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Autore: Lapam8842    22/07/2013    0 recensioni
Un gruppo di adolescenti benestanti: Sabrina, incinta senza sapere chi sia il padre; Marco amico ed affascinato dalla bellezza naturale di Sabrina; Lucia migliore amica di Sabrina, innamorata in segreto di Marco; Steve fratello gemello di Lucia, ignorato da tutti. Una storia d’amore, amicizia, gelosia ma soprattutto di segreti. Ognuno nasconde qualcosa e qualcuno li minaccia. Cosa accadrà?
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Marco

Il ragazzo biondo stava aspettando con impazienza la telefonata della sua migliore amica Sabrina. Aveva bisogno di sapere se fosse andato tutto bene e se avesse avuto bisogno di lui. Lui sarebbe corso in suo aiuto anche in capo al mondo pur di regalarle un sorriso. L’avrebbe voluta portare al mare o ovunque, solo loro due e la creatura che sarebbe nata, per fuggire lontano dimenticandosi i problemi che sarebbe stata costretta ad affrontare se fosse rimasta. Le avrebbe preso la mano e le avrebbe regalato un morbido abbraccio, per sostenerla e farle sapere che lui, non si sarebbe mai mosso, non l’avrebbe mai lasciata sola, perché il suo posto era al suo fianco. L’aveva capito: sapeva di amarla con tutta l’anima e per lei voleva solo il meglio. Voleva regalarle momenti magici e spensierati, facendole vivere un mondo da favola perché lui, da quando aveva incontrato lei, si sentiva migliore. Avrebbe voluto stampare e ristampare le sue labbra su quelle morbide della mora, ancora e ancora, senza mai porre fine al contatto. Avrebbe assaporato il suo sapore, leggermente fruttato e quando l’avrebbe inalato, la sua mente si sarebbe inebriata portandolo in un mondo fatato. Il cellulare vibrò e Marco corse in  bagno per non farsi vedere: i suoi genitori avevano organizzato una cena e lui avrebbe dovuto aiutarli decidendo il vino da servire in tavola. Lesse il nome che lampeggiava a caratteri cubitali sul display del suo smartphone e non esitò a rispondere, lievemente ansante per la corsa: “Sabri, tutto bene?” chiese cercando di riprendere fiato. La ragazza titubando propose: “Marco, possiamo vederci?” Il giovane si sentì morire e il cuore sembrava volesse uscirgli dal petto andandole incontro: “La mia matrigna ha organizzato una cena. – Un’idea gli balenò in testa e proseguì con maggiore convinzione e più speranza. - Perché non ti arrampichi dal pluviale e entri in camera mia? Mi congederò dicendo di avere mal di testa.
Il ragazzo si rendeva conto che fosse un’insana idea, ma sapeva che Sabrina avrebbe avuto bisogno di sfogarsi e lui, pur di fare la figura del babbeo con i suoi genitori e con gli ospiti, l’avrebbe stretta forte a sé, sostenendola e rassicurandola.
La voce dell’altra parte però, non era del suo stesso avviso. Sabrina lo salutò frettolosamente dicendo che erano più importanti le questioni di famiglia e che lui avrebbe dovuto rispettarle, senza lasciarsi coinvolgere ulteriormente dai suoi guai. Marco tentò di fermarla e convincerla ma la ragazza aveva già riagganciato. Il biondo sentì le certezze frantumarsi sotto i suoi piedi. Lei aveva rifiutato il suo aiuto. Lei l’aveva liquidato velocemente senza far trasparire i suoi sentimenti. Lui si sentiva inutile. Si sentiva male per non essere riuscito a convincerla a correre da lui. Le avrebbe voluto sussurrare parole dolci, tenendola stretta a sé, senza lasciarla più andare. Gli sarebbe piaciuto abbracciarla, incastrando perfettamente i loro corpi, come se fossero stati pezzi di puzzle, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. Lei era naturalmente splendida e lui non aveva lottato abbastanza per lei.
 

