Nota di
inizio: con questa storia ho appena vinto il concorso per “storie
ispirate da una citazione” indetto su Acciofanfiction,
e posso dire in tutta franchezza che assolutamente non me l’aspettavo. È stata
un’autentica sorpresa. C’erano storie molto belle in gara, e mi domandavo perché
dovesse toccare proprio a me, dopotutto… e invece sono rimasta piacevolmente
stupita del contrario. Preciso solo che senza l’aiuto della mia beta Fiorediloto la storia avrebbe avuto una serie di pecche
che, dopo una rilettura a distanza, mi avrebbero fatto mettere le mani nei
capelli; perciò la ringrazio moltissimo per l’aiuto che mi ha dato.
Al di là di tutto, questa storia mi è cara. Perché i
personaggi erano già vivi nella mia testa, molto prima che venisse indetto il
concorso; perciò non è escluso che tornerò a farli rivivere, un giorno.
Il mio ultimo grazie va a Suni, autrice che stimo e ammiro per il suo talento da
ormai molto tempo, perché è grazie alla sua Just
a Black che ho iniziato ad amare Regulus.
Una piccola precisazione
riguardo agli spoiler: si tratta di un paio di bazzecole. Informazioni del
tutto secondarie e riguardanti personaggi secondari. Più che altro, Deathly Hallows ha
contribuito a formare l’idea che mi sono fatta di uno dei personaggi; ma
leggendo si capirà sicuramente meglio quello che intendo dire ^^
Buona lettura
Jane
Noi siamo
ciò che facciamo finta di essere, e dovremmo porre più attenzione in ciò che
facciamo finta di essere.
(Kurt Vonnegut)
Dicembre 1976
Notte
Mi sono addormentata sopra un libro della biblioteca, oggi.
Al posto mio, in questo preciso istante, qualsiasi mio compagno di Casa
desidererebbe uccidersi nobilmente bevendo un calice di veleno pregiato
piuttosto che mostrare ancora la propria faccia in giro. Addormentarsi sopra un
libro è uno di quei tabù silenziosamente sanciti da secoli, per un Corvonero:
prima di tutto, è indice del fatto che non si è sufficientemente allenati per
reggere anche i più estenuanti ritmi di studio; in secondo luogo, rappresenta
un chiaro segno del proprio scarso controllo razionale – controllo che un
Corvonero dovrebbe sempre possedere.
Sono i Grifondoro quelli che possono spensieratamente dimenticarsi di essere
stati dotati di un cervello e decidere di compiere la prima azione sconsiderata
che passa loro per la testa, non noi. Noi siamo la roccaforte degli studenti, i
soli che fin dal primo anno a Hogwarts stanno bene attenti a non perdere una
sola virgola neppure delle lezioni più noiose. Saremmo i primi ad essere
assillati per prestare i nostri appunti a qualche disperato studente con
l’acqua alla gola per gli esami di fine anno, se qualcuno mai avesse lo
sfacciato coraggio di chiederceli. Ma in genere nessuno è così stupido o
ingenuo da venire a domandare un favore simile a qualcuno di noi. Trattandosi
dello studio, qualunque Corvonero si dimostrerebbe oltremodo geloso del proprio
materiale.
Poco importa, comunque. Ho appena infranto una delle regole non scritte
fondamentali per mantenere alta la mia reputazione all’interno della mia Casa,
e cioè dare sempre il massimo nello studio. Non tutti sgobbano come dei matti,
a Corvonero: alcuni hanno semplicemente capacità mnemoniche straordinarie e
bastano loro un paio d’ore sui libri per prepararsi ad un test di
Trasfigurazione, ma anche solo in quelle due ore la concentrazione e l’efficienza
devono essere massime. Io ho trasgredito.
Ho cominciato a sbadigliare verso le otto e mezza e poco dopo ho preso a
trascrivere gli appunti con la guancia destra appoggiata sulle pagine di quel
vecchio tomo ingiallito. Il sonno mi ha sorpreso come la morsa di una tagliola.
Ha forzato le mie palpebre finché non si sono chiuse, cedendo al tormento del
mio corpo che domandava urgentemente riposo. Ho smesso di lottare contro le mie
necessità quando ho cominciato a constatare quanto fosse piacevole riposare gli
occhi per qualche secondo, senza dovermi preoccupare che qualcuno mi
sorprendesse. La biblioteca era praticamente deserta già quando vi ero entrata.
Dopo l’ora di cena, in genere, sono in pochi a trattenervisi,
sia a causa del coprifuoco più stretto per gli studenti sotto il quinto anno
sia perché, d’inverno, da ogni finestra filtrano spifferi gelidi e lo studente
medio preferisce il caldo fuoco del camino della propria sala comune.
Io mi ero portata appresso il mantello. E la sciarpa. E i guanti. Ho bisogno di
solitudine quando mi dedico alle materie scolastiche, e mi risulta piuttosto
fastidioso stare in un luogo dove ad ogni frazione di secondo qualcuno alza la
testa dal libro per domandare agli altri se si ricordano in quale giorno, mese
e anno i Goblin votarono per l’armistizio durante la
terza rivolta nazionale.
Tralasciando il fatto che non si parla d’altro che di scuola, ovviamente.
Credevo che il freddo mi avrebbe aiutata a rimanere sveglia. Avvertivo la
stanchezza pesarmi sulle spalle già da stamattina, considerato che ieri sono
incoscientemente rimasta alzata fino a tardi per finire di scrivere alla mia
amica d’infanzia, Caroline.
