Serie TV > Teen Wolf
Ricorda la storia  |      
Autore: xXx Veleno Ipnotico xXx    23/07/2013    9 recensioni
«Non sapevo che aspetto avessi durante una crisi, fino a che qualcuno non mi ha filmata e mi ha messa in rete. È capitato in classe; mi sono sentita male al banco...»
Attraverso queste parole, Erica ripercorre nella sua mente ciò che sperava non sarebbe mai venuto a galla. La fine di ogni crisi portava via anche il ricordo di quanto era accaduto, ma purtroppo un filmato rimaneva vivo nei ricordi per sempre; nascosto in un angolo, fermo, aspettando il momento giusto per assalire chi come lei desiderava solo poter dimenticare.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Erica Reyes
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

« Non sapevo che aspetto avessi durante una crisi, fino a che qualcuno non mi ha filmata e mi ha messa in rete »

 

La Scuola era sempre stata un luogo orribile, per Erica. Fin da bambina aveva sempre odiato stare in quell’edificio, a contatto con le persone che, giorno dopo giorno, ferivano i suoi sentimenti senza neanche conoscerla.

Il più delle volte i suoi coetanei la guardavano passare, soffocando le risate con colpi di tosse o chinando la testa, in modo da mascherare il sorriso sbilenco che deformava il loro volto.

Era costretta a subire tutto ciò da anni e non poteva fare niente per evitarlo, perché non poteva fare niente per fermare quella condizione neurologica che era da sempre causa delle sue crisi.

Questo la feriva, perché non era di certo stata lei a chiedere l’epilessia, ma gli altri ragazzi sembravano non capirlo; troppo occupati a pensare a loro stessi, preoccupandosi esclusivamente di questioni come avere a tutti i costi l’ultimo modello di cellulare o il vestito più alla moda.

Erica, queste cose, non le aveva mai possedute: non aveva un telefono cellulare, perché le uniche persone nella sua rubrica sarebbero state i suoi genitori e non possedeva vestiti alla moda, perché sperava che se si fosse vestita nel modo meno appariscente possibile, forse non l’avrebbero notata e di conseguenza non ci sarebbero state risa e parlottii sommessi al suo passaggio.

Ma di certo non sarebbe bastato questo a fermare i ragazzi della Beacon Hills, che del tutto ignari di ciò che fosse o comportasse l’epilessia, ridevano durante ogni sua crisi, come se vederla contorcere sul pavimento in preda a una serie di convulsioni fosse solo l’ennesima delle sue stranezze e non un grave disturbo neurologico.

Erica, però, aveva smesso addirittura di sorprendersi della loro poca emotività, iniziando a credere che la loro fosse solo ignoranza.

Si chiedeva, infatti, quanto avrebbero continuato a deriderla sapendo cosa ogni volta era costretta a provare. Bastava aprire un semplice libro e documentarsi, ma evidentemente era più semplice prendere in giro e rimanere nell’ignoranza.

 

« È capitato in classe; mi sono sentita male al banco »

 

Ricordava di essere seduta al suo solito banco: in fondo all’aula, sulla destra; accanto a lei, vicino alla parete, c’era un banco vuoto, mentre alla sua sinistra un ragazzo non molto popolare, a cui, quindi, non importava di essere seduto accanto a una come lei.

L’algebra non era di certo la sua materia preferita, ma non avendo nessuno con cui chiacchierare durante le lezioni riusciva a capire quegli argomenti con il minimo sforzo.

Stava copiando l’esercizio scritto alla lavagna quando un sapore metallico che ben conosceva le stuzzicò le papille gustative, facendole assumere un’espressione disgustata.

L’aura era una sorta di avvertimento da parte del suo organismo prima di una crisi. Iniziava con delle anomalie visive, sensazioni luminose di archi irregolari o linee spezzate e solo infine arrivava quel retrogusto ferroso che più di una volta aveva confuso con il sapore del sangue. Il tutto durava generalmente qualche minuto e non le provocava alcun dolore, per questo, il più delle volte, era difficile prevenire che crollasse a terra, di fronte a tutta la scuola.

La vista le si fece pian piano appannata, fino a che la visuale dell’aula, davanti a lei, non sbiadì fino a scomparire.

Buio. Tutto quello che rimase fu solo l’oscurità più totale, mentre il suo corpo cadeva con un tonfo giù dalla sedia, privo di conoscenza.

