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Autore: mavi    03/02/2008    4 recensioni
Spolier DH
“Appunti di vita. Tenere sempre a mente ciò che si è e ciò che si vuole diventare. Annotare i propri difetti, per saperli correggere ed eliminare…”
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Tonks, Draco Malfoy, Famiglia Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Diagon Alley era piena di gente, così come non lo era da molto tempo

Diagon Alley era piena di gente, così come non lo era da molto tempo.

La gente entrava nei negozi con un sorriso in più, irrompendo con un allegro buongiorno. Le botteghe Oscure erano state chiuse, confinate nella solitaria Nocturn Alley, e molte delle vecchie vetrine erano state riaperte.

Era passato un mese dalla fine di Lord Voldemort, ma lei non riusciva a condividere quella gioia.

Era viva, era tra i sopravvissuti alla guerra, doveva ringraziare Merlino per questo. Ma, in realtà, non c’era giorno che non avesse insultato quel dio per quella punizione che le aveva mandato.

Eppure, credeva che essendosi allontanata dalla sua famiglia, e da tutto ciò che quella rappresentava, avesse espiato in gran parte le sue colpe. Le colpe di aver condiviso per anni ideali sbagliati e malati come quelli della purezza del sangue e della superiorità dei maghi.

Sino a quando non era andata ad Hogwarts, non era entrata in contatto con la realtà, quella vera.

Sino a quando, poi, non aveva conosciuto lui.

Ted.

Un nodo alla gola.

Uno sbattito di ciglia umide minaccia di rovinare il trucco abbondante e curato al quale si era sottoposta quella mattina, prima di uscire di casa.

I capelli castani chiari lasciati liberi sulle spalle, a sparpagliarsi sul suo mantello e a ondeggiare con esso.

Lo sguardo rivolto avanti, apparentemente neutro, in realtà pieno di dolore e rabbia per i lutti subiti.

Lei, Ninfadora.

Una fitta al petto. Un passo più deciso e calcato sulla strada fatta di chianche.

E quello che era da poco il suo genero…

Sospirò, fermandosi davanti alla Gringott, la Banca dei Maghi.

Tirò fuori dalla tasca del mantello un foglietto ripiegato. Lo aprì e vide la lunga lista delle cose da comprare che, con il tempo, man mano che le venivano in mente, lei stessa aveva scritto.

Era passato molto tempo, troppo, da quando aveva dovuto accudire un bebé.

Se accettava la sua punizione, era solo per quei vagiti che sentiva provenire dalla piccola culla in legno, ai quali non sapeva resistere, e per quel visino paffuto che ammirava ogni volta che si sporgeva oltre essa. Per quel ciuffetto di capelli che cambiava colore ogni cinque minuti …

Rinfilò la lista in tasca. Avrebbe dovuto effettuare un cospicuo prelievo.

Con tre buste per braccio, affaticata e infastidita da quel caldo insopportabile entrò nel Paiolo Magico, sorpassando l’arco di pietre e lasciandosi alle spalle il Mondo Magico. Entrando nel limbo.

Fece un cenno al barista, Tom, e poi si sedette sulla prima sedia trovata libera, appoggiando con non molta cura le buste sul tavolo.

Da una di queste rotolò fuori un sonaglio, il quale levandosi in aria inizio a muoversi e scampanellare allegramente, spargendo polverina argentata che spariva prima di toccare terra.

Lo prese tra le mani, facendo cessare subito l’allegro rumore, e lanciò con un leggero sorriso uno sguardo di scuse ai tavoli vinci.

Ancora osservando il piccolo giocattolo ridacchiò, a Teddy sarebbe piaciuto.

Gettò uno sguardo alle sue buste, scorse un involucro trasparente nel quale era avvolta una piccolissima e morbidissima tutina blu scuro, con colletto bianco.

La scartò e la prese tra le mani, alzandola a livello degli occhi.

Era piccolissima.

Immaginò di averlo ora lì, il suo bimbo, con addosso quella tutina della quale sia era innamorata a prima vista, e sorrise, dolcemente e tristemente. Era certa che sarebbe stata benissimo al suo nipotino…

Si fece servire un rinfrescante tè freddo, incartò nuovamente tutti i suoi acquisiti e pensò che, forse, l’idea di Molly Weasley di uscire e di occuparsi personalmente della spesa non era stata così cattiva.

Tutto sommato, le aveva fatto anche bene.

Le labbra erano distese in un leggerissimo sorriso sereno. Leggero, ma c’era.

Non le restava che passare dai Weasley e riprendere il suo piccolo Teddy, per tornare poi, loro due, a casa.

Si alzò e raccolse le sue buste, lasciando le monete del conto sul tavolo. Tuttavia, non appena in piedi, vide qualcosa che turbò la serenità tanto faticosamente raggiunta quella mattina.