Purtroppo, non avevo alternative. Caroline è Babbana, e di Hogwarts non dovrebbe conoscere nemmeno il
nome. Invece, grazie alle mie lettere clandestine è completamente informata di
tutto ciò che mi accade qui dentro; tra di noi, però, vige la riservatezza più
totale sull’argomento. Perché per quanto mi sforzi di restare indifferente alla
bassa opinione che i miei compagni avrebbero di me se scoprissero tutto quanto,
ho più di un motivo per ritenere che sia meglio mantenere nascosta questa mia
particolare corrispondenza. È una specie di diario segreto; scommetto che anche
qualcuna delle mie compagne ne tiene uno, ma immagino che lo utilizzi
prevalentemente per annotarci sopra il numero di ore giornalmente trascorse a
studiare, documentarsi e allargare la propria cultura.
Non faccio un grandissimo vanto del mio sapere. L’abitudine alla modestia con
cui mi hanno cresciuta i miei genitori ha resistito alla deformazione mentale a
cui ogni Corvonero va incontro fin dall’attimo successivo al suo Smistamento.
Non nascondo certo di mal sopportare certi vanesi Grifondoro che trascorrono
intere giornate a bighellonare per il castello e pretendono poi di strappare un
buon voto perfino a professori inflessibili come la McGranitt (pur non sapendo
spiccicare una parola riguardo ai rischi di un’Autotrasfigurazione
incompleta), ma mentirei a me stessa se affermassi di detenere una posizione di
rilievo tra i miei compagni. Il primato, a Corvonero, appartiene a gente come Madeline Barnett, il cui
passatempo preferito è quello di tradurre i testi di Antiche Rune insieme al
suo ragazzo, o come Joel Dunham,
che è talmente bravo ad intessere discorsi sottili da riuscire a strappare al
professore stesso una risposta che non ricorda chiedendogli, in apparenza,
un’ingenua spiegazione.
Addormentandomi sul libro della biblioteca, ho appena fornito loro l’occasione
di riserbarmi un paio di ironici sorrisetti di falsa
compassione. Credo di dovermi preparare psicologicamente a fronteggiarli già
per domani mattina a colazione. A svegliarmi dal mio vergognoso sonno è stato
nientemeno che un Prefetto di Serpeverde, e immagino che l’ennesima opportunità
di spargere malignità sul conto di qualcuno l’abbia inevitabilmente reso
felice.
Avrei dovuto stare più attenta. Scendere nelle cucine a domandare che mi
preparassero una tazza di tè, magari. Sono abituata a fare la doppia faccia,
quindi, per quanto sia capace di dimostrarmi scontrosa e detestabile con chi
non mi va particolarmente a genio in un dato momento, se si tratta di ottenere
un favore dagli Elfi Domestici so essere gentile senza difficoltà. Qualcuno lo
chiama trasformismo, o ipocrisia, ma a Corvonero la si chiama prassi ordinaria.
Ogni studente ci si adatta, anche il più naturalmente schietto e di sani
principi, adducendo giustificazioni di natura pratica. C’è un obiettivo
universale, ed è mantenere alto il lustro della Casa e il proprio. Ingraziarsi
i professori, scavalcare i compagni o usarli per i propri scopi senza che
questi se ne avvedano è perfettamente normale, e nessuno a Corvonero lo ritiene
un reato. L’importante è che il professore non si accorga di essere adulato, o
che il compagno non si renda conto di venir sfruttato.
Mi domando chi sarà il primo a venirlo a sapere. Forse Darlene
Langton, che per quanto ne so è quella la cui
famiglia più si avvicina alla definizione di Purosangue – sebbene Edgar Maddock, l’anno scorso,
l’abbia scaricata dopo averla frequentata segretamente per un paio di mesi
perché ha saputo che la sorella di sua madre è una Maganò.
Nonostante questo, Michelle Moseley
e Kathy Haverill ancora le
rivolgono la parola, e non ci vorrà molto perché delle Serpeverde apprendano una
notizia da un Serpeverde. Poco male. Sono preparata. Le umiliazioni
fortificano, ti insegnano come sviluppare nel modo migliore la tua faccia di
bronzo e, dopo aver abbandonato il posto di Portiere nella squadra di Quidditch
a metà dello scorso anno attirandomi addosso lo sconcerto generale, ritengo di
sapere qualcosa sull’argomento, quantomeno.
Mattino
“Dormito bene?” mi chiede Theresa, in tono cortese.
Rispondo con un’occhiata che si sforza di essere altrettanto cortese.
“Sì, grazie. Perché?” domando, leggermente sulla difensiva, ma senza darlo a
vedere. Lei si stringe nelle spalle, sorridendo.
“Ti ho sentita un po’ agitata, tutto qui”.
Sorrido anch’io. Un accennato sorriso di circostanza.
“Oh. Beh, sai, il test di Trasfigurazione…”
“Sì, preoccupa anche me”.
Annuiamo in contemporanea. Proprio un bel quadretto di cordialità, non c’è che
dire.
“Ti andrà bene, come al solito. Non hai motivo di preoccuparti”.
“Nemmeno tu, se è per questo… hai studiato fino a tardi, ieri, o sbaglio? Non
ti ho sentita rientrare”.
È in questi momenti che mi ricordo perché ogni tanto penso di detestare
Hogwarts. Finirei per dimenticare il significato di termini come solitudine,
intimità e segretezza, se non avessi buona memoria. Qui dentro è praticamente
impossibile che qualcuno non conosca gli spostamenti degli altri – o, come
minimo, dei propri compagni di dormitorio.
“Sì, ho pensato di riguardarmi l’elenco dei casi di Autotrasfigurazione
incompleta finiti male, con relativi effetti collaterali, incantesimi di
riparazione tentati eccetera…”
“Hai fatto bene, io non penso di ricordarmeli tutti”.