Ebbe inizialmente uno spasmo di tutti i muscoli scheletrici e dopo una decina di secondi iniziò a essere soggetta a ripetute convulsioni, mentre nella classe cominciava a dilagare il panico. Alcuni studenti sembravano realmente preoccupati, mentre altri avevano l’aria annoiata di chi aveva assistito a quello spettacolo fin troppe volte. Diversi ragazzi tirarono fuori dalle tasche dei jeans il proprio telefono cellulare e come reporter qualificati iniziarono a riprendere l’intera vicenda.

La professoressa Conelly le si avvicinò preoccupata, ma in preda all’agitazione rimase immobile a fissarla per diverso tempo, poi ricordandosi delle indicazioni che le erano state date dai genitori della ragazza, prese a spostare banchi e sedie in modo che non si facesse male sbattendo contro qualcosa.

Erica si contorceva ripetutamente come in preda a delle scariche elettrice; i suoi muscoli si muovevano in modo rapido, improvviso e senza controllo, mentre girava gli occhi all’indietro lasciando visibile solo la parte bianca.

I muscoli della mandibola le si erano irrigiditi e dalla bocca iniziava fuoriuscire muco e saliva.

Non aveva più alcun controllo sul suo corpo, sulla sua mente... Tutto quello che percepiva era solo la solitudine del buio.

 

« Dicevano che bisognava mettermi qualcosa in bocca, fino a quando qualche genio non ha letto il biglietto che dice di non farlo perché potrei spezzarmi i denti »

 

Guardandola contorcere sul pavimento, con la bava alla bocca e la gola che produceva versi di soffocamento, un ragazzo dai capelli scuri suggerì di tirarle fuori la lingua, perché altrimenti avrebbe potuto soffocare.

Altri ragazzi acconsentirono, ignari delle vere pratiche di soccorso che in realtà andavano esercitate, mentre, con noncuranza, una ragazza dall’aria disgustata propose di metterle semplicemente qualcosa in bocca, in modo da non doverle prendere la lingua a mani nude; come se quell’atto avrebbe trasmesso al mal capitato una terribile malattia infettiva.

Sguardi assenti volarono nell’aula, ma nessuno sembrava essere intenzionato a cercare qualcosa di solido da metterle in bocca, mentre segni di morsicature iniziavano a lacerarle la lingua.

Qualcuno stava proponendo di metterle sotto i denti un oggetto di plastica, in modo da distanziare lo spazio dalla lingua, così avrebbe smesso di morsicasi e l’afflusso di sangue che già si era mischiato alla saliva sarebbe diminuito.

Fortunatamente la professoressa Conelly si ricordò del biglietto che i genitori di Erica avevano compilato, per rendere note le pratiche di assistenza effettuabili in caso di una crisi lontana da casa.

Sopra quel semplice foglio di carta vi era specificato cosa andava fatto e cosa, invece, andava evitato e cercare di estrarle la lingua dalla bocca o metterle qualcosa sotto i denti era assolutamente vietato, se non si voleva che questi si spezzassero sotto i continui spasmi della mandibola.

Bisognava aspettare; in fondo ogni crisi non durava più di tre minuti. Tre minti che ogni volta venivano sottratti alla memoria di Erica, perché fortunatamente, una volta ripresa, lei non ricordava mai niente.

 

« E vuoi sapere, poi, che è successo? Me la sono fatta addosso e loro si sono messi a ridere  »

 

Erica si sentiva intorpidita e confusa, ma questo era un buon segno, perché significava che stava riprendendo conoscenza e ciò volva dire che la crisi stava giungendo al termine.

Sentì le mani grassocce della professoressa Conelly girarla su un fianco, in modo che le secrezioni di muco e saliva le uscissero dalla bocca, per non farla soffocare.

Non ricordava come fosse iniziata, ma questo non le accadeva mai.

Si sentiva stanca e dolorante e benché la sua insegnate continuasse a chiederle ripetutamente se si sentisse bene, lei non riusciva a risponderle, perché tutto appariva ancora troppo confuso e in quelle condizioni comunicare era un’azione troppo complessa.

Chiuse gli occhi, trattenendo le lacrime per via del dolore che le provocava la lingua insanguinata e come ogni volta il piacere del sonno la invitò a lasciarsi andare, fino a quando delle risate non la destarono.

Aprì gli occhi di scatto, provocandosi involontariamente un capogiro: l’intera classe la guardava ridendo, indicandola senza alcun segno di sensibilità e fu solo in quel momento che Erica si sentì i pantaloni bagnati.

Durante la crisi ogni suo muscolo era andato fuori gioco ed evidentemente non aveva potuto trattenersi a quello stimolo fisiologico.