C’era un ragazzo, seduto a qualche tavolo più in là, vicino all’uscita per la Londra Babbana. Era magro, pallido, biondo… Anzi, no. Biondissimo.

Strinse di più la stretta attorno ai manici dei suoi pacchi, chiudendo le mani a pungo.

Il figlio di sua sorella. Meglio, il figlio di quella che un tempo era stata sua sorella…

Si guardò intorno. Il collegamento era semplice da fare, la rabbia che le montava dentro altrettanto semplice da risvegliare.

Narcissa Balck Malfoy. La sorella della donna che aveva ucciso la sua Ninfadora…

Non scorse in nessuno degli angoli bui di quel posto la lunga chioma chiara della donna, e tornò a guardare intensamente quel ragazzo.

Suo nipote… Quello, era il nipote di cui avrebbe fatto volentieri a meno.

Quel ragazzo incarnava tutto ciò che aveva ormai anni addietro rifiutato, tutto quello che le aveva portato via la sua nuova e, forse, troppo felice vita.

Perché gente come a loro era sopravvissuta e il suo Ted, la sua Ninfadora, no?

Si accorse di star pensando qualcosa di terribilmente crudele. La morte della famiglia di sua sorella. Era la rabbia che l’accecava e che le faceva desiderare tutto quello.

Se Narcissa avesse provato tutto quello che stava provando lei in quel momento. Solo così forse si sarebbe consolata…

Narcissa, la più calma e ragionevole tra le tre sorelle, la più pura d’aspetto, la più imperturbabile, la più enigmatica nel mostrare i suoi sentimenti, la più astuta…

Lei e la sua famiglia erano sopravvissuti.

Suo marito e sua figlia no.

C’era una ragione per tutto quello? C’era forse una giustizia divina?

Quale peccato così enorme doveva scontare?

Lei, Andromeda Black, traditrice del suo sangue (a detta della sua famiglia) che aveva dedicato l’intera vita all’amore per suo marito e per sua figlia.

Ma, in fondo, sapeva bene che non sarebbe stato il ferire sua sorella a farla stare meglio.

Quella era solo la rabbia e la vecchia appartenenza ad una famiglia di Serpeverde Purosangue che si faceva risentire. Ma lei non era come loro.

Draco (sì, così si chiamava il figlio di sua sorella) sembrò avvertire il suo intenso sguardo e si voltò.

Restarono a fissarsi, il ragazzo aveva uno sguardo tra l’infastidito e il turbato, in un primo momento addirittura sconvolto.

Poteva immaginare, purtroppo, il perchè.

In ogni caso, era ovvio che non sapesse chi lei fosse. Conoscendo la famiglia Black, ogni foto era stata strappata, ogni ritratto bruciato.

Distolse lo guardo e iniziò a camminare attraversando il locale, a testa alta, dirigendosi verso la porta d’uscita.

Quando fu vicina al tavolo di quello che, almeno secondo un albero genealogico di tanto in tanto bruciacchiato, doveva essere suo nipote, sentì il suo guardo su di lei e poi un sussurro.

“Postaccio pieno di Nati Babbani…!”

Si bloccò, il disprezzo in quella voce era qualcosa che aveva sentito tante volte, ma che ora non poteva più tollerare.

“Cos’hai contro i Babbani?”

Si voltò, la voce fredda e dura. Draco aveva alzato il viso, sorpreso.

Il ragazzo rimase per qualche secondo in silenzio, sbattendo le palpebre. Cercando di indagare meglio il suo viso, ora nascosto dalla penombra che la copriva quasi completamente, lontana da qualsiasi torcia. Poi, tornando a fissare dritto dinnanzi a sé, scrollò impercettibilmente le spalle e sussurrò ancora. Come se avesse poca convinzione egli stesso nelle sue parole.

“Il fatto che esistano… Suppongo…”

Si interessò a quella strana risposta. Valutando la situazione, scegliendo con cura le parole da dire, assottigliò gli occhi.

“Come ti chiami?”

Draco le lanciò uno sguardo veloce, circospetto, per poi tornare a guardare la propria mano appoggiata sul legno del tavolo, accanto a una Burrobirra.

“Perché le interessa? Lei chi è? Prima di tutto.”

“Ho solo chiesto di dirmi il tuo nome, non chi sei. Solo per poter avere un nome da ricordare.”

Qualche attimo di silenzio, e poi sembrò accettare la sua risposta.

“Draco.”

Draco…”

Conosceva il suo nome. Ma voleva avere un pretesto per nominarlo ad alta voce.

Quando aveva saputo che Narcissa era incinta, poco dopo essere andata via di casa, per un momento aveva desiderato vederla con la pancia, chiederle se era una maschio o una femmina, interrogarla sul nome che avrebbe scelto.