Già. Nemmeno io. Ma riguardo a questo è sempre conveniente tacere e far finta
di nulla.
Credo di aver bisogno di un tè caldo, estremamente concentrato. Madeline Barnett riuscirà anche a
sostenere i suoi massacranti ritmi di studio senza fare uso di sostanze
eccitanti, ma io, congenitamente, sono abituata ad un salutare sonno di almeno
otto ore per notte. Essendo però questo il periodo dei test di verifica
trimestrale, non posso permettermi di essere naturalmente riposata e fresca
come una rosa. Sono costretta a rovinare l’immagine della mia Casa andando in
giro con le occhiaie che mi segnano il viso, i capelli ridotti ad un ammasso
informe e la camicia della divisa stropicciata.
Non spreco certo tempo a domandarmi perché i ragazzi non mi corteggino.
Avrei bisogno del bagno, in questo momento, ma Darlene
e Cynthia sono impegnate a farsi belle, e non credo
di poterle interrompere prima di quindici ragionevoli minuti. Madeline non si trucca, non ne ha bisogno, si cotona
solamente i capelli. Ogni tanto la aiutavo anche, quando ancora eravamo amiche.
In ogni caso, ho un’alternativa a questa attesa estenuante: il bagno di
Mirtilla Malcontenta. In fondo, non è poi così male come tutti dicono. Quando
non esplode in uno dei suoi attacchi d’isteria immotivata, riesce ad essere
quasi divertente.
Trascorro il quarto d’ora di routine immersa nella lettura di Storia dei fondatori – che se non
restituirò entro qualche giorno verrà recuperato da una furiosa Madama Pince
direttamente in dormitorio – dopodiché, dato che le operazioni di abbellimento
delle mie compagne si protraggono ancora, naturalmente inframmezzate da ansiose
discussioni di confronto riguardo alle nozioni di Trasfigurazione, mi affaccio sulla
porta del bagno, estraggo la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e pronuncio
rapidamente un Incantesimo di Appello con il quale recupero spazzolino da
denti, asciugamano e crema per le mani. Rigorosamente Babbana.
Me la porto a Hogwarts ogni estate, ci sono affezionata ed è il metodo migliore
che conosco per lenire almeno in parte il bruciore dei tagli che il freddo mi
apre qua e là, soprattutto dove ho la pessima abitudine di strapparmi le
pellicine. Forse non la penserò più così una volta che avremo studiato gli
Incantesimi di Guarigione, ma l’argomento verrà toccato soltanto al settimo
anno, e io sono appena all’inizio del quinto.
Il pensiero di arrivare in ritardo a colazione sta iniziando a preoccuparmi.
Durante quei pochi minuti che perderò al bagno del secondo piano, Darlene avrà probabilmente già saputo e raccontato a tutti
del mio avvilente gesto, e quando entrerò in Sala Grande tutti i miei compagni
saranno costretti a nascondere i loro sorrisini per una mera questione di
contegno. L’idea di mandarli allegramente a quel paese mi stuzzica fin da
quando, trascorso un mese dal mio addio alla squadra di Quidditch, Nathan Rhodes ancora mi proponeva
squallide battutine a riguardo, tuttavia non credo che si realizzerà mai.
Potrei giustificarmi in modo spiccio dicendo che se non sono stata smistata a
Grifondoro significa che evidentemente non posseggo la sfacciataggine
caratteristica dei suoi studenti, ma mi conosco abbastanza per sapere che non
riuscirei mai a mettermi consapevolmente contro tutti per il resto della mia
carriera scolastica. Ho ancora due anni di agonia da trascorrere qui dentro,
con l’unico sollievo delle vacanze di Natale alle porte, e non voglio dare alla
mia Casa un motivo per rendermi la vita un inferno. Mi basta già aver rotto con
Madeline al terzo anno, considerato che ancora adesso
perpetra le sue piccole vendette nei miei confronti senza alcuna ragione. Mi
basta essermi attirata addosso l’odio della squadra di Quidditch quando ho
deciso di mollare. Fingere di essere forte è faticoso.
Raggiungo il bagno del secondo piano praticamente a passo di marcia. Meno tempo
perdo, più possibilità ho di unirmi alla mischia di Grifondoro ritardatari che
scendono sempre a colazione dopo che gli altri hanno già mandato giù almeno due
tazze di tè bollente.
Se non fossi spinta dalle necessità del quieto vivere, non so se sarei davvero
così gentile da permettere a Darlene e Cynthia di occupare puntualmente il bagno senza battere
ciglio. Ma le condizioni di sopravvivenza sono quelle che sono.
Il bagno di Mirtilla è completamente allagato, stamattina. Sospiro,
abbandonandomi ad un’espressione di disappunto; nessuno, ora, può studiare la
mia faccia e dedurre che in questo momento non so che cosa fare. Estraggo di
nuovo la bacchetta dalla tasca e con un paio di incantesimi asciugo il
pavimento; non è la parte tecnica ad essere un problema, quanto il fatto che la
mia natura pessimista sta già cominciando a rimuginare su come la giornata sia
iniziata male. E trovare il pavimento completamente allagato non è d’aiuto.
“Ciao, Mirtilla” bofonchio, mentre mi trascino dentro. Non ottengo risposta. Mi
stringo nelle spalle e preparo lo spazzolino. Mirtilla appare un momento dopo,
uscendo dal rubinetto e facendomi sussultare.
“Potresti anche evitare di fare quella faccia terrorizzata quando mi vedi, sai…
so perfettamente di essere brutta”. Pausa di silenzio per i singhiozzi. “Sì,
Olive Hornby me lo diceva sempre”.