 

***



Lucia

La rossiccia si stava arricciando i capelli per averli più voluminosi. Aveva letto su qualche rivista che gli uomini erano attratti dalle chiome curate e morbide. Cosa rappresentava meglio quegli aggettivi se non dei ricci ondulati e fini che le avrebbero incorniciato perfettamente il viso magro e minuto? La ricerca del vestito non era stata semplice: era stata indecisa fino all’ultimo. Alla fine aveva al ballottaggio due abiti differenti fra loro. Il primo aveva un corpetto di raso nero, e una gonna in chiffon floreale. Le dava un tocco di classe e la rendeva femminile, esaltando al punto giusto le sue dolci forme. L’altro era un vestito di cotone blu marino, dalla scollatura a cuore ricamata in pizzo. Quest’ultimo la faceva sembrare più sbarazzina e semplice. Avrebbe sicuramente indossato il primo, perché non voleva sembrare una comune adolescente alle prese con le prime crisi ormonali. Una volta che fu pronta, si spruzzò un lieve profumo dolciastro e si risistemò i boccoli, sorridendo al suo riflesso. Si sentiva bellissima e sicura di sé. Marco non le avrebbe tolto gli occhi di dosso, e per una volta avrebbe vinto lei, su Sabrina Bellini. Lucia Stuart era ed è sempre la numero uno. Nessuno poteva spodestarla dal suo ruolo di Regina della scuola. Qualcuno suonò alla porta, ridestandola dai suoi pensieri. Non aspettava nessuno in particolare. Scese le scale ed andò ad aprire e proprio lì, davanti ai suoi occhi, l’artefice delle sue pene. Sabrina Bellini indossava un paio di jeans sdruciti e una maxi maglietta rosa. Aveva lo sguardo vacuo e gli occhi lucidi, oltre ad essere terribilmente spettinata.

“Tu..?” La guardò stupida e risentita la padrona di casa.

“Che entusiasmo.” Sospirò pesantemente la seconda.

“Si dà il caso che avrei una cena importante.” Sostenne la rossa, alzando lievemente il tono di voce.

Sabrina si strinse nelle spalle e fece per andarsene ma Lucia la stava trattenendo per la maglia.

“Lasciami!” strillò la mora, tentando di divincolarsi dalla prese.

Lucia la strattonò strappandogli un pezzo di maglietta, nel tentativo di trascinarla in casa.

“Ma che fai?” Sabrina le rivolse uno sguardo di fuoco guardandola dritta negli occhi.

“Adesso devo andare a cena dai Bergamaschi, con la mia famiglia. Tu rimani qui, seduta sul divano. Quando tornerò parleremo di quel che ti è successo, ok?” Le rivolse un sorriso dolce, come il tono che aveva usato per rivolgersi alla mora. Lucia sapeva che avrebbe dovuto giocare bene le sue carte, se voleva che Marco si stufasse della sua nuova amica.

“Vai a cena dai Bergamaschi?” domandò la mora stupida dalle sue parole.

Lucia finse di risistemarsi i capelli, ormai perfetti e sorridendo confermò: “Si. Finalmente Marco mi noterà e non potrà staccarmi gli occhi di dosso.” Sapeva che il tono di voce acuto infastidiva Sabrina, ma era certa che l’avrebbe disturbata maggiormente saperla a cena dal suo migliore amico, mentre lei aveva sicuramente bisogno di una persona con cui parlare.

La mora si strinse nelle spalle e finse un sorriso dolce: “Sono sicura che resterà senza parole. Sei bellissima.”

“Lo so, lo so. –approvò ghignando in modo furbo. – Ora devo proprio andare. Il maggiordomo ci sta già aspettando. Non voglio arrivare in ritardo. Il treno passa una volta sola.” La lasciò entrare in casa e richiuse la porta dietro di sé. Il piano stava andando come aveva previsto. Sabrina Bellini sarebbe presto rimasta sola.


 

