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Autore: I m a witch    22/07/2013    4 recensioni
Da piccolo aveva sentito spesso parlare di fiabe.
Suo padre non gliene aveva mai raccontate, prima di dormire.
Perché?
Quando fu più grande, seppe che nelle fiabe c'erano i buoni, c'erano i cattivi.
I buoni erano Cappuccetto Rosso, i Tre Porcellini.
Il cattivo era sempre uno.
Il lupo cattivo.
[Questa storia partecipa al concorso "Il testamento dei libri" di Lu_LucyHP]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lily Evans, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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I'm the Bad Wolf


 
Non c'è uomo che a forza di portare una maschera, non finisca per assimilare a questa anche il suo vero volto.”
Nathaniel Hawthorne - La lettera scarlatta



 
***

 
Da piccolo aveva sentito spesso parlare di fiabe.
Suo padre non gliene aveva mai raccontate, prima di dormire.
Perché?
Quando fu più grande, seppe che nelle fiabe c'erano i buoni, c'erano i cattivi.
I buoni erano Cappuccetto Rosso, i Tre Porcellini.
Il cattivo era sempre uno.
Il lupo cattivo.

 

Sono il lupo cattivo.
Remus osservò il paesaggio dai finestrini dell'Espresso di Hogwarts.
Sono il lupo cattivo.
Scorreva velocemente; solo i suoi pensieri andavano ancor più velocemente di esso.
Sono il lupo cattivo.
In quel momento stavano attraversando un bosco. Un bosco fitto. Un bosco oscuro.
La mia casa... il bosco oscuro...
....lontano dalla luce!
Ecco dov'era il suo posto, nel bosco. Non Hogwarts. Non lì.
Hogwarts era un castello, e i lupi non stavano in un castello.
Non si era mai sentito, in nessuna fiaba.
Nessuna.
Sono il lupo cattivo.
I lupi cattivi non abitano nei castelli, ma nei boschi.
Boschi.
Non avrebbe dovuto farlo, lo sapeva bene. Avrebbe fatto del male a qualcuno.
Perché lui era così, era fatto così.
Perché sono il lupo cattivo!
Solo che era stato difficile resistere a quella lettera, a quell'invito tanto accorato, così personale. Silente aveva infuso in lui una grande sicurezza; per la prima volta in tutta la sua vita aveva creduto di non essere... di non essere...
Sono il lupo cattivo.
Gli aveva garantito che avrebbero preso delle precauzioni; che, per una volta, avrebbe potuto essere normale, come gli altri.
Strinse i pugni, fissandoli con occhi appannati.
Non aveva capito la malvagità che aveva dentro? Tutta la sua violenza?
Lui non era normale!
Lui non era come gli altri!
Sono il lupo cattivo, è questa la mia natura,
e lo sarà sempre.
C'era ben poco da fare, ormai.
Si mise le mani tra i capelli, osservando con la coda dell'occhio le figure degli altri ragazzi che camminavano per il corridoio.
Erano allegri, emozionati, scherzosi.
Lui non lo era mai stato.
"Perché?", si chiese con disperazione.
Perché sono il lupo cattivo.
