non lo so, li ho lasciati in un locale. Hanno detto che rimanevano ancora un po’ a divertirsi».
«Ancora un po’ quanto
«Merritt ha biascicato qualcosa come “vi porterò un croissant per colazione”» rispose Jack, imitando quasi alla perfezione la voce dell’uomo.
Sentì le mani prudere e le guance punzecchiare dal nervoso. In un moto immotivato di rabbia si lanciò contro la maniglia e fece per aprire la porta e correre fuori a dare quattro cazzotti a quel mentalista -dovunque si fosse cacciato- da quattro soldi di Merritt, ma Jack lo afferrò prontamente per il braccio.
«Si può sapere qual è il problema se quei due vogliono bere qualcosa insieme?» gli domandò, fissandolo attraverso le ciglia scure. Le sue iridi erano di un dolce color cioccolato fuso, le sue labbra rosse e sottili lasciavano profumo di cocktail alla frutta.
«Che quello là è inaffidabile e Henley non regge l’alcool» chiarì, smettendo di tirare. «Ma alla fine sono affari suoi se vuole spassarsela con quell’idiota, insomma, a me non importa. E’ grande, matura e libera» concluse, facendo qualche passo indietro.
Jack annuì, con ancora le dita attorno al suo avambraccio. Sembrava deciso a non volerlo lasciare. E la cosa non gli dispiaceva nemmeno troppo. Merda. «Giusto, quindi smettila di voler avere il controllo assoluto su tutti e tutto» gli suggerì il giovane, con tono asciutto.
«Io non sono un maniaco del controllo» ci tenne a precisare Danny.
«Sì lo sei».
«No, non lo sono. E lasciami il braccio!» quasi strillò, nella foga di divincolarsi da quella stretta che un po’ -solo un po’- gli piaceva.
Il ragazzo sbuffò e mollò la presa senza protestare, infilando la mano nella tasca dei pantaloni. L’orlo del jeans calò di qualche centimetro mostrando dei boxer neri e una leggera peluria scura. Era fatto bene, quello era poco ma sicuro. Fisicamente era praticamente perfetto e aveva un sorriso da far girare la testa, ma qualche volta il suo cervello lasciava spiazzati tutti. Soprattutto lui. Insomma, Daniel lo sapeva, non era stupido, ma era immaturo. E lui odiava i mocciosi.  
Era impossibile che un ragazzo di ventuno anni si ostinasse a leggere i fumetti della Marvel e giocare alla Play Station a The last of us[i]. Impossibile, eppure Jack lo faceva.
«Tu perché sei tornato prima?» chiese Daniel, scrutando il broncio dell’altro con gli occhi verdemare.
Quello stava ricambiando lo sguardo con altrettanta concentrazione. «Sapevo che svegliandoti e non vedendoci ti saresti arrabbiato» fece dopo minuti interi, insaccando il collo nel cappuccio della felpa.
«Ti preoccupi per me?»
«Tu ti preoccupi per tutti».
«Non mi stavo preoccupando per Henley» sospirò, senza forze. Quel ragazzino lo spossava!
Jack scosse la testa sorridendo. I denti piccoli e bianchi in bella mostra, le rughine ai lati degli occhi, la lingua pronta a lambire il labbro inferiore. Cazzo, che sorriso. «Sei “l’amante”, posso sapere perché non ti concentri su qualcun altro?» chiese, tornando improvvisamente serio.
«Io non sono concentrato su di lei».
«Però non vedi nessun’altro».
«In che senso?»
Il ragazzo fece spallucce. «Lascia perdere».
«No, spiegami».
Gli occhi scuri di Jack lo infilzarono sul posto. «Sei mai stato con un uomo?»
«E questa domanda a cosa servirebbe?»
Il più giovane si morse un labbro e spostò gli occhi da lui al parquet. «Tu non mi vedi, che io sia molto vicino o che io sia molto lontano. Non mi vedi» soffiò, a voce bassa.
