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Autore: Perrysguitars    22/07/2013    5 recensioni
[http://it.wikipedia.org/wiki/Pierce_the_Veil]|Kellic| " Si guardarono negli occhi, come se tutto il resto fosse un muro bianco, come se le loro iridi fossero gli unici quadri di una mostra, i protagonisti di una commedia o degli uccelli neri nel cielo azzurro. "
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Vic Fuentes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The author.
Prima di tutto, ti ringrazio davvero per aver aperto questa One Shot. E’ davvero, davvero tenera e sdolcinata.
Come tutti, sarei seriamente
felicissima di una recensione, anche delle critiche, migliorerò almeno c:
Detto questo, mi scuso in anticipo per eventuali errori ma nessuno poteva farmi da beta :c
Spero davvero che vi piaccia perché mi sono impegnata molto ( tre giorni cazzo ewe ) .
Buona lettura! xx

* * * 

L’alba era passata, rosata come sempre in quel periodo, e loro l’avevano vista e assaporata insieme, mangiando i cornetti alla crema, i preferiti di Victor; Kells lo conosceva bene e avrebbe fatto di tutto per il messicano. Mezzogiorno era ormai trascorso e loro, tra una risata e l’altra, tra un panino e un frutto, tra un abbraccio e uno sguardo un po’ azzardato,  avevano visto il cielo completamente bianco per via della luce solare. Il pomeriggio lo avevano vissuto insieme, ed era stato un momento meraviglioso, quando Vic, stupito, prese la mano al suo migliore amico e indicò con l’altra un bellissimo arcobaleno carico e gigantesco, che contornava tutta la montagna. Il più giovane a quel tocco trasalì, ma non lo diede a vedere, il suo amico era semplicemente un migliore amico, vero? Diciamo un migliore amico fino a quel momento. Perché lì Kellin decise che giorno migliore non ci poteva essere per quello che voleva fare, non poteva esserci giornata più adatta del 10 febbraio. Il compleanno di  Victor. Avevano trascorso un’intera giornata, una magnifica giornata, e adesso Kells doveva farlo. Lo voleva da anni ormai. Lo desiderava da mesi e mesi, lo sognava dal primo giorno in cui il grigio incontrò il marrone. Lo pensava, pianificava quella sera da tre settimane ormai, era tutto perfetto. Tutto tranne Kellin. Lui era un mare di preoccupazioni, dubbi, ripensamenti, ma era comunque deciso di ciò che stava per fare. Quel piano doveva essere attuato, seppur tremando, seppur piangendo, seppur sotto la pioggia, seppur dimenticandosi ogni cosa. Era il suo momento, il loro momento.
Il sole ormai era tramontato fra le nuvole tendenti all’arancio, con quella fievole brezza che ti avverte che la primavera sta arrivando, ma che è comunque ancora tempo di felpe pesanti e berretti. I due ragazzi erano sdraiati sotto le centinaia di stelle che illuminavano il cielo nero della notte, Kellin, senza farsi vedere troppo, si godeva la visuale : Vic, il suo amore platonico, il suo primo vero amore, quell’amore che ti strazia dentro tanto quanto ti riempie, che guardava il cielo sorridendo, contento e soddisfatto del suo compleanno, anche se fuori dalle abitudini. Tutti sapevano che avrebbe preferito o che, comunque, si aspettava una grande festa, quelle serate che tra alcool, fumo e ragazze sarebbero state dimenticate la mattina seguente. Ricordate solo dai filtri sparsi sul pavimento, dalle bottiglie rotte e dai preservativi che accompagnavano i sacchetti per il vomito. Erano 12 anni che trascorreva la notte del 10 febbraio in quel modo, ma quest’anno Quinn aveva voluto dare una svolta alle cose, cambiare l’abitudine e voleva farlo diventare il giorno migliore della vita di entrambi. Fino alla sera prima ne era convinto, ma adesso le paranoie e le preoccupazioni avevano la meglio su di lui. Il battito del suo cuore assomigliava tanto ad una corsa ippica, nel suo stomaco non vivevano solo farfalle, un intero zoo lo abitava, le mani sudate, la testa che girava, gli occhi che bruciavano. Era un ragazzo tremendamente emotivo; forse veniva dal fatto che Kellin fosse gay dal primo capello alle punte dei piedi. Nessun coming out, nessuna rivelazione, perché non ce n’era bisogno per saperlo. Invece Vic gli aveva confessato la notte di Halloween di due anni fa che era bisessuale da ormai tre lunghi anni. Ma di lui nessuno aveva mai avuto dubbi riguardo la sua sessualità, alle feste non si faceva scappare nessuna ragazza “dai pochi vestiti”, e poi le sue relazioni ne erano state la conferma. Eppure a lui ispiravano anche i ragazzi, a quanto pareva. Al pensiero di quella confessione Kellin si tranquillizzò.