“Non mi sarei spaventata se tu non fossi saltata fuori in quel modo, senza
preavviso” tento di spiegarle, ma una vocina nella mia testa mi sussurra che è
inutile. A quanto pare, morendo, Mirtilla ha perso tutto il suo intelletto di
Corvonero.
“Hai allagato di nuovo il bagno” le dico poi, in tono più pacato. Mirtilla tira
su col naso.
“Non sapevo che fare, mi annoiavo a morte. Oh, oh, questa sì che è una battuta
divertente… Mirtilla si annoiava a morte”.
Sorrido tra me e me, senza preoccuparmi di reprimermi. Mirtilla è un fantasma,
e con i fantasmi non mi interessa celarmi sotto pesanti strati di ipocrisia e doppiogiochismo.
“Non riesco ancora a capire perché vieni qui. Nessuno vuole mai parlare con me,
o venirmi a trovare”.
“Sei una compagnia migliore rispetto ad altre” rispondo, stringendomi
lievemente nelle spalle mentre mi accingo a farmi sanguinare le gengive con lo
spazzolino. Mirtilla gongola alle mie spalle.
“Lo riferirò a Nick-Quasi-Senza-Testa, così la
smetterà di dirmi che sono più intollerabile del boia che ha cercato di
decapitarlo ripetutamente”.
Stavolta sorrido in modo quasi amaro, constatando che non mi sono sentita
gentile per ciò che ho detto; la pura e semplice verità è che se avessi degli
amici non frequenterei certo il bagno di Mirtilla.
“Vai già via?” mi chiede lei, mentre mi accingo ad inforcare la porta. Rispondo
con un distratto tentativo di scuse, ormai catturata dal ritmo frenetico della
vita scolastica.
Probabilmente, se qualcuno venisse a conoscenza del fatto che intrattengo
rapporti amichevoli con un fantasma piagnucolone, diventerei davvero lo
zimbello della scuola. Ma nessuno si azzarda a mettere piede da queste parti, a
meno che non sia proprio disperato.
Arrivo in Sala Grande perfino dopo i Grifondoro ritardatari. Attraverso gli
spazi fra i tavoli completamente sola, concentrandomi sulle panche anziché
sulle facce delle persone. Mormorano talmente piano che quasi non li sento
aprir bocca.
“Ci sono le uova, oggi, Erin” mi dice Theresa, indicandomi il piatto. Io annuisco, confusa, e
quando mi siedo nessuno mi lancia strane occhiate. Non ho problemi a
riconoscere che ciascuno dei presenti sia un maestro della dissimulazione, ma
non fino al punto da resistere alla tentazione di farmi capire che sanno.
“Hai un ciuffo fuori posto”.
Lascio che Cynthia mi sistemi i capelli senza
innalzare una barriera di sottile disprezzo per il suo gesto ipocritamente
gentile, mentre aguzzo la vista e osservo. Nathan Rhodes e Randy Vickers stanno discutendo dei possibili sbocchi
professionali della carriera di Medimago, Madeline si è già alzata da tavola per andare ad
intrattenersi presso i Grifondoro del nostro anno (tra cui figura anche il suo
ragazzo, Darcy Burrow), Joel Dunham sta discutendo la sua
preparazione per il test di oggi con Elizabeth Lachey,
la studentessa modello un anno avanti a noi, mentre Theresa
e Darlene sono chine l’una verso l’altra a bisbigliare
sottovoce. Il mio eccellente udito mi consente di tendere un orecchio e di
comprendere che stanno commentando il modo in cui procede quest’anno l’eterna
diatriba fra Lily Evans e James Potter, i due Grifondoro del sesto anno che
probabilmente hanno fatto più parlare di sé da quando sono a Hogwarts.
Le possibilità sono due. O hanno deciso che essermi addormentata su un libro
della biblioteca non è un fatto sufficiente per regalarmi altro disprezzo, o
non sanno nulla di nulla.
Eppure, fino a qualche secondo fa avrei potuto giurare che il Prefetto di
Serpeverde non avrebbe esitato neppure un secondo a diffondere la notizia. In
questa scuola ogni spunto è buono per profondersi in chiacchiere maligne, anche
se riconosco di non reggere il confronto con gli intriganti diverbi tra Potter
e la Evans.
Rintraccio nella brocca del latte una scusa per sollevarmi leggermente in
piedi, cosa che mi permette di verificare che Regulus Black è regolarmente
seduto al suo posto, stamattina. Non mi sembra particolarmente assorto in
ripassi dell’ultimo minuto, anzi. Gira il cucchiaino nel tè con aria
altezzosamente incupita, come si conviene ad uno del suo rango, rispondendo
brevemente alle domande dei suoi vicini.
Se davvero non ha aperto bocca, credo di potermi ritenere sorpresa.
Non credo di aver mai avuto una precisa e dettagliata opinione su di lui.
Fondamentalmente perché è sempre stato suo fratello maggiore ad attirare
sguardi e commenti, con il suo bel faccino da bimbo smaliziato e la sua
condotta sregolata, all’insegna di un’anarchica ribellione contro ogni genere
di autorità. Un paio d’anni fa ero una di quelle sciocche ragazzine che entrava
in fibrillazione segreta ogni qualvolta i suoi occhi chiari vagavano in maniera
apparentemente distratta per la Sala Grande; tuttavia, non sono mai stata
sufficientemente appariscente da attirare l’attenzione di un ragazzo che con un
semplice schiocco di dita poteva avere almeno un centinaio di spasimanti più
appetibili di me, perciò la mia cotta per Sirius Black è finita per risolversi
nella mia prima ed amara delusione sentimentale. Ma poi è passata, come tutte
le altre cose. È passata, e io ho smesso di confidarmi ingenuamente con le mie
compagne di dormitorio, dopo essermi attirata addosso il disprezzo di Madeline che, pur essendo anche lei una delle tante in gara
per il primo posto, tentava di marcare il territorio anche nei confronti di chi
non aveva speranze già in partenza. È stata solo una delle tante umiliazioni
che mi è toccato ingoiare; il processo, del resto, è sempre lo stesso.
