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Autore: Rani_Ai    31/01/2008    3 recensioni
L’odore di sangue gli riempiva le narici. Dolce e seducente, sapeva di vita ma al contempo di morte. Lo aveva respirato tante volte, senza collegarvi nessun significato in particolare. Adesso provava terrore. Corse verso il letto e afferrò la donna agonizzante, urlò parole insensate, la scongiurò di non morire, cercò di tamponare la ferita con le mani. Agiva come un folle, senza un minimo di raziocinio, guidato dalla sua paura. Lei continuava a sussultare e a annaspare cercando di trovare ossigeno. L’abito bianco che indossava si stava tingendo di rosso, una chiazza più chiara, una più scura.
Genere: Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Goku
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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MURDERER

Era una sera tranquilla, una di quelle sere definite romantiche. Il cielo era rischiarato dalla luce diafana della luna, bianca e tonda. Gli alberi scuri si innalzavano verso quel pallido chiarore, cercando invano di beneficiare di quella luce fredda crudelmente negata. Il silenzio regnava interrotto ogni tanto dal canto vago di alcune cicale. Un uomo camminava con passi felpati,fendendo come una spada affilatissima l'aria tiepida serale. Aveva fretta di tornare a casa, un impellente bisogno di sentire sulla propria pelle il calore familiare che a lungo tempo non aveva potuto. Voleva riscoprire quegli odori che la sua piccola casetta gli offriva, inebriarsi di quelli che i suoi figli e sua moglie potevano regalare, sentire di nuovo quel senso di protezione stando tra le braccia di quella donna che gli aveva donato amore e comprensione senza pretendere nulla in cambio. Corse vedendo stagliarsi nell'oscurità l'abitazione e si sentì il cuore pieno di gioia, così pieno che a momenti scoppiava.
Suonò il campanello e attese fremente che qualcuno aprisse;si immaginava la faccia della persone che lo avrebbe accolto sull'uscio. Nessuno rispose o aprì, quindi ci riprovò, suonando più a lungo il campanello.
Abbandonò per un istante la porta per girare attorno alla casa: le luci erano accese. Doveva per forza esserci qualcuno. Pigiò di nuovo, sperando che questa volta ricevesse una risposta.
Nulla.
Un senso di inquietudine lo assalì bloccandogli il respiro. Decise di forzare la porta e di controllare se tutto andasse bene a casa sua. Nella dimora, nonostante le luci accese, non c'era segno di una qualunque presenza umana. La paura aumentava sempre di più, man mano che avanzava nei vari locali: cucina, sala da pranzo. Salì lentamente le scale, controllò le camere dei figli e il bagno non trovandovi nessuno. Infine giunse alla porta della sua stanza.
Il cuore cominciò a martellare furiosamente, scandendo ritmicamente il tempo, un groppo gli si formò alla gola. Non sapeva da dove provenisse quella sensazione di pericolo che lo imprigionava stretto soffocandolo. Il corpo gli si era impietrito impedendogli di girare la maniglia che teneva saldamente nella sua mano. Deglutì rumorosamente, una, due volte. Il suo naso captò un odore acre, dolciastro e stranamente familiare. Era un odore che sentiva spesso, troppo spesso nella sua quotidianità per esserne sconvolto.
Ma lui lo era.
Proveniva dalla sua stanza, la stanza che divideva con sua moglie. La spettatrice silenziosa e abituale di momenti felici, intimi o dolorosi. Seguitò ad annusare l'aria e la realizzazione lo colpì in pieno. Sangue. Perse il colorito e costrinse il corpo a obbedire ai suoi ordini. Aprì la porta. Quello che vide lo attecchì sul posto.
Sdraiata sul letto, c'era sua moglie in un mare di sangue e con un pugnale in mano. Rimase di ghiaccio per dei buoni minuti, o forse secondi, aveva perso totalmente la cognizione del tempo. Non sapeva come reagire, preso alla sprovvista com’era. Neanche nei suoi incubi peggiori si sarebbe immaginato una cosa del genere.
L’odore di sangue gli riempiva le narici. Dolce e seducente, sapeva di vita ma al contempo di morte. Lo aveva respirato tante volte, senza collegarvi nessun significato in particolare. Adesso provava terrore. Corse verso il letto e afferrò la donna agonizzante, urlò parole insensate, la scongiurò di non morire, cercò di tamponare la ferita con le mani. Agiva come un folle, senza un minimo di raziocinio, guidato dalla sua paura. Lei continuava a sussultare e a annaspare cercando di trovare ossigeno. L’abito bianco che indossava si stava tingendo di rosso, una chiazza più chiara, una più scura.
La tenne stretta a sé lasciando che quel liquido vitale lo sporcasse, che il suo odore infastidisse il suo apparato olfattivo, continuava a gemere e ripetere scongiuri in una serie di cantilena sommessa. Nel suo ultimo guizzo di vita, lei lo guardò.
Uno sguardo non amorevole, almeno se un tale sguardo è possibile lanciare se si è in fin di vita, né di perdono, ma uno sguardo freddo, pieno di odio, di accusa per averla indotta a commettere tale atto. Era uno sguardo che gli fece venire i brividi, un colpo di gelo improvviso che lo fece tremare come un bambino. La vide spirare tra le sue braccia con il volto contorto in quella smorfia di odio, il corpo afflosciarsi e gli occhi vitrei. Rimase a guardarla con un volto inespressivo senza capire veramente cos'era successo. Poi..
Morta.
Sua moglie era morta.
Non era la prima volte che aveva assistito alla fine di una vita, l’aveva anche provocata, ma mai come ora si era sentito così perso, così spaventato e incredulo. Guardò le proprie mani coperte di sangue e guardò anche il corpo della moglie. Il sangue spillava dalla ferita, continuando a sporcare il lenzuolo bianco.
Si sedette per terra, la testa fra le mani. Dai suoi occhi non sgorgava alcuna lacrima. Provava talmente dolore che era incapace di manifestarlo;scosse la testa e strinse i pugni.
Respirava affannosamente, i polmoni cementificati , una funzione del corpo così scontata gli pareva uno sforzo immane. Il suo cervello elaborava pensieri, cercava di capire il motivo di tale gesto, così drammatico ed inspiegabile. La sua Chichi, sempre così forte, aveva compiuto un atto che lui non si era mai aspettato; aveva sempre confidato nella sua forza d’animo: lei aveva sempre passato momenti difficili, mostrando fermezza e pazienza nell’affrontare tali situazioni.
Si chiese ancora il perché.
Rimase fermo nella sua postazione per parecchio tempo.
E capì che cosa aveva fatto lui. La presa di coscienza di ciò gli fece mancare il respiro, improvvisamente sentì la stanza stringersi, non poteva più starci, corse verso la finestra e la spalancò completamente respirando a pieni polmoni, dopodichè la scavalcò e prese il volo.
Scappava, scappava dalla realtà, preso da una codardia incredibile.
Infine giunse in un luogo isolato, una rupe dove si sdraiò e dove si lasciò prendere dal sonno.
Il suo sonno fu molto agitato.