***


 
Sabrina
 
Lucia mi aveva fatto entrare in casa sua ma mi aveva abbandonato, troppo presa dalla sua entusiasmante cena con il mio migliore amico. Perché era così gelosa di me? Che cosa le avevo fatto? Io non avrei mai voluto diventare amica di Marco Bergamaschi, non l’avevo chiesto io, era capitato. Al cuor non si comanda, come non si può decidere di non ascoltare i sentimenti per essere più razionali. Marco è diventato il mio migliore amico e mi è stato affianco come nessun altro. In due mesi, lui c’è sempre stato ed ha sempre trovato una parola dolce per consolarmi. Lucia era interessata solo ai vestiti, al trucco, ai profumi ed ai ragazzi. Se tu avevi altri interessi, non potevi esserle amica. Purtroppo l’avevo capito troppo tardi, ma le volevo comunque bene. Non potevo spegnere i sentimenti che provavo per lei. Lucia era la ragazza con il sorriso costantemente stampato in faccia, la lingua biforcuta sempre pronta a dire qualcosa e a criticare se possibile, le scelte degli altri. Un rumore proveniente dalle camere da letto mi fece sussultare. Il cuore aveva cominciato a battere all’impazzata e il sangue mi si gelò nelle vene. Qualcuno era entrato in casa ed io ero da sola. Decisi di nascondermi in soggiorno, sotto un tavolino di legno di noce. I ladri non avrebbero mai acceso le luci e non mi avrebbero notato, o per lo meno, non subito. Sentivo il rumore di passi farsi sempre più vicini a dove mi trovavo io. Stavano entrando in sala e mi avrebbero ucciso per non lasciare testimoni scomodi. In quel momento le luci si accesero, lasciando poco spazio all’immaginazione. Cercavo di stare calma e di non provocare nessun tipo di rumore, ma stavo tremando come una foglia, e trattenere il respiro sembrava un’impresa impossibile. L’uomo, perché si doveva trattare di un ragazzo a giudicare dalle Hogan di pelle lucida che indossava, varcò l’ingresso della sala e si stese sul divano accendendo la televisione. Io non avevo mai subito una rapina, ma mi sembrava un comportamento molto strano. Dalla mia posizione, non riuscivo a vedere il volto del malfattore, ma mi sembrava di capire che stesse guardando dei cartoni animati. Non vorrei sembrare inopportuna, ma non mi risultava che i ladri perdevano tempo sdraiandosi sul divano, rimirando i cartoni animati.
L’uomo scoppiò in una fragorosa risata e parlò da solo: “Non ci posso credere. Homer è proprio un cretino. Come farà a credere agli alieni?”
Io sarei dovuta rimanere rannicchiata sotto un tavolino, per non farmi vedere mentre cerco di trattenere il respiro per non farmi sentire, e lui sta guardando i Simpson?
Decisi di uscire dal mio nascondiglio e mi piazzai davanti alla tv.

“Ehi, spostati!” protestò il moro.

“Io credevo che fossero entrati i ladri!” dissi stupita guardando il gemello di Lucia.

Steve portava un paio di occhiali da vista che coprivano i suoi bellissimi occhi cerulei, il viso dolce, pulito e giovanile. Mi guardava con un’espressione corrucciata ed indispettita. Indossava una felpa bianca lucida, con cappuccio e strisce rosse e nere sui bordi, ed un improbabile paio di pantaloni dal cavallo basso rosso Valentino, ovviamente tutto di note marche. 
“Togliti! Sto guardando la tele.” Disse animandosi e mostrando un apparecchio identico a quello di Dana Plato nella prima stagione de “Il mio amico Arnold”.

Sbuffai rumorosamente: “Perché non sei a cena con la tua famiglia?”

Steve seguì il mio esempio soffiando annoiato, incrociando le braccia al petto: “Ho fatto finta di star male. Non avevo voglia di andare ad un’altra inutile cena.”

Lo guardai stupita: “Tutto qui?” Non potevo credere che non avesse neanche la fantasia per invitare bugie migliori.

“Beh?” rispose irritato e scocciato dal mio nascente terzo grado.

Mi strinsi nelle spalle: “Credevo che sapessi altro.”

“Quella stupida di mia sorella non fa altro che parlare di Marco Bergamaschi, e di come si fantastico e bello. Voleva assolutamente farsi notare da lui e ha pregato ai miei di organizzare una cena “esplorativa” –mimò il gesto delle virgolette con le dita- come l’ha definita lei.” Concluse spazientito.

Spalancai la bocca dallo stupore: “Che cosa??” dissi con voce stridula.

Steve annuì: “Ha nella testa quel tipo. Strano che tu non lo sapessi, siete praticamente migliori amiche.” Mi guardò dubbioso, corrugando la fronte.

Alzai le spalle, sospirando e con tono noncurante dissi in un bisbiglio: “Eravamo migliori amiche.”