Lo stomaco di Daniel si piegò su se stesso. Era sorpreso, lusingato e no, non sapeva cosa rispondere. Per la prima volta in vita sua era senza parole. «Ma io ti interesso?» domandò alla fine, scombussolato.
Gli zigomi del ragazzo si arrossarono lievemente. «Dimentica ciò che ho detto, per favore. Sono ubriaco» tagliò il discorso, superandolo per dirigersi -e magari rinchiudersi- in camera sua.
Dannazione era veramente un bambino!
Il corpo di Daniel si mosse da solo, le sue gambe inseguirono a passo svelto la marcia di Jack e la sua mano lo fermò, stringendosi alla sua spalla destra. Con un movimento veloce del polso lo voltò dalla sua parte e lo fissò così, come se fossero capitati in un fermo immagine.
Jack era bello, okay? Inutile girarci attorno. Non era solo fatto bene, era bello. E bisessuale. L’aveva dichiarato a tutti qualche mese dopo il loro primo incontro e la notizia aveva smosso qualcosa nella pancia di Daniel. Fino a quel momento, comunque, non ci aveva dato il minimo peso.
«Stai dicendo che io ti interesso come mago oppure, non so, oppure qualsiasi altra cosa che non riesco ad afferrare?» chiese, non molto più convinto di prima.
Il ragazzo annuì, col mento alto e lo sguardo fiero. «Mi interessi non solo come mago».
A Daniel ci vollero esattamente tre minuti per riflettere su ogni singola cosa, dalle parole, ai gesti, alle conseguenze, ai rimpianti. Dopo quei centottanta secondi, finalmente, si decise. «Sono “l’amante”, non “l’innamorato” o “l’amore”, okay?» chiarì, mettendo le mani ben avanti. Niente scherzi, solo sesso. Insomma, erano adulti e vaccinati, una nottata di sesso che male poteva fare? Henley se la spassava con l’idiota mentalista, lui poteva spassarsela col ragazzino truffatore.
Jack alzò le sopracciglia folte e distese le labbra, mandando sotto terra il cuore di Danny. «Sì» assentì, prendendo subito l’iniziativa. Allungò una mano e con tre dita strinse la nuca di Daniel, accarezzandogli la guancia ossuta col pollice. «E’ chiaro» soffiò, avvicinando i loro volti fino a fare toccare le loro bocche socchiuse.


Come erano finiti a letto, Daniel non lo sapeva. Si era sicuramente perso qualche dettaglio. Ed era strano, perché lui non perdeva mai alcun dettaglio. Mai.
Era sempre il più sveglio all’interno di una stanza e la cosa lo rassicurava molto, eppure in quel momento si ritrovava seduto sul materasso della sua camera con Jack nudo accoccolato sulle sue cosce e no, non ricordava come era iniziata.
Un attimo prima si stavano mangiando a morsi le labbra e quello dopo puff, Jack non aveva più niente addosso e lo stava deliziando con leccatine e palpatine ovunque.
Jack era bravo, come amante. Ciò che stava facendo lo stava facendo bene. Succhiargli la pelle sotto il quale batteva la giugulare e strusciarsi con movimenti lenti e decisi contro la patta dura dei suoi jeans sembrava essere sempre stata la sua primaria ragione di vita. Ci stava mettendo anima e.. corpo. Sì, beh.
Il punto era che Daniel non stava sotto. Mai. Trovava difficile gestire e controllare la situazione con qualcuno sopra, era complicato e lo mandava in paranoia. Non riusciva nemmeno a godersi il momento, sul serio.
«Ti dispiace?» ammiccò, afferrando i fianchi asciutti di Jack per invertire con una mossa fluida le posizioni. Un istante dopo erano lui sopra e l’altro sotto, nudo. Irresistibile.
I capelli corti e scuri di Jack avevano già preso una piega tutta loro a forza di rigirarseli tra le dita, lo stesso valeva per le sue labbra che non erano divenute altro che due frutti rossi e gonfi. Baciarlo, strattonarlo, spingerselo addosso. Più addosso, era estremamente delizioso.
