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Autore: eternity_    22/07/2013    1 recensioni
Daphne, dentro di me, aveva affondato le sue unghie profondamente, ed aveva graffiato fino a farmi sanguinare, fino a creare in me uno squarcio dedicato solo ed esclusivamente a lei. Ed io come avevo creduto possibile di poterlo riempire? Era facile stare con un'altra persona.. ma, la parte difficile, usciva fuori quando quella persona dovevi amarla.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daphne Greengrass, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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I protagonisti di questa storia sono Daphne Greengrass ed Alexander Williams, due personaggi nati in un gioco di ruolo di Harry Potter. Hanno vissuto la loro storia d'amore durata due anni ed interrotta quando lui, spinto dal senso del dovere nei confronti di un figlio di cui non sapeva l'esistenza, decide di assumersi le sue responsabilità lasciando quindi l'amore della sua vita. Le loro strade si dividono e per più di un anno si sviluppano nel gdr in maniera totalmente distinta e separata. Fino a quando, dopo trecentosessantacinque giorni, nasce questo. Nasce il desiderio di riprendere una storia d'amore epica, la consapevolezza di lui che si rende conto di cosa ha perso. 
Eternamente tua, eternamente mio, eternamente nostri. " è il continuo di questa one shot, scritta a quattro mani insieme a Kitty_Cullen


 

~~~~~
Memories are killing me.

I need you more than breath
 

Quella notte, non riuscivo a prendere sonno. Non sapevo perchè.. infondo, non ci sarebbe stato nulla di male nel non riuscire a dormire. Ma, dentro di me, sentivo che c'era un qualcosa che premeva per spingere fuori. Un qualcosa che sapevo avrebbe fatto male una volta esplosa.
Voltai la testa su di un lato, guardando il corpo di Beverly dormire tranquillamente, avvolta tra le calde coperte.. e poi allungai la mia visuale, proiettandola un po più in avanti, fino a raggiungere la culla li dove stava sognando tranquillamente Drew, con quel pollice in bocca che non riusciva a smettere di allontanare quando dormiva. E mi faceva ridere quando la mattina se lo fissava, trovandolo inevitabilmente spugnato e si lamentava per il fastidio.
Era bello, dannatamente bello avere una persona con cui hai la consapevolezza che dipende da te per ogni cosa che fa.. che non riesce nemmeno a scendere da solo le scale se non stai li a tenergli la mano. E si affida completamente a quella persona, con la certezza che se fosse caduto magari, sarebbe stata li ad afferrarlo subito per evitare che si facesse male. Era tutta una questione di fiducia.. e sembrava impossibile che persino i bambini così piccoli potessero provarne e forse, la loro, era quella più autentica, sincera e senza doppi fini che potesse esistere. Dio, avevo bisogno di stringere mio figlio.
E provavo una rabbia tremenda se pensavo al fatto che per lui non ero esistito nei suoi primi due anni di vita. Non sapeva nemmeno che faccia avessi e che, in una qualsiasi parte, io c'ero. Mi alzai dal letto, sentendomi asfissiare da quei pensieri, andando a raggiungere il mio comodino per cercare una t-shirt da indossare.. ma era buio, non riuscivo a vedere nulla, e le mani andavano a tentoni nel cassetto fino a quando non tastarono un qualcosa di cartaceo. Una busta. Ed il mio cuore mancò un battito, perchè non avevo bisogno di guardare per capire cosa fosse.
Avevo nascosto quelle foto così bene, tra le mie magliette, che era assurdo che le avessi trovate così a primo impatto.. ma forse, la verità, era che stavo cercando proprio quelle. Inconsciamente, ma le stavo comunque cercando. E di fatti tirai fuori quella busta, richiudendo il cassetto e facendo più piano possibile per uscire dalla stanza e scendere al piano di giù, sedendomi sul divano davanti al camino. Guardai quel pacchetto tra le mani, quel pacchetto che se avessi aperto non avrei più smesso di guardarne il contenuto.. quello stesso pacchetto che non avevo mai più guardato da quando era finita.
