Itachi
stava seduto a terra, la schiena poggiata contro la corteccia di un
albero, e
osservava con pacato interesse gli altri due ragazzi, i membri della
sua
squadra. La ragazza era chiaramente per metà un’
Uchiha, come testimoniava lo
Sharingan, ma l’altro occhio possedeva
l’abilità del clan Hyuga. Aveva notato
che non erano in molti a rivolgerle la parola, ma probabilmente
ciò era dovuto
solo al fatto che era molto timida e riservata; le uniche volte che
alzava lo
sguardo da terra era quando rifilava occhiate di soppiatto al terzo
componente
della squadra. Se da un lato la ragazzina lo incuriosiva, il ragazzo
era un
vero e proprio enigma: taciturno, aveva spiccicato a malapena il suo
nome da
quando erano giunti all’Accademia, e con gli occhi neri che
brillavano in un
misto di furia e determinazione.
- Si
può
sapere dove si è cacciato il nostro maestro? –
domandò Rea, rompendo il
silenzio imbarazzante che aleggiava sul terzetto e arrossendo quando
entrambi
si voltarono verso di lei.
-
Arriverà,
è solo in ritardo, come sempre del resto. –
Il tono
seccato del giovane Hatake lasciava chiaramente intendere che era
perfettamente
a conoscenza del ninja che avevano assegnato alla loro preparazione.
- Sai
già
di chi si tratta, vero? –
Riko
annuì
distrattamente: - Kakashi Hatake, il ninja copia. –
Rea emise
un mormorio ammirato: il Jonin era uno dei migliori di tutto il
villaggio,
sarebbe stato un grande onore essere addestrati da lui.
- Mi
raccomando, ragazzina, non svenire quando lo vedrai. –
commentò beffardamente,
incrociando le braccia e tornando al suo solito silenzio.
La Hyuga
abbassò lo sguardo con aria mortificata e le guance
divennero di un bel rosso
papavero.
“Deve
essere questo il motivo per cui è tanto ostile, anche io lo
sarei se avessi per
fratello Kakashi” riflettè Itachi.
Proprio in
quel momento fece il suo ingresso il Jonin, atterrando agilmente e
sorridendo
loro con aria vagamente imbarazzata.
- Scusate
per il ritardo. –
Riko
sbuffò, attirando un’occhiata particolarmente
penetrante del fratello.
- Sarete
compagni di squadra per gli anni che verranno, è importante
che impariate a
fidarvi l’uno dell’altro e che non abbiate paura di
chiedervi aiuto a vicenda.
Cominceremo con questo oggi. –
I tre Genin
lo fissarono con aria incuriosita.
- Domando
scusa, maestro, ma temo di non aver capito ciò che ci chiede
di fare. – mormorò
Rea.
Kakashi le
rivolse un sorriso smagliante: - Oh, è molto semplice,
voglio che oggi vi
limitiate a socializzare. Imparate a conoscervi, studiate i vostri
punti di
forza e le vostre debolezze. –
Riko
sbuffò
per l’ennesima volta: rieccolo con quelle sue cretinate sullo
spirito di
squadra.
-
Perché non
cominci proprio tu? – lo invitò il fratello.
- Se
proprio devo. – borbottò, lanciando
un’occhiata ai suoi compagni: la ragazzina
era da escludere categoricamente, aveva l’aria di essere
un’imbranata coi
fiocchi. L’Uchiha invece non doveva essere una completa
perdita di tempo, aveva
sentito dire che era il migliore del suo villaggio. Lanciò
uno shuriken,
mirando al volto del compagno; Itachi non lo schivò ma lo
bloccò ad un paio di
centimetri dal suo volto. Sì, era decisamente in gamba.
- Non male,
Uchiha. –
Itachi lo
rispedì al mittente e Riko reagì allo stesso
modo. Si sorrisero con aria d’intesa:
due ragazzi talentuosi che avevano appena riconosciuto di essere allo
stesso
livello.
- Non male.
– ammise, riponendolo nella tasca interna da cui
l’aveva estratto.
- Potrei
dire lo stesso. – replicò l’Uchiha,
avvicinandosi e porgendogli una mano.