Rimuovere i rimpianti, fingere che vada tutto bene e trasformarsi nella
personificazione dell’indifferenza. Non che in questo modo la gente cessi di
mormorarti alle spalle, ma almeno ci si sforza di fingersi meno fragili di
quanto si è in realtà, e si finisce per convincersi di esserlo. E questo,
spesso, è un conforto, per quanto minimo.
Regulus è del mio anno, ma ho sempre pensato a lui come al fratello di Sirius.
Alla stessa stregua di tutti, qui dentro. Non è certo brutto, ma non immagino
nemmeno quante volte si sarà sentito sussurrare alle spalle che non è neppure
paragonabile a Sirius. Si è distinto più di una volta in Pozioni, anche se Lumacorno non l’ha mai considerato uno dei suoi più stretti
favoriti; si dice che sia caratterialmente l’opposto del fratello e gioca
discretamente a Quidditch, ma per quanto il suo cognome sia sempre sulla bocca
di tutti non è lui ad essere il principale oggetto di discussione. Mi accorgo
che pensarlo in questi termini mi fa una certa pena, in effetti. Al momento ho
soltanto una sorella troppo piccola perfino per mettere piede a Hogwarts, ma
non mi sentirei felice a vivere all’ombra di un mio consanguineo.
Ricordo che mi ha svegliata bruscamente, scuotendomi per le spalle in modo
piuttosto secco. “C’è il coprifuoco, Oakley, vattene
a dormire”, mi ha detto. È uno di quegli studenti del mio anno con cui non ho
praticamente mai avuto contatti. Mi è capitato di dovermi scontrare con Kathy Haverill e Robert Durden, ogni tanto, anche
se le mie repliche alle loro malignità si sono spesso limitate a qualche
risatina ironica e ad alcune occhiatacce, ma Regulus mi è parso sempre troppo
impegnato ad accanirsi contro il fratello e i suoi amici, tutti più vecchi di
noi. L’ho visto spesso in giro con gente come Mulciber,
Piton, Rosier e Wilkes, e
probabilmente costituisce il prototipo del perfetto Serpeverde, ma non posso
dire di conoscerlo veramente.
Non so per quale motivo non abbia diffuso la faccenda. I Serpeverde conoscono
molto bene i punti deboli delle altre Case, e di sicuro Regulus non è così
ingenuo da non aver immaginato che, se qualcuno dei miei compagni mi avesse
sorpresa in quello stato, sarei diventata lo zimbello di tutti.
Evidentemente, è soltanto uno che tende a farsi gli affari suoi.
Pomeriggio
Credo di voler andare in dormitorio, in questo momento. Nonostante abbia
pranzato poco meno di due ore fa, sento un impulso davvero forte che mi spinge
verso quella mezza tavoletta di cioccolato di Mielandia
che conservo nel cassetto della biancheria per i momenti difficili. Il
cioccolato riuscirebbe a farmi passare lo sconforto, in questo momento.
Non credo che il test sia andato bene. Dovrei mantenere i nervi saldi e
mostrarmi agli occhi dei miei compagni con un sorriso soddisfatto, o almeno
un’espressione tranquilla, ma non ci riesco. Me ne sto accasciata con la
schiena al muro e la testa china, a fissare lo spazio tra due piastrelle del
pavimento, depressa.
Un voto inferiore a ‘Oltre Ogni Previsione’ è uno dei
disonori peggiori per un Corvonero, inutile dirlo. Se ieri sera, invece di
addormentarmi, avessi impiegato ogni mia energia per farmi entrare in testa
tutto quanto, ora non me ne starei qui a rodermi il fegato.
Non so perché non riesco a far finta che tutto vada bene. È altamente
improbabile che ognuno dei miei compagni non abbia sbagliato neppure una
virgola, nemmeno Madeline, almeno non con la
McGranitt; eppure, loro si comportano come se avessero già un voto eccellente
in tasca. Mi preoccupa quel passaggio in cui ho dovuto fare troppi giri di
parole per ovviare a un dettaglio che non ricordavo, quell’indicazione
completamente sbagliata e quel particolare troppo vago. Mi tormento una ciocca
di capelli, e non ho la forza di unirmi al gruppo per discutere le domande e
confrontare le risposte. La rassegnazione mi spinge a lasciar perdere in
partenza.
I Corvonero sono tutti bravi ad adattarsi a determinate caratteristiche, per
poi fingere di essere tutti degli adorabili studenti modello. Io mi rendo conto
di non esserlo mai stata particolarmente. Ci sono quelli più deboli, più
fragili, che dopo una certa quantità di tempo loro concesso vengono etichettati
come casi disperati e isolati dal resto della comunità, per quanto
l’intelligenza e la brillantezza scolastica non manchino neppure a loro. Io
oscillo in questo limbo, più o meno. Immagino che l’importante sia che questo
segreto rimanga mio.
È nel momento in cui Regulus esce dall’aula che riesco finalmente a distrarmi.
Non si è più avuto sentore di una fuga di notizie, quindi immagino che abbia
davvero deciso di tenere la bocca chiusa. Magari ho ingigantito eccessivamente
la faccenda, ma non posso fare a meno di essergliene grata; in questo momento,
se qualcuno cominciasse a lanciarmi frecciatine o anche solo a bisbigliarmi
alle spalle, credo che non riuscirei a far finta che non me ne importi niente.