I sassi davano un fottuto fastidio anche se a separarli c’era una coperta, ma era una misera coperta di lana. “Queste merde di sassi hanno rotto i coglioni.“ Pensò Quinn, quindi si mise a sedere.
< Ehi, che fai Kells? > Perché il suo soprannome suonava così fottutamente bene detto da lui?
< I sassi, la brina..> doveva sembrare convincente, ma dalla risposta di Victor sembrava tutt’altro che convincente.
Mentre Fuentes si alzava alla stessa altezza di Quinn, cominciò a parlare.
< Senti, se c’è qualcosa che non va, se oggi magari ti aspettavi qualcosa di diverso, se non sono stato all’altezza delle aspettative, se non sono come vorresti, ti chiedo scusa. >
Kellin sbarrò gli occhi, come poteva pensare delle cose simili? Subito le sue guance presero colore, se prima il battito del suo cuore era una corsa ippica, adesso sembrava tanto Matt Nicholls durante Pray for plagues.
< Non..Vic..cosa cazzo vai a pensare? E’ il tuo compleanno..quelle cose le avrei dovute dire io. Ti chiedo io scusa se ho rovinato il tuo giorno, se preferivi seguire le abitudini…e io…io non ero una scelta alla stessa altezza dei party che vuoi tu e..> Victor lo fermò, gli mise l’indice sulle labbra per farlo smettere e Kells rabbrividì. Come poteva un ragazzo fargli quell’effetto? Fargli provare tante emozioni? Dopo qualche secondo il giovane sorrise. Il suo amore gli stava toccando le labbra, seppur con la mano, gliele stava toccando. E quel tocco lo fece andare in paradiso.
Il silenzio era durato troppo a lungo, Fuentes prese le redini del discorso perché Kellin, beh Kells si era dimenticato di tutto.
< Sinceramente dovrei solo ringraziarti per avermi salvato dalla festa, davvero> Vic rise leggermente. Kellin non si sentiva più lo stomaco.
< …non avrei mai immaginato che passare la giornata in un parco sarebbe stato così emozionante. > e sorrise ancora. Lo stomaco di Kellin era scomparso ormai.
< …Onestamente pensavo che ora di sera avrei avuto un sonno incredibile, sai? La tua idea di svegliarmi a mezzanotte per farmi gli auguri all’inizio mi ha preoccupato. Soprattutto perché ti sei presentato in camera mia come un ladro Kells! Avrei potuto ucciderti! >
A ridere adesso però era Quinn, che si era liberato dall’indice del messicano prendendogli la mano e tenendola stretta fra le sue.
< Ho corso il pericolo Victor, in fondo come potevo perdermi l’onore di farti gli auguri per primo? Ma soprattutto, come potevo perdermi la tua faccia appena sveglio a mezzanotte? >
A ricordare la sua espressione il moro scoppiò in una risata. E Victor che altro poteva fare se non sorridergli come un ebete?
Kellin smettendo di ridere continuò il dialogo.
< Se hai sonno posso..riportarti a casa, se vuoi. > Era un po’ deluso, doveva essere la grande serata per loro.
< No, assolutamente. Voglio rimanere fino a mezzanotte. Questo è il nostro giorno. >
“ Io lo amo. Lo amo tantissimo; deve saperlo.” Kellin era convinto, ora.
< Nostro giorno.. > sussurrò.
< Che ti prende, amico? > “amico..”
< Da tanto pensavo a questa serata, al fatto che tu dicessi ‘è il nostro giorno’ e…e adesso l’hai detto. Ma io lo intendevo leggermente diverso il concetto di ‘nostro’. >
< Dovresti spiegarti meglio Kells. > Adorava quando lo chiamava così. Si rigirò le mani in mano, sudate.
Aveva lasciato quella di Vic, non voleva fargli sentire la sua agitazione. Quinn prese dei respiri lunghi e profondi. Guardò in alto, non era il momento di piangere.
