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Autore: Harriet    04/02/2008    3 recensioni
[Il giorno dell'inizio del mondo]
Hikari è un ragazzino fragile, alle prese con un potere che non sa controllare. Shuichi è un tipo solitario, sensibile a suo modo, ma fondamentalmente poco interessato ai rapporti umani. Il loro incontro porterà cambiamenti inaspettati.
La realtà non è così semplice. Ci sono cose nascoste dietro ciò che vediamo, e i ricordi, i desideri e le storie sono molto più reali di quanto si pensi...
CAPITOLO X Online: EPILOGO!
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! La storia prosegue...

Un grazie immenso a chi segue la storia, a chi commenta, a chi l’ha messa nei preferiti... A tutti, davvero.

Come fanno tutti i fanwriter petulanti almeno una volta nella vita, vi chiedo di spendere mezzo minuto e tre parole per lasciarmi un pensiero su ciò che avete letto, se vi va.

Dunque, oggi conosceremo – in una situazione un po’ rischiosa – un personaggio del passato di Shuichi.

Buona lettura e grazie!

La citazione musicale iniziale viene da “Hitomi no Kakera” delle Fiction Junction.







V – Saved by a dream


Anata no mune ni wasureta

watashi no kakera

mada soko ni aru?


(I frammenti di me, che ho dimenticato dentro il tuo cuore

sono ancora sul fondo del tuo cuore?)




Iori sospirò, lasciandosi scivolare sul divano. Era veramente al limite delle forze. Chissà se tutti quelli che leggevano i suoi manga si rendevano conto di quanto fosse distruttivo il mestiere del disegnatore...

Chiuse gli occhi, appoggiandosi allo schienale, e cercando di rimettere insieme un po’ di forze. La giornata non era ancora finita. Mancavano poche ore, ma doveva resistere ancora. Immaginò di essere un guerriero di quelli che spesso disegnava, e di dover ricorrere alla sua tecnica segreta per rimanere sveglia.

Rise, pensando che era una cosa scema ma efficace.

E che gliel’aveva insegnata Tsugumi.

Tutto torna sempre lì.

Tutto torna sempre a te.

E proprio perché tutto tornava sempre a lei, Iori ricordò che aveva un modo perfetto per rovinarsi la serata. Ridendo di sé, la giovane donna si sporse per prendere la borsa che aveva abbandonato a terra, vi rovistò dentro e ne trasse fuori una rivista di shoujo. Sfogliò in fretta le pagine, fino a trovare il capitolo settimanale di Anata no kokoro no me, una storia di sentimenti e misteri scritta da Nagisa Hidenori.

Ci sarà un tuo messaggio, questa volta? Certo che ci sarà. Importante, o solo un pensiero per me, magari, ma ci sarà. Non manca mai. Non è mai mancato in questi quindici anni in cui sei mancata tu. Non ci siamo mai deluse, noi.


- Secondo me è un’idea cretina.-

- Secondo me quella di prima lo era, questa è ottima.-

- Ma dai! L’ho detto così per dire. Era un’idea cretina.-

- No, invece. Se ci lavoriamo su...-

- No.-

- Ehi, senti, sei tu che ti sei messo a inventare storie senza autorizzazione su un mio disegno!-

- Sei tu che mi hai lasciato quel disegno!-

- Sì, ma se ti metti a fantasticare sulla drammatica vita di Akiko...-

- Airi. Ho cambiato idea, non voglio chiamarla Akiko.

- ...è la terza volta che cambi idea.-

E avrebbe cambiato idea anche la quarta, probabilmente, prima della fine di quella conversazione, se non fossero stati interrotti.

- Shuichi, che ci fai fuori dal cancello?-

Sua madre attraversò in fretta il giardino, fino a raggiungere il figlio. Il ragazzo si voltò verso di lei con una certa indolenza, quasi per farle capire che fuori si stava bene, che il cielo stava diventando di colori splendidi, al crepuscolo, e che per un disegnatore come lui quella era un’occasione da non perdere.

- Oh, salve signora Yukishiro!- esclamò Hikari, accorgendosi all’improvviso che si era scordato delle buone maniere. Shuichi fece una risatina di fronte alla premura dell’altro.

- Salve. Tu devi essere Hikari.- indovinò lei, squadrando il ragazzo più piccolo in un modo che lo mise un po’ a disagio.