Infondo, allora, considerava ancora tutti loro come la sua famiglia.

Poi il bambino era nato, l’aveva saputo da voci di corridoio. Il figlio dei Black e dei Malfoy, l’unione di due grandi e nobili famiglie magiche:

Draco.

Sorrise quando lo sentì, e ancora ricordava il pensiero fugace che attraversò la sua mente.

Ottima scelta, Narcissa.

“E’ un bel nome, complimenti.”

Lo vide ghignare appena.

“Li faccia ai miei… Tradizione di famiglia…”

Già. Lo sapeva bene.

Andromeda come Draco, come Sirius… Tutte costellazioni che li osservavano da lassù, da quel cielo stellato che la sera sembrava così crudele, perché portava i ricordi con sé, e spaventosamente bello.

I Black sono nati per essere immortali nella loro purezza e nobiltà, ricordati e ammirati da ogni famiglia magica, proprio come gli astri celesti.

Era questa, più o meno, la ragione che si celava dietro a quella scelta, tanto eccentrica quanto affascinate, di chiamare i propri figli come stelle.

Vide Draco guardarla in uno strano modo, un sorriso furbo appena accennato, uno sguardo animato da uno strano luccichio.

Assomigliava a Narcissa, oh sì.

Benché qualcuno vedendolo avrebbe detto fosse la “fotocopia di suo padre”, lei riconosceva i tratti e le espressioni di sua madre, molto più presenti di quanto un occhio estraneo avrebbe potuto notare.

“L’avevo scambiata per mia zia, ma era impossibile fosse lei…”

Andromeda indurì lo sguardo, e rimase in silenzio.

Sapeva. Sapeva di assomigliare incredibilmente a quella assassina. Ogni volta che si guardava allo specchio voleva colpirlo e ridurlo in mille pezzi.

“Evidentemente.

“D’altronde lei è morta in questa guerra…”

Rispondendo cercò di sembrare il più convincente possibile, mantenendo indifferenti i suoi sentimenti a tutto quello.

“Ci sono state tante vittime in questi mesi.”

“Vittima lei… non proprio…”

Non capiva se il ragazzo avesse abbassato la voce semplicemente per non farle sentire quello che diceva, o se l’avesse fatto per sottolineare l’ironia che le era parso di cogliere, o se invece fosse per sofferenza.

Sofferenza?

Bellatrix, la zia affettuosa alla quale voler bene?

“Per fortuna non era lei.”

Ora decisamente tutto tornava.

“Non è una cosa carina da dire…” si sforzò di recitare.

“Questo è esattamente quello che avrebbe detto anche mia madre… Infatti non direi mai una cosa del genere davanti a lei.”

“Ci era affezionata?”

Draco rimase in silenzio, e lei bramava quella risposta.

Narcissa e Bellatrix. Le due sorelle Balck.

Una volta c’è ne era anche una terza, ma questa era stata persa da tempo. Non si rammaricava di questo. Tuttavia, qual era stato il rapporto tra le due una volta che lei era andata via?

Non era mai andata particolarmente d’accordo con Bellatrix. Troppo burrascose entrambe, ma con Cissy le cose erano diverse.

“Lei… sì. Direi alla fine di sì.”

Andromeda alzò il viso, respirando a fondo. Riflettendo.

La famiglia è la cosa più importante.

“Mia zia era un tipo particolare, non facilmente amabile, con qualcosa di folle, ho sempre pensato, ma era sua sorella.

“Anche se… credo che per salvare me, probabilmente avrebbe messo in secondo piano anche lei…”

Questa volta lo sguardo di Draco era perso, ma il suo tono era intenso. La confessione fatta davanti ad un’estranea, e a se stesso…

“L’amore fa fare cose a volte impensabili… Ed è nella natura di una madre voler sempre proteggere il proprio figlio.”

“Mia madre ha fatto di tutto per salvarmi, in questa guerra... E’ iperprotettiva e fastidiosa, a volte, quando mi tratta ancora come un undicenne. Ma, probabilmente, senza il suo aiuto non sarei sopravvissuto.”

In fondo, si ritrovò pensare, che forse Narcissa era stata una madre migliore di lei. Aveva tentato di proteggere suo figlio, la sua famiglia, e ci era riuscita. Lucius e Draco erano ancora vivi, Ted e Ninfadora no.

“Cosa… cosa credi che avrebbe fatto se tu invece fossi morto?”

Interminabili secondi di silenzio. Poi gli occhi grigi del ragazzo che si voltarono a guardarla.

E nemmeno la penombra che le copriva il volto sembrava proteggerla più.

“Credo sarebbe impazzita.”

