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Autore: lishiawho    22/07/2013    3 recensioni
Castiel si era svegliato in una stanza d'ospedale, con la flebo nella vena e un forte mal di testa. Passarano pochi attimi prima che cominciò a ricordare i fatti.
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Alone in the Eternity


Sembrava assurdo, tutto quello che era capitato in quei mesi non sembrava neanche reale.

Inizi di Marzo
Castiel si era svegliato in una stanza d'ospedale, con la flebo nella vena e un forte mal di testa. Passarano pochi attimi prima che cominciò a ricordare i fatti.
Era in ritardo all'università il giorno prima - diceva giorno, ma in realtà non sapeva quanto tempo fosse passato - e ricordava benissimo la sua corsa, il fiatone per lo sforzo. Sapeva di essere stato investito, ma non si ricordava neanche di aver lasciato il marciapedie per attraversare la strada.
Entrò un infermiera che si assicurò stesse bene per poi misurargli la pressione, una prassi normale per ogni ricoverato.
"Come si sente oggi?" Chiese
"Non lo so."
E diceva la verità. Sentiva che il suo corpo stava per la maggior parte bene, ma dentro, era come se dentro di lui ci fosse qualcosa di strano.
Il Dottore gli venne a far visita quel pomeriggio stesso, infomandolo sul suo stato attuale.
"Fortunatamente non abbiamo trovato contusioni o fratture tuttavia, dagli esami che abbiamo compiuto al suo arrivo, è riscontrato un edema celebrare nella zona parietale del cranio. Non sembra nulla di serio ma è obbligato a rimanere per degli accertamenti."
Gli disse il medico e da quel giorno non fece altro che fare esami - che a lui sembravano eccessivi - fino al giorno delle sue dimissioni.