Il signor Prefetto ha l’aria ancora più imbronciata di stamattina. Si ferma a
discutere a bassa voce con Robert Durden
per qualche secondo, poi si allontana. Non ci salutiamo; preferisco evitare che
guardandomi in faccia si ricordi di ieri sera; in più lui sembra decisamente di
fretta. Non ha nemmeno recuperato le sue cose.
Non appena anche quel gruppetto dell’ultimo minuto ha concluso il test, la
McGranitt ci fa rientrare in classe. Io prendo la mia roba e decido di darmela
a gambe. Una parte di me, la più saggia, immagino, vorrebbe impedirmi di
abbrutirmi fisicamente sfogandomi con il cioccolato, perciò credo che andrò a
rifugiarmi nel ripostiglio che ho finito di sistemare la settimana scorsa.
Non sono particolarmente brava nell’orientarmi all’interno del castello, quindi
non mi sono mai azzardata ad andare a caccia di passaggi segreti o stanze
nascoste. Mi sono rimboccata le maniche e ho ripulito uno stanzino dalle
cianfrusaglie, e se per un po’ ho bisogno di calma mi rifugio lì. Gazza finora
non si è mai presentato a recriminare, ma se mai dovesse capitare ho già pronta
una serie di scuse efficaci, oltre alla prospettiva di bloccare la porta con un
incantesimo.
Non posso rimanerci molto. Non voglio che gli altri facciano domande circa la
mia assenza; in più, il coprifuoco è piuttosto severo e non ci tengo a finire
in punizione. Lascio che siano i Grifondoro a sfidare la sorte, con molto
piacere. Però sento il bisogno di scrivere a Caroline,
ed è meglio farlo lontano da sguardi indiscreti, il che esclude automaticamente
dormitorio e sala comune.
Velocizzo il passo, entusiasta della mia stessa idea. Finalmente qualcosa che
non comporta problemi. Rallento solo quando inizio a sentire delle voci dietro
l’angolo.
“Hai rovinato tutto quanto con la tua stupida fuga”.
“Credi che mi interessi? Beh, la risposta è no”.
Non credo che sia saggio fermarmi, ma alla fine lo faccio. Non mi sento
abbastanza sfacciata da disturbare una discussione.
“Eravamo fratelli”.
“Se non hai altro da dirmi, sono in ritardo…”
“Posso anche inventarmi una scusa, riuscirei lo stesso a renderti la vita un
inferno”.
“La mia vita era un inferno prima, fratellino,
ora puoi star certo che nessuno dei tuoi pretesti per farmi mettere in
punizione potrà intaccare il mio paradiso”.
“Ti odio!”
“Sbaglio o ti avevano detto di lasciarmi perdere? Hai cose più importanti su
cui concentrarti, adesso, no? I servi di Lord Voldemort devono essere sempre
pronti ad eseguire i suoi ordini…”
“Mille volte meglio che essere il servo di James Potter”.
“James ora è la mia famiglia,
okay? Mettitelo bene in testa. C’è un motivo se me ne sono andato da casa
vostra. James non mi direbbe mai che mi odia, per esempio”.
Cala un silenzio pesante, rotto soltanto dal rumore del mio respiro, che se
potessi soffocherei senza esitazione. Non so neppure se sia meglio ritornare
sui miei passi o proseguire verso la mia meta come se niente fosse. Un attimo
dopo, però, sento rimbombare i passi di uno dei due fratelli.
I Corvonero, in genere, fingono di farsi gli affari loro; sono dei maestri
nello spettegolare in segreto, ma non te lo verranno mai a dire. Ti faranno un
sorriso di circostanza e cominceranno a pensare a quanto tu sia stupido, senza
darlo minimamente ad intendere.
Io, invece, non riesco a fare di più che chinare la testa e fingere di essere
invisibile.
Regulus cammina molto velocemente. Tanto velocemente che spero quasi che non mi
veda. Invece, mentre mi passa davanti, si gira verso di me e mi fulmina con
un’occhiata carica di rabbia.
“Fatti gli affari tuoi, capito?” mi dice, seccamente, mentre si allontana. Io
rimango a fissare il punto in cui l’orlo del suo mantello scompare dietro
l’angolo senza riuscire a ribattere in alcun modo. Ma immagino che se anche gli
avessi detto che io mi faccio sempre
gli affari miei non avrebbe avuto molta importanza.
Non sento i passi di Sirius. Suppongo che se ne sia andato nell’altra
direzione.
Ovviamente avevo sentito parlare di tutto questo. Che Sirius se ne fosse andato
di casa durante l’estate, che fosse fuggito da James Potter e che la sua
famiglia l’avesse rinnegato. Avevo anche sentito dire che Regulus frequentasse
molto più assiduamente la cerchia di quei Serpeverde che non facevano mistero
di idolatrare le Arti Oscure. Ma non avevo collegato lo stato d’animo più cupo
di Regulus alla fuga di Sirius da casa.
Non è colpa mia se ci sono finita in mezzo, ad ogni modo. Stavo cercando di
guadagnarmi un po’ di tranquillità in questa enorme gabbia di matti, non di
impicciarmi.