- Io...cioè...sì.-

La donna finalmente elargì un sorriso al ragazzo. Poi tornò a rivolgersi al figlio, mettendo fine alla sua permanenza all’esterno con uno sguardo deciso.

- Ti stiamo aspettando.-

- Senti, io devo andare. Non provarti a scartare quell’idea e vedi di non cambiarle nome.-

- La sua storia l’ho inventata io!- protestò Hikari.

- Ma lei l’ho disegnata io.-

- Shuichi?- insisté la signora Yukishiro, sulla soglia di casa. Dalla finestra della cucina fece capolino Naoko, con un sorriso che non prometteva niente di buono. Shuichi capì che era davvero il momento di andare.

- Mi stanno aspettando.-

- Vai. Ci vediamo domani dagli shinigami?- concluse Hikari, preparandosi ad andare.

- Ok. Vedi di trovarle un nome una volta per tutte.-

- Senti, non abbiamo ancora una storia e ti arrabbi se le cambio nome?-

- Appunto, visto che non abbiamo una storia, almeno avremmo un punto fermo.-

Hikari scosse la testa, ma rinunciò a replicare, temendo che la signora si arrabbiasse veramente. Fece un cenno di saluto all’altro e corse via.

- Cosa sarebbero, gli shinigami?- domandò la madre a Shuichi, mentre il ragazzo la raggiungeva in casa.

- Le panchine dietro la mia scuola.-

- E perché dite che sono gli shinigami?-

- No, è il mondo degli shinigami. E’ una sciocchezza che abbiamo inventato noi.-

- E che senso ha?-

Shuichi si chiuse la porta alle spalle e rimase pensieroso per qualche istante.

- Non ne ha.-

E’ una di quelle cose che se la spiegassimo, si smonterebbe completamente. Anche se quando l’abbiamo inventata ci sembrava così azzeccata.

Ma non è importante che abbia senso, no?


Il primo giorno di scuola erano tutti e due in ritardo, per motivi diversi. Ebbero entrambi lo stesso pensiero, anche se non se lo confessarono. Era tutta colpa dell’altro, e prima di conoscersi erano tutti e due la puntualità per definizione.

Oh, meglio così.

Se arrivi in ritardo, significa che stavi facendo qualcos’altro, prima.

Magari stavi finendo un disegno. Magari stavi buttando giù una trama sensata, per vedere se ci si poteva lavorare su.

- Com’è andata oggi?-

Shuichi gettò con noncuranza la sua borsa su una panchina del mondo degli shinigami, e una buona metà di quel che c’era dentro si sparse a terra. Cosa che accadeva con una frequenza media di tre volte al giorno.

- Mah.- rispose. – Al solito. C’è un allievo nuovo in classe mia.-

Hikari borbottò un’offesa alle pessime abitudini dell’altro, e si mise a raccogliere fogli, quaderni e tutto il resto. In un mese di conoscenza aveva scoperto che nella borsa di Shuichi poteva veramente starci ogni genere di cosa.

- Non è tornato a Tokyo dopo sei anni di assenza, vero?-

- No. E comunque, l’unico in questa città che potrebbe essere Kamui saresti tu.-

- Eh? Io? E perché?-

- Perché sei un frignone tale e quale.-

- Oh, ma come ti permetti?-

Shuichi rise, poi si stese sulla panchina, sbadigliando, e appoggiandosi sulla borsa e sui fogli che Hikari aveva appena radunato.

- Senti, se lo stai facendo apposta, dimmelo subito che così evito di tentare di riordinare!- protestò Hikari. L’unica risposta fu una risatina sommessa, che era molto più di una risposta affermativa.

- Allora arrangiati!-

Prese le cose che ancora teneva in mano e le gettò di nuovo a terra. Shuichi rise, e Hikari si sedette a terra. Sui quaderni dell’altro. Che non dette segno di curarsene particolarmente.

Avevano fatto abbastanza sciocchezze, potevano iniziare a parlare di cose serie.

- Allora, le hai trovato un nome?-

- No, ma ho deciso quello del suo ragazzo.-

- E cioè?-

- Tetsuya.-

- Ma non era il nome del suo nemico?-

- ...appunto.-


Si levò un vento stranamente freddo, mentre il sole cominciava a calare. I due si accorsero che era veramente tardi, e troncarono bruscamente la conversazione (scivolata pian piano in una discussione piuttosto accesa sul colore dell’elsa della spada di Tetsuya. Cioè, la discussione era partita di lì. Quando si fermarono, era in dubbio anche il fatto che Tetsuya avrebbe avuto una spada. Hikari stava virando pericolosamente sulla via del mecha, e Shuichi era pronto per lottare fino al sangue, per rimanere in ambiente fantasy.)

