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Autore: EchoofRain    24/07/2013    0 recensioni
Quando la notte è scesa, a Desmond Miles non resta che fare i conti con se stesso.
Prima fanfic che scrivo, quindi, vi prego, siate buoni! genere malinconico, introspettivo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Desmond Miles
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Respiri. Respiri nell’aria fredda, condensati al suo tocco in nuvole bianche. Era quello che percepiva nell’oscurità, sdraiato sul dorso, separato dalla grigia pietra solamente dal tessuto del sacco a pelo.

Dopo giorni interi passati nella macchina, avevano deciso di concedergli un po’ di riposo. Non volevano certo che strippasse di nuovo, usando il colorito linguaggio di Shaun.

Ma tanto, lui non riusciva a dormire. L’unico momento in cui poteva chiudere gli occhi, era quando tornava a connettersi con l’animus, e la white room iniziava a caricarsi. Quando tornava nel mondo reale, quando si separava dalle vite non sue che riviveva sempre più profondamente, non restava che l’irrequietezza e l’insonnia.

 

A volte socchiudeva comunque gli occhi, si lasciava trasportare sempre più in giù nel buio, fino a che non sentiva il cuore sobbalzare con forza.


Si guardò intorno. Intravedeva le sagome dei suoi compagni, coloro che fin dall’inizio l’avevano seguito, menomati di un elemento, ma tuttavia ancora insieme.

Vedeva poco più in là Shaun, ritto e preciso persino nel sonno, con le braccia poggiate sul ventre.

Alla sua destra, Rebecca, la cui vitalità nell’ultimo periodo iniziava a mancare, in posizione fetale abbracciata al piccolo cuscino.

E infine, lui. Suo padre. Disteso su un fianco con il volto girato dall’altra parte. Lontano, come era sempre stato. A combattere contro nemici in cui lui fino a quel momento non aveva creduto, a inseguire tracce di uomini di cui aveva sempre ignorato l’esistenza. In fondo, in fondo, in qualche modo, si sentiva in colpa. Aveva sempre ignorato e deriso quel mondo, come se fossero solo degli strambi maniaci di complotti, mentre era tutto reale, quelle persone esistevano, si sacrificavano in nome di ogni cosa di cui si faceva beffe. I suoi antenati, Clay, Lucy.

A volte gli sembrava di sentirli. Li sentiva nel buio, a ricordargli i suoi peccati e il suo compito, i suoi obblighi e i suoi doveri.

E poi, c’era Giunone. Strisciava sulle pareti fredde del tempio e sussurrava dagli angoli storie antiche, più antiche dell’umanità stessa.  

Quindi, silenzio ce n’era poco. Poteva sembrare il contrario, ma non era così. La grotta era sempre piena di rumore, di voci inascoltate, di lacrime piene di rimpianto. Lui, aveva deciso. L’accettava. Accettava questa eredità. Avrebbe fatto di tutto per quel mondo in cui ogni assassino credeva. Ci avrebbe creduto anche lui, con il peso che comportava. Anche se un giorno fosse caduto e il suo sangue avesse coperto il terreno. Un sacrificio era richiesto da un universo avido e lui si sarebbe adattato al ruolo. Fuggire non era più una possibilità.

  
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