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Autore: dawnechelon    22/07/2013    2 recensioni
"Call all your friends, tell them I'm never coming back. [...]
You're losing your memory, now. [...]
Just remember who I am in the morning."
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Adorava quel ristorante giapponese, e con Julian ci andavano spesso. In realtà era stato proprio lui a farle apprezzare il cibo giapponese, se fosse stato per lei probabilmente non l'avrebbe mai nemmeno provato. Julian era la sua finestra sul mondo, con la curiosità contagiosa ed il suo entusiasmo riusciva a rendere persino Dawn solare. Dawn che era riservata, spesso timida e schiva, vicino a Julian sembrava un'altra persona.
E una semplice serata al ristorante giapponese, riusciva a divertirla come non mai. Era un po' imbranata con le bacchette, e non riusciva mai a tenerle come si doveva, e Julian la prendeva in giro, e lei se la prendeva tantissimo. E continuavano così, a ridere, a prendersi in giro, a punzecchiarsi, ed erano felici insieme. Tra di loro erano nate gradualmente le cose, e si conoscevano da molti anni. Avevano frequentato la stessa scuola, anche se lui aveva due anni più di lei.
Le loro famiglie si conoscevano molto bene, e Julian era stato da piccolo una sorta di fratello maggiore per Dawn, ma aveva sempre avuto un debole per lei. La proteggeva, e la difendeva sempre, e crescendo con gli anni il loro legame maturò, prima da parte di Julian che continuava a prendersi cura di lei, come faceva da bambino. Eppure guardava Dawn con occhi diversi, e quando restava a dormire da lei, e la teneva fra le sue braccia, la guardava un bel po' prima di addormentarsi. La guardava con occhi innamorati, le carezzava appena il viso, e giocava con i suoi capelli. Amava vederla così vicina a lui, stretta a lui, con il capo posato sul suo petto.
Crebbero entrambi, e anche Dawn cominciò a guardarlo con occhi diversi, e cominciò a notare particolari di lui a cui non aveva fatto caso. Cominciò a rendersi conto di quanto lui fosse prezioso per lei, di quanto il loro legame fosse intenso e indispensabile per lei. Si rese conto che Julian era il suo porto sicuro, era la prima persona che cercava quando aveva bisogno di un consiglio, anche solo per scegliere l'abito da mettere alla festa di fine anno scolastico.
Fu proprio in quell'occasione, quando Dawn aveva quindici anni e lui diciassette, che lei chiese come ogni volta il suo parere e si accorse che negli occhi di lui c'era amore.
Trascorsero la serata con le rispettive compagnie, con i compagni e le compagne di classe e si ritrovarono durante un ballo. Fu Julian a chiederle di ballare con lui, e lei non esitò a dirgli di sì. Ed in quel momento, in quel preciso momento, si lasciò finalmente andare a quell'amore che lui da tempo voleva donarle e vissero un anno meraviglioso insieme. Un anno di emozioni, di risate, di abbracci, di baci, di carezze, di tempo speso insieme in ogni modo.
Dawn pensava di aver trovato il suo equilibrio, il suo posto nel mondo era lui.

Eppure quella sera, dopo essere usciti dal ristorante giapponese che tanto apprezzavano, Julian le fu portato via da una banda di uomini che avevano intenzioni poco nobili. Lui era stato il suo scudo, e ne aveva pagato amare conseguenze. E non appena quei ragazzi capirono di avergli tolto la vita, scapparono in preda al terrore, mentre Dawn se ne stava lì in ginocchio, con il corpo senza vita di Julian fra le braccia. Non era riuscita nemmeno a cogliere la dinamica di tutto ciò che era accaduto, perché si trattarono di pochi secondi, e la vita di Julian le scivolò dalle mani senza che lei potesse fare nulla per poterlo trattenere.
Che poteva fare una ragazza di sedici anni di fronte alla morte? Come poteva reagire? Era spiazzata, devastata, sconvolta e stordita da quell'immagine. Teneva Julian fra le braccia, piangendo contro il suo viso, singhiozzando il suo nome senza sapere minimamente che fare. Non poteva far altro che piangere, e lasciare che il suo dolore fluisse sotto forma di lacrime. Il suo cuore martellava incessantemente nel suo petto, le guance le bruciavano, e sentiva l'aria mancarle ai polmoni. Aveva appena perso Julian, e non riusciva ad accettarlo, non voleva. Non era giusto. Gli prese il viso fra le mani, e fissò i suoi occhi chiusi, e si maledì perché lui aveva appena dato la sua vita per lei, e lei non accettava di essere viva al posto suo. Voleva morire con lui, e sapeva che da quel giorno avrebbe cominciato a farlo un po' alla volta. Avrebbe perso se stessa senza di lui, ed avrebbe sentito la sua assenza più della presenza di chiunque altro, e non avrebbe mai e poi mai accettato una vita senza di lui.

E se ne stava lì, a piangere, inerme, senza fare nulla. Si decise solo dopo un'ora o due a chiamare l'ambulanza, anche se non c'era più nulla da fare per lui, e lo sapeva fin dall'inizio, da quando aveva esalato l'ultimo respiro. Chiamò anche la polizia, anche se non sapeva se avrebbe mai avuto la forza di denunciare quanto accaduto, perché in realtà non sapeva che dire. E forse non avrebbe mai trovato parole adatte per dire cosa era successo in quei pochi secondi.
Arrivarono i soccorsi, che avevano avvisato nel frattempo la famiglia di Julian, ma Dawn non voleva lasciarlo andare, non voleva sciogliersi da quell'abbraccio, non voleva dovergli dire addio. Ma dovette lasciare che i medici facessero il loro dovere, e così la polizia anche se non riuscì a dire nulla . Salì però in ambulanza, anche se i medici non volevano, preferivano che lei si riposasse ma lei non ne voleva sapere.
Restò in ospedale, nella sala d'attesa, anche se non doveva attendere nulla, fino a che sua nonna andò a prenderla e con fatica la portò a casa. E da quel momento in poi, Dawn perse se stessa, lentamente. Cadde nell'oblio, si spalancò per lei la voragine del vuoto e la inghiottì, portandosi via ogni sua emozione e anche il dolore, lasciandola lì come un guscio vuoto, senz'anima, impassibile, gelida.
  
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