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Autore: bookworm_    21/07/2013    0 recensioni
Lucas St. Thomas, un quindicenne americano, comincia a frequentare il collegio in Ridley Street (Inghilterra) che vede Eric Latter come direttore. Insieme agli eventi della scuola gestita da una coppia sposata e da un professore di filosofia, Lucas vivrà la sua adolescenza tra i segreti del luogo e quelli personali.
E' più legato a quel luogo di quanto creda.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 
Il collegio in Ridley Street era un istituto come tanti altri.  Aspetto anonimo, pareti scure nei corridoi e chiare nei bagni. Un’enorme sala di ritrovo, dormitori troppo stretti, pasti orrendi. Entrava assolutamente nelle norme inglesi. Disperso in un’aperta strada di campagna, era l’unico edificio a distanza di chilometri, una struttura vittoriana, che poteva somigliare più alla casa di un ricco imprenditore che ad una scuola. Ogni mattina, la signorina Mellow portava la corriera, la spesa e il suo gran sorriso. Salutando Sally Steven e suo marito Ribert, dava un occhio materno agli studenti, prima di tornare in paese nel suo maggiolino bianco. 
Anita Mellow nel 2004 aveva quarantasette anni, non s’era mai sposata e alcuni spettegolavano che un uomo, nella sua vita, non lo avesse proprio mai avuto. Persino le ragazze al collegio ci ridevano su. Era una donna molto alta, con i capelli cotonati, un fisico a pera e una voce acuta, occhi spenti e un sorriso che nasconde il dolore della solitudine. Scriveva per un giornaletto in paese, aveva pochi amici e una casa molto piccola di fianco al negozio di Mortimer W. Louis. Di solito, i pomeriggi li passava con Cartum Novey, il ragazzo delle consegne. Ventunenne dal gradevole aspetto, riccioli castani ed occhi piccoli e vispi, riusciva a portargli quei pochi veri sorrisi della giornata. Sempre alle tre in punto, Anita si faceva portare su qualcosa, di solito un libro e, in un modo o nell’altro, lo faceva rimanere ore a farle compagnia. A lui non dispiaceva, odiava lavorare e passava le mattine dietro lo scaffale a fumare sigarette. Mortimer lo teneva con sé solo perché gliel’aveva chiesto il professor Latter, tutore del giovane dopo la morte prematura dei genitori, che lo avevano lasciato a soli due anni di vita.  Latter lavorava proprio al collegio e, da pochi anni, era diventato direttore, visto che Ribert non ne aveva più la voglia. Laureato in filosofia, dava tutto l’aspetto dell’uomo colto e saggio. In passato era stato sposato ed anche padre di una deliziosa bambina, ma poi, un giorno, sua moglie lo aveva abbandonato, portandosi via con sé la piccola Claire, che sperava almeno vantasse ancora il suo cognome. Gli unici veri amici che gli erano rimasti erano il negoziante Mortimer e James Novey, che dopo anni di scherzi e manfrine, aveva deciso di sistemarsi con una donna molto più giovane di lui. Alla morte del secondo, Eric Latter pianse lacrime amare, ma poi accettò la tutela del piccolo Cartum e lo crebbe come un secondo figlio fino ai sedici anni. A quell’età, dopo un’educazione casalinga nella dependance del collegio, Eric mandò Cartum a lavorare dall’unico amico ancora vivo, che accettò senza indugi di tenerlo con sé, dandogli una stanza dietro al negozio, un misero pasto e il minimo salariale.
La mattina del primo settembre, all’apertura del collegio, gli studenti cominciarono a riempire nuovamente i dormitori. Nell’ala destra della struttura, al secondo piano, nella stanza 23, Serena Ais, con un’espressione delusa, riponeva nei cassetti i suoi vestiti firmati. Aveva passato la solita estate nella casa al mare con sua madre e il suo nuovo compagno, che raramente si accorgevano della sua presenza.
Davanti la segreteria, John St. Thomas e suo figlio Lucas aspettavano che Sally terminasse la telefonata per poterli ricevere. Il primo era un’importante architetto americano, che aveva sentito parlare di questo posto da una sua conoscenza londinese, il secondo un quindicenne che aveva combinato un po’ troppi guai da meritarsi di finire la propria adolescenza in mezzo a delle mura vittoriane. 
Nessuno all’interno del collegio conosceva la vera età della signora Steven, ma tutti sapevano che suo marito aveva già compiuto settant’anni e che lei era più giovane di lui di almeno cinque anni. La vedevano come una donna discreta, occhialuta, di solito vestita di colori pastello. Era stata sempre molto materna e gentile con i ragazzi, pur non avendo mai avuto dei figli propri. Era risaputo che Ribert Steven era sterile per via di un brutto incidente avuto in gioventù. Non avevano neanche mai pensato di adottarne, avevano solo aperto nel 1979 un edificio scolastico destinato a diventare uno dei più ambiti dagli uomini ricchi per i propri figli. Li aveva aiutati il padre di Sally, Arthur Row, un ricco e famoso avvocato, che aveva un’ottima reputazione e molte conoscenze. Inizialmente era stato proprio quest’ultimo a rivestire la funzione di direttore, ma dopo la sua morte nel 1994, aveva lasciato le redini a Ribert, che le aveva prese con piacere per sette anni, prima di promuovere il professor Latter.