Ma sentivo che dentro di me, c'era una parte che doveva vederle.. come se stessi diventando tutto d'un tratto masochista fino a tal punto da decidere consciamente di voler impazzire. Fu per questo che lo aprii, estraendo quell'infinità di fotografie.. sentendo una morsa allo stomaco attanagliarmi quando vidi la prima. Era la mia preferita.
La mia mano chiusa a coppa sul suo seno, le nostre bocche non perfettamente incollate a causa delle lingue che si stavano sfiorando, ed i nostri corpi totalmente premuti una parte con l'altra. Ricordavo ancora la mia reazione quando l'avevo vista. Senza parole. Esattamente come in quel momento. Non ricordavo quanto fosse bella quell'immagine di noi due.. non ricordavo quanto mi facesse male. Credevo che ormai, dopo tutto quello che avevo passato, il dolore non fosse stato mai così tanto forte da riuscire ad avvertirlo indistintamente. E
ppure eccolo li, come se fosse una massa informe che lentamente si stava attaccando al mio corpo.. partiva dalla testa fino ad arrivare ai piedi, mi avvolgeva tutto, mi teneva con se, come se si stesse presentando per la prima volta. Irrazionalmente, ero mai stato male per la fine della mia storia con Daphne? No, non ne avevo avuto il tempo.
Era successo così tutto velocemente da non riuscire a realizzarlo, da non rendermi conto. Un giorno ero li in quella chiesa, mi stavo per sposare con quella meravigliosa donna bionda fasciata in un abito altrettanto stupendo.. mentre il giorno dopo mi ritrovavo con un figlio dall'amica di sempre, ed un senso del dovere che mai mi era appartenuto così tanto. Avevo sempre fatto tutto con il cuore, non avevo mai creduto che dovevo sposare Daphne, che dovevo farle delle promesse.
Ma tutto era accaduto perchè volevo. Mentre, in quell'istante, in quella chiesa, avevo fermamente capito che per la prima volta, dovevo essere razionale. Improvvisamente non mi era importato più nulla della mia felicità.. volevo solo che quel bambino, il mio bambino, meritasse ogni cosa da questo mondo. Ma non avevo messo in conto il fatto che Daphne fosse parte del mio stesso essere, e privando me della felicità che volevo, lo avrei fatto anche con lei. Ero stato accecato dalla paura di non farcela, di non essere quello che gli altri si aspettavano da me, di non essere quello di cui stesso Drew meritava.. e così avevo fatto la scelta più facile per quella situazione, ma la più difficile per me.
Con questo, non volevo dire che non amassi Beverly.. a modo mio, provavo comunque un sentimento nei suoi confronti o altrimenti sarei stato ipocrita a dire il contrario.. ma questo stesso sentimento non era abbastanza forte da rendermi totalmente felice. Certo, lo ero momentaneamente quando magari accadeva qualcosa.. ma dentro di me, sapevo che poi sarebbe svanito tutto nello stesso istante in cui era cominciato.
Ma non lo volevo ammettere, preferivo pensare che fosse solo perchè ero troppo preso in quel periodo. Era più comodo così.. perchè, fare i conti con la realtà, faceva maledettamente male. Quella, ti metteva in faccia la realtà dei fatti, te la sputava addosso senza il minimo ritegno.. come se fosse stata una schiaffeggiata improvvisa che urlava allo stesso tempo di aprire gli occhi. Ed io, in quell'anno, li avevo avuti volutamente chiusi. E, sinceramente, mi stavo odiando per il fatto che lo stavo facendo quella notte.
Avevo paura, paura di aver accumulato troppo, paura di sapere per quale motivo dentro di me avevo un vuoto esagerato.. una ferita troppo profonda, che si stava aprendo ancora di più mentre tra le mie mani stavo scorrendo quelle fotografie. Daphne, dentro di me, aveva affondato le sue unghie profondamente, ed aveva graffiato fino a farmi sanguinare, fino a creare in me uno squarcio dedicato solo ed esclusivamente a lei. Ed io come avevo creduto possibile di poterlo riempire? Era facile stare con un'altra persona.. ma, la parte difficile, usciva fuori quando quella persona dovevi amarla.
