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Autore: _sara_98    22/07/2013    0 recensioni
dalla vita bisogna non aspettarsi niente, solo così non esisteranno delusioni.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Qualsiasi cosa fosse intorno a me, mi faceva capire che ero nel posto sbagliato. Bar, negozi e poste quasi come essere nel bel mezzo di una famosa metropoli. Tanti bagagli lasciati in un angolo dai loro proprietari intenti a ordinare la colazione nel primo cafè che trovavano, code chilometriche di donne che aspettavano il loro turno per andare al bagno e sguardi stanchi, marchiati notevolmente da occhiaie, di giovani signorine rimaste sveglie tutta la notte per colpa del loro turno allo sportello del check-in.
Infinite file di sedie rivestite di pelle nera rivolte verso enormi vetrate perfettamente trasparenti dove ogni venti  minuti si scorgevano atterrare aerei. Uomini in giacca e cravatta, con gli occhi fissi nei loro tablet, si sedevano gli uni distanti dagli altri come se fossero ognuno di una specie diversa che le altre persone non meritavano nemmeno di sfiorare. Giovani donne che si guardavano intorno disperse e bambini che affacciati alle vetrate aspettavano impazienti di vedere un aereo partire. Vecchie signore che chiedevano informazioni a tutte le hostess che trovavano, innamorati che si abbracciavano con le lacrime agli occhi e che avrebbero dovuto lasciarsi. Ma se andarsene era così doloroso, allora non potevano restare?
Sedie nere, sportelli grigi, pavimento bianco. Quel posto era la depressione fatta persona.
Erano le sei del mattino e invece di essere in un aeroporto avrei dovuto trovarmi da tutt’altra parte.
Odiavo gli aeroporti fin da piccola, odiavo tutto. Dalle operatrici delle compagnie aeree, alle persone che aspettavano il loro aereo. Ogni cosa lì era così triste da mettermi una voglia sfrenata di scappare, anche se in realtà qualcosa dentro di me mi impediva di andarmene. Odiavo dunque gli aeroporti per la loro tristezza, ma ero totalmente sicura che da quel giorno li avrei odiati anche per qualcos’altro. Qualcos’altro che in quell’istante ancora non conoscevo.
Mi guardai intorno, ero li ormai da mezz’ora e il suo volo sarebbe dovuto atterrare proprio in quel preciso istante. Voltai il mio sguardo speranzoso verso le grandi vetrate e vidi un aereo che atterrava. Era bianco, nuovo ed enorme, ovviamente uno di quelli che si potevano permettere solamente le persone come lui.
Sapevo che era il suo volo ma per esserne sicura chiesi il numero del volo a una signorina che impazientemente aspettava qualcuno, come me, e ne ebbi la conferma. Con tutta la fretta che un umano possa avere cominciai a correre giù per una delle tante rampe di scale che c’erano, fino ad arrivare dove lui sarebbe sceso dall’aereo. Ero agitata, impaziente di vederlo di nuovo, le mie braccia fremevano per la voglia che avevo di abbracciarlo.
Ecco che le persone cominciarono a scendere, mi alzai in punta di piedi per poter distinguere meglio il suo volto in mezzo a tutta quella gente che sembrava non stesse più nella pelle per recuperare i bagagli. Molte persone continuavano a uscire dall’aereo, mentre io avanzavo nel verso opposto ricevendo spintoni e gomitate, ma di lui ancora nessun segno. Mancavano pochi metri all’aereo quando vidi gli addetti alla sicurezza chiudere le porte. No, no, non era possibile! Lui era sicuramente sceso e io per colpa della confusione non l’avevo visto, magari mi stava aspettando dentro o nella zona del ritiro bagagli.
Passai ogni angolo dell’aeroporto con lo sguardo, cercai ovunque, ma nonostante tutti i miei sforzi lui non c’era. Volevo piangere, urlare contro tutti ma riuscii a reprime tutta la rabbia e a raggiungere di nuovo la porta dalla quale lui sarebbe dovuto entrare. Le guardie della sicurezza avevano chiuso l’entrata e come dei buttafuori si erano posizionati davanti ad essa. Con uno strattone riuscii a farli scostare e mi gettai sopra la maniglia per aprire la porta. «Si fermi signorina non può passare di lì!» mi urlò uno dei buttafuori venendomi in contro. Senza parlare lo guardai in cagnesco e cercai di togliermelo di dosso, ma la sua forza era notevolmente maggiore della mia, allora decisi di chiedere a lui, un perfetto sconosciuto, se l’avesse visto. Le lacrime ormai mi bruciavano gli occhi, non volevo che nemmeno una mi rigasse il viso, guardai in alto per mandarle via e quando mi sentii sicura cominciai a parlare. Guardai negli occhi l’uomo che mi teneva ferma per il braccio. Era tremendamente bello, i suoi capelli neri si spostavano con l’aria fredda che emetteva il condizionatore e i suoi occhi azzurri continuavano a fissarmi aspettando spiegazioni.
«Lei, sa se Harry Morgan era su questo volo?» azzardai con la voce quasi sussurrante guardando a terra.
«Non lo so signorina, potrei controllare» mi rispose con tono pacato l’uomo.
Cominciò a sfogliare i biglietti, li controllò tutti per due volte cercando quel nome, ma quando mi venne il coraggio di alzare lo sguardo vidi il suo volto velato dal rammarico e dispiaciuto disse «Mi dispiace signorina, nessuno con questo nome». Le mie labbra si schiusero leggermente, le lacrime invasero gli occhi e senza rendermene conto le mie gambe si rifiutarono di tenermi salda a terra. Proprio mentre stavo per cadere, l’uomo dagli occhi azzurri lasciò cadere i biglietti e prontamente mi afferrò, delicatamente, prima che potessi sentire il pavimento freddo. Tenendomi con una mano, aprì con l’altra la porta sulla quale mi ero gettata prima e mi fece uscire. In silenzio mi voltai a guardarlo, volevo ringraziarlo ma la sua bellezza me lo impedì. Non sapevo se era meglio rimanere o scappare, optai per la seconda opzione e velocemente cominciai a correre fino a che non trovai una delle sedie nere di pelle vuota, e affannata mi abbandonai su di essa.
Infondo avrei dovuto aspettarmelo, lui era Harry Morgan, l’uomo delle promesse infrante. Così una volta per tutte capii come stavano veramente le cose, un anno di bugie, «…tornerà presto vedrai…» mi dicevano. Dalla vita bisogna non aspettarsi niente, solo così non esisteranno delusioni.
Lui era partito per lasciarmi, per sempre. Il mio papà non sarebbe tornato, mai più.
  
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