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Autore: BlueWhatsername    21/07/2013    6 recensioni
'Che stramba coincidenza, no?
Tu te ne vai, qualcuno arriva.
All’inizio mi ci sono anche messa a ridere, proprio perché non mi andava di dargliela vinta al destino, perché mi sembrava davvero una cosa fantastica il perdere e l’acquistare qualcuno così, senza nemmeno tanto sforzo.'
**
Mi girava in testa da mesi, era ora che prendesse vita.
:)
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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N.B.
Ce l'avevo in testa da mesi abbondanti. Avevo già buttato giù qualcosa, ma mi faceva schifo. Così oggi ho ripreso il documento, ho cestinato quelle righe e l'ho ributtata giù in nemmeno un'ora.
Continuerò a piangere per il resto dei miei giorni.
Buona lettura :)








Ciao amore mio,
lo so che ti sembrerà strano che io ti stia scrivendo una lettera – quando poi odiavo scrivere, lo sai meglio di me – ma… Beh, non so.
Stamani sono salita in soffitta, per caso, quella soffitta polverosa e piena di ricordi, che tu dicevi sempre avresti voluto sistemare perché così i nostri bambini avrebbero potuto dormirci.
Ricordi?
Volevi metterci una libreria – a te piaceva leggere, sei sempre stato un dannato amante della carta, straccia e non – e anche una scrivania sotto la finestrelle tonda, quella che ti divertivi a chiamare ‘la via dei sogni’.
E poi, c’è ancora il lettino che avevi fatto portar su, a tutti i costi, ma che alla fin fine se n’è rimasto lì, inutilizzato.
La coperta blu – amavi quel colore, io lo odiavo, accidenti – se n’è rimasta piegata la sopra, sul baule che sta all’angolo in fondo, ricordi?
Il baule che ti sei portato dietro dal college, con tutta l’intenzione di svuotarlo, ma senza buttare niente.
Troppo pieno di ricordi, dicevi, troppo pieno di vita.
L’ho aperto, proprio stamani, così, per curiosità.
E ho trovato tutto com’era.
Beh, tu diresti che quando le cose non si smuovono, è inevitabile che si fossilizzino, ed io ribatterei che i discorsi così logici – ma stupidi – sono sempre stati il tuo forte.
C’era tutto, sai?
I libri, messi in pila, nell’angolo a destra, quello vicino alla parete.
Poi altri libri, nella pila all’angolo opposto.
E negli altri due angoli del baule, invece, ho trovato delle lettere.
Anche queste in ordine – eri una maniaco del controllo – e chiuse con un bel nastrino azzurro.
Le ho aperte, sedendo a gambe incrociate – e non credere che sia stato facile con questo mal di schiena che mi ritrovo, ok? – e ho preso a leggerle, pure se odio farlo, lo sai.
Quando diamine pensavi di dirmi che mi avevi scritto delle lettere che non mi avevi più spedito, eh?
Quando pensavi di dirmi che mi avevi sognata, senza che io ne sapessi nulla, che mi avevi immaginata in quell’abito verde – quello che ho messo per una sola festa al college, ma l’unica in cui mi hai vista – e che avevi, oltretutto, pensato di potermelo anche sfilare, a tuo piacimento?
Quando pensavi di dirmi che le hai datate, quelle lettere, apponendo su ognuna un luogo diverso, come se me le stessi scrivendo durante il viaggio che avresti sempre voluto fare e che fingevi di compiere nei post scriptum che allegavi alla fine di ogni foglio?
Quando pensavi di dirmi che hai sempre trovato assolutamente innaturali i miei occhi, perché troppo scuri e fondi, perché bellissimi – a detta tua – ma troppo espressivi?
Non mi hai mai detto niente, ho dovuto scoprirlo leggendo delle stupide lettere.
E come se non bastasse, al centro esatto del baule c’erano dei vestiti.
Tante pile di jeans e magliette, di quelle che ti sei sempre comprato a valanghe, ma che non hai mai messo, poi c’erano anche un album da disegno e qualche carboncino, e, da copione immancabile, anche la custodia con i tuoi occhiali.