Il moro mi indicò il divano e mi chiese di sedermi vicino a lui: “I miei torneranno fra due o tre ore. Se non vuoi guardare la tv, che cosa vuoi fare?”

Sbuffai stanca tenendo le braccia lungo il corpo, rassegnata: “E’ stata una giornata infermale. –lo informai.- Vorrei poterla rivedere da capo o cancellarla completamente.” Spiegai tristemente.

“Io non sono il massimo della compagnia, lo so. Sono sempre stato un po’ asociale, ma se tu avessi bisogno di sfogarti, puoi farlo. Sono bravo ad ascoltare.” Steve mi sorrise dolcemente mentre io mi trovai a fissare il metallo e gli elastici che aveva in bocca. Scossi la testa mentre mi avvicinavo al divano per sedermi accanto a lui. Lucia mi aveva abbandonato a casa sua e comunque, una volta a casa, non mi avrebbe ascoltato, elettrizzata com’era dalla cena a casa Bergamaschi. Steve mi stava proponendo un aiuto, e perché non l’avrei dovuto cogliere? Non lo conoscevo bene, ma sapevo che non avrebbe potuto giudicare.

“Mia mamma mi ha cacciato di casa. Sono venuta qui perché non sapevo dove altro andare. –sorrisi amaramente rivolgendogli un’occhiata.- Qual è la tua scusa, invece?” Domandai più per gentilezza che per reale interessamento.

“Te l’ho detto. Sono allergico alle cene, alle feste, ai balli… Non mi piacciono questi eventi. Non sopporto tutti quei lustri per delle manifestazioni con gente con la puzza sotto il naso, che finge di essere elevata socialmente, quando invece non ha niente nel cervello. Comunque, per aver fatto arrabbiare la signora Bellini devi aver combinato un bel casino, e mi sembra strano che tu non avessi un altro posto dove andare.”

Lo guardai stupita per le sue affermazioni: “Ma chi sei? Sherlock Holmes?”

Steve ridacchiò divertito: “Non sono un gran oratore, ma questo non mi impedisce di osservare la gente che mi sta intorno. So che sei molto vicina a Marco Bergamaschi, il ragazzo che vorrebbe conquistare mia sorella. Probabilmente è per quello che non ti ha parlato della cena. Penso sia gelosa di te.”

“Ma io e Marco siamo solo amici. Non c’è nient’altro fra me e lui.” Affermai con voce piatta.

“Magari lei ti reputa una minaccia.”

“Una minaccia? Perché dovrei essere una minaccia?” chiesi dubbiosa alle sue parole.

“Penso che lei veda Marco come un possibile futuro marito.” Spiegò senza mezzi termini.

Scoppiai inavvertitamente a ridere. Trovavo buffo che una ragazza di sedici anni volesse trovare marito così precocemente.
“Quando si mette in testa una cosa, non c’è modo di farle cambiare idea.” Proseguì il moro.

Io annuii: “Si, lo so bene. Non credevo che stesse già pensando ad un marito e che Marco avrebbe rappresentato il suo prototipo di uomo.”

Steve sollevò le spalle con noncuranza: “Non so cosa ci troviate tutte in quel tipo, mi sembra un ragazzo come un altro. Comunque fa attenzione, Sabrina. Lucia farà di tutto per mettersi tra di voi e farvi litigare.”

“Ma non può ostacolare una storia inesistente.”

“Tu dici che è inesistente, e magari da parte tua è così, ma non è come appare all’esterno. Dovresti sapere che nel nostro mondo è l’apparenza quel che conta.”

Non avrei mai detto che Steve fosse un ragazzo così profondo e schietto. Stavo ancora riflettendo sulle sue parole: mia mamma credeva che il bimbo fosse di Marco solo perché ci vedeva sempre insieme e credeva che ci stessimo frequentando in un altro senso. Marco avrebbe voluto aiutarmi, fingendosi papà, perché forse credeva che noi fossimo più che amici?
Steve interruppe il mio dibattito interiore dicendo in tono dolce e gentile: “Scusami. Non volevo turbarti.” E mi afferrò il ginocchio, come se volesse confortarmi.

“No, tranquillo. Stavo solo pensando. Non avrei mai creduto che qualcuno avesse tratto conclusione affrettante senza conoscere la situazione.”

