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Autore: Vedelita94    22/07/2013    0 recensioni
Più di una volta si sono sentite dire queste due tipiche frasi:
-"L'amicizia tra un uomo e una donna non può esistere"
-"L’unica persona che può renderti felice è il tuo migliore amico"
Ma perché non si sente in giro che innamorasi del proprio migliore amico è una fregatura?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Erano passati dieci giorni da quella festa. Dieci giorni da quando Kayla era fidanzata ufficialmente con Manuel, dieci giorni da quando cercavo di stare alla larga da Patrick, dieci giorni dall’ultima volta che l’avevo visto. Cercavo di non pensarci troppo. Ma la verità era che volevo sapere se ‘lui’ era realmente qui.
Kayla era più distaccata nei miei confronti e non riuscivo a capire il perché, anche Michael, che un tempo non perdeva occasione per rimanermi attaccato, non si vedeva più in giro.
Ero sola.

La notte non riuscivo più a dormire. Ogni sera facevo sempre il solito sogno. Io che camminavo nella spiaggia a piedi nudi, lasciando dietro di me delle impronte mentre il sole stà per tramontare. Mentre cammino nella spiaggia c’è un ragazzo che fissa l’orizzonte concentrato. Ma non era lì pere quello. Stava per aspettare qualcuno, ed io sapevo che quel qualcuno che aspettava ero io. Man mano che mi avvicinavo riuscivo a identificare maggiormente i suoi lineamenti. Spalle larghe, capelli leggermente lunghi con qualche ciuffo fuori posto. Occhi grigi che solamente guardandoli ti sentivi imprigionata in quello sguardo. Tra tutte le persone che avevo conosciuto solo una era quella: lui.
Quando ero ormai così vicina, lui si voltava e si allontanava e insieme a lui anche la distanza che ci separava. Ogni notte era sempre così.