Quelli che indossavi sempre per leggere, ricordi?
Poi hai smesso perché a volte ti mettevi quelle odiose lenti a contatto, ma ricordo che all’inizio li indossavi sempre.
Che poi, cosa stupida, quando ti chiedevo se avresti letto per i nostri bambini, tu mi dicevi sempre che, senza dubbio, avrebbero ripreso da te e sarebbero nati già in grado di farlo.
Beh, non so come sia questo qua che sento muovere adesso, ma ti assicuro che ha davvero tanta energia, mi ricorda te quando per caso ti addormentavi sul divano e poi ti agitavi nel sonno, rischiando di cadere sul pavimento – come se non fosse mai successo, poi.
A questo punto, non so per cosa si agiti questo bambino, ma spero tanto che non si faccia troppo male a rotolarsi nella mia pancia.
Che pensieri stupidi, perdonami, se fossi qui con me mi diresti senza dubbio che i ragionamenti logici non sono mai stati il mio forte.
Erano il tuo, no?
D’accordo, allora spiegami perché la mattina mi sveglio sempre con questo mal di schiena orrendo, perché sono sempre stanca, perché posso stare anche giorni senza poter mangiare nulla – ma giusto perché anche solo l’odore di cibo mi fa correre in bagno a vomitare pure l’anima – e perché poi ci sono settimane in cui divoro anche il commesso del supermercato.
Insomma, spiegamelo, perché il semplice responso del medico ‘Signora, lei è incinta’ non mi basta proprio.
Non mi basta più.
Non mi basta niente, se non ci sei tu, è questo il problema.
Sono solo poche settimane, sai? Nove, forse dieci, nemmeno il medico ne è sicuro.
Che poi è più o meno il momento in cui te ne sei andato tu.
Che stramba coincidenza, no?
Tu te ne vai, qualcuno arriva.
All’inizio mi ci sono anche messa a ridere, proprio perché non mi andava di dargliela vinta al destino, perché mi sembrava davvero una cosa fantastica il perdere e l’acquistare qualcuno così, senza nemmeno tanto sforzo.
E senza che nemmeno potessi dirtelo, poi.
Beh, ora ho trovato il modo, vedi?
Ho perso ore a guardare la tua foto chiedendomi come – che cosa stupida – e quando fosse accaduto, in che momento esatto, se… Beh, mi sono chiesta, scioccamente, dove potessimo averlo concepito, un bambino.
Che scemenza, voglio dire, io e te… Chi siamo noi per poter dare la vita a qualcun altro?
Non credi sia una cosa fantastica?
Insomma, la grandezza del mondo sta tutta qua, tutta in pochi semplici attimi in cui il cervello si spegne e batte solo il cuore e si è uniti per sempre, si vorrebbe rimanere così per sempre – correggimi se sbaglio, ma so che non lo farai mai, sei sempre stato pronto ad ascoltarmi, dopotutto.
In un momento assurdo, ho creduto che fosse stato concepito quando abbiamo fatto l’amore la sera prima che ti perdessi.
Ricordi?
Io sì, come fosse ieri, pure se è passato qualche mese.
Tu eri tornato a casa stanco, i tuoi occhi nemmeno brillavano come al solito – che poi io con le parole, scritte o orali che fossero non sono mai stata brava, sei sempre stato tu quello che faceva quadrare i discorsi! – ed io avevo solo la voglia matta di abbracciarti – avevo avuto una discussione con Kelly, ricordi? Che, per carità, è un ottima amica, solo un po’ cocciuta ed irriverente.
Io ce l’avevo davvero quella voglia, di rifugiarmi in te, di reclamare il tuo abbraccio stanco sul divano, di reclamare il tuo bacio serale, quello che scaricava la tensione e mi mostrava sempre il mondo sotto una luce nuova, anche migliore di quella della sera prima.
E tu invece eri stanco, scocciato, quasi stentavi a toccarmi.
Vedevo il terrore nei tuoi occhi, la paura pura, come un presentimento di ghiaccio, che attanagliava quel tuo cuore, sempre stato troppo grande e troppo pulsante.