Con la bionda, la mia bionda, eravamo partiti da zero ed eravamo arrivati a dei picchi altissimi ma io, intenzionalmente, avevo distrutto quella torre altissima dalle basi.. facendola sgretolare. Quelle immagini di noi erano belle.. non riuscivo a considerarle volgari solo perchè stavamo facendo l'amore. Era un qualcosa di poetico, una forma d'arte stravolgente. Il mio corpo totalmente attaccato al suo, non si capiva dove l'uno cominciasse e l'altro finisse. Una cosa sola. Eravamo una cosa sola.
Ed io mi sentivo così stupido, perchè per un'istante sentii sul mio corpo la stretta delle sue mani che mi premevano ancora di più contro di lei. Il tatuaggio mi bruciò improvvisamente, come se qualcuno si fosse avvicinato alla mia pelle con un accendino.. ed io sapevo il motivo, sapevo perchè tutto quello stava accadendo.
In quell'anno, quello era il primo momento che mi prendevo per pensare solo ed esclusivamente a me.. per pensare al mio dolore, per permettergli di uscire fuori. Con forza, con potenza.. volevo sentirlo stravolgermi, volevo sentirlo rompermi nell'anima, perchè da troppo tempo lo tenevo chiuso dentro, soffocandolo con altri tipi di emozioni, cercando di non pensarci, imponendomi di andare avanti. Era una cosa mia, profondamente ed intimamente mia. E guardavo la sua espressione totalmente piena di piacere, e mi chiedevo quanti altri uomini l'avessero vista così, in quel periodo. Non m'interessava del suo trascorso prima di me, ma dopo, da quando la nostra relazione era iniziata, sapevo che non c'era stato nessuno.
E l'avevo lasciata tra le braccia di un qualcuno che non ero io.. delle braccia che non l'avrebbero riscaldata a dovere, che non l'avrebbero stretta abbastanza, che non sarebbero state per lei un porto sicuro in cui approdare. Non era un vantarsi, ma una consapevolezza. Perchè, come io avevo amato quella donna, non si poteva amare realmente nessuno.
Daphne mi esplodeva dentro, in ogni senso. L'idea di quelle labbra che pronunciavano i ti amo ad un'altra persona, che baciavano, che sorridevano.. dio, era un qualcosa che mi lacerava dentro. Sentivo di essere ancora io l'unico uomo legittimo ad avere quel corpo, a sentire la sua voce. E mi mancava l'aria, sentivo che non stavo più respirando bene.. perchè un qualcosa dentro di me stava cominciando a devastarmi: la verità.
Fui costretto a poggiare per un'istante la testa sullo schienale del divano, riprendendo a guardare quelle immagini. Quei pezzi di noi. Avrei voluto saper esprimere il mio dolore, ma non ero mai stata la classica persona che si piange addosso.. nelle mie scelte, ero sempre stato fin troppo categorico, impulsivo e poco ragionevole.
E mi rendevo conto che in quell'anno avevo preso troppe decisioni con la mente, e poche con il cuore. Avevo tolto la d dal mio tatuaggio perchè credevo che fosse la cosa giusta da fare nei confronti di Beverly che avrebbe dovuto guardarla ogni volta, mi ero ripreso la collana di mia madre convinto che era una cosa corretta da fare visto che quella catenina era indispensabile per me e non potevo privarmi dall'averla ogni giorno sotto ai miei occhi, per quello che rappresentava. Ma quanto, di tutto questo, avrei voluto fare davvero? Se fosse stato per me, se avessi scelto con la mia mente, adesso se non altro la collana l'avrebbe continuata ad avere Daphne. Apparteneva ad una donna che amavo da morire, ed avrebbe dovuto continuare ad essere di un'altra donna che avrei considerato mia per sempre.