Inizi di Aprile
Fece le scale e poi aprì la porta del suo appartamento per ritrovarlo stranamente pulito. Sorrise, doveva essere stata Tessa.
Era venuta a trovarlo in ospedale poche volte per via degli esami - esami che lui aveva saltato - e per via del suo viaggio, ma anche in quelle poche occasioni era stata in grado di tirarlo su di morale.
Il silenzio era tombale ma a casa sua si sentiva quasi meglio, come se l'enorme vuoto che provava dentro di lui si fosse alleviato solo uscendo dall'ospedale.
Andò in bagno e aprì l'acqua calda.
Sentiva di essere felice, ma era una felicità diversa, sembrava più una felicità obbligata, obbligata dalla situazione: Era uscito dall'ospedale e aveva finalmente superato l'incidente, doveva essere felice.
Uscito dal bagno non si asciugò neanche i capelli e si gettò di peso sul suo letto, addormentandosi.
Non fece sogni quella notte.
Si svegliò verso le undici del mattino, si guardò allo specchio dopo essersi alzato e vestito e non era cambiato nulla. Lui era ancora lì, lo vedeva, ma non provava quasi nulla, era vuoto.
Sentì il telefono squillare e cominciò a cercarlo tra i vestiti che aveva disseminato a terra.
"Pronto?" Disse
"Ciao Castiel." L'istinto di attaccare senza dire una parola era forte, tuttavia rimase in silenzio, senza fare nulla. Come avrebbe potuto far finta di non conoscere quella voce?
"Ciao Raffeal" Disse.
Erano anni che lui e suo fratello non si parlavano. C'erano sempre stati disguidi tra loro ma quando Castiel aveva semplicemente deciso che non avrebbe voluto diventare medico, sia lui che suo padre avevano deciso di non rivolgergli più la parola.
"Ho saputo che sei stato dimesso e volevamo sapere come stavi."
"Mi sorprende anche il fatto che sapevate del mio ricovero. Sto bene." Disse.
Raffael non rispose. Nessuno dei due voleva continuare una discussione simile.
"Bene, riguardati." E riattaccò.
Tornò all'università, incontrando Tessa. I due frequentavano gli stessi corsi e così lo tenne aggiornato sulle lezioni. Aveva perso gli esami per colpa dell'incidente ed ora doveva recuperare.
Si sorprese di quanto la vita riprese alla normalità, tanto quasi da spaventarlo. L'unica cosa che gli faceva ricordare dell'incidente era quel peso opprimente che si portava sul petto. Si sentiva sempre più fuori dal mondo e anche gli studi non lo interessevano più come facevano prima, li frequentava ormai solo per dovere - verso se stesso, verso la promessa che aveva fatto a suo fratello e a suo padre quando se ne era andato di casa - ma nient'altro.
Quella sera era uscito, erano circa le undici di sera, l'intento era quello di andarsi a fare una birra tuttavia la bettola era stracolma e aveva finito per dare una mano a Balthazar a portarla avanti.
Era sul marciapiede, a pensare a niente, poi attraversò.
Si accorse che stava per accadere di nuovo quando fu troppo tardi. Era paralizzato, il suo corpo era paralizzato dalla paura e se ne stava lì, in mezzo alla strada, fissando i fari della macchina che stava per venirgli addosso quando fu strattonato via e venne preso di striscio dal finestrino.
"Che cazzo ti è preso si può sapere? Stavi per essere messo sotto." Urlò
Castiel si tirò su e vide il volto di chi gli urlava contro. Era un ragazzo, su per giù della sua età, occhi verdi e lentiggini.
"Stai bene?" Gli chiese poi, vedendo che Castiel non rispondeva, come se cominciasse a preoccuparsi.
"Oh, Si sto bene. Grazie."
Dieci minuti dopo Castiel camminava sulla via di casa cercando di seminarlo.
"Posso andare a casa da solo." Gli disse per l'ultima volta.
"Certo, ne sono convinto. E' solo che anch'io vado da questa parte." Gli rispose lui. molto poco convincente e Castiel alzò gli occhi sbuffando.
Svoltò l'angolo ed entrò nel suo palazzo e salì al quarto piano.
Si buttò nel letto, cercando di dormire, ma l'unica cosa a cui riuscì a pensare fu la paura che aveva provato in quel momento. Tutto il suo corpo era completamente immobile e ne fu contento, aveva provato qualcosa invece del suo solito... niente.
La mattina seguente Tessa bussò alla sua porta, portandogli un caffè.
"Grazie." Gli disse.
"Non ti aspettare che cotinui a viziarti così." Rispose lei "Però sul serio, Cas, che succede? La metà delle volte fai tardi a lezione l'altra metà non ti presenti proprio."
Castiel sapeva che Tessa era preoccupata e non sapeva come tranquillizarla, anche perché non aveva la minima idea di cosa gli stesse succedendo.
Tessa andò via dopo qualche ora a chiacchierare e Castiel decise di andare a fare un giro, quando scese le scale e uscì non credette quasi ai suoi occhi.
Lo stesso ragazzo che il giorno precedente gli aveva salvato la vita aveva parcheggiato davanti casa sua.
Lo evitò, poteva semplicemente abitare nei dintorni la sera prima gli aveva detto qualcosa del genere, ma si sentì chiamare subito dopo.
"Ohi, perché mi stai ignorando?"
" Perché non ho la più pallida idea di chi tu sia" Pensò Castiel.
"Ti ho salvato la vita merito una ricompensa no?" Disse, sicuro di se e facendo voltare Castiel, sorpreso.
"Premio? Ti ho già ringraziato mi pare."
"Io pensavo più a qualcosa di tangibile." Rispose
Castiel non sapeva perché lo stava ancora a sentire, c'era qualcosa di diverso in lui.
"Sarebbe?" Chiese, quasi curioso.
"Una cena."
"Una cena?" L'espressione di Castiel viaggiava tra il confuso e il divertito. "Con me?" Chiese
Il ragazzo si passò la mano davanti alla bocca, come un gesto istintivo e distolse lo sguardo.
Quella situazione era esilarante.
"Non so neanche come ti chiami." Gli fece notare Castiel
"Dean." Rispose
"Castiel" Disse, stringendo la mano che gli era stata porsa.

