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Autore: Stripedshirts    24/07/2013    6 recensioni
MOMENTANEAMENTE SOSPESA.
«Ti voglio bene» disse appoggiando la testa sulla mia spalla, dolcemente.
«Perchè? Io sono la stronza che non prova emozioni!» accennai un sorriso, e ripresi a sorseggiare la birra.
«Riesci ad accettare il lato peggiore del mio carattere, facendomi credere di essere comunque il ragazzo migliore del mondo»
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Friends.



"Leave."
 
 
Venni svegliata dal rumore della pioggia che batteva sui vetri della finestra, le orecchie mi fischiavano leggermente creando un sottofondo fastidioso.
Spostai le coperte e scesi dal letto strofinandomi gli occhi prima di uscire dalla camera, strisciai i piedi per terra ancora assonnata, intenta a raggiungere il bagno. Immersi le mani nell'acqua fredda portandole poi sul viso; guardandomi allo specchio notai un colorito pallido, effettivamente la mia carnaggione normalmente era chiara, ma non a quel livello. Probabilmente la testa dolente e altri sintomi, erano dovuti alla sbronza della sera precedente.
«Ti diverti?» chiese prima ancora di salutarmi, entrando in casa e lasciando la porta chiudersi alle sue spalle, il ragazzo più rompi coglioni del pianeta.
Feci una smorfia
 fredda e insoddisfatta «Mh» borbottai.
«Sei felice?» urlò dall'ingresso, per riuscire a farsi sentire. 
«Sto bene» affermai, sperando che la conversazione si sarebbe conclusa lì.
«Ho chiesto se sei felice» replicò.
«Si, sono felice e mi diverto pure» risposi decisa, cercando di convincere me stessa, più che altro, delle parole che avevo appena pronunciato.
«Lo fai in modo sbagliato» concluse.
La mia espressione restò indifferente, tenevo lo spazzolino fermo tra i denti, lo strinsi più forte quando sentii una stretta allo stomaco a causa dell'agitazione che mi metteva la sua presenza. Non avevo nulla contro di lui, ma odiavo essere ripresa per ciò che facevo. Sapevo che era sbagliato e non avevo bisogno di sentirmelo dire a ripetizione. Avrei voluto stare da sola, ma era alquanto impossibile dato che dividevo l'appartamento con lui.
«Ho portato la colazione» mi informò, con tono calmo avvicinandosi alla porta. 
Con un piede spinsi la porta, sbattendogliela in faccia, poi ripresi a spazzolarmi i denti.
«Buona colazione!» ribattei a denti stretti, dopo aver rifiutato il suo tentativo di aprire una nuova conversazione.
Ritornai in camera piuttosto incazzata, lasciando la porta socchiusa dietro di me, mi gettai nuovamente sul letto lasciando andare un sospiro di sollievo.
«Dormi?» bisbigliò entrando nella stanza.
«Ci provo» sputai scorbutica.
Fece fatica ad aprir bocca, sicuramente temeva in una mia risposta secca o detta con tono arrogante, «Ti ha chiamata?» sussurrò sedendosi sul letto.
«No, Zayn, non lo farà» ribadii «non voglio illudermi, so esattamente in che situazione mi trovo, fine della storia» dissi di getto, stringendo il cuscino più forte. Deglutì alla risposta scoraggiante che avevo espresso. 
Sobbalzai quando improvvisamente sentii la coperta poggiarsi su di me, «Lascia stare, non ho bisogno della coperta» protestai bruscamente.
«Fa freddo» cercò di convincermi, ma in realtà, voleva assolutamente trovare un modo per consolarmi.
«Non ho bisogno della coperta!» sbottai irritata.
Zayn è nel mio stesso corso al college e stavamo spesso in aula insieme, inoltre, nel periodo estivo, durante le feste e le pause al college, è il mio nuovo coinquilino. Nonostante lo conoscessi da meno di un anno, aveva imparato pian piano a conoscermi e a farsi conoscere, anche se mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa in più di lui, dato che non voleva aprirsi su certi argomenti: non mi parlava mai della sua famiglia, usciva poco con gli amici e quando si riuniva cercava di escludermi sempre, infatti, non conoscevo nessuno della sua comitiva, a stento sapevo che ne aveva una. Raccontare delle mie esperienze non serviva, non lo aiutava a parlarmi delle sue. Ma nessuna ragazza poteva competere, nessuno poteva prendere il suo posto, non era facilmente sostituibile la sua amicizia, potevamo definirci ottimi amici… un buon migliore amico. Quando e se avrebbe voluto aprirsi, sapeva che per lui sarei stata disponibile e presente. 
«Ho portato la colazione, vieni?» insistì.
«Vattene» ordinai duramente.
Uscì dalla camera dispiaciuto, chiudendo la porta e lasciandomi sola come avevo richiesto. Alzai la testa e poggiai le braccia sul letto per sostenere mezzo busto sollevato, guardai fuori dalla finesta, la pioggia sbatteva contro essa… Quel tempo poteva solo farmi stare peggio. Ripensai alla sera in cui Charlie mi aveva lasciata, anche quella sera pioveva, ma erano trascorsi ben due mesi da quel giorno, ed io stavo superando la situazione con l'aiuto dell'alcool… o forse no.
 