Avevi ragione ad aver paura, non posso darti torto, ora.
Ricordi cosa mi dicesti quando mi vedesti uscire dalla cucina, con la mia tazza di tè in mano?
‘Scusami se non ti ho detto abbastanza di amarti’
Ti sei scusato con me, pure se non ce n’era bisogno.
Che presentimento avevi, eh?
Ho pianto, quando sono salita in camera, lo sai?
Certo che lo sai, perché quando poi sei salito anche tu, mi hai trovata davanti allo specchio a pettinarmi mentre fingevo di stare bene.
Poi mi hai preso per mani e mi hai condotta sul letto, fare l’amore non è mai stato così facile come quella volta.
Che poi, a sentirlo raccontare da me, sembra un gran romanzo, tutto questo.
Ecco perché all’inizio credevo che questo bambino fosse stato concepito quella volta, perché… Tutto è stato così spontaneo e imprevedibile, pure se l’amore lo avevamo fatto talmente tante volte, prima, da perderne quasi il conto.
E poi, invece, riflettendo, sono arrivata alla conclusione che lo abbiamo concepito altrove, sai?
Ti sembrerà scemo mettermi a pensare a dove sia stato fatto un figlio, ma, beh… Per me non lo è.
Non ora almeno.
Non ora, visto che ogni cosa che posso associare a lui, sarà poi associabile anche a te.
Ed io ho bisogno di te più che mai, adesso, pure se non si può più.
Sai cosa ha concluso, appunto?
Lo abbiamo concepito qualche settimana prima, invece.
Davanti al fuoco, quando ci siamo seduti a terra perché tu volevi leggermi quel passo famoso del libro di non so chi.
Ricordi?
Eravamo seduti con la schiena al divano, le mie gambe stese a malapena arrivavano alla tua caviglia ed il tuo braccio che mi circondava le spalle non mi era mai sembrato tanto caldo e rassicurante.
Che scusa stupida quella di dirti che avevi la camicia allacciata male, e che scusa ancora più stupida il dirmi che i miei capelli non stavano mai al loro posto e che per questo ti costringevano a spostarmeli indietro.
Davvero, che scusa stupida il dire che se avessi continuare a guardarmi in quel modo non avremmo mai finito di leggere quel passo – quando poi a me nemmeno piace leggere, lo sai.
Perché quando mi hai guardata dritta negli occhi, quando mi hai sfiorato la guancia con la mano libera, quando ho sentito il tonfo del libro lasciato cadere combaciare alla perfezione con quello del mio cuore, lì ho capito che avrei potuto inventarmi altre centomila di scusa, ma che nessuna sarebbe valsa per starti davvero lontano.
Anche se condividevamo un matrimonio, un letto, una casa, un qualcosa, quella volta mi resi conto che condividevamo noi stessi, che ci appartenevamo più di un semplice ‘ti amo’ o di un ‘buongiorno’ sussurrato all’orecchio.
Capii che potevano farmi tutto, nella vita, tutto, qualsiasi cosa, ma mai avrebbero dovuto separarmi da te, mai avrebbero dovuto impedirmi di abbracciarti, stringerti al mio petto, dirti che ti volevo, che avevo bisogno di te e di sentirti sempre, come una necessità animale e quasi incontrollata, mai avrebbero dovuto dirmi che tu non eri un bene per me, perché sei stato la mia salvezza e la mia gioia sconfinata, sei stato ogni cosa, sei stato ogni emozione, sei stato colui che mi ha anche dato tutto.
Mi hai completata, in ogni senso, e quindi dirmi che dovevamo separarci non avrebbe avuto senso.
Ecco perché penso che lo abbiamo concepito quella volta, questo bambino, perché lui ci lega, lui è il risultato di un qualcosa di più potente che nemmeno ci spieghiamo, perché quando lo guarderò, saprò di guardare te.
Spero di guardare te.
 (E se ci hai fatto caso, ho scritto finora quante più cose stupide e romantiche e sciocche potessi fare, ma è quel che penso quando la mia mente vaga verso di te, e quindi, non so, potrei aggiungerne altre svariate centinaia, ma non lo farò solo perché devo continuare questa lettera, come ben vedi.)