Il giovane
Hatake l’accettò con un sorriso sghembo e la
strinse con vigore: da uno così si
sarebbe fatto guardare le spalle senza esitare.
Kakashi li
osservò con un sorriso che era un misto di divertimento e
compiacimento; aveva
temuto che finissero per scontrarsi e invece avevano deciso di starsi
simpatici.
- Saranno
una coppia eccezionale. – commentò, rivolgendosi a
Rea che li osservava
perplessa.
- Giuro che
voi maschi siete veramente al di fuori della mia comprensione.
–
Il Jonin
rise, divertito; anche la piccola Hyuga con la sua dolcezza sarebbe
riuscita ad
integrarsi presto nella squadra, ne era certo.
Tre anni
dopo…
-
Riko, Itachi, rallentate.
Dai, non riesco a starvi dietro. –
Una
Rea decisamente più
cresciuta, cercava di tenere il passo degli altri due, tenendosi un
fianco con
aria dolorante: non sarebbe mai riuscita a raggiungerli.
Riko
aveva continuato a
saltare da un ramo all’altro, incurante dei richiami della
ragazza, ma Itachi
si era fermato ad aspettarla e l’aveva afferrata quando aveva
rischiato di
scivolare dal ramo.
-
Itachi, lascia perdere
quell’impiastro e datti una mossa, siamo in ritardo.
–
La
voce di Riko li
raggiunse malgrado la distanza e fece incupire gli occhi della ragazza.
-
Si può sapere perché fa
sempre così? – mormorò, affranta.
Itachi
scrollò le spalle,
sorridendole con aria gentile. Gli dispiaceva vederla stare male per le
risposte del loro capo squadra, ma era certo che si sarebbe trattato
solo di
tempo. Insomma, prima o poi quei due avrebbero imparato ad andare
d’accordo.
- Lo conosci, è
brusco con tutti e al momento
ha solo una cosa per la testa: dimostrare di essere migliore di
Kakashi. –
-
Sarà, ma non riesco a
togliermi dalla testa l’idea che mi odi. –
-
No, non ti odia, stai
tranquilla. –
-
Come puoi esserne certo?
–
-
Perché per odiare devi
rendere il tuo cuore di pietra e lui, ne sono certo, non ne sarebbe mai
capace.
Riko è buono e gentile, malgrado faccia di tutto per
dimostrare il contrario. E
tu sai che è così, altrimenti non te ne saresti
innamorata, no? – aggiunse,
sorridendole con l’aria di chi la sapeva lunga.
Rea
avvampò e distolse lo
sguardo.
-
Si nota tanto? – mormorò
sottovoce, domandandosi allarmata se anche Riko se ne fosse accorto e
se il suo
essere sprezzante fosse dovuto proprio a questo: magari era il suo modo
per
farle capire che non era interessato.
-
Credo che l’unico che non
l’abbia ancora capito sia lui. – rise Itachi.
-
Allora, volete metterci
le radici qui o vi decidete a darvi una mossa? –
Alzarono
lo sguardo e
notarono che Riko era tornato indietro, evidentemente stufo di
aspettarli al
punto d’arrivo.
-
Va avanti tu,
Itachi, io porto questo piccolo impiastro in spalla, così
forse riusciremo a
recuperare il tempo perso. Reggiti. – aggiunse, prendendola
in spalla e
ricominciando a saltare di ramo in ramo.
Rea,
aggrappata al suo
collo, chiuse gli occhi e si godette la sensazione piacevole dello
stargli
vicino senza sentirsi dire quanto fosse petulante o che razza
d’impiastro
fosse.
Spazio
autrice:
La storia
è
scritta a quattro mani da me e mia sorella (Fiamma Erin Gaunt) ed
è il prequel
di “Figli della stessa rabbia” che trovate sulla
pagina di Fiamma. Il punto di
vista di Itachi, Kakashi e quello di Riko sono raccontati da Fiamma
mentre
quello di Rea, di Kestrel (per saperne di più “I
hate everything about you… or
maybe not”) e in seguito di Kisame saranno raccontati da me.
Bè, speriamo che
vi piaccia e che i lettori delle altre due long facciano un salto anche
qui. Al
prossimo capitolo.
Baci baci,
Eris Greengrass e Fiamma Erin
Gaunt