Jack ansimava forte, ad alta voce. Incontrollabile. Poi rideva, esplodendo in quei sorrisi da capogiro e lo baciava, lappandogli il palato e graffiandolo coi denti che parevano ancora da latte. Gli stringeva le scapole e spingeva verso l’alto, andando incontro ai suoi colpi ruvidi. Forse troppo ruvidi, perché ogni volta storceva il naso dritto facendo una smorfia adorabile.
Doveva togliersi i pantaloni, dannazione.
«Aspetta un attimo» gracchiò, alzandosi in piedi. Con le mani tremanti si abbarbicò sulla cintura in pelle marrone, non ricavando un ragno dal buco.
Fortunatamente in suo soccorso venne Jack. Lo agganciò per un passante della cintura e se lo tirò vicino. Spalancò le gambe e Daniel dovette ingoiare non un rospo, ma ben tre piccoli mostriciattoli verdi. Il giovane lo fece fermare tra le sue cosce e con dita agili lasciò cadere a terra la cinta, per poi dedicarsi con fin troppa calma ai bottoni. Niente cerniera, purtroppo. Sarebbe stato sicuramente meno demoniaco, con una semplice zip da aprire. Per le asole ci voleva più tempo e più contatto.  
«Non c’è mai niente di chiuso, Danny» bofonchiò il ragazzo una volta finito il lavoro, guardandolo da sotto le ciglia scure.
E poi Jack aveva il suo uccello nella mano e lo stava baciando, a fior di labbra. E Daniel, che non se l’aspettava di certo, si era morso a sangue l’interno della guancia per non gemere troppo forte. Come una femminuccia.
«Non mi chiamare Danny e non ti aspettare che poi io ricambi il favore perché ti sbagli di grosso, io non succhio niente a nessuno» volle aggiungere per forza, con fare sprezzante.
La punizione di Jack fu prenderlo tutto e stringere le guance, muovendosi dal basso verso l’alto una, due, tre volte. Sempre più veloce e poi lento, doloroso. E poi immobile, sulla punta, a muovere la lingua come un vertice che risucchia tutto e lascia niente se non terra arida e bruciata.
Daniel ansimò a mezza voce, irrigidì le cosce e venne appena dopo che Jack si fu alzato e accarezzato le labbra con il polpastrello. Non disse niente a riguardo, rimase in silenzio e guardò semplicemente verso la sua erezione, ancora lucida e rossa.
«Torniamo a letto?» fece, con un sopracciglio alzato e l’espressione più cazzuta dell’universo stampata sul viso bellissimo. Da prendere a schiaffi.
Daniel ghignò e lo seguì. Si arrampicò a sua volta sul materasso e si posizionò tra le ginocchia piegate e divaricate del giovane. Era uno spettacolo guardarlo, con gli addominali scolpiti, l’incarnato abbronzato e l’uccello bagnato. Erano uno spettacolo il suo sorriso, la sua espressione rapita e vogliosa. Le sue aspettative racchiuse in delle iridi troppo calde e profonde.
Chinarsi un po’ e baciarlo fu un gesto istintivo per Daniel, come disegnare su carta il progetto di un nuovo gioco di prestigio dettato dall’ispirazione. Lo baciò a fondo, ingoiando la sua saliva e i suoi gemiti. Jack non sapeva proprio trattenersi, che moccioso rumoroso.
Con uno schiocco si staccò dal ragazzo e guardò verso il comodino accanto al suo letto.
«Non ho il lubrificante» ammise, accarezzando con le dita l’interno coscia di Jack.
Il giovane si mordicchiò il labbro. «Facciamo senza».
«Farà male».
«Beh, nemmeno io ho il lubrificante».
Daniel vacillò. All’improvviso il peso di tutto ciò che stava accadendo gli si rovesciò sulle spalle mozzandogli il fiato. Era come se per tutta la durata dell’amplesso a ricoprirli ci fosse stata una nube e proprio ora, in quel momento, si fosse dissolta mostrandogli ciò che stavano combinando.