Fine di Aprile/Inizi di Maggio
Vedere Dean, per Castiel, era ormai un'abitudine.
Dall'essere seguito sin davanti l'università era diventato passeggero di Dean e dell'Impala quasi ogni mattina - tranne quando Dean doveva lavorare - e a volte la sera si ritrovava a riempirgli il bicchiera al bancone del bar dove lavorava con Balthazar.
Ci fu un giorno in cui Dean era talmente ubriaco da non poter guidare e così Castiel fu costretto a ospitarlo.
"Il divano è tutto tuo" Gli aveva detto, mentre si toglieva i jeans e metteva qualcosa di più comodo.
Si sentì le braccia di Dean addosso all'improvviso, le mani sui fianchi e il mento sulla spalle.
"Sei bellissimo."
E Castiel reagì stranamente, gli era piaciuto, il contatto con la pelle calda di Dean lo fece sussultare.
"Si, e tu sei ubriaco." Aveva detto, riprendendosi e mettendosi a letto dopo averlo cacciato nella sala da pranzo.
Prima di addormentarsi pensò - forse senza volerlo - a Dean. Di come fosse assurda quella loro relazione, se poteva definirsi tale, e di come strano lo facesse sentire.
Era abituato a non dare molta importanza alle cose, dopo l'incidente era come se fosse diventato apatico e disinteressato a tutto o anche peggio, neanche avvenimenti importanti o tristi gli davano una qualche reazione emotiva. Mentre con Dean era diverso e non ne capiva il motivo. Era come se gli facesse dimenticare quel costante dubbio, quella costante paura che lo assediava quando lui non c'era.
Nel bel mezzo della notte, Dean si fece spazio nel letto di Castiel e i due dormirono insieme.

Metà di Giugno
Ormai Castiel e Dean vivevano praticamente assieme ma non avevano mai parlato di quella loro convivenza o accennato a quello che c'era o non c'era tra loro. Era una situazione di stallo, la vita andava avanti ma la situazione non cambiava.
Entrambi si promettevano di cominciare a parlarne presto, ma quel presto non arrivava mai.
E i mesi passarono.
Agosto, Settembre, Ottobre e così via.
Dean faceva avanti e indietro dal suo appartamento a quello di Castiel, che a volte si risvegliava avendocelo accanto.

Ora erano agli inizi di Marzo ormai ed era passato un anno dall'incidente di Castiel.
Lui si era svegliato presto per andare a fare un giro, lasciando Dean a dormire.
Continuava a pensarci da mesi. Il fatto che si sentisse fuori posto ovunque andasse - anche con gli amici che conosceva da anni - lo faceva stare male, lo disturbava anche se non quanto gli sguardi della gente. Gente sconosciuta che lo fissava, in continuazione ma senza mai dirgli nulla.
Quello che provava non era un male fisico, Castiel lo sapeva, ma era doloroso comunque, un dolore che neanche Dean poteva cancellare.
Tornato a casa trovò Dean seduto sul tavolo a fare colazione, i soli boxer addosso.
"Smettila di andare in giro mezzo nudo per casa mia" Gli aveva detto, unendosi a lui.
"Perché? Non mi pare ti dia fastidio." Ribattè Dean, sorridendo. "O forse vuoi che tolga anche i boxer, andrebbe meglio così?" Continuò
"Non sarebbe una cattiva idea." Rispose Castiel "Tralasciando il fatto che l'ultima volta che hai fatto una cosa del genere sei andato al balcone, salutando la vechietta di fronte, dimenticandoti di essere completamente nudo."
E Dean scoppiò a ridere.