Fuentes gli ridiede la mano e lo incoraggiò a parlare.
< Alzati in piedi. >
< Come scusa? > Chiese Vincent, alquanto stupito.
< Non è difficile, devi alzarti in piedi. >
Vic ancora scosso si alzò e si pulì la felpa arcobaleno che indossava.
Kellin si mise più alto, si inginocchiò come un principe davanti alla sua principessa, e per lui era questo.
< So che sto per fare una cazzata, ma è da quattro anni che lo tengo dentro. >
< Tieni dentro cosa? >
< Per favore, Vic, stai zitto. Già è difficile per me, se mi fai sentire la tua voce vado in completa confusione. E poi ho molte cose da dirti. >
Il messicano abbassò la testa, ma quando Quinn iniziò a parlare si guardarono negli occhi, come se tutto il resto fosse un muro bianco, come se le loro iridi fossero gli unici quadri di una mostra, i protagonisti di una commedia o degli uccelli neri nel cielo azzurro.
< Ho pensato a lungo a come dirtelo, a come arrivare all’argomento, ma credo che i giri di parole siano cose del tutto inutili. Però vorrei solo farti un’introduzione, se così posso chiamarla, di quello che sto per…confessare. A te va bene? Non vorrei che ti addormentassi davvero. > Kells sorrise leggermente, Vic lo guardava come stregato, dopo poco annuì con la testa.
< Certo, parla pure, mi piace la tua voce. >
Kellin mostrò tutti i denti mentre sorrideva arrossendo, Vic era così dolce.
< Ci conosciamo da molto, siamo amici da tantissimo tempo Vic e ho sempre amato il nostro legame. Uno c’era per l’altro e viceversa. Oh che discorso pietoso, ma adesso arriva la parte migliore…Quattro anni fa, mi alzai una mattina, era un giorno come gli altri. Quel giorno ci siamo incontrati come spesso facevamo, una “giornata tra amici”. Forse per il sole, o forse no, nei tuoi occhi c’era qualcosa di meraviglioso che prima non c’era. Mi rapivano, Fuentes, ero prigioniero dei tuoi occhi. E poi hai sorriso e sei scoppiato a ridere, a parole non riuscirò mai a spiegare cos’è successo nel mio stomaco, nel mio cervello, nel mio cuore. Da quel giorno, ogni volta che sorridi, che mi guardi, che mi parli è come quattro anni fa. >
Vic sorrise con gli occhi che brillavano.
< Vincent non sei divertente, so che stai sorridendo apposta > Kellin rise, timidamente.
< Con queste parole, Kells, come faccio a non sorridere? > Il messicano rispose, ovviamente senza smettere di avere un’espressione da ebete stampata in viso.
< Nessuno te lo vieta, Vic. Anzi, se fosse per me lo potresti fare per il resto della tua vita. Quel sorriso è come una fiaba, per me, mi incanta. Quando i tuoi occhi incontrano il mio sguardo, è come se fossi un naufrago che è appena partito con una zattera nell’oceano. >
< Tutto questo mi porterà al diabete. > Fuentes rise.
< Tranquillo, è solo l’inizio. > Kellin si unì alla risata dell’ “amico”.
Poi Quinn divenne serio e con lui anche lo sguardo del messicano.
< Non volevo dilungarmi così tanto. Ma se non si fosse capito, Victor Vincent Fuentes sono follemente innamorato perso di te da quattro fottuti anni. E sono qui a dirtelo perché non riesco più a sopportare le scene di te e qualche ragazza che vi baciate, non reggo più le tue relazioni, cazzo sono fottutamente geloso Vic. Un ragazzo, o qualsiasi altro umano, non può tenersi dentro così tante emozioni per troppo tempo. Ma la cosa più importante, Fuentes, non riesco più a sopportare te che mi chiami ‘amico’. >
Kellin si era liberato di un peso che lo tormentava da troppi giorni, mesi, anni.
Adesso si sentiva come leggero, non aveva più dentro quel grande segreto. Era sollevato e la cosa lo stava facendo sentire meglio. Gli occhi lucidi non tardarono ad arrivare, però.
< Kellin..io non...cioè, intendo…> Vic era stupito, non avrebbe mai immaginato che il suo Kells provasse tutto quello per lui.