Comportandosi in quel modo potevano compromettere tutto il piano, un simile errore sarebbe stato fatale per le loro carriere e i loro destini. Non si erano già spinti troppo oltre? Dio, solo l’indomani ci sarebbe stato il grande show a Las Vegas! Come potevano?
La mano rovinata di Jack gli strinse l’avambraccio, strappandolo al suo filo ingarbugliato di pensieri. «So cosa stai pensando, ma Danny non sono più un bambino e non sei il primo uomo con cui- sì, beh hai capito. Quindi smettila di rimuginare su ogni singola cosa e arriva al punto, grazie» sparò a manetta Jack, buttando fuori tutta l’aria in un solo discorso. Forse il più lungo da quando si conoscevano.
Daniel, comunque, non era ancora del tutto certo. Per un anno aveva evitato ogni rapporto con Henley apposta per quello e ora ci stava cascando con Jack, che era un uomo. No, un ragazzino. «Oltre a questo non ci sarà più niente e il nostro rapporto fuori di qui dovrà rimanere immutato. Niente sguardi o frecciatine strane, okay? Niente di niente e non-»
Ad interromperlo fu la malizia misurata col quale Jack si portò le dita alla bocca inumidendole fino a che non gli parvero abbastanza bagnate per prepararsi. Fece tutto da solo. Inserì il primo dito e si inarcò, strizzando le palpebre. Lo mosse piano, poi aggiunse il medio e lasciò andare l’aria dalle narici. Socchiuse gli occhi e li fissò sull’espressione sgomenta di Daniel. «Allora?» infierì, roteando le dita in circolo e poi aprendole a forbice. «Devo fare tutto io?»
A quel punto era impossibile fermarsi. E, no, non ci teneva nemmeno granché a perdersi tutto quel ben di Dio.
Scartò il preservativo e se lo infilò più velocemente che poté, vibrando d’aspettativa come un dodicenne alle prese con la prima volta.
Una volta pronto, agguantò il polso sottile di Jack e spostò la sua mano, sostituendo alle falangi il suo membro nuovamente eretto e gonfio. «Se fa male.. insomma, dimmelo, okay?»
Il ragazzo annuì e sorrise come un bambino. Fu il grilletto della personale Roulette russa[ii] di Daniel.
Spinse col bacino e tirò un po’ più su le gambe di Jack, per farsi circondare meglio la vita. Inspirò a fondo e aiutandosi con le dita entrò di qualche centimetro. Il respiro fermo tra la gola e i polmoni, il cuore ad esplodere nelle tempie. Jack sotto di lui si irrigidì e strinse labbra e occhi.
Erano paralizzati nell’idillio.
«Dio, fa così male?»
Il giovane fece uno strano verso e si schiacciò un braccio sulla faccia. «Ce l’hai grosso» ansò.
«E quindi?»
«Sì, fa male Danny».
Daniel sospirò e rimase fermo così per secondi che gli parvero millenni. Pulsava tutto e voleva di più, molto di più. «Forse è meglio lasciar perdere» disse, già pronto a levare baracca e burattini.
In risposta Jack spinse i talloni sulle sue natiche e lo fece entrare di un altro po’. Ad entrambi scappò un singulto. Al più grande di sorpresa e piacere, al minore di dolore e frustrazione.
«Sei strettissimo».
«Di solito io sono attivo» ammise Jack, portando le dita fra i suoi ricci sudati. Glieli scombinò un po’ e poi scese verso la nuca. Strinse qualche boccolo più corto e lo obbligò a chinarsi, verso il suo naso. «Sei il primo».
Mentre Daniel entrava, con una nuova consapevolezza impressa nel petto e il sapore di frutti rossi in gola, non riusciva a fare a meno di pensare che una notte come quella non gli era mai capitata. Era strano, gli stava piacendo e Jack, sì, lui era intossicante. Le sue mani graffiate, le sue labbra dolci, i suoi occhi caldi, le sue curve inesistenti e la sua pelle color del caffè erano tossina.
