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Autore: Arte_P    21/07/2013    2 recensioni
"E cosa mi vieta, adesso, di farti fuori?" chiese Mick, l'unico che non aveva rinfoderato l'arma. A casa, Kaori era riuscita a convincere i suoi amici ad ascoltare ciò che l'uomo aveva da dire, ma l'unico che sembrava duro d'orecchi era proprio l'americano. Da quando erano partiti quella mattina, continuava a ripetere che non appena quel tizio gliene avesse dato la possibilità, gli avrebbe sparato un colpo in testa.
"Lei signor Angel? A stento riesce a non far tremare la mano, mentre mi punta la sua Desert Eagle addosso. Conoscendo le lesioni che ha riportato in quel tragico incidente, potrei senza dubbio affermare che, sì, forse potrebbe ferirmi, ma di certo non riuscirebbe ad uccidermi" fece un sorriso di circostanza "Ora la prego, posi la sua arma e mi faccia parlare. Immagino che nessuno di voi voglia restare a lungo in mia presenza. Tanto prima potrò esporre il mio problema, tanto prima potrete andarvene"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori/Greta, Nuovo personaggio, Ryo Saeba/Hunter
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: City Hunter
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Sento la sveglia. Faccio una smorfia e allungo la mano per spegnerla. Resto qualche secondo ferma, poi mi giro dall'altra parte, dando la schiena a quel diabolico marchingegno. Abbraccio il cuscino e aspiro il mio stesso odore. Mi sento così bene, vorrei tanto continuare a dormire. Vorrei svegliarmi tardi, come quel pelandrone del mio socio. Piagnucolo da sola e mi metto a pancia all'aria. Guardo il soffitto bianco, inondato da quei pochi raggi del sole che filtrano dalle tapparelle. Mi stropiccio gli occhi e cerco da qualche parte, in me, la forza di alzarmi. Oggi è uno di quei giorni in cui vorrei poltrire tutto il giorno, fare come se non mi dovessi occupare di niente. Come se non avessi nessun pensiero per la mente...
Scatto a sedere, scosto il lenzuolo e decido di alzarmi. Basta un secondo di indecisione ed è la fine. Mi stiracchio e al contempo mi stropiccio gli occhi, sbadigliando. Mi gratto un prurito a una natica, spostando leggermente in alto l'orlo dei pantaloncini del pigiama. A piedi nudi, e continuando a sbadigliare, mi dirigo alla finestra e libero il sole dalla sua restrizione. Socchiudo gli occhi, accecati da tanta luce, e infine apro del tutto la finestra. Con ancora la voglia di vivere pari a quella di un verme, apro la porta e mi ritrovo in corridoio. Volto il viso in direzione della sua stanza. La porta è aperta, intravedo una gamba sotto il lenzuolo e sento quella sua tipica russata, molto nasale. Già me lo immagino con la faccia beata, sorridente, che sbava per chissà quale sogno erotico.
Scendo le scale e nel farlo mi godo il nostro salotto inondato dal sole del mattino. È così piacevole, da un senso di familiarità, di casa, di pace.
Entro in cucina, prendo il contenitore del caffè e lo verso nella caffettiera. Rimango in piedi, mentre osservo quel liquido ambrato riempire la brocca. Un dolce odore si fa spazio nelle narici. Appena vedo che ce n'è abbastanza, mi verso una tazza. Mi siedo al tavolo della cucina, sorseggiando e guardando fuori dalla finestra. Mi perdo a pensare alle cose che devo fare prima di mezzogiorno: prima di tutto una doccia per svegliarmi del tutto, poi faccio un salto a vedere se c'è qualche annuncio, dopo scappo da Miki a drogarmi di altro caffè e infine, tornando a casa, mi fermo a fare la spesa. Per l'ora di pranzo il 'brunch' sarà in tavola, così non dovrò sorbirmi Ryo che sbraita per del cibo.
Poso la tazza sul tavolo. Mi crogiolo ancora per qualche istante nel dolce far niente, ancora riluttante a svegliarmi del tutto e iniziare la giornata. In me c'è ancora quella voglia pazza di tornare in camera e gettarmi sul letto.
Aaah, basta. Mi alzo.

È estate e a Tokyo fa caldo. Molto caldo. Anche alle prime luci del mattino, dall'asfalto, sale un'afa terribile. Non si riesce neanche a respirare, meno male che di tanto in tanto, dalla baia, arriva qualche folata di vento fresco. Poi l'attimo passa e torni a sudare come prima.
Aggirandomi tra le vie, osservo la città svegliarsi: studentesse mattiniere che nelle loro divise camminano pigre. Negozianti che aprono le loro attività con un moto tale da ricordare delle api al lavoro. Donne con abiti succinti che con sguardo stanco, spento, traballano sui loro tacchi alti. Shinjuku si sta svegliando. Sta lasciando la notte alle spalle, come un amante dimenticato.
Entro nella stazione. Un getto di aria condizionata mi inonda, facendomi gelare i sudori. Mi percorre un brivido di godimento.
Mi lascio alle spalle la tranquillità delle viuzze. Qui è uno sciamare di uomini d'affari in giacca e cravatta, donne in tailleur, madri che portano i figli alle scuole, orde di studenti e ignari turisti. Mi compiaccio di questa vitalità, che non abbandona mai questa città.
Mi avvicino al tabellone sovrappensiero, quasi per abitudine. Durante l'estate non riceviamo mai richieste di lavoro. Sembra che anche la vita criminale si prenda una vacanza, che le coppie non bisticcino più, che le aziende non abbiano nessun tipo di problema di spionaggio interno. Nada. Quindi non c'è da stupirsi se guardo sbalordita quel 'XYZ' sulla lavagna, intralciando il passaggio alla gente. Dopo l'ennesima spinta, mi decido ad avvicinarmi e a leggere il messaggio: 'XYZ. Incontriamoci per cena al Baycity Hotel, ore 20:00. Abito obbligatorio. Firmato: Ryo Saeba.'
"Ma che diavolo..."

  
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