“Torturandosi l’animo, chiedendosi se avesse potuto fare qualcosa di più. Volendo raggiungerti oltre la vita, lasciandosi tutto il resto del mondo alle spalle, perché oramai nulla più ha significato…” aveva terminato lei quel pensiero. Mescolando i suoi sentimenti alla finzione di un’ipotesi, rivelando ad alta voce ciò che mai aveva detto a nessuno.

Si ritrovò a fissare il legno del tavolo. Sbattè le palpebre e tornò a guardare Draco, quando questi riprese a parlare.

Ma se le avessi lasciato un figlio, sono certo che avrebbe continuato a vivere solo per lui…”

Si immobilizzò, ascoltando con stupore e paura quelle parole.

No, non erano un caso. Come non lo erano i suoi occhi che la stavano fissando, quel ghigno appena accennato di chi è compiaciuto per l’effetto ottenuto, di chi la sa lunga.

Boccheggiò, restando poi in silenzio.

“Si direbbe quindi che non mi sono completamente sbagliato, quando ho pensato di aver vista mia zia.”

Ancora silenzio da parte sua, e lui continuò.

“Vuoi sapere come ho capito?

“Be’ intanto, come ti ho già detto, la somiglianza con Bellatrix era qualcosa di non trascurabile. Mi sono realmente spaventato quando ti ho vista, ma poi mi sono detto che erano solo suggestioni… e brutti scherzi del destino. Eri una donna che le assomigliava, punto. Lei era morta, e non che avessi tanta voglia di rivederla gironzolare per casa a dare ordini a destra e manca.

“Poi ti sei avvicinata, e quando hai iniziato a parlare, pian piano, nella tua voce ho riconosciuto qualcosa di mia madre. Allora ho pensato che non potevano essere coincidenze e che, d’altronde, c’era un’altra Black, in giro, da qualche parte.

“Non mi hanno mai parlato di te, e non ci tenevo allora, come adesso d’altronde, a sapere nulla di più della tua vita. Non ho mai visto una tua foto. Ma una volta zia Bellatrix andò su tutte le furie perché mia madre le ricordò di quanto vi assomigliavate da piccole. E così…”

Andromeda emise un mezzo sbuffo di resa, il tono pungente.

“Sei proprio il figlio di tua madre.

“Quindi sapevi sin dall’inizio con chi stavi parlando…”

“No, non dall’inizio. Se proprio lo vuoi sapere, a confermare le mie ipotesi sei stata tu stessa.

“Ti sei tradita da sola. Perché di solito non si chiede se una persona fosse stata affezionata alla sorella morta.”

“Hai ragione…” inarcò le labbra in un sorriso di amara constatazione.

“Sono stata stupida e sbadata. Mi sono lasciata trascinare.”

“Non posso che darti ragione…”

“E sei anche il figlio di Lucius Malfoy.

“Non sono mai andata particolarmente d’accordo con tuo padre. Spero tu abbia preso da Narcissa” sentenziò altezzosa.

Draco non rispose subito. Meditando, in quella che le sembrò un’espressione cupa, sulle sue parole.

“Mio padre non va particolarmente d’accordo con i traditori del proprio sangue” lapidario e conciso.

“Neanche tu, scommetto. Eppure questa piacevole chiacchierata avresti potuto interromperla parecchi minuti fa. Invece mi sembra non ne avessi la minima intenzione.”

“Curiosità. Tutto qui. E non mi sembra che la mia fosse l’unica, da come mi osservavi.”

“Hai ragione di nuovo. Ma io non ho torto, qualcosa ti ha spinto a voler parlare con me. Forse questa guerra…”

Piegò le labbra in un sorriso storto, ma non malvagio.

“Ti saluto, Draco.”

Fece un passo vero la porta, ma si bloccò. Non voltandosi tuttavia indietro.

“Anch’io continuerò a vivere solo per suo figlio.”

“Lo diceva spesso nonna Druella a mia madre, che ti assomigliava più di quanto non sembrasse…”

Voltò il viso, inarcando un sopracciglio, scettica e sorpresa a quella affermazione. Draco sorrise malevolo.

“Appunti di vita. Tenere sempre a mente ciò che si è e ciò che si vuole diventare. Annotare i propri difetti, per saperli correggere ed eliminare…”

Andromeda si voltò nuovamente, il naso appena all’in su, i capelli scrollati sulle spalle. E uscì definitivamente dal Paiolo Magico, con l’intimo sollievo di non aver sbagliato nemmeno di una virgola a giudicare la “sua” famiglia e i “suoi” Appunti di vita, con la felicità rinnovata di aver scelto appena in tempo un altro manuale da seguire…




Più volte mi è venuto in mente di pensare a quale sarebbe stato il rapporto tra questi due personaggi, così non ho trovato momento più adatto che la fine della guerra per metterli a confronto… Grazie d’aver lettoJ

  
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