Fine Aprile
Castiel stava sempre più male e anche se ogni medico che lo visitava continuava a decretare la sua piena salute fisica, Dean sapeva che c'era qualcosa che non andava.
Rimaneva la maggior parte del tempo a letto, mangiava e beveva poco e Dean non sapeva cosa fare.
L'ultima mattina di Aprile, Dean svegliò Castiel molto presto e lo obbligò a vestirsi. Salirono sull'Impala e partirono.
Per buona parte del viaggio Dean ne tenè nasconscosta la meta, ma ad un certo punto il vento e l'odore della salsedine lo tradirono.
"Come mai siamo venuti al mare?" Chiese Castiel
Dean sorrise triste, prendendogli la mano e camminando. Castiel sentiva che doveva dirgli qualcosa.
Dopo qualche attimo di silenzio, Dean si fermò e senza voltarsi cominciò a parlare.
"Ti ricordi che giorno è oggi?" Chiese
Castiel fece finta di pensarci su, anche se non ce n'era bisogno.
"E' lo stesso giorno che ho accettato di bere una birra con te." Rispose, sorridendo al ricordo.
"Già. Sai Castiel." Disse, dopo una piccola pausa. "Mi sei sempre piaciuto. La dedizione che mettevi in tutto quello che facevi, il desiderio di portare avanti le tue decisioni e il coraggio che hai avuto nel dirlo a tuo padre. Credo di averti rovinato..." Disse
E Castiel continuava a non capire, cominciando a preoccuparsi.
"Dean, tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata." Gli disse
"Ne sei sicuro? E se ti dicesse che il motivo per cui ti senti sempre più male fosse colpa mia, cosa faresti Cas?"
Castiel lo fece voltare e gli parve di vedere gli occhi verdi di Dean lucidi, per un singolo istante.
"E' così?"
"Tu sei morto Castiel."
E Castiel smise di respirare. Il mondo smise di girare, il vento di soffiare e le onde del mare di infrangersi di nuovo sulla sabbia, con il loro solito rumore.
Castiel sorrise: "Lo so."
E solo in quel momento, da quando si era risvegliato in quell'ospedale, provò finalmente pace.
"Sei una proiezione della mia mente?" Chiese Castiel
"Cosa? Non dire sciocchezze." Lo zittì "Sono l'incaricato che avrebbe dovuto farti passare oltre." Spiegò
"Quindi sei reale. Credo mi basti questo." Disse Castiel, avvicinandosi a Dean, sfiorandogli le labbra.

Sembrava assurdo, tutto quello che era capitato in quei mesi non sembrava neanche reale.
Un fantasma che non accetta la propria morte è uno dei casi più difficili da superare, alcuni di questi credono di poter continuare davvero la loro vita come se nulla fosse successo, ma rimanere ancorati ad un mondo del quale non si fa più parte, ti lacera l'anima ed era questo che stava succedendo a Castiel.
"Avrei dovuto aiutarti" Disse Dean.
Si erano seduti entrambi sulla sabbia, i piedi scalzi.
"Passare del tempo con te, però, era diverso." Continuò, cercando di spiegare la situzione complicata, i mietitori non dovrebbero provare nulla o il loro lavoro sarebbe stato compromesso, come era successo: Castiel era sopravvissuto per un altro anno.
"Che facciamo adesso?" Chiese
"Tu devi andare dove saresti già dovuto essere da tempo." Rispose Dean
"Mentre io continuerò il mio giro. Sempre che mi vogliano ancora, ho combinato un casino." Disse ridendo.
I due si scambiarono uno sguardo che avrebbe potuto significare tutto, prima che Castiel si accorse di star man mano scomparendo.
Il vento soffiava sulla spiaggia e Castiel si guardò intorno, non sapeva cosa avrebbe trovato dopo ma non era quello che gli importava.
"Credo che sia l'ultima occasione che ho per dirlo..." Cominciò "Cas io-"
Ma Castiel era già andato e Dean rimase con quelle parole in gola che bruciavano come fossero acido.
  
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