-Flashback-
 
«Dobbiamo parlare» farfugliò, il ragazzo dagli occhi blu.
Che diavolo sta succedendo? pensai.
«Sei disturbata emotivamente» disse apertamente, senza crearsi problemi «non credo di essere quello giusto, meriti di meglio»
«Arriva al punto» ringhiai scocciata.
«Sarebbe meglio prenderci una pausa»
«Perchè?» chiesi agitata.
«Sei ossessionata dalla nostra relazione, non ti rendi conto?» 
Le solite belle e buone stronzate che si usano per scaricare qualcuno, che fantasia
 cazzo. 
Continuò a parlare di quanto fosse sbagliato stare insieme, non ascoltai tutto quello che diceva, ero in "standby", ma una frase riattirò la mia attenzione:
«Restiamo amici?»
Sì certo, magari più avanti mi presenti la tua futura moglie, così che possa… sputarle in un occhio, o forse no, in entrambi!
«Certamente, figurati» bisbigliai tristemente.
«Davvero?» chiese stupito, con un sorrisino da rincoglionito stampato in faccia.
«No
naturalmente» esclamai dura, sbattendo la mia spalla contro la sua.
«Perchè mi odi?» mi bloccò, cercando di capirmi. 
«Perchè ti amo e ho fatto il possibile per continuare ad amarti, sono arrivata fin qui per te» feci una pausa, «avevi detto di amarmi e io ti ho creduto dal primo momento» il silenzio calò tra di noi «Immagino siano stati questi gli errori più grandi: amarti e crederti» conclusi.
 