Aveva scelto un vagone isolato, vuoto, poco accogliente.
Era uno degli ultimi vagoni dell'Espresso, uno di quei vagoni che solitamente veniva occupato solo perché non ne erano rimasti altri liberi.
Era vecchio, sporco, malandato.
Lo aveva scelto perché così ci sarebbero state meno probabilità che qualcuno entrasse nel suo vagone. Nessuno si sarebbe fatto male.
In realtà non era quello il vero motivo.
Il vero motivo per cui aveva scelto quel vagone era perché quel vagone, per certi versi, gli somigliava.
Erano entrambi l'ultima ruota rotta dell'ultimo carro distrutto.
Nessuno avrebbe voluto stare con loro.
Nessuno avrebbe potuto stare con loro, nemmeno volendo.
Ecco perché l'aveva scelto.
In quel treno, così pieno di gioia e allegria, quel vagone era quanto di più simile ad un bosco oscuro che si potesse trovare. Era la sua Tana.
Sono il lupo cattivo, e questa è la mia Tana.
Senza nemmeno essersene accorto, cominciò a dondolare sul posto, cullato da quella che ormai era diventata una litania.
Sono il lupo cattivo.
Sono il lupo cattivo!
All'inizio non voleva credere che quelle parole fossero vere.
All'inizio non faceva che ripetersi che lui non era cattivo, che in realtà era... era...
La gente lo aveva sempre additato.
La gente lo aveva sempre giudicato.
La gente lo aveva sempre evitato.
La gente aveva sempre avuto paura di lui.
Come dar loro torto? Avevano ragione, col tempo lo aveva capito anche lui, seppur con rammarico.
Si era solo illuso di poter essere qualcosa di diverso da ciò che, in realtà, era veramente.
La sua vera natura.
Era così felice quando ricevette quella lettera; quando suo padre finalmente si convinse; quando andarono a Diagon Alley per comprare tutto il materiale scolastico.
Solo che, una volta giunto alla stazione, vedendo tutti quei ragazzi, quelle ragazze, felici, sorridenti, senza alcun pensiero se non quello di chiedersi in quale casa sarebbero stati smistati...
Perché lui non aveva quei problemi?
Gli sarebbe anche andato bene diventare un Serpeverde, se fosse servito a liberarlo da quel... da quella...
Ma lui aveva altri problemi.
Più gravi.
Pericolosi. Oscuri.
Lui era il lupo.
Tremò.
La consapevolezza di quell'affermazione lo investì con tutto il suo peso, una volta salito sull'Espresso per Hogwarts.
Prese quel vagone, la sua Tana.
Si sedette, tremando, fissando lo sguardo a terra, in una delle tante macchie della moquette verde, logora.
Che ci faceva lì?
Lui era un lupo cattivo, non poteva essere lì! Non era la sua Tana!
Un rumore fece scattare il suo sguardo verso la porta, atterrito.
Chi osava entrare nella sua Tana?
Sgranò gli occhi. Vide qualcosa di rosso.
Cappuccetto Rosso!
Gli si avvicinò.
Disse:
«Sei solo?»
Cappuccetto Rosso!
Scappa! Ti mangerò!
Sorrise.
«Che c'è, il lupo ti ha mangiato la lingua?»
Cappuccetto Rosso, sono io, il lupo!
Scappa! Va' via di qui!
 