Ad ogni spinta, ad ogni flap provocato dalle loro membra unite e poi separate era un sospiro e un brandello di certezza che se ne andava, disperdendosi nell’aria calda e sudata della camera improvvisamente troppo piccola e poi troppo grande. Si stavano creando uno spazio loro, un loro ambiente e un loro mondo.
«Danny, sì, Danny» era la loro canzone.
E il ritmo dei movimenti era il ritmo della musica. Mai troppo lenta, mai troppo veloce. Era perfetta per loro due e li stava facendo impazzire.
Il gran finale era il bianco di uno spartito concluso, un’onda travolgente che accolsero entrambi soffocandovi all’interno.
Daniel, dopo essere venuto ed essere uscito dal corpo perfetto di Jack spaccando la loro armonia, si ritrovò a non sapere cosa fare. Cosa avrebbe dovuto dire?  
Osservò con la vista annebbiata dall’orgasmo l’espressione persa del ragazzo e sospirò, reggendosi coi pugni chiusi al materasso.
«Che ore sono?» chiese, per spezzare il silenzio imbarazzante che sembrava schiacciare tutto a terra. Pure loro.
Jack spalancò gli occhi caldi e si guardò attorno. Si mise a sedere e scivolò fuori dal letto, dando il volto al comodino. «Ho il cellulare giù» mormorò, la voce bassa e piatta.  
Quando Daniel non gli rispose, si alzò e afferrò i suoi boxer finiti per terra chissà quando e chissà per mano di chi e se li infilò. «Se vuoi vado a vedere e poi ti dico» suggerì, con lo sguardo rivolto al resto dei suoi vestiti.
Daniel sapeva che lasciarlo scendere sarebbe stata la mossa più sbagliata di tutta la sua vita, anche più di andare a letto con Henley per poi rifiutarla, ma era difficile accettare il fatto di non voler vedere Jack triste o ferito. Gli sarebbe costato una fetta molto grande del suo orgoglio spropositato.
Ma l’aveva detto all’inizio, dannazione. Aveva detto “sono l’amante, non l’innamorato o l’amore”. Era stato chiaro e non doveva nulla a nessuno.
«Arrivo subito, poi dopo recupero anche gli altri miei vestiti» continuò Jack, con addosso già la t-shirt. Si passò una mano tra i capelli corti e fece per andarsene, col cuore frantumato da un coglione.
Il corpo di Daniel, ancora una volta, agì da solo. Le sue dita afferrarono quelle del ragazzo e lo tirarono verso il letto. Jack vi ricadde sopra a peso morto e Daniel si accucciò alle sue spalle. «Lascia perdere, riposiamo un po’ qui» suggerì atono per non lasciare intravedere il peso di tutte le emozioni che lo stavano affollando in quel momento. Con Jack sdraiato dalla sua parte del letto, col sorriso più luminoso che mai gli aveva visto incollato alla faccia era difficile rimanere circoscritti nella propria bastardaggine. «Però dopo te ne vai prima che Marritt ci becchi e si faccia brutte idee, okay?»
«Signorsì!»
«Bene, lasciami perdere ora» tagliò corto, chiudendo gli occhi deciso a dormicchiare.
Ovviamente Jack non lo fece. Per due ore non fece altro che giocherellare coi suoi capelli e sospirare di quando in quando finché, alle cinque meno un quarto, non si alzò e lasciandogli un bacio sulla tempia se ne tornò in camera sua di soppiatto, convinto di essere silenzioso e agile come un ninja.
Quel ragazzo non sarebbe cresciuto mai, Daniel se lo sentiva!



Fine #prima parte  


[i]The last of us: videogioco uscito nel duemiladieci a tema post-apocalittico. Qui la scheda di Wikitiky.
[ii]Roulette russa: La roulette russa è un gioco d'azzardo potenzialmente letale che consiste nel posizionare un solo proiettile in una rivoltella, ruotare velocemente il tamburo, chiudere l'arma da fuoco senza guardare, puntarla verso la propria testa e premere il grilletto.
E’ un po’ la prova del fuoco, un qualcosa con il quale ci si gioca la vita provando la forza del caso/destino. 
  
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