Two
Lifes, One Daydream.
1.Accident.
Era
una notte calda
come poche. Nonostante fosse già Settembre inoltrato,
l’aria era ancora
impregnata del caldo dell’Estate appena passata.
E lei lo pativa ancora di
più, chiusa nell’abitacolo della
sua auto mentre tornava a casa dall’ennesima sfaticante notte
di lavoro in quel
sudicio pub: un posto talmente squallido in cui solo una ragazza
disagiata come
lei avrebbe accettato di lavorare.
Parcheggiò la macchina
davanti al palazzo nel quale abitava,
scese e si apprestò ad aprire con un mazzo di chiavi il
portone del condominio.
Fece i suoi quotidiani quattro piani di scale e infine sempre con un
altro giro
di chiavi, aprì la porta del piccolo e freddo appartamento.
Senza pensarci due volte
- e
senza curarsi di andare a
cambiarsi - si lasciò ricadere sul soffice divano di quel
sobrio e vuoto
salotto, al fine di recuperare le poche ore di sonno che le rimanevano. Affondò la
testa nel cuscino, scostandosi i
capelli scarlatti dalla fronte e finalmente chiuse gli occhi color
nocciola.
Pensava a tante cose, forse troppe.
Si chiedeva per quanto
tempo ancora avrebbe continuato a vivere così, in
quell’appartamento da due
soldi, andando a scuola di giorno e lavorando fino a tarda notte per
potersi
pagare l’affitto. Non ne poteva più di quella
vita, e spesso – anche se sapeva
di aver fatto la scelta migliore- rimuginava sul fatto che, infondo,
non
sarebbe dovuta andare via di casa così presto.
Il rumore di un pianto soffocato, la
destò però dai suoi
pensieri. Con malavoglia si alzò dal divano e raggiunse
immediatamente il luogo
di provenienza di quel pianto.
Seduta a terra, con la schiena
appoggiata alla porta del
bagno c’era la sua coinquilina, nonché migliore
amica. Il volto coperto in
parte dai lunghi capelli albini, e gli occhi azzurri arrossati dalle
troppe
lacrime. Era molto raro vederla in quelle condizioni, lei, la ragazza
sempre
sorridente e ottimista verso
la quale
tutti potevano contare, stava affondando in un mare di lacrime amare.
Erza si chinò davanti a
lei per poterla guardare meglio in
faccia. Le sorrise dolcemente e le carezzò il viso,
asciugandole le lacrime.
«Mira… Non
dovresti andare avanti a piangere per uno come
lui.» Alla rossa non servì neanche chiedere
all’amica quale fosse il motivo per
cui stesse piangendo, infondo sapeva che solo una persona in questione,
poteva
essere così squallida da ridurla in quello stato pietoso.
«Non
se ne vuole
andare via dalla mia vita…» Sussurrò
Mira tra un singhiozzo e l’altro.
«Capisco che fai fatica a
dimenticarlo, ma sarebbe ora di
voltare pag-» La giovane dagli occhi castani, non
riuscì a finire la frase che
venne bruscamente interrotta.
«Tu non capisci!
E’ lui che continua a farsi rivedere.
Pensavo se ne fosse andato via per sempre e
invece…»
«Invece cosa?!»
Sbottò la rossa alzandosi di scatto, in
attesa di spiegazioni da parte dell’altra ragazza.
L’albina chinò
il capo, e le porse un oggetto in plastica,
che Erza riconobbe solo dopo esserselo rigirato un paio di volte tra le
mani.
La sua espressione di stupore parlava da sé.
«Un test di
gravidanza?!»
«Si, aspetto un figlio da
lui… E’ successo tutto circa
cinque giorni fa…» S’interruppe
rassegnata Mirajane.
Erza, ancora troppo allibita per
proferir parola, si limitò
a farle cenno di continuare, ansiosa di conoscere fino in fondo
ciò che è
successo all’amica.
«Avevo appena finito il mio
turno di lavoro al pub e stavo
per tornare a casa, finché non lo trovai per terra sdraiato
nel parcheggio sul
quale posteggiava la mia macchina. Inutile dire che era ubriaco da far
schifo…
Mi aveva chiesto di accompagnarlo a casa e io - da idiota che sono
stata - accettai.»
La giovane sospirò un momento asciugandosi
di nuovo le lacrime, per poi riprendere il racconto da
dove l’aveva interrotto.