Se in questo momento avessi ancora Regulus davanti, con quell’espressione
stravolta dalla rabbia e gli occhi quasi lucidi, un paio di osservazioni da
fargli le avrei. Per esempio, che il suo accanimento iroso nei confronti di
Sirius ha ben poco del fare altezzoso e sprezzante con cui si mostra al
pubblico. O che evidentemente dev’essere soltanto una
voce di corridoio che il secondogenito Black avesse giurato di non rivolgere
mai più la parola al suo rinnegato consanguineo. E invece mi è parso di capire
che sia stato lui a fermare Sirius di sua iniziativa, nel momento in cui ha
ritenuto di trovarsi lontano da testimoni indesiderati. Ottenendone di essersi
fatto ferire nell’orgoglio come un bambino, non come un nobile Serpeverde a un
anno dalla maggiore età, non come un prossimo Mangiamorte.
Immagino sia ovvio e naturale desiderare di essere più di Sirius. A parte il
favore della famiglia, Sirius ha avuto tutto dalla vita: intelligenza,
bellezza, carattere, amici che gli sarebbero fedeli fino alla morte. Regulus si
distingue da lui perché ha scelto la strada opposta, e a prescindere dal
giudicarlo per essersi unito ai Mangiamorte non credo di biasimarlo
completamente perché desidera avere un’identità. Anche se questo poi lo porta
ad esprimere il suo risentimento nei confronti di Sirius soltanto in privata
sede.
Sera
Avevo così tante cose da scrivere a Caroline
che mi sono ritrovata a terminare la lettera alle nove passate. Mi sono dovuta
interrompere per tornare in dormitorio, poi per scendere a cena, e alla fine
per rifugiarmi in biblioteca a finire i compiti per domani. Ora è da poco
scattato il coprifuoco, e teoricamente io non potrei muovermi da qui.
Mi sforzo sempre di dare alla gente l’idea che io sia una persona prudente, a
cui non piacciono le sfide. L’anno scorso, quando Joel
e Nathan hanno organizzato una gita notturna a Hogsmeade, ci hanno impiegato un’ora per convincermi che
avevano pensato al modo di evitare ogni rischio. Ma quando si tratta di spedire
queste lettere, il modo in cui cerco di apparire agli altri va a farsi benedire.
È sufficiente che nessuno mi scopra.
Dato che Madeline parla sempre ad alta voce dei suoi
compiti di Prefetto, ho ormai imparato abbastanza bene come insegnanti e
studenti autorizzati si muovono per il castello durante la ronda serale. Riesco
a raggiungere la Guferia senza particolari problemi;
la mia abitudine a muovermi con circospezione mi permette di evitare Regulus
per un pelo. Ma una volta che lui si è lasciato il corridoio alle spalle,
quella zona è ad accesso libero.
Non avendo più nulla da temere, mi trattengo un po’ con il mio gufo. Non è
esattamente di mia proprietà, è soltanto uno dei gufi della scuola, però credo
che un po’ si sia affezionato a me, considerato che di solito è di lui che mi
servo per spedire i miei messaggi. Caroline lo riconosce
con facilità grazie alla macchia bianca sul petto, così capisce che deve farlo
entrare. Di sicuro non pensa che le sia arrivata una lettera ogni volta che
vede un gufo fuori dalla finestra, e in questo modo le rendo le cose più
facili.
Quando mi decido ad uscire dalla Guferia, mi fermo un
attimo fuori dalla porta per reprimere malamente uno sbadiglio. La distrazione
mi costa cara, perché l’attimo dopo mi giunge un rumore di passi all’orecchio,
e quando mi volto mi ritrovo faccia a faccia con Regulus.
“È la seconda volta in due giorni che ti sorprendo in giro oltre l’orario, Oakley. Credo proprio che dovrò farti mettere in
punizione”.
Le mie sviluppate capacità razionali in questo momento sono soltanto in grado
di dire ‘oh, cavolo’.
Sospiro, decisa a fingere di aver mantenuto il controllo di me stessa, e tento
di guardare Regulus negli occhi con fermezza mista a studiata rassegnazione.
“Se è davvero così indispensabile, potresti almeno evitare di suggerire a Vitious che mi faccia pulire la Guferia?”
propongo, e lui per un momento tace, spostando il peso su una gamba e
portandosi una mano al mento, pensieroso.
“Peccato, sarebbe stata un’ottima idea” commenta, e dentro di me esulto. Può
darsi che se la sia bevuta.
“Questo significa che glielo dirai?”
“Significa che non sottovaluto le tue capacità di rigirare la frittata. Voi
Corvonero siete terribilmente subdoli e macchinosi. Probabilmente ti fa piacere
passare del tempo là dentro con il tuo gufo, o qualcosa del genere”.
Oppure può darsi di no.
Mi lascio sfuggire un sospiro, arrendendomi. Lo guardo di nuovo negli occhi.
Ritengo che sia meglio cambiare discorso.
“Che ci fai in giro?”
Lui inarca le sopracciglia, accentuando un’aria esasperata.
“Sono un Prefetto, l’intuito ti aiuta a collegare questa affermazione con il
concetto di ronda serale?”
Io trattengo un sorrisetto, celandolo sotto un’espressione falsamente sorpresa.
“Che strano. Sei passato di qui soltanto dieci minuti fa”.
Regulus, a differenza di me, sorride. Incrocia le braccia. Sembra quasi
stupito.
“Oh, allora mi tieni d’occhio”.
Diciamo che ho calcolato bene le mie mosse, ma non è necessario che lui lo
sappia.
“È stato un caso” rispondo, ostentando una certa modestia. Lui aggrotta la
fronte con aria dubbiosa.
“Non lo so. Non faticherei molto a credere che tu abbia… come dire… studiato
tutto”.
Il suo tono è insinuante, misto ad una vena di malignità. A questo punto
sarebbe meglio passare al contrattacco, prima che sia lui a prendere in pugno
la situazione.
“Perché fai un secondo giro?” gli domando.