Fuentes non sorrideva, non faceva nulla. Voleva parlare, ma nessun suono usciva dalla sua bocca e sinceramente non sapeva nemmeno cosa potesse dire.
Kellin lo guardava, lo fissò per quattro interminabili minuti, poi spostò lo sguardo sulle sue scarpe. Si alzò in piedi e guardò negli occhi il suo amore.
Si avvicinò lentamente e gli lascò un leggero bacio sulla punta del naso. Così avrebbe potuto dire a se stesso ‘ci sono andato vicino’.
I loro movimenti erano come al rallentatore.
Kells si allontanò.
< Non avrei dovuto farlo. Scusami davvero Victor, ti ho rovinato la giornata e non solo, spero tu possa perdonarmi un giorno. >
Il giovane prese il suo cappello dal prato, si girò e si incamminò verso l’uscita del parco. Si mise il cappuccio e scoppiò in uno di quei pianti che ti tagliano gli occhi, quelli che bruciano dappertutto, quelli che significano ‘con questo è finito tutto’.
Non aveva la forza di tornare a casa, aveva ventisette anni, un cuore in minuscoli brandelli e una persona nella mente. Nient’altro.
Cadde sulle sue ginocchia, non sopportava il peso dell’azione appena compiuta.
Tirò un pugno al cemento del sentiero, il dolore fisico non avrebbe mai potuto superare quello psicologico, però.
< Vaffanculo, Kellin sei la persona più schifosa che conosca. Potresti morire e nessuno se ne accorgerebbe, nessuno ti vuole! > Questo fu quello che urlò Kellin prima di correre dietro un cespuglio a vomitare l’anima.
< SMETTILA PORCATROIA, KELLIN, SMETTILA >
Vic lo aveva seguito, per fortuna. Kells stava vomitando per il troppo piangere? Sì, proprio questo.
< No, non riesco a smettere, è più forte di me. Magari se fossi migliore tu ti innamoreresti di me e potrei vivere felice.> lo urlò, fra lacrime e singhiozzi.
Vic allontanò il giovane dal cespuglio, lo portò sul sentiero e gli asciugò le mani con la sua felpa. Anche lui aveva gli occhi lucidi adesso.
Erano straziati entrambi, avevano un vuoto dentro tutti e due.
Kellin sembrava un bambino, singhiozzava e le lacrime uscivano senza mai fermarsi.
Victor si sentiva uno stronzo, un vigliacco, ma le lacrime non gli bagnavano più il volto.
Lentamente prese un fazzoletto dalla tasca, lo aprì accuratamente e asciugò le lacrime di Kellin. Magicamente, al suo tocco, smise di piangere.
Kellin prese il fazzoletto e si pulì la bocca, per quanto potesse fare.
Si guardarono come poco prima, come prima del discorso di Kells. I loro sguardi formavano un tutt’uno, si univano, si amavano, era come se potessero creare la magia.
Vic gli accarezzò la guancia, poi scese con la mano fino a trovare quella del ragazzo e gliela strinse forte.
< Kells – eccolo, il soprannome che amavano tanto – voglio essere davvero sincero con te. Non ci potrebbe essere ragazzo più dolce, più perfetto e più speciale di Kellin Quinn. Io ti amo così come sei. >
Nessuna parola, nessun aggettivo, niente di niente poteva descrivere e comparare il sorriso di Quinn in quel momento. La gioia dei suoi occhi, quella luce che era scomparsa, era tutto così magnifico, soprattutto agli occhi di Fuentes, meravigliato.
Quest’ultimo si avvicinò stringendo la mano di Kellin ancora più forte, e con l’altra gli accarezzava il viso. I loro nasi si sfiorarono e i loro cuori suonavano una melodia incomparabile. Era il suono dell’amore.
Vic si avvicinò ancora di più, Kellin sorrise ma fermò il messicano con una mano sul suo petto. Quasi si spaventò a sentire il suo battito.
< Scusa ma ho appena vomitato l’anima, Vic. Non credo sia il momento più adatto, sai? >
Fuentes sorrise.
< Amore mio, ti bacerei anche se fossi morto. >
Nell’esatto momento che entrambi aspettavano da una vita, l’attimo migliore delle loro vite, l’inizio di qualcosa di meraviglioso e che apparteneva solo a loro, le campane che segnavano la mezzanotte fecero da sottofondo alla magia che i due ragazzi erano riusciti a creare in un solo giorno.
Il loro giorno
  
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