«Laxus -prima che potessi mettere in moto la macchina- mi si
lanciò
letteralmente addosso, e in un lampo mi privò dei vestiti,
nonché della forza
per fermarlo. Poi è successo quello che non sarebbe mai
dovuto accadere, e
infine eccomi qua: appena diciannove anni, e aspetto un bambino che
probabilmente non conoscerà mai suo padre. Inoltre, come se
non bastasse, non
so neanche come dirlo a Freed… Sicuramente non
vorrà più vedermi. Sono proprio
patetica vero? » Concluse mettendosi la testa tra le
ginocchia, in modo da
distogliere lo sguardo da quello dell’altra ragazza.
«Qui di patetico
c’è solo il fatto che tu non me l’abbia
detto subito, e poi non ti dovresti preoccupare di Freed: sai bene che
lui è un
ragazzo molto maturo e comprensivo.» Rispose
quest’ultima, con fermezza. «Dannazione
Mira, ci conosciamo da quando avevamo quattro anni… Sai che
a me puoi dire
tutto.» E detto questo Erza la strinse in un abbraccio
sufficiente a scaldarle
il cuore e a infonderle un po’ di tranquillità.
«Grazie Erza, grazie
davvero.» Finalmente dopo tutte quelle
lacrime, Mirajane aveva ritrovato il sorriso.
«Adesso sarà
meglio andare a dormire: è tardissimo e ti
ricordo che domani dobbiamo andare a scuola.» Disse la rossa,
dirigendosi verso
la sua stanza. «Vedrai che domani andrà tutto
bene.»
«Buona notte
Erza.» Rispose
dolcemente Mirajane, anche lei diretta verso la rispettiva
camera.
* * * * *
“Ora
sei sola Lucy.”
Le pesanti parole di Sting
continuavano a rimbombarle in
testa, senza darle neanche un momento di tregua. Questo significava
soffrire
per amore? Era
questa la famosa ferita
troppo profonda per scomparire, che solo la persona che amavi era in
grado di
procurare?
No, no che non lo era.
Perché con Sting non era mai stato
amore, era solo sesso. Puro e semplice piacere carnale, niente di
più, niente
di meno.
Allora cos’ era?
Solo una delusione. Probabilmente la
delusione più inutile
della sua vita, data la superficialità e il menefreghismo
della persona che
gliel’aveva causata. Infondo,
l’unica
cosa che seriamente l’aveva segnata in tutto quello che
è accaduto tra lei e
l’ex ragazzo - e che proprio non riusciva ad accettare - era
la sua ingenuità.
Come ha potuto essere così cieca? Era convinta di aver visto
del buono in
Sting, per ben due fottutissimi anni che aveva passato insieme a lui.
Già, aveva buttato via due
anni della sua vita stando
appresso ad uno schifoso puttaniere, che per tutto quel periodo di
tempo non
aveva fatto altro che tradirla per quella poco di buono di Minerva.
Minerva: la causa principale dei suoi
problemi. Si domandava
spesso se quella ragazza – anche se sarebbe più
corretto dire demonio – non
fosse stata creata per rovinarle l’adolescenza.
E così, dopo una serata
passata solamente a
farsi scaricare da Sting, Lucy
stava percorrendo la strada per tornare a casa, troppo presa dal
risentimento e
la collera nei confronti del biondo per accorgersi di ciò
che accadeva attorno
a lei. Cosa che le costò cara.
Fu un attimo, nemmeno il tempo di
rendersene conto. Due luci
abbaglianti, il suono di un clacson e infine il tonfo del suo corpo che
cadeva
a terra.
Non capiva più niente,
sentiva i suoi sensi venire meno,
e una voce che sembrava
provenire da lontano confondendola ancora di
più.
L’ultima cosa che vide
prima di perdere i sensi del tutto,
fu il volto di un idiota dai capelli rosa, che la scuoteva a destra e a
manca
per le spalle, imprecando e chiedendole se stesse bene.
*
* * * *
Angolo della malata che ha
pubblicato ‘sta roba:
Allora, non so per quale motivo io
abbia avuto il
coraggio di pubblicare questo aborto. So solo che non mi convince per
niente
ç__ç
Ad ogni modo, ormai ho pubblicato,
e quindi non mi resta
che aspettare le vostre recensioni e sperare in bene…
Ringrazio in anticipo chiunque
leggerà questa “fanfiction”,
anche chi la cliccherà per sbaglio ^_^
Alla prossima!