Il sole era sorto da un bel pezzo quando si svegliò. Aveva una nausea terribile e anche fame ma non voleva mangiare. Il senso di colpa gli offuscava la mente spazzando via l’appetito.Non voleva alzarsi da quel luogo ma starsene lì fermo fino a diventare tutt’uno con la roccia ed essere dimenticato. Voleva che lo dimenticassero perché lui era un colpevole.
Era solo colpa sua se era morta, era lui, l’assassino. L'aveva indotto a farlo, l’aveva costretta a porre fine alla propria vita abbandonandola più volte e lei non si era difesa, aveva accettato la sua morte perché non avrebbe più sofferto una volta lontana da lui. Mai più. Annusò le proprie mani: era rimasto ancora l’odore del suo sangue. Sangue della propria moglie.
Dagli occhi scesero alcune lacrime: erano solo queste quelle che riusciva a versare.
Guardò il cielo, chiaro e beffardo, il suo cuore invece rinchiuso nell'oscurità e nel terrore. Si sdraiò di nuovo sulla roccia fredda, pregando che tutto fosse un'incubo da cui potesse risvegliarsi.

Due giorni dopo, stava sorvolando i monti Paoz. E lì, proprio sotto di lui, del fumo saliva alto nel cielo, per disperdersi nell'aria. Lo guardò, un groppo alla gola, le membra presero a tremare.
Distolse poi lo sguardo e volò via, lontano.
Non chiedo perdono, Chichi. Un'assassino non merita perdono.


Note: In Giappone secondo la tradizione buddhista il corpo del morto viene cremato. E' a questo che è riferito il fumo che Goku vede.
Il fatto che Goku riesca a percepire gli odori in modo così nitido non è casuale: in Dragonball Goku ha sempre usato il suo naso per annusare l'aria in cerca di qualcuno. Un'altra dimostrazione della sua capacità ci viene data nella puntata 44 di Dragonball intitolata "Pericolo in vista" dove Goku riesce a percepire il profumo di Bulma a grande distanza. Profumo che non era molto forte tant'è che il poliziotto, un umano, che lo aveva condotto alla capsule corporation non riesce a percepirlo neanche con Bulma a due palmi dal suo naso.
Ringrazio in anticipo chi leggerà e chi commenterà! Mi scuso anche nel caso ci siano degli errori!
Ai

  
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