- Prego, entrate … - aveva annunciato Sally, al termine della telefonata.
La firma degli ultimi documenti e Lucas St. Thomas fu ufficialmente iscritto. L’idea non gli piaceva per niente. Lui stava bene a Orlando, in Florida, era felice. 
- Allora, Lucas … la tua stanza è nell’ala sinistra, la numero 37 al secondo piano - aggiunse Sally Steven con un sorriso.
Il figlio dell’architetto non era per niente brutto, un bel ragazzino. Alto per la sua età, portava i capelli biondi molto corti e gli occhi erano verdi, del colore del mare. Era magro e con le spalle larghe, un neo evidente sulla guancia destra, verso l’orecchio. All’apparenza, sembrava appena uscito da qualche pubblicità, ma la verità era che aveva un carattere molto chiuso ed era anche abbastanza scontroso.
Raggiunta la camera, si ritrovò davanti altri quattro ragazzi molto diversi tra loro. Quello che gli aveva aperto la porta diceva di chiamarsi Mark Shane, di frequentare l’ultimo anno e di essere uno studente modello, che la notte ha bisogno di dormire. Era una raccomandazione, forse.  Lucas vedeva solo un ragazzo con i capelli attaccati in testa e gli occhi troppo grandi. Il secondo a presentarsi fu Samuel Lawrence, che tenne a precisare la sua parentela con un’importante imprenditore chissà chi, di cui St. Thomas non aveva mai sentito parlare. Aggiunse che, se lo desiderava, avrebbe potuto chiamarlo “Sam”. Il terzo, seduto accanto alla finestra, era un ragazzo dai capelli rossi e gli occhi piccoli e castani. Indossava già la divisa, che gli andava palesemente troppo stretta per via dei suoi chili di troppo.
- Molto piacere, io sono Nick - disse, senza aggiungere altro.
Il quarto ed ultimo, ma non per importanza, fu Stuart Jones, un ragazzo molto magro e basso, o forse solo piccolo. Avrebbe potuto avere dodici o tredici anni, con scuri capelli a spazzolino ed enormi occhiali blu. Il suo nome era Christopher Miller.
- Il tuo accento non sembra inglese - aveva esordito Nick, mentre Lucas cominciava a sistemare i propri bagagli.
- Sì, infatti, sono americano, vengo dalla Florida, ma mia madre era inglese! -
- Era? - aveva chiesto spudoratamente Chris.
- Già, lei è morta qualche anno fa - non sembrò incupirsi, probabilmente era abituato a quel genere di domanda e sapeva bene cosa rispondere. Era sempre molto piatto con la voce, che era già pienamente da uomo. Sembrava fosse cresciuto troppo in fretta, chiunque gli avrebbe dato di più di quindici anni.
- Stasera c’è la festa per l’inizio dell’anno scolastico, anche se somiglia molto di più ad una grande cena con  i professori. E’ una noia mortale - disse Sam, cambiando discorso.
- Dopo la cena, Melissa ha organizzato una festa al dormitorio delle ragazze. Io non vado, domani voglio essere fresco per l’inizio delle lezioni - aveva proseguito Mark.
- Una festa? Nell’ala destra della scuola? Impossibile - continuò Sam.
- Perché è impossibile? - chiese Lucas.
- Vedi, amico, le ragazze in questa scuola, o almeno la maggior parte di loro, sono … come dire … con un’incredibile puzza sotto il naso! Ragazze ricche, viziate, santarelline, ce ne sono poche che hanno davvero voglia di divertirsi … -
- Beh, Melissa Bett è una di loro.. - s’era intromesso Mark - comunque Sammy, se t’interessa, dopo la cena, verso la mezza, raggiungi il dormitorio femminile -
Mark Shane era l’unico a chiamare Samuel con il diminutivo di Sammy. Si sentiva troppo superiore per avere solo qualche anno in più a lui.
Un po’ incredulo, Lawrence sembrava lo stesso elettrizzato e contava ovviamente sulla presenza del suo nuovo amico Lucas.
- Io non sono un tipo da feste -
- Guarda, che le ragazze qui sono viziate, ma ce ne sono alcune davvero belle.. al tuo anno, della tua età, c’è Serena che è davvero splendida -
- Non mi interessa trovarmi una ragazza -
- Come vuoi, capo! -
Lucas St. Thomas ne aveva conosciuti molti di Samuel Lawrence. Ragazzi popolari a scuola, con tanti amici, che frequentano tutte le feste. Ecco, era esattamente così, come il classico ragazzo americano rappresentato nei teen movies. Se fosse andato nella sua scuola, sarebbe stato il giocatore di football che esce con il capitano delle cheerleader. Un classico.  
