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Autore: M4RT1    20/07/2013    2 recensioni
― Io voglio… che tu resti… sempre… te stesso.
Forse eri troppo sfinito per renderti conto di quel che dicevi, ma mi piace pensare che, almeno per un momento, lo pensasti davvero.
Che, per quell’istante di pura follia, mentre una scheggia di spada viaggiava inesorabile verso il tuo cuore e il fuoco scoppiettava allegro grazie a poteri magici che non sapevi che avessi, tu abbia creduto davvero a quelle parole.
***
Un viaggio attraverso la storia di Arthur e Merlin. Le litigate,i dispetti, l'affetto che li ha sempre legati. Fino all'inevitabile fine.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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― La natura non ti ha dato qualche dono, Merlino?
― No. O forse sì! Io non sono né maleducato, né insensibile.
― Sei soltanto irritante.

 
Mi guardavi. Ti guardavo. Ci odiavamo per finta.
Tu mi stuzzicavi, prendendomi in giro e tirandomi dietro qualunque cosa ti capitasse tra le mani. Io scappavo, sorridendo dietro la maschera offesa.
Mi prendevi. Mi fermavo. Ci guardavamo in cagnesco.
Tu mi arruffavi i capelli col viso divertito, sussurrandomi parole sgarbate. Io mi divincolavo e tentavo invano di scacciarti.
 
― Sei una testa di fagiolo!
― Ehi, quel termine è mio!
― Sì, e ti si addice.

 
Poi ti allontanavi, l’espressione soddisfatta sul volto. Io ero costretto a seguirti, a darti del voi e chiederti se avessi sete.
In quei momenti, pieno di frustrazione come solo un ventenne può essere, quasi dimenticavo il perché ero lì. Poi tutto mi tornava in mente e salivo sul mio cavallo, seguendo docilmente il tuo.
 
― Ditemi una cosa: se è così bravo perché non affidate a lui il mio lavoro?
― Perché è così noioso! Non ho mai conosciuto nessuno noioso come lui! È stato un’ora intera a parlare dell’ottone!
 

Fingevi di non sopportarmi. Io fingevo altrettanto.
Mi affidavi lavori noiosi quando ero di fretta. Lucidavo l’armatura già splendente solo perché tu, da principe, avevi il potere di obbligarmi a farlo.
E allora perché siamo diventati amici?
Scherzavi, lo sapevo. Non sempre, ma spesso. Mi volevi bene, in un certo senso.
Eri affezionato a me, al tuo servo. Non lo avresti mai ammesso, ma lo eri.
E forse, sotto sotto, mi trovavi anche divertente.
 
― Sai, Merlino, io sono diverso da te. Non potrei mai farmi vedere così pauroso.
― Oh, io sono diverso. Non potrei mai farmi vedere senza un cuore. O senza cervello.
― No!
― O senza umorismo.
― Tu non sei divertente.
― Non avete paura?
― Oh, ce l’ho, Merlino. Forse anche più di te.

 
E poi arrivavano le confessioni.
Quei momenti, preceduti da qualche stupida battuta nei miei confronti, in cui un Arthur diverso usciva fuori. Era allora che comprendevo il senso della mia missione.
Lo comprendevo quando accanto a me non c’era più quel principe pieno di sé e interessato solo alla caccia del cervo (e del servo). Lo comprendevo quando vedevo qualcosa di diverso in te. Sentimenti umani, paura, gioia, amore.
Momenti brevi, ma che mi ripagavo di tutto il lavoro che facevo per te.
 
― Che c’è?
― Fa freddo qua, non lo senti?
― Ceeerto.
― Merlino, sei più coraggioso di quanto credessi.
― Davvero? Era un complimento?
― Non essere sciocco!

 
Come quella notte in cui eravamo a caccia di spiriti.
I morti, con il loro venticello e la paura della luce, ci circondavano. Invisibili, spaventosi come solo l’ignoto può essere.
Avevi paura, lo sentivo. Tremavi, battendo i denti come fossi immerso nella neve.
Solo che non c’era neve.
Ti scappò un complimento, e l’Arthur che conoscevo si fece vedere di nuovo, forte come non mai. Poi venne offuscato dal giovane beffardo che spesso eri.
 
― E’ la prima volta che succede. Non ho mai temuto la morte.
― Continuate a non temerla.
― Sai, a volte mi sorprendi.
― Non mi avete mai osservato bene.