- Dai, forza, sennò i tuoi rompono.- incitò Shuichi, infilando alla rinfusa la sua roba in borsa.

- I miei se ne sbattono abbastanza, semmai. E’ tua mamma che mi squadra, quando mi vede con te.-

- E’ dalla notte dei tempi che non vede qualcuno con me. Capisci che è preoccupata.-

- E chi era, che sprecava il suo tempo con te?-

- Una ragazza.-

Hikari raccolse il maltrattato album dei disegni con una cura tutta particolare, porgendolo poi gentilmente all’altro.

- Hai avuto una ragazza?-

- Uhm. Non proprio. Diciamo che io avrei voluto che lo fosse.- confessò Shuichi, un po’ a fatica. – Ma ho come l’impressione che lei non ci pensasse nemmeno, a quello.-

- Era...- Hikari si fermò, timoroso di addentrarsi in territori che Shuichi non desiderava attraversare. – Era la persona che aveva dei poteri soprannaturali?-

- Non so se ne aveva o se era solo in grado di percepirli.- spiegò l’altro, serio. – Ma io credo di sì. Credo ne avesse. Solo che non me ne ha mai parlato.-

Tacquero per un po’, probabilmente domandandosi entrambi come erano finiti in quel discorso. Poi Shuichi rianimò la situazione.

- Forza, non dovevamo andare di corsa?-

E presero a correre davvero, dal mondo degli shinigami al mondo reale.

Solo che, non appena furono giunti per strada, Hikari si piantò in mezzo al marciapiede, immobile, come se avesse visto qualcosa di particolare.

- Ehi. Che cavolo succede?-

Shuichi lo raggiunse, lasciando cadere la borsa e precipitandosi a sostenerlo.

- Uh?- Hikari gli franò addosso, ma poi si riebbe improvvisamente. – Che c’è?-

- Sei tu che ti fai venire le crisi in mezzo alla strada.-

- Crisi?-

- Ti sei fermato. Hai avuto una visione?-

Hikari sembrò pensarci un po’. Poi si rimise in piedi da solo, strofinandosi gli occhi più volte.

- Sì. Però... Non so a chi era rivolta. Di solito so subito su chi è la visione. Infatti vado diretto dalla persona interessata. Ma questa volta, niente.-

- Non sarà che è su di me o su di te?-

- Non posso averne su di me. E se fosse stata su di te, ti avrei detto una cosa strana e apparentemente senza senso, no?-

- Questo è vero.-

- Shuichi...-

Il ragazzo più grande squadrò il più piccolo, inquietato dal suo tono di voce.

- Che c’è?-

- Non... Insomma... Puoi aiutarmi? Non so cos’era, però era qualcosa che...-

- Certo che ti aiuto.- rispose Shuichi. – Dai, vedi di ricordarti cos’era. Io intanto guardo i miei disegni per vedere se è spuntato qualcosa di strano.-

Hikari si sedette a terra, confuso e desolato. Shuichi si mise a frugare nel suo album, ma dopo qualche minuto tornò dall’altro, scuotendo la testa.

- Qui è tutto normale. E non mi viene voglia di disegnare. Non so.-

- Ma io una visione l’ho avuta!-

- Ci credo. Ma non ti ricordi niente?-

- Forse. Era il centro commerciale.-

- Sì, ma sono quasi le sette. Alle sette e mezzo di solito chiude. Se ci vogliamo andare, dobbiamo correre.-

- Ma non ricordo altro!-

- Magari ti viene in mente se ci andiamo.-

Hikari sembrò convincersi. Scattò in piedi e si mise a correre dietro all’altro.

Corsero, e nessuno dei due si accorse che qualcosa era caduto dalla borsa di Shuichi. Un foglio che fluttuò un po’ nel vento, prima di atterrare lontano da loro, in un’aiuola dove avrebbe subito rugiada e pioggia, e dove sarebbe morto. Quando cadde, però, non c’era stata ancora né rugiada né pioggia a cancellare il suo messaggio, e se qualcuno fosse passato di lì avrebbe potuto leggere chiaramente il kanji che vi era tracciato sopra:

Uso (Menzogna)


Entrarono nel centro commerciale, dal quale la gente stava iniziando a defluire. Prima Hikari era in svantaggio, nella corsa, ma adesso aveva guadagnato la prima posizione, e Shuichi gli andava dietro, chiedendosi come avesse fatto a diventare così veloce, e soprattutto, se finalmente avesse avuto una visione un po’ più chiara.