-Fine flashback-
 
Sobbalzai dal letto e scivolai fuori dalle coperte in un istante
 aprii l'armadio e indossai velocemente una tuta, la prima che mi capitò tra le mani.
Corsi verso la porta d'ingresso e mi soffermai sul tavolino all'entrata «Dove vai?» si interessò Zayn.
«In lavanderia» spiegai di fretta mentre cercavo dentro il cassetto le chiavi della macchina.
«Sta piovendo, Hel» sbuffò
«Lo vedo» scrollai le spalle salendo di nuovo le scale.
«Andiamo… cazzo!» borbottò arrabbiato «non possiamo andare più tardi?»
«Possiamo?» dissi con aria interrogativa «oh no
 tu non vieni» scossi la testa.
«Non prenderai la mia macchina» mi avvisò.
«Dammi le chiavi, per favore» chiesi gentilmente.
Sospirò portando una mano sulla tasca dei jeans e presentando l'oggetto di mio interesse.
«Grazie» sorrisi dolcemente, mostrando probabilmente le fossette, lasciai un bacio sulla sua guancia prima di andarmene.
Salii sull'auto e misi a moto senza destinazione, al semaforo rosso mi fermai. Durante l'attesa, guardando fuori dal finestrino vidi la palestra di boxe lungo la strada. Il respiro cominciò a farsi pesante… indeciosione e confusione. Il clacson delle auto dietro mi avvisarono che dovevo spostarmi, accellerai e svoltai a destra, lasciai l'auto posteggiata di fianco al muro e presto mi ritrovai davanti alla porta di vetro trasparente della sala…
«Entri?» chiese ferma una grossa voce dietro di me.
«Mike?» domandai sorpresa «quando sei tornato?» continuai ad interrogarlo correndogli incontro.
«Poche ore fa» spiegò, stringendomi forte tra le braccia «tutto ok?» chiese prendendo delicatamente il mio viso tra le mani.
Non credevo ancora di vederlo lì accanto a me dopo anni, zio Mike, il fratello più grande di mia madre. Annuii con le lacrime agli occhi «Cazzo, mi sei mancato!» ammisi felice, asciugando contemporaneamente le lacrime.
«Charlie?» sorrise, ma quando successivamente vide i miei occhi puntare a terra per nascondermi, subito vidi il suo dolce sorriso scomparire tra i lineamenti marcati del viso.
«Ti va di parlarne un'altra volta?» suggerii, notando la sua evidente agitazione. Alzai la testa e evitai il suo sguardo.
«Helen vai a casa, non dovresti stare qui» consigliò.
«Torni a lavoro dopo due anni, il tuo primo giorno… voglio stare con te, Mike» lo supplicai.
«Vattene a casa e basta» il suo tono fermo, quasi mi spaventava.
«Perchè?» non riuscivo a capire
 mi stava allontanando da lui o dalla palestra?
Mi guardò come se stesse aspettando qualcosa, sapevo che vedermi allontanare da quel posto l'avrebbe fatto sentire meglio, così lo accontentai. Quando lo vidi entrare, aspettai che si allontanasse per poi seguirlo… aveva indotto la mia curiosità a scoprire di più. Con passo svelto arrivai davanti la porta che spinsi con forza, subito dopo mi ritrovai davanti al bancone a fissare un ragazzo al telefono, portava una targhetta al petto con su scritto il suo nome: Simon.
Probabilmente prendeva appuntamenti telefonicamente, mi fece segno di aspettare, nell'attesa il mio sguardo si posò su un ragazzo che si allenava sul ring… era concentrato a scaricarsi contro l'uomo più grande che aveva davanti, sembrava essere il suo allenatore. Presto gli occhi del ragazzo si spostarono su di me, spostai lo sguardo e notai il divertimento che l'aveva motivato: il mio comportamento, un ghigno si presentò sulla sua faccia soddisfatta.
«William, concentrati!» lo rimproverò l'allenatore.
«Come posso aiutarti?» chiese il ragazzo poco prima impegnato al telefono.
«Oh» mi voltai di scatto «io cercavo…
» balbettai in confusione, imbarazzata.
«Charlie è occupato in questo momento» affermò, sentii una stretta allo stomaco mentre i battiti accelleravano.
«Cercavo Mike» sputai arrabiata. 
Il ragazzo mi indicò i sacchi in fondo alla palestra, mi diressi verso quel punto e cercai con lo sguardo l'uomo, in realtà non lo cercavo, anzi volevo proprio nascondermi da lui, così da poter visionare la palestra senza alcun intralcio. Dovevo trovare il motivo della mia presenza, Charlie. Rumori e voci confuse, se nascondevano qualcosa avrei faticato per trovarla, ciò che mi spinse a lavorare per la ricerca era sempre Charlie, attirava la mia attenzione anche quando non c'era. Un coro di urla provenivano dagli spogliatoi, sembravano entusiasti, così mi affrettai a raggiungerli, ma sembrava più distante di quanto immaginassi.
«Merda» imprecai alla visione di tutta la gente che urlava attorno ad un ring costruito provvisoriamente.
Erano gli spogliatoi, perchè un ring lì? Una stanza solo per uomini. Cercai di avvicinarmi il più possibile, facendomi spazio con i gomiti.
«Charlie, ce la fai» una voce lo incoraggiava, era vicino a me.
Guardai i due ragazzi sul ring e non potei credere ai miei occhi. Mi guardai intorno, cercando insistente la voce che avevo riconosciuto poco prima «Scott?»
«Che cazzo!» esclamò sbalordito. Scossi la testa ancora incredula alla visione del sangue sul ring, spaventata.
«Helen» mi richiamò, prendendomi e trascinandomi alla parte estrema destra della stanza «non dovresti essere qui» disse arrabbiato stringendomi per le spalle e sbattendomi contro il muro. Lo spinsi liberandomi di lui «Neanche lui dovrebbe esserci» urlai indicando il ring «era una promessa, ma non ha importanza per lui a quanto pare» confermai, cercando di trattenere le lacrime.
Un urlo di coro ci interruppe, sentivo gli occhi pieni. Scott mi abbandonò per avvicinarsi nuovamente al ring, mi preoccupai quando perse tempo e la gente continuava ad urlare soddisfatta, decisi di seguirlo, ma questa volta sembrò più difficoltoso superare tutto quell'ammasso di gente senza essere spintonata ovunque.
«Scott» urlai più volte il suo nome, anche se non riuscivo a vederlo. Un rumore assordante annunciava la fine dell'incontro, mi precipitai sotto al ring. Vidi lui con Charlie «Andiamo amico, andiamo» lo schiaffeggiava per farlo riprendere.
Mi arrampicai sul ring ed entrai. Rividi quel viso che tanto mi era mancato: Capelli biondi corti, gellati per creare una piccola cresta, le palpebre chiuse nascondevano l'azzurro delle iridi, un fisico abbastanza muscoloso in virtù del fatto che praticava la boxe e il football dai tempi del liceo. Mi pentii amaramente di essere entrata, guardandolo con attenzione, andando oltre l'aspetto esteriore, vidi il ragazzo che mi aveva scaricata e fatta soffrire, mi resi conto che non sentivo il bisogno di vederlo, potevo e dovevo, tranquillamente vivere senza. Una bottiglia piena d'acqua attirò la mia attenzione, l'afferrai sbuffando.
«Spostati» ordinai
«Helen sta zitta, cazzo!» ripeteva, iniziando a preoccuparsi. 
Prima lo manda a morire e poi si pente, tipico comportamento di Scott, il migliore amico di Charlie: è la sua spalla destra e chiunque tentasse di andar contro al biondo doveva vedersela con lui, e viceversa, si guardavano le spalle a vicenda e si comprivano il culo spesso per non prendere le bastonate della gente che li odia.
«Sta zitto e fai come ti dico» buttai l'acqua sul viso di Charlie, si riprese subito, ma continuai a rovesciargli l'acqua addosso per divertimento.
«Si è svegliato, basta» mi informò, fui soddisfatta solo quando l'acqua finì completamente. Charlie sputò l'acqua e tossì «che fa lei qui?» domandò all'amico, irritato.
«Non ho molto tempo, quindi ti auguro di strozzati per la prossima volta» sussurrai sfoggiando un sorriso finto «Sei una perdita di tempo» pronunciai schietta scendendo dal ring.
«Non dovevi essere presente» dichiarò spazientito. 
«Va al diavolo!» conclusi andandomene.
 
  
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