Il biondino era arrivato con suo padre alle quattro del pomeriggio ed erano passate già due ore. Adesso, in camera, era solo. Disteso sul letto, osservava il soffitto pallido, munito di un lampadario che dava poca luce. La stanza era più grande della sua a Orlando, ma comunque piccola per la convivenza di cinque ragazzi. Era munita di letti, due scrivanie con computer, un grande armadio di legno e un tappeto sul pavimento, giusto per rendere l’aspetto più elegante. Di bagno ce n’era uno per piano in ogni ala. Gli sembrava quasi una prigione, anche se tutto era molto meglio della convivenza con suo padre. Lui era severo, rigido, voleva un figlio esattamente come era lui. Due persone diverse, però, non possono essere anche uguali e Lucas non voleva nemmeno essere come John, non ci sperava, non era un suo desiderio.
Alle 7:00 PM in punto Miss Tanfort suonò la campanella per l’invito alla cena. La sala di ritrovo, a differenza degli altri giorni, era stata abbellita da raffinate decorazioni e i tavoli della mensa vi erano stati spostati. Inizialmente, Sally aveva voluto unirli, ma poi la scenografia sarebbe stata troppo pacchiana ed aveva deciso di metterli sparsi per la stanza. Il menu era a buffet, l’unico giorno dell’anno in cui si mangiava qualcosa di decente. Dovevano fare  buona impressione ai nuovi alunni.  
Lucas si sedette al tavolo con Samuel dove erano già seduti altri due ragazzi.
- Mickey, questo è Lucas! Lucas, questo è Mickey! -
Micheal Warner era un sedicenne di media altezza con i capelli neri perennemente spettinati e gli occhi profondi. Era bello e con un fisico scolpito, il tipico ragazzo da copertina.
- Micheal, mi chiamo Micheal. E’ un piacere … - era famoso per non sorridere mai. Diceva di sembrare brutto quando sorrideva. Di certo le ragazze non gli sarebbero mancate.
Lucas, senza dire una parola, fece un cenno con la testa, poi rivolgendosi all’altro.
- Tu come ti chiami? -
- Io sono Nathan - rimase pensieroso per qualche secondo, prima di continuare con una certa curiosità  - che musica ascolti tu? -
- Niente in particolare -
- Nathan è un esperto in fatto di musica. Suona tutti i tipi di chitarra, il pianoforte e anche la tromba, mentre Michael canta, fanno una specie di duo … - disse Sam.
- Stare in camera con questo qui significa sentirsi gli U2 a palla tutto il giorno e tutta la notte - continuò Micheal Warner.
- Mi aiutano a concentrarmi … e anche a dormire! -
Sam abbassò il tono della voce, dicendo: - Voi venite alla festa di Melissa Bett stasera? -
In quel momento entrarono il direttore Latter e, come suo ospite, Cartum Novey.
Non si poteva dire che Eric Latter fosse brutto, ma era troppo vecchio per poter trovare una fiamma e scappare via. O almeno così andava dicendo in giro. Capelli grigi, occhi verdi, aveva poco più di sessant’anni. C’erano voci che presumevano una sua storia con Sally Steven, ma l’amore che la donna provava per il marito era più che evidente.
- Buonasera ragazzi! - esordì l’uomo, con un sorriso stampato in faccia.
Serena Ais, in un abitino blu un po’ troppo corto, sedeva di fianco a Sydney, quella che definiva la sua migliore amica. Serena era entrata al collegio all’età di cinque anni, subito dopo la separazione dei suoi genitori. Suo padre lo vedeva ancor meno di sua madre. E ce ne voleva.
Era una ragazza davvero carina. Boccoli castani contornavano un elegante viso a forma di cuore. Occhi grigio-azzurri le risplendevano nel chiaro volto pieno di lentiggini. Una bocca carnosa sotto un tenero naso all’insù. Fisicamente, era di statura medio-bassa, era magra, ma per niente scheletrica,aveva la carne ai punti giusti. Gran parte dei ragazzi della scuola, persino quelli più grandi, le andavano dietro. Lei, però, era fredda come il ghiaccio, quello che c’era nei suoi occhi.
Lucas la notò subito, seduta in maniera composta al tavolo vicino il camino spento. Tamburellava le dita affusolate sul tavolo.  Per un secondo, al ragazzo sembrò che lei lo guardasse dritto negli occhi per poi distogliere lo sguardo e non farsi notare. Stava parlando con la ragazza minuta che aveva di fianco di qualcosa che sembrava divertente.
 
  
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