- Ehi! Aspettami! Dove stai andando?-

Ma l’altro sembrava non sentirlo. E la cosa non era bella per niente.

- Fermo!-

Non si fermò, anzi, corse deciso verso l’ascensore. Shuichi raddoppiò la velocità per raggiungerlo, e riuscì a tuffarsi nell’ascensore.

Atterrò malamente sul pavimento. Aprì bocca per chiamare Hikari, ma all’improvviso l’ascensore prese a salire vertiginosamente e si fece buio, tutto intorno a loro. La voce del ragazzo si fermò, e per qualche istante anche il suo respiro.

- Che cosa...- riuscì a mormorare, prima di essere investito da un vento gelido, senza provenienza, senza spiegazione. – Hikari!- invocò, lasciandosi prendere dal panico.

Gli rispose una voce lontana, spezzata dal pianto.

- Perché sei venuto anche tu?-

- Perché sei sparito qua dentro, idiota!-

- Non dovevi venire, ho fatto di tutto per lasciarti fuori!-

- Cosa? Ma che stai dicendo? Sei ancora in trance?-

- Non dovevi venire!-

- Perché? Perché volevi lasciarmi là?-

- Perché la visione mi ha mostrato te che morivi...-

E poi nel buio qualcosa si mosse. Il freddo si fece insopportabile, mentre l’ascensore volava a velocità spaventosa verso uno spazio che non esisteva. E qualcosa si mosse, sibilando parole incomprensibili. Hikari urlò, come se qualcuno gli stesse facendo del male. Shuichi scattò in avanti. Non sapeva bene cosa fare: voleva aiutare Hikari, voleva capire dov’era, voleva avere una percezione minima di quello che stava succedendo.

Qualcosa gli si serrò attorno al collo. Sentì la stretta farsi più forte, poi dolore e il respiro che si spezzava. Tentò di articolare qualche parola, ma era impossibile.

Nell’ascensore ci siamo solo noi due!

Perse i sensi mentre realizzava quella verità.

Hikari non si rese conto di niente: sentì solo un peso che gli cadeva addosso. Non urlò, perché avrebbe avuto terrore di sentire la sua voce che risuonava, in quel mondo inesistente in cui erano intrappolati.

Ma cos’era successo?

Aveva visto una visione, aveva chiaramente visto quel posto. E una cosa importante da fare. E quando era arrivato lì, c’era solo l’ascensore.

...solo che appena era entrato, aveva visto chiaramente la morte di Shuichi.

E ora...

Registrò cos’era il peso che gli era crollato addosso. Ebbe voglia di urlare, ed era come se qualcosa gli avesse piantato degli artigli in petto, impedendo all’aria di uscire, per dare vita a quell’urlo liberatorio. Allungò le braccia per circondare il corpo, iniziando a tremare.

Qualunque cosa fosse accaduto, che finisse presto.

Ma io lo so cos’è accaduto, lo so, lo so, eppure non ricordo quando è successo, non ricordo quando lo stavo facendo...

Voleva svanire, non voleva sentire niente, non voleva essere lì, correndo verso il nulla su un ascensore che non esisteva, immerso nel buio e nel freddo, e con Shuichi che...

Non è ancora la fine di tutto.

- Cosa?-

Ti ho detto che non è ancora la fine.

Era una voce reale, o la sentiva nella sua mente?

- Chi sei?-

Conta solo il fatto che ci sono.

- Perché siamo qui? Cos’è successo?-

La tua mente è stata ingannata. La visione era una menzogna. Quello che stavi per fare non dipendeva dalla tua volontà. C’è qualcuno nella tua mente.

- Che cosa? Nella mia mente? Ma che significa, chi è?-

La persona che vuole distruggervi. Qualcuno che vi teme. Ma non farti domande. Dobbiamo trovare il modo di risolvere questo guaio!

Hikari tacque, senza nemmeno la forza di fare altre domande. All’improvviso l’ascensore si fermò, il freddo prese ad attenuarsi e nel buio comparve una luminescenza leggera.