«Ho capito, sei un po' taciturno. Posso sedermi?»
«No, vai via!»
Non l’aveva pensato, l’aveva gridato.
Si tappò la bocca, impietrito.
Cappuccetto Rosso indietreggiò. Poi si avvicinò nuovamente a lui, abbassandosi sulle ginocchia per poterlo guardare meglio negli occhi.
Capelli rossi, con riflessi ramati, lunghi, sfioravano quasi terra.
Non era un cappuccio.
Erano capelli. Rossi.
Poi li vide.
Occhi verdi, limpidi, meravigliosi.
Occhi del colore dei boschi. Boschi luminosi, pieni di vita, boschi di primavera.
Boschi che sapevano di casa.
«Sicuro che vada tutto bene?»
Quel verde si incupì; era preoccupata.
«Io... non...» scosse la testa «No... cioè, non lo so...»
Cappuccetto Rosso si sedette accanto a lui. D'istinto Remus si allontanò da lei.
«Io mi chiamo Lily» sorrise la ragazza «Tu invece?»
«Io sono...»
...il lupo cattivo!
«...Remus. Remus Lupin.»
«Remus, ti spiacerebbe se mi sedessi qui?»
«Sì... cioè, no, credo di no. Sei già seduta per cui...» tenne lo sguardo basso, spostandolo poi verso il finestrino. Il paesaggio era cambiato. Adesso Remus riusciva a intravedere un grande lago dalla superficie scura, sul limitare del bosco.
Guardò Lily, Cappuccetto Rosso, con la coda dell'occhio. Canticchiava sommessamente un motivetto allegro, giocando con una ciocca dei suoi lunghi capelli.
Non avrebbe dovuto permetterle di stare lì con lui. Le avrebbe fatto male, ne era certo. D'altronde, se l'era promesso più volte, prima di metter piede sul treno.
Non socializzare, Remus! È il modo migliore per non combinare alcun tipo di guai.
«Non dovresti essere qui.» le disse, stavolta cercando di guardarla con decisione negli occhi.
Lei si incupì.
«Perché dici così?»
«Perché... non sono quello che sembro»
«Non... non capisco...»
«Non puoi vedermi per quel che sono veramente. Sono cattivo. Dentro, sono cattivo. Non sembro, esteriormente, ma è così. Dovresti andar via, finché sei in tempo»
Stavolta Lily non sembrò spaventata. Il suo sguardo divenne deciso e dolce al tempo stesso, una commistione di sentimenti improbabili.
«Perché dici così?»
«Perché... è la verità.»
«Sciocchezze!» corrugò la fronte «Vedi, io non capisco ancora molto del tuo... del nostro, mondo. Però sono sempre riuscita a intuire quando una persona è davvero cattiva e quando, invece, finge di esserlo. Tu stai fingendo, ne sono certa»
«No... no, ti stai sbagliando. Io sono cattivo, lo dicono tutti, hanno ragione...»
Lily sorrise, rilassando la fronte.
«Beh, allora tutti si sbagliano; anche se credono che tu sia cattivo, malvagio, non vuol dire che tu lo sia veramente»
Quella frase fu per lui una rivelazione.
Si sbagliavano davvero? Lui stesso si era sbagliato?
Lily gli prese una mano, stringendola con decisione. Stavolta fu lui ad essere sorpreso e anche un po' spaventato.
Il primo istinto di Remus fu quello di sottrarsi a quel contatto; tuttavia, non riuscì ad abbandonare quella pelle morbida, quel senso di calore capace di allontanare ogni sua paura.
Però...
Però lui era il lupo! Non poteva comportarsi in quel modo.
Negli occhi di lei, con tutto ciò, vedeva celarsi un'altra verità, la promessa di un porto sicuro in cui rifugiarsi nei suoi attimi di smarrimento, di un'amicizia sulla quale fare affidamento, sempre.
Fu in quel momento, in quel contatto, in quegli occhi verdi che Remus comprese che la speranza esisteva anche per tutti quelli come lui.
In fondo, perché non fidarsi delle parole di lei, così calde e sicure?
Era davvero un lupo, un mostro?
Nelle sue mani quelle affermazioni perdevano qualsiasi significato.
Fu così che decise di fidarsi, così come lei si era fidata di lui, a prima vista.
Si sarebbe fidato di lei, le avrebbe creduto. Avrebbe avuto fede nelle sue parole. Sarebbe stata il suo nuovo rifugio; nei momenti di dolore, avrebbe trovato conforto nei sicuri boschi dei suoi occhi.
Non avrebbe più finto di essere il Lupo Cattivo, come la gente lo aveva sempre spinto a credere.
Non avrebbe mai più indossato quella maschera che loro avevano costruito appositamente per lui; da troppo tempo, ormai, lo stava soffocando in una morsa atrocemente dolorosa, impedendogli di guardare, ascoltare, parlare. Impedendogli di vivere.
La favola, stavolta, sarebbe cambiata.
Come leggendogli nel pensiero, Lily sorrise.
«In te c'è molto più di quello che gli altri potrebbero mai vedere, Remus.»
Quelle parole furono in grado di aprire nuovi orizzonti, nuove promesse.
Per la prima volta nella sua vita, guardando quei grandi occhi verdi, Remus non ebbe più paura di poter fare del male a qualcuno.

Non a lei.
 
  
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