Vorrei che avesse i tuoi occhi, sai?
I miei sono davvero troppo comuni, no?
Scurissimi, forse anche anonimi.
Ma se avesse i tuoi occhi, penso che potrei mettermi a urlare dalla gioia.
E vorrei che avesse tante altre cose di te, sai?
Il tuo sorriso, sarebbe splendido vederlo sorridere come facevi tu, anche per caso, rischiando di farmi rimanere senza fiato.
Poi la tua forza, e il tuo modo di non abbatterti.
E la tua simpatia, anche la pignoleria, quando ti impuntavi a mettere i libri in ordine e controllavi che ogni copertina stesse al suo giusto posto, o la tua spavalderia, come quella di quando mi hai baciata la prima volta.
Sempre al college, ricordi?
Lezione di filosofia, eravamo appena usciti e tu mi hai chiesto se volessi andare a pranzo col più bravo della classe.
E quando io ti ho sorriso, tu mi hai baciata, nemmeno fosse stata una cosa abituale per te.
Ma sapevi che lo sarebbe diventata, giusto?
Tu hai sempre saputo tutto, è questo il bello.
Me lo ricordo ancora, il primo bacio, me lo ricordo perché ho tenuto un sorriso idiota per giorni, e non facevo altro che fare disegnini sciocchi sui libri, e mi perdevo a pensarti, al modo in cui leggevi, concentrato, in biblioteca, al modo in cui i capelli ti finivano sempre sulla fronte, al modo che avevi di fissarmi e che mi faceva arrossire – specie dopo che le mie labbra avevano assaggiato le tue – e, soprattutto, al modo in cui mi chiedevi sempre di farmi amare.
Pensavi che non lo volessi?
Che non volessi stare con te, che non volessi che tu mi amassi?
Davvero lo pensavi?
Come potevi?
Così forte, ma così insicuro, quando poi eri il primo che incoraggiava gli altri.
Sempre e comunque.
Me per prima.
Non ho mai dimenticato quando abbiamo comprato questa casa ed io avevo mille dubbi sul fatto che non ce l’avremmo mai fatta e che, beh, poteva accadere qualsiasi cosa, e che tutto sarebbe potuto andare in malora con un solo sbaglio e… Tu mi hai solo sorriso.
Mi hai sorriso, mi hai abbracciata, mi hai baciata, ed hai detto solo che mi amavi.
Occhi negli occhi, mi hai detto che mi amavi.
Ho sempre amato il tuo modo di dirlo, la sicurezza che ne trapelava.
Eri la mia roccia, il mio sostegno, ed ora devo sostenermi da sola.
Devo sostenerci da sola, meglio.
A proposito, sai che altro c’era in quel baule?
Una foto nostra, nemmeno ricordavo d’averla mai vista scattare.
Diciamo che è carina, tu sorridi all’obiettivo ed io sorrido a te.
Io ho i capelli un po’ più corti di ora, e sono anche più scuri, forse è colpa della luce e anche del fatto che lì erano legati mollemente con un nastro.
I tuoi, invece, sono quelli di sempre.
Ma tu sei sempre stato tu, senza nemmeno starci a pensare.
Ah, lo sai che a volte mi pare di sentirlo scalciare?
Lo so che è presto, me lo ha detto anche il medico, ma… Beh, a me sembra che si muova con tutte le sue forze, anche se piccino, e che faccia di tutto per farsi notare.
Anche per questo penso – e spero – che ti somiglierà tantissimo.
Lo so che sono ripetitiva e l’ho già detto, ma… Vorrei che fosse davvero così.
Che poi, chissà se sarà un bambino o una bambina.
Sai, penso di essere leggermente ossessionata da questa cosa, ma dopotutto credo sia normale, qualsiasi donna è interessata a ciò che porta in grembo, specie se è la prima volta che capita.
Sono emozionata, sai?
Lo sei anche tu?
Io so di sì.
Me lo sento.