Mi risultava strano parlare in modo così naturale e spontaneo con lui. Le parole uscivano dalla mia bocca senza essere calcolate. Immaginavo fosse più difficile confidarmi con lui, soprattutto perché lui è il fratello gemello di Lucia, e presumevo fosse uguale a lei, almeno caratterialmente, invece sembravano essere due persone completamente diverse. Lucia era la classica ragazza bella anche con il trucco acqua e sapone, perché madre natura era stata generosa nei suoi confronti. Le era stata donata la bellezza di due labbra rosse e carnose, in contrasto con la sua pelle di porcellana. Era bella, anzi bellissima. Solo fisicamente però, perché la stavo conoscendo meglio solo ora, e mi faceva male saperla così gelosa e calcolatrice. Lei era l’esemplare più cocciuto sulla faccia della terra ma sapeva giostrare perfettamente con le parole, passando automaticamente dalla parte della ragione, anche quando aveva torto. Steve aveva un look da imbranato che lo faceva sembrare sfortunato e secchione. Lo rendeva goffo ed impacciato, solitario e timido. La verità era che il suo aspetto fisico non gli rendeva giustizia perché mi sembrava un ragazzo si, riservato, ma onesto e genuino. Cosa che non pensavo per sua sorella.
 

***

 
“Quindi mi stai dicendo che qualcuno ha messo un test di gravidanza in casa sua, diverso da quello che hai in mano in questo momento?” chiese stupefatto il moro.

Annuii: “Proprio così.”

Steve mi riservò un’occhiata dubbiosa: “Ma chi altro sa che tu..?”

“Solo Marco. Ho fatto il test a casa sua.”

Il ragazzo si toccò il mento, come per aiutarlo a riflettere: “Sei certa che nessuno fosse in casa o vi abbia sentiti?”

Scossi la testa: “No, non c’era nessuno. Sarebbe comunque stata una cosa contro Marco, oltre ad essere nociva nei miei confronti.”

Steve ribatté con una tesi piuttosto eloquente: “Tu devi capire che anche chi viene pagato per stare in casa a cucinare o a fare i mestieri, può avercela con noi.”

Li riservai un’occhiata interrogativa e proseguì la sua disamina: “Può essere contro di noi perché rispondiamo male o perché li trattiamo come se fossero oggetti, dimenticandoci le buone maniere e soprattutto il rispetto della persona. Pensaci: quante volte ce la prendiamo con i domestici perché è sparita una maglietta o perché non si trova una determinata collana?”

“Quindi, tu pensi che possa essere colpa di Tilde?” domandai incuriosita dal suo discorso. Mi avevano insegnato che per indicare le domestiche delle nostre famiglie, avremo dovuto chiamarle Tilde, senza preoccuparci se in realtà avevano un altro nome. Lo stesso valeva per i cuochi, che andavano soprannominati Ambrogio.

Steve si adirò: “Non so per quale motivo tutti si ostinino a voler chiamare Tilde la domestica ed Ambrogio il cuoco, ignorando il loro vero nome. E’ una cosa stupida e deleteria. Ti piacerebbe se tu fossi chiamata Lucia solo perché frequenti Lucia?” mi domandò piccato e alterato.

Il mio viso diventò paonazzo per la vergogna. Aveva tremendamente ragione. Trattavamo veramente male le persone che ci offrivano i loro servizi, solo perché retribuite per mantenere la loro famiglia in modo dignitoso.

“Hai perfettamente ragione. Io non immaginavo quanto fosse brutto.”

Steve annui ancora alterato: “Certo che lo è. Loro sono costretti a sapere tutto di noi, e noi non facciamo niente per loro. Siamo così presi da noi stessi da non conoscere il loro vero nome.”

Fu allora che decisi di sfidarlo, per verificare se oltre a predicar razzolava bene: “Come si chiamano i tuoi domestici?”

“Lo chef si chiama Salvatore Esposito. E’ orinario di Napoli, come sua moglie Concetta. Non hanno figli perché la domestica è troppo impegnata ad accontentare i capricci isterici di mia sorella. Le piacerebbe avere un maschio, però ha paura di perdere il posto, e se viene lasciata a casa, la stessa sorte tocca al marito, e entrambi si ritroverebbero su una strada, da un giorno all’altro.”