- Sei... tu?- mormorò lui, ipnotizzato dalle lievi linee di luce che, lentamente, andavano a comporre una figura.

Sono io.

Hikari si sollevò un po’ da terra. Stringeva ancora il corpo di Shuichi, ma non se ne era reso conto. Adesso tutta la sua attenzione era fissa sul visitatore misterioso.

I suoi occhi fissavano gli occhi di una ragazza. Una ragazza evanescente, con lunghissimi riccioli e una veste ondeggiante, che sembrava fatta di luce.

- Chi sei?-

Sono Eiko .

- Io non ti conosco.-

No, ma io conosco te.

- Come mi conosci?-

Conosco Shuichi. Sento tutto quel che sente lui. Seguo la sua vita, e quindi ti conosco. E’ grazie al suo tenace desiderio che io esista ancora nel vostro mondo, che io sono potuta apparire qui, ora.

- Ma tu sei la ragazza che... Quella che aveva dei poteri che...-

Sì, sono io.

- Sei... viva?-

E’ una domanda un po’ vaga, non trovi?

- Intendo, sei ancora su questa terra?-

Adesso sì.

- Shuichi è vivo?-

E’ vivo, perché ho fermato il tempo, per voi. Ma non è una cosa che potrei fare. Quindi, dobbiamo fare in fretta.

- Io... Shuichi...- La disperazione cominciò ad assalire Hikari di nuovo. – Sono stato io? Stavo tentando di strangolarlo? Ti prego, dimmi di no!-

Non eri tu. Era qualcuno, attraverso di te. Non hai nulla da rimproverarti. Ti sei fermato in tempo.

- E ora?-

Ora, appena il tempo ripartirà, l’ascensore si schianterà al suolo. E’ il potere del vostro avversario. Ha trasformato questo luogo nel tuo sogno, e ora lo domina.

- Ma chi è il nostro avversario?-

Qualcuno che vi ritiene un pericolo. Non posso spiegarti tutto. E’ già un miracolo che io sia qui. Posso solo dirti che non vi siete incontrati per caso. Che siete parte di una storia molto più grande di voi. Ci sono delle persone con un potere simile al vostro: sono state sconfitte dal vostro nemico, però ora vi proteggono.

- Ma cosa...-

Basta, adesso. Quando il tempo riprenderà a scorrere, devi trovare un modo per spezzare la sua possessione.

- Sì, ma non so come...-

Vi siete già trovati a dover contrastare questo nemico. Nei sogni, probabilmente. Come vi siete difesi?

- Non lo so! Nei sogni io ho con me un disegno di Shuichi, ma...-

Allora prova con quello.

- Ma che ci devo fare?-

Segui l’intuito. E’ il tuo potere, Hikari. I disegni, le storie... Quelli sono vostri e lì avete il dominio. Sono le vostre armi.

- Il dominio di cosa? Ti prego, aspetta un attimo! Chi è che vuole distruggerci?-

Una creatura consumata dall’odio per questa città. Ma ora basta così. Non posso restare. Coraggio!

- Aspetta! Aspetta!-

Se n’era andata: Hikari avvertì il vuoto, il buio e il freddo che tornavano tutti insieme.

Il disegno di Shuichi...

Frugò nelle tasche della sua giacca e recuperò uno schizzo dell’altro. Lo spiegò, e con l’ultima goccia di luce prima che l’oscurità inghiottisse di nuovo ogni cosa, vide che si trattava del progetto di uno stemma per la loro guerriera.

Seguire l’intuito un cavolo. A che serviva?

Il tempo riprese a correre in quell’istante: l’ascensore sobbalzò e riprese a precipitare. Hikari allungò una mano nell’oscurità e raggiunse la parete dell’ascensore.

Se davvero avevano qualche potere su ciò che inventavano, forse...

Fece correre le dita lungo la parete di metallo, immaginando di tracciarvi le linee dello stemma. Come una specie di incantesimo.

Magari era una cosa molto stupida, ma era l’unica cosa sensata che la sua testa gli aveva suggerito in quel momento...

Hikari strinse il corpo dell’amico, sperando di servire almeno da cuscino per l’altro,

se davvero si fossero schiantati, e serrò gli occhi.

L’ascensore si fermò, dolcemente, rispondendo alla chiamata di qualcuno. Quando le porte si aprirono, rivelarono agli occhi della folla sconcertata due ragazzi privi di sensi, uno dei quali stringeva in mano uno strano disegno.





...continua...

   
 
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