In confronto alla sensazione d’imbarazzo e di disagio che in quel momento stava tormentando il suo animo, il dolore alla lingua non era niente.

Quelle risate risuonavano nella sua testa come il suono insopportabile di una campana a morte e non potendo più trattenersi scoppiò a piangere, anche se dalla sua gola non uscì alcun suono, come se la sua voce si fosse nascosta dalla vergogna, così come avrebbe voluto fare lei.

Sentì arrivare da lontano il suono della croce rossa, che sfumò fino a diventare un tutt’uno con le risate.

Teneva le gambe strette, sperando che nessuno potesse vedere la macchia umida sui suoi pantaloni, ma in realtà era solo una vana speranza.

Voleva credere che si trattasse solo di un brutto sogno, ma purtroppo non era così. La sola cosa che desiderava in quel momento era dimenticare e fortunatamente sapeva che questo sarebbe accaduto. Non avrebbe avuto più alcun ricordo di quella crisi e per questo ringraziava il cielo ogni notte.

Non aveva idea, però, che quello stesso pomeriggio il suo corpo in preda alle convulsioni, i suoi occhi girati all’indietro e quella macchia sui pantaloni, avrebbero fatto il giro del mondo, memorizzati in milioni di memorie che non erano la sua. Quel ricordo non sarebbe sparito come gli altri; sarebbe rimasto sempre lì, in rete, finché non l’avrebbe trovata per ferirla.

 

« Sai, l’unica cosa buona delle crisi epilettiche è che non me le ricordo mai; finché un perfetto idiota non ha messo una videocamera in ogni cellulare »

 

 

 

 

 

 

Pensieri&Precisazioni: In questo periodo sono abbastanza prolifica, devo dire xD così eccomi qui con una nuova os, questa volta sul fandom di Teen Wolf.

Se qualcuno aveva letto la mia "Si è soli dall’altra parte!" (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1969387&i=1) probabilmente si sarà reso conto che ho utilizzato la stessa idea: ho ricostruito un missing moment basandomi sulle parole dette da Erica a Scott nella 4x03 (doppiaggio italiano). Mi era stato detto che l’idea era carina, così ho deciso di ripetere un secondo esperimento, ma in un fandom diverso :D

Per quanto riguarda Erica, mi è sempre piaciuta, come personaggio. Molti l’hanno screditata per via del suo comportamento; io, al contrario, l’apprezzo proprio per questo. Le persone non hanno mai mostrato comprensione o sensibilità, nei suoi confronti e giustamente lei si comporta di conseguenza una volta “guarita”. Ovviamente fa il suo percorso anche lei e già alla fine della seconda stagione la vediamo cambiata; forse a causa della paura, chi lo sa, ma non è l’amore quando in terra, ferita, dice a Boyd di scappare, pur sapendo che da sola sarebbe andata incontro a morte certa?! *///*

Insomma, io la trovavo un gran personaggio, peccato che sia a lei che al resto del branco hanno dato poco spazio nella seconda stagione, perché sono convinta che avrebbe potuto dare tanto allo show!

In questa os ho provato a descrivere una delle sue crisi, rimanendo sempre in tema introspezione, il che è stato abbastanza complesso perché durante una crisi epilettica si è privi di conoscenza e quindi io dovevo caratterizzare il personaggio e i suoi sentimenti, ma anche descrivere la dinamica della situazione rimanendo “neutrale”. Spero di esserci riuscita! ^^”

Il comportamento indifferente e derisorio dei ragazzi della scuola può risultare un po’ ambiguo, in certi punti, ma semplicemente volevo evidenziare la loro “pochezza” bei confronti di un disturbo del quale non sanno niente. Per loro non è una cosa grave, perché ogni volta, dopo circa tre minuti di convulsioni, la vedono riprendersi e per questo davanti all’ennesima crisi si mostrano indifferenti.

La prendono in giro non per il suo disturbo, ma per quella che credono sia solo una stranezza del suo comportamento (un po’ come se per loro fosse un attacco di panico o la balbuzie).

Mi sono documentata molto prima di iniziare a scrivere (come avrei potuto non farlo, se volevo parlare di una questione tanto complessa?!) quindi spero che da questo lavoro sia uscito fuori qualcosa di decente ^^”

p.s. Vi lascio questo video https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=-1W_dmmyRdI che credo sia perfetto da guardare prima o dopo aver letto la os.

 

Ci sentiamo alla prossima ;)

   
 
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: xXx Veleno Ipnotico xXx