 
Ti scappò anche qualcos’altro, quella notte. Un qualcosa che, probabilmente, non avevi mai detto a nessuno.
Perché, fondamentalmente, tu eri solo.
Solo come un ragazzo cresciuto con un padre re può esserlo. Solo ai confini dell’immaginabile. Solo in un castello affollato.
Sapevo come ti sentivi, lo provavo sulla mia pelle. Avere idee, essere qualcuno, e non poterlo mostrare. Non avere a chi dirlo.
 
― Dicono che l’ora più scura sia quella prima dell’alba.
― Adesso è molto scura. Ma finirà presto.
 

E io ti consolavo, quando potevo.
Non ti prendevo la mano, ovviamente. Qualche volta (molto, molto raramente) ti abbracciavo. Spesso ti lasciavo nel tuo cantuccio, e ti facevo compagnia parlandoti.
Parlando a vanvera, anche.
Eppure, ogni tanto riuscivo davvero a tirarti su di morale.
 
― Alcune volte sono sicuro di conoscerti. Altre volte…
― Oh, io conosco voi. Siete un grande guerriero. Un giorno, sarete un grande re.

 
 
Sapevo tanto su di te. Più di quanto tu sapessi su te stesso.
Sapevo cosa avresti fatto, chi saresti diventato.
Era bello, e allo stesso tempo immensamente spaventoso.
Tu, naturalmente, non capivi quando ti dicevo che saresti stato meglio di tuo padre. Non capivi quando ti confortavo. Ma, almeno, eri consapevole del mio affetto.
 
― Tu sei molto coraggioso. Se non sei in battaglia.
 

Mi ripagavi con burberi complimenti, tirati con le pinze dalla tua gola.
Mi dicevi che non ero poi così male, o così stupido.
Sai una cosa? Ero comunque contento.
 
― Non ho mai pensato che fossi un codardo. Anzi, ho sempre creduto fossi l’uomo più coraggioso che avessi mai conosciuto. Evidentemente mi sbagliavo.
 
Quando, quel giorno, dovetti lasciarti andare, fu come una pugnalata.
Per me, per te.
Io ero impaurito, schiacciato dalla profezia che ti vedeva già morto.
Tu eri deluso, oppresso dal senso di abbandono di quello che, sarcasticamente, era il tuo migliore amico. Io.
Stavamo entrambi male, ma nessuno lo disse.
Ci nascondemmo, come sempre, dietro le nostre maschere.
 
― Riuscirai mai a cambiare, Merlino?
― No, vi annoiereste.

 
Ma era quando mi dicevi di cambiare che, in fondo ai miei strati di vestiti logori, riuscivo a ridere con più gusto.
Già, cambiare. Cosa significava? Diventare bravo a lucidare la cotta di maglia, strofinarti gli stivali e affilarti la spada? Certo, per poi mandarti a morte.
Essere un bravo servitore per mandarti a morire?
Grazie, preferisco di no.
 
― Io voglio… che tu resti… sempre… te stesso.
 
Forse eri troppo sfinito per renderti conto di quel che dicevi, ma mi piace pensare che, almeno per un momento, lo pensasti davvero.
Che, per quell’istante di pura follia, mentre una scheggia di spada viaggiava inesorabile verso il tuo cuore e il fuoco scoppiettava allegro grazie a poteri magici che non sapevi che avessi, tu abbia creduto davvero a quelle parole.
Perché, in fondo, un pochino di bene me ne volevi anche tu, lo so.
Ed è questo che spinse le mie lacrime a scendere giù copiose mentre, con quella che fu l’ultima formula magica usata per te, la barca di legno scivolava leggera verso l’isola di Avalon.
No, non ho avuto il coraggio di bruciarti.
Sì, speravo che saresti riemerso in quell’istante, imprecandomi contro e nuotando a bracciate scomposte.
Non l’hai fatto.
Ho capito di averti perso.

 
I can’t lose him! He’s my friend!
 


N.d.A.: ok, questo è il primo risultato della mia depressione post-finale :(
Spero vi piaccia.
Le citazioni sono prese un po' da tutte le puntate, principalmente dalla 4x01 e dall'ultima *sigh-sogh*
Avrei voluto metterle tutte in inglese, ma molte non le ho trovate.
L'ultima, però, non potevo tradurla. Fa molto più effetto così.

P.S.: per chi proprio fosse totalmente ignorante in inglese, la traduzione è: "Non posso perderlo, è mio amico!"
  
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