Regulus reagisce con una genuina smorfia di fastidio.
“Non sono affari tuoi” mi dice. Seccamente, stringendosi nel mantello come se
volesse difendersi.
Sentirmi considerata una minaccia, però, mi rende ancora più desiderosa di
essere irritante.
“Dubito che tu sia qui appositamente per mettermi in punizione” osservo,
sviscerando la questione come se stessi sezionando una rana durante una lezione
di Pozioni. Regulus stringe le labbra in una smorfia sarcastica.
“Se mi credi gentile e compassionevole, hai sbagliato persona” ribatte.
“Non ti preoccupare. Avevo pensato a qualcosa di più credibile”.
Come per esempio la smania di sorprendere Sirius fuori dal dormitorio. Tutti
sanno che di notte lui e i suoi amici scorrazzano per il castello praticamente
indisturbati.
“Non sei credibile nemmeno tu, considerato che infrangi le regole per spedire
una lettera”.
Mi stringo nelle spalle, rassegnata. Non è la prima volta che i miei sforzi di
comportarmi da perfetta Corvonero vanno in fumo per un mio errore.
“Forse avrei dovuto fare più attenzione” rispondo.
Per un attimo cala il silenzio, ma Regulus continua a starmi di fronte, con le
braccia incrociate e l’espressione ermetica.
“C’è qualcos’altro che ti preme sapere?” mi chiede. Io fingo di pensarci un
attimo su.
“Sì. Non sei andato a dire in giro nulla riguardo al fatto che mi hai sorpresa
a dormire in biblioteca perché hai dei principi?”
Per quanto si sforzi di mantenere il contegno, riesco ad intravedere la sua
sorpresa.
“Non sono sicuro di aver capito”.
Sorrido, in maniera quasi impercettibile.
“Sei in una situazione in cui ci tieni a mostrarti indifferente e distaccato e
ti infastidirebbe se qualcuno andasse in giro a dire che in realtà non è così,
per cui hai pensato di applicare lo stesso principio nei miei confronti e hai
tenuto la faccenda per te. Semplice”.
Mi accorgo ora che Regulus non ha gli stessi occhi di Sirius. Sotto la frangia
ricciuta non lo si nota, ma sono molto più chiari. Di ghiaccio. Perfettamente
in grado di trafiggere.
“Non mi sento in obbligo morale verso di te, Oakley.
Ricordatelo bene” mi dice, in tono di avvertimento.
“Da buon Serpeverde che si rispetti” rispondo io.
“Esatto. Perciò non adagiarti troppo sugli allori. La prossima volta che ti
sorprenderò a quell’ora in biblioteca con gli occhi chiusi e la bocca
spalancata, ti ritroverai nelle grinfie di Madama Pince prima che tu riesca a
dire Quidditch”.¹
Annuisco, cercando di fargli capire che mi rendo conto della grazia ricevuta.
“Terrò gli occhi aperti, grazie dell’avvertimento”.
“Non mi ringraziare. Con i tuoi stupidi ragionamenti macchinosi avresti capito
anche da sola che la prossima volta non sarò clemente” ribatte lui, con un
nobile gesto di stizza, perfettamente degno di un Black.
“Capisco. Ad ogni modo, una ventina di minuti fa ho visto tuo fratello che si
affaccendava vicino a uno specchio al quarto piano”.²
Questa volta, Regulus cela lo stupore dietro il sospetto. Mi scruta con
attenzione, come se da un momento all’altro dovessi estrarre la bacchetta per
lanciargli contro una fattura.
“Mi prendi in giro?” mi chiede. Io mi stringo nelle spalle.
“No, ma potrei. Giusto per avere la conferma di quanto ti piacerebbe cogliere
Sirius con le mani nel sacco”.
Regulus stringe le labbra, ma è quel muscolo contratto sulla guancia a
confermarmi che l’ho punto sul vivo.
“Non è una questione personale. Se lo merita e basta. Non ha un permesso
speciale per fare sempre come gli pare e piace” si spiega, in modo
perfettamente logico. Io mi lascio sfuggire un sorrisetto.
“Non ti preoccupare. Soltanto io so che ti brucia che se ne sia andato di casa.
Gli altri nemmeno se lo immaginano”.
Regulus stringe i pugni, ma non mi guarda.
“Non mi brucia affatto” mi dice.
“Potresti andare a fargliela pagare e lasciarmi andare a dormire, comunque”.
Mi ritrovo nuovamente a dover sostenere una delle sue occhiate fulminanti, ma
alla fine il Prefetto sospira e scuote nobilmente la testa.
“Accertati che non sia un libro a farti da cuscino, prima di chiudere gli
occhi” mi dice, prima di voltarsi e andare via. Io annuisco, sorridendo lievemente.
Farò più attenzione la prossima volta.
***fine***
¹ la battuta cita Madama Bumb in nel film di “Harry Potter e la Pietra Filosofale” –
non mi pare fosse presente anche nel libro, ma tant’è.
² ho parlato proprio di uno specchio perché, andando a curiosare sull’HP Lexicon, ho scoperto un dettaglio di cui non mi ricordavo:
al quarto piano c’è uno dei passaggi segreti che conducono fuori da Hogwarts, e
sta proprio dietro uno specchio; all’epoca di Harry & Co. non lo si usa
più, perché Fred e George dicono che una frana l’ha bloccato, ma all’epoca dei
Malandrini suppongo che fosse ampiamente sfruttato. Un mio lettore su Accio mi ha riferito che il passaggio in questione è
nominato dallo stesso Sirius nell’Ordine della Fenice, cosa di cui non mi
ricordavo assolutamente, quindi questo confermerebbe la mia teoria.