Perché è come se potessi leggere l’emozione nel tuo sguardo, come se vedessi il tuo sorriso e sentissi le tue labbra sul mio ventre – perché so che lo baceresti, con delicatezza, temendo di potermi fare male.
O di farne a lui.
Se fossi stato con me, quando l’ho scoperto, mi avresti vista piangere e poi ridere, ingoiare il mio orgoglio e nascondermi da tutti.
Il letto è grande, immenso senza di te.
La cucina è troppo silenziosa, e molto meno ordinata.
La soffitta è più impolverata, e mi mette paura se so che tu non sei con me a impedirmi di inciampare ogni mezzo passo.
I miei mal di testa sono più insistenti, i mal di schiena massacranti, ed il mio appetito sembra sparire per poi tornare quadruplicato.
Non mi è mai piaciuta la carne, lo sai, ma il medico mi ha imposto di mangiarla.
E mi ha imposto anche di non stancarmi, sforzarmi o arrabbiarmi.
Ma con chi dovrei arrabbiarmi se tu non ci sei?
Con chi?
Con chi comincio a lamentarmi di ciò che non mi sta bene se nessuno torna da me, a fine giornata?
Con chi piango, e urlo e scalpito per le mie insopportabili prese di posizione?
Con chi mi comporto da testarda ed irriverente?
Da chi mi faccio sgridare e poi coccolare?
Chi bacio, accarezzo, amo?
Vedi, a sentirmi parlare sembro solo un’egoista insensibile.
Sembra che io non pensi a quanto tu possa stare male, per questo, sembra quasi che ti abbia già dimenticato.
Oh, il problema sta proprio nel fatto che non si potrebbe.
Se resisto, fondamentalmente, è solo per questo bambino che sento crescere in me.
Se non divento un’egoista senza sentimenti e pronta a chiudere le porte al mondo, è solo perché sento che ho qualcosa per cui ancora lottare.
Si sta muovendo anche adesso, lo sento, mi fa quasi il solletico, mi viene solo da pensare che fra qualche mese diventerà incontrollabile.
Ed il pensiero del tuo sorriso, nel leggere queste poche righe, mi fa tremare le ginocchia.
Come il primo bacio.
Come la prima volta che facemmo l’amore, con la pioggia sui vetri ed il silenzio smorzato dai sospiri e dai battiti furiosi di due cuori troppo scapestrati per non capirsi al volo.
Come ogni volta che mi guardavi.
A volte mi sento un cadavere.
Un cadavere che dà la vita a qualcun altro, strano no?
Come se fossi morta ogni giorno, aspettando di rivederti.
Aspettando i tuoi passi, sulla porta, o sentirmi chiamare con quel tono stanco ma rassicurante.
E se sospetti che io non possa amarti, ti sbagli.
Penso d’averti amato per tanto, troppo tempo, forse un centinaio d’anni, prima ancora di nascere e conoscerti, io già ti amavo.
Non so come sia possibile, ma mi sento che è così.
Sento che ti amerò anche per altri cento, se necessario, e ti aspetterò per altri cento ancora, pronta dietro la porta a ricevere il tuo abbraccio.
Ti aspetterò insieme a questo bambino, che molto probabilmente si divertirebbe a farsi fare il solletico da te, o anche a lasciarsi coccolare, mentre gli leggi qualcosa.
Sei l’amore della mia vita, no?
Ti amo, Zayn.
 
 
P.s.: ai telegiornali dicono che questa guerra durerà ancora a lungo, forse non finirà mai, ma io non smetto di credere che tornerai. Tu devi. E spero che la lettera ti giunga. Ti amo, ancora e per sempre.



' I have died everyday waiting for you,
darling don't be afraid, I have loved you
for a thousand years,
I love you for a thousand more... '







Spazio autrice.

Pensavate fosse morto, eh? Lol.
Invece no, è solo in guerra, e lei gli scrive una lettera che forse non gli giungerà mai.
Continuo a piangere, scusatemi.
Forse mi riprendo con 'Veronica', e quel suo video demenziale? LOL.
Love you.
Blue.
(Visto che non posto da una vita, mi ci voleva questa OS. <3 )

  
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