Se fino a poco tempo fa ero venuta a Rio con l’intenzione di nascondermi dal mio passato, soprattutto da lui, dopo quella sera non riuscivo a non pensarlo. Se fino a poco tempo fa ignoravo tutte le sue chiamate o cercavo di evitarlo, adesso non facevo altro che cercarlo e lui evitava me. Era scomparso.
Più volte avevo tentato a chiedere notizie di lui a Kayla e più volte lei cambiava discorso oppure fingeva di non sapere. Se cercava di imbrogliarmi si sbagliava. Ero più che certa che lei sapeva dove si trovasse. Se lei non mi avrebbe aiutata, lo avrei cercato io.
In ufficio cercavo di stare alla larga da Patrick, evitandolo il più possibile, come faceva lui con me d’altronde. Non riuscivo a credere che aveva cercato di.. violentarmi. Sapevo che lui era un playboy, così si definiva lui e me l’aveva dimostrato mostrandomi la sua agenda nera con tutti i numeri e indirizzi delle ragazze e donne di qualunque età con cui era andato a letto. Non riusciva a resistere alle donne come loro non riuscivano a resistergli. Speravo soltanto di non rientrare in quella categoria. Mi ero illusa, come sempre.
Nonostante cercassi di evitarlo durante le ore in cui mi trovavo in ufficio, più volte i nostri sguardi si incrociavano, più volte mi trovavo a fissarlo, più volte sentivo il suo sguardo puntato su di me.
La mia vocina interiore mi urlava contro dicendomi di andare da lui e dirgli che non mi importava cos’era successo quella notte, che potevo passarci sopra e perdonarlo, l’altra mia vocina quella più ragionevole e più sentimentale mi suggeriva di stargli lontana e che, se voleva chiarire con me, doveva fare lui il primo passo. Ma sapevo benissimo che non lo avrebbe mai fatto, come non l’avrei mai fatto io.
Entrambi eravamo molto orgogliosi.
Dovevo trovare una soluzione. Potevo chiedere a Kayla di cambiare i nostri turni. Poteva funzionare. Non ci saremmo incrociati e non si sarebbero creati eventuali situazioni imbarazzanti ed equivochi. Speravo solo che Kayla, anche in questo caso, non mi avrebbe respinta. Come sempre si trovava nel suo ufficio a parlare al telefono. Sembrava stesse discutendo, almeno così avevo intuito visto che non faceva che ripetere lo stesso tragitto andando avanti e indietro per la stanza mentre gesticolava. Forse stava litigando con Manuel. Se avessi aspettato lì fuori finché non avrebbe concluso la chiamata, ero sicurissima che avrei aspettato fin quando la redazione non avesse chiuso quella sera stessa.
Non potevo aspettare così tanto. Senza pensarci due volte entrai nel suo ufficio facendo finta che non mi ero accorta di nulla. Ma quel mio ingresso mi portò a una tragica verità. Stava parlando di me, con lui.
«Non posso mentirle ancora, non sopporta vederla in quello stato! A chi stai aspettando? Ti do tempo fino a stasera poi le dirò tutto. Quindi ti conviene sfruttare questo tempo che hai a disposizione.»
Rimasi bloccata davanti alla porta mentre continuavo a guardarla parlare al telefono incredula di ciò che avevo visto e sentito. Non riuscivo a crederci. Mi aveva fatta sentire come una stupida per tutto questo tempo quando lei sapeva dove si trovava e le sue intenzioni e non mi aveva detto nulla? Questa la chiamava amicizia? Sapeva che lo cercavo ed ero più che sicura che era a conoscenza del mio passato, almeno di ciò che riguardava me e ‘lui’.
Non si era ancora accorta del mio ingresso fin quando non si voltò verso la porta dov’ero ancora ferma e incrociò il mio sguardo.
«Oh cazzo! Ti richiamo dop..»
«Ah lo richiami dopo anche? Da quanto tempo dura questa farsa?» Non le diedi il tempo di finire la frase ne di chiudere la chiamata. Mi avvicinai di corsa a lei e le presi il cellulare dalle mani.
«Non voglio più vederti ne sentirti, hai capito? Ti odio! Non ne voglio più sapere di te! Sei, sei.. » Non riuscì a terminare la frase. Non sapevo cosa dirgli. Ero fin troppo arrabbiata con lui, con Kayla. Per tutto questo tempo lei sapeva ogni cosa su di lui! Complottavano alle mie spalle. Era riuscita a farmi credere che tutto quello che avevo vissuto quella famosa notte era frutto della mia immaginazione. Mi aveva fatto convincere che fossi diventata pazza.
«Continuate a parlare, tolgo il disturbo.» Ritornai il cellulare a Kayla e mi affrettai a lasciare la stanza. Avevo gli occhi di tutti addosso, Vanessa si era fermata a guardarmi, anche Patrick mi fissava da lontano.
Cosa volevano adesso da me? Non potevano continuare a lavorare?
Li ignorai e andai a prendere la mia borsa per poi uscire dalla redazione. Non appena fuori in strada notai una moto nera fermarsi davanti all’ingresso della redazione. La stessa moto nera che avevo visto davanti casa mia qualche sera fa. La stessa moto nera che avevo visto nel parcheggio. Una volta parcheggiata la moto il proprietario scese da lì e si tolse il casco rivelando la sua identità.
Era ‘lui’, Ian.
L’avevo cercato per così tanto tempo che adesso che si trovava davanti a me credevo fosse un allucinazione. Anche lui mi aveva ingannata, come aveva fatto Kayla. Ma perché nascondersi dopo che mi aveva cercata così a lungo e sbucare fuori proprio ora?
Non potevo perdonarlo. Non così facilmente. Non ora.
Feci qualche passo indietro e mi affrettai a correre verso la fermata del pulman.
«Neen, aspetta!»
Non gli risposi. Continuai a correre più veloce che potevo. Sentivo l’adrenalina che avevo in circolo consumarsi. Lui era dietro di me. Troppo vicino. Mi avrebbe presa e non avrei potuto rimandare quell’incontro.
Una macchina si fermò davanti a me, bloccandomi la strada. Quando la guardai con attenzione notai che era una Ferrari. Quella di Patrick. Senza pensarci due volte aprì la portiera e salì su.
«No, Neen! Non farlo!»Chiusi la portiera in tempo.
«Partiamo. Subito!» dissi senza voltarmi a guardarlo mantenendo lo sguardo fisso davanti a me.
Non se lo fece ripetere due volte che partì di corsa e uscì dal parcheggio. Ero salva, almeno per ora.
Patrick mi aveva sicuramente vista uscire di corsa dalla redazione e aveva pensato che era successo qualcosa, almeno così credevo. Speravo che non avesse sentito il mio vero nome. Speravo che non mi avrebbe fatto troppe domande. Speravo che mi avrebbe portata lontano da ‘lui.

«Ma che fine ha fatto? Ma è sempre così in ritardo?» Fanie e io stavamo aspettando da più di mezz’ora l’arrivo di Ian. Ogni volta che dovevamo fare qualcosa di importante lui non arrivava mai.
Questa volta io e la mia amica dovevamo andare a un appuntamento con due ragazzi che avevamo conosciuto in un locale. Dovevamo vederci sempre nel posto dove ci eravamo visti la prima volta proprio in quel preciso momento.
«Non ne ho la minima idea. Mi ha detto che stava arrivando.»
«Ah si? Quando te l’ha detto? Mezz’ora fa?» Fanie era così impaziente. Ci teneva così tanto a quell’incontro. Se saremmo arrivate tardi e loro erano ancora lì potevamo usare la tipica scusa ‘le ragazze si fanno sempre attendere’. Ma per quanto potevamo ritardare ancora?
Passò un’altra mezz’ora e lui ancora non era arrivato.
«Dannazione! A quest’ora ci avranno mandato a quel paese a avranno rimorchiato le prime ragazze che si saranno trovati davanti!»
«Ma chi fine ha fatto?»
Quella sera lui non arrivò. Avevamo saltato l’appuntamento ed fummo costrette a rimanere in casa a guardarci un film, l’unico decente che avevamo trovato era un film sentimentale. Lui non si fece sentire. Era sparito. Inizialmente avevo pensato che il suo ritardo fosse voluto, che probabilmente non voleva che io e Fanie ci incontrassimo con quelli. Ma adesso non ne ero così sicura.
Che fine aveva fatto?
   
 
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