Perchè prenderci in giro? Non avrei mai voluto cancellare Drew dalla mia vita, dio.. assolutamente no, ma adesso mi sarebbe piaciuto salire in camera e trovare una bella bambina piccola e neonata a dormire nella culla accanto al letto.. un letto che avvolgeva una meravigliosa e rilassata Daphne, nuda dopo aver fatto l'amore con me. Le avevo promesso che lo avremmo fatto ogni notte, che l'avrei stretta prima di dormire e baciata quando sarebbe venuta mattina.. e lo avrei fatto.
Cristo santo, lo avrei fatto eccome. Mentre ora, mi sentivo vuoto dentro perchè, la consapevolezza di volere un qualcosa che non avrei potuto più riavere, mi faceva sentir male. Lei, era stata la mia donna in tutto.. l'unica per cui avrei fatto follie, l'unica per cui avrei indossato un maledettissimo smoking fregandomene del senso di disagio che mi provocava, quella donna con cui avrei litigato ogni minuto della mia giornata con il pensiero che dopo avremmo fatto pace, quella per cui mi sarei fatto in mille pezzi pur di vederle un sorriso dipinto sulle labbra. E tutto questo, lo avrei fatto non perchè sarebbe stato giusto.. ma perchè avrei voluto farlo.
E sapevo cosa mi avrebbe detto mia madre, se fosse stata con me in quel momento, vedendomi in quel modo.. con le foto tra le mani e gli occhi inaspettatamente lucidi a causa di quel dolore lancinante che non riuscivo a gestire.
"Essere uomo non vuol dire fare sempre la cosa giusta Alex, soprattutto se quella stessa cosa ti rende incompleto. Dov'è finito il mio bambino determinato, quello testardo che smuoverebbe mari e monti per prendersi il suo pezzo di felicità?". Ecco, mi sembrava di sentirla la voce di mia madre, mentre le sue morbide mani mi sfioravano i capelli biondi per tranquillizzarli, per rassicurarmi.
Ed io cosa le avrei potuto rispondere se non che adesso la mia volontà valeva meno di zero? Avrei dovuto pensarci prima, non arrivare fino a questo punto, dopo un anno, e rendermi conto che a me, quella donna, mancava più dell'aria. Mi mancava tutto di lei, persino quando la mattina si rigirava assonnata tra le coperte con quell'espressione ancora dormiente ed i capelli arruffati. Mi mancavano i nostri litigi per la gelosia, mi mancava quel mio provocarla, mi mancava quel suo fare un qualcosa che sapeva che mi avrebbe fatto incazzare.. ma che lo faceva lo stesso, perchè lo sapevo che le mie reazioni le piacevano da morire. E scattavo da morire quando si trattava di lei. Mi mancava quello che eravamo noi, più semplicemente.
Ed ora non avevo nulla di tutto questo se non un ricordo. Ed era chiaro, semplice il motivo per cui mi ero tanto arrabbiato con Daphne quando mi aveva chiesto di essere amici; li per li trovavo assurdo che fosse passato un lasso così minimo di tempo dalla nostra rottura alla sua richiesta.. ma ora, immerso in quel dolore straziante che mi faceva venir voglia di urlare e spaccare tutto, mi rendevo conto che la risposta giusta da darle sarebbe stata solo una: non potevo essere amico di chi amavo ancora. Perchè era quella la verità. E sapevo che non avrebbe mai smesso di essere tale.
Rimisi quelle foto nella loro busta e mi alzai, sentendo l'esigenza di fare un gesto maledettamente disperato, prendendo un pezzo di carta ed una penna.. scrivendoci velocemente sopra tre semplici parole, andando poi al camino e gettare quello stesso foglietto tra le fiamme che ardevano.
Fiamme che lo bruciarono lentamente, esattamente come mi stavano bruciando l'anima e quella consapevolezza rimbombava dentro di me così forte da farmi venire voglia di strapparmi il cuore dal petto e gettare anche quello in quel rogo vivo.

 

Ti amo, principessa.

  
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