“Che storia triste. –ammisi fra i sospiri.- Ma come mai tu parli con loro, e nessuno ti dice niente?”

Oltre a trattare male i nostri domestici, non dovevamo rapportarci con loro. Era vietato.

“Quando sei invisibile è difficile che qualcuno si accorga di quel che sta succedendo.”

“Oh andiamo, tu sei un Stuart. Sei il fratello di Lucia. A chi vuoi darla a bere?”

“Hai detto bene, sono uno Stuart e tu mi conosci solo perché sono il gemello un po’ sfigato, secchione, con l’apparecchio e gli occhialoni.”
 



Intanto a casa Bergamaschi la cena era conclusa e i due ragazzi erano in veranda a prendere un po’ di aria fresca. 
Lucia interruppe il silenzio che si era calato fra loro, chiedendo in modo innocente: “Allora Marco, vedi spesso Sabrina ultimamente?” e per apparire più sensuale e dolce, sbatte le ciglia più volte.

Marco non capendo dove volesse andare a parare la giovane rispose educatamente: “Si, è una ragazza molto insicura e sta passando un brutto periodo.”

La rossa appoggiò una mano sul braccio del ragazzo, come per rassicurarlo e sospirò: “Sei così tenero. –lasciò la frase in sospeso per un attimo, ma proseguì in un tono acido diverso da quello dolce appena usato.- Ti prendi cura degli oggetti usati.”

Il ragazzo ritrasse la mano, come se fosse scottato ed infastidito da quel contatto oltre che dalle parole. Cercò di mantenere la calma, perché stava dialogando con una donna, e non poteva scagliarsi addosso a lei, per difendere la sua amica: “Cosa stai insinuando?”

Lucia fece spallucce: “Sai benissimo a cosa mi riferisco. Io so tutto.” Fiatò con un sorriso malizioso.

Marco fece finta di non capire l’allusione rispondendo in tono sicuro e pacato, ma lei non gli l’avrebbe data vinta: “Sei un bravo attore. Se non vuoi che le dica che tu l’hai violentata, sarà meglio che la dimentichi.” Soffiò malignamente, senza staccargli gli occhi di dosso.
Il cuore del biondo accelerò i suoi battiti, in una corsa impazzita e la mente cominciò a girarli intrappolata da quella rivelazione. Non poteva essere vero. Lucia stava mentendo, ne era certo. Incoraggiato da tale pensiero l’affrontò mettendo un dito davanti a sé: “Che vuoi Lucia? Perché non la smetti di raccontare stronzate? In tutta la tua vita non hai fatto altro che dire cattiverie a destra e a sinistra, come se ti piacesse ferire gli altri. Ci provi gusto? Ti piace? Beh, indovina un po’… con me non funziona!”

La giovane si fece più vicina al ragazzo, spostando il braccio e tornando a pochi cm dal suo viso: “Non fingere. So benissimo che ricordi quella sera, come la ricorda Sabrina. Sfortunatamente per voi, io c’ero e ho ripreso tutto. Avevo organizzato una festa al parco e tu sei sparito. Sai benissimo che non si abbandona Lucia Stuart senza un valido motivo…e così sono venuta a cercarti, perché io volevo stare con te.  Purtroppo ti ho trovato in compagnia di Sabrina. Il resto lo lascio alla tua immaginazione.”

“Fammi vedere quel dannato video!” protestò come una furia il ragazzo, e con un impeto di rabbia la spinse a terra.

Lucia scoppiò in una risata minacciosa e tetra: “Sappi che ho centinaia di copie del filmato. Non potrai mai cancellarlo.”

Marco avvicinò il braccio per aiutarla ad alzarsi: “Non ho mai parlato di cancellare. Dammene una copia. Mostrami che tu hai ragione.” 

Lucia afferrò il braccio e si rimise in piedi: “Se ho ragione, tu dovrai dimenticarti di lei. Non dovrai più avere alcun tipo di rapporto e non le dovrai più rivolgere la parola, altrimenti farò vedere il filmato ai vostri genitori e a tutta la città. Sarete costretti ad andarvene e a non tornare più in questa città. Sei pronto a non avere un soldo e a dormire sotto i ponti?”

 “Perché ti impegni a fare tutto questo? Cosa ti abbiamo fatto?”








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