Fanfic su attori > Josh Hutcherson
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Autore: Nani9610    26/07/2013    0 recensioni
Non potrebbe esserci circostanza più buffa per iniziare a raccontare questa sottospecie di fiaba. Lei, la principessina e lui, beh tutto ciò che non è adatto a lei. Eppure, se un fatidico giorno si incontrassero per puro caso mentre fanno al stessa identica cosa? E se per qualche strano motivo, quel incontro dovesse intralciare e cambiare permanentemente il loro futuro? Questa sarebbe la perfetta premessa per una fiaba metropolitana che ha come sfondo Londra, la città delle prime volte, delle seconde occasioni, dei sogni realizzati e di tutto ciò che si possa mai immaginare o volere.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Nei libri trovi amore, avventure, fughe sfrenate, passioni...
Elinor, Inkheart, la leggenda del cuore di inchiostro



Passarono alcuni giorni durante i quali Josh non fece altro che pensare a quella ragazza estremamente … come dire, schietta. Ecco schietta è la parola esatta. L’aveva abbandonato al tavolo con la pizza ed il conto. Cosa strana per uno come lui che è sempre stato abituato ad avere le ragazze ai suoi piedi anche solo con uno schiocco di dita se solo avesse voluto, eppure lei era diversa. Gli faceva venire voglia di fare battute sarcastiche, voleva impressionarla, farle saltare i nervi. Non si spiegava il perché ma voleva farlo e basta. Ormai erano giorni che si tormentava con quel pensiero,voleva rivederla. A qualsiasi costo. Tutto per colpa della spilla che si era ritrovato in tasca. Sicuramente è la sua,. di chi se no? “eppure” si chiese “ se aveva quella spilla significa che ha visto il film. Di conseguenza saprà chi sono” nessuno avrebbe potuto rispondere a quella domanda. Si rigirò nuovamente tra le lenzuola per poi alzarsi svogliatamente. Aprì le tende mostrando davanti a se una vista spettacolare su tutta la city. Palazzi di vetro che riflettevano la tenue luce del sole che quel giorno aveva concesso, il cielo grigio, le sagome dei gabbiani che volavano alti. Forse iniziava a capire perché quella città lo attirasse tanto. Si passò distrattamente una  mano tra i capelli ancora leggermente biondi ma molto meno ridicoli rispetto a qualche mese fa per poi tornarsene in camera. Aprì distrattamente l’armadio e ne tirò fuori una delle sue solite magliette bianche, dei jeans e la sua giacca di pelle. Lanciò tutto sul letto disfatto e si concesse una doccia veloce prima di uscire a fare colazione ( magari con la speranza di incontrarla di nuovo). Una volta pronto afferrò le chiavi, il telefono e il portafogli e si diresse al parco di qualche giorno prima alla stessa panchina vicino allo stagno.

*

Quella mattina come le precedenti, Devon non aveva la minima intenzione di alzarsi dal letto con l’accusa di essere troppo comodo. Quando la luce iniziò a filtrare sempre di più dalle tende fece letteralmente sprofondare il viso nel cuscino ( come suo solito fare) e provò a riaddormentarsi. Appena si sentì completamente rilassata si lasciò andare e chiuse gli occhi che riaprì istintivamente quando il suo telefono squillò. Prontamente lo prese e rispose. “Pessima decisione” si disse dopo quando sentì la voce dell’interlocutore.

M: dove diavolo sei!?
D. a casa mia.
M: ti rendi conto di quello che hai combinato? Il povero Colin non sapeva più dove guardare! I McMurrey per poco non annullavano il matrimonio! Hai messo in imbarazzo tutti quanti Devon! Sei un disonore per questa famiglia!

La donna continuò a parlare imperterrita per una buona dose di tempo senza lasciare libertà di parola a Devon. Era costretta ad ascoltare e ascoltare e ascoltare e assecondare tutte le stupidaggini che blaterava sua madre.

M: hai capito disgraziata!?
D: posso farti solo una domanda?! Ti ho mai fatto credere di acconsentire al matrimonio con quel troglodita?!
M: non mi importa di avere la tu approvazione ingrata che non sei altro! Tu farai esattamente quello che ti dico!
D: Non starò di certo ad aspettare che il mio destino venga scritto senza il mio consenso! Tu sei una pazza se pensi che non farò niente per impedire tutto questo!

La ragazza riattaccò prima ancora che la bisbetica potesse ribattere. Non aveva nessun diritto su di lei, se solo avesse voluto avrebbe potuto cacciarla via dalla sua vita in un attimo. Lei non faceva parte della dinastia, non era di sangue reale, era un corpo aggiunto a quella famiglia. Era avida, viziata, dispotica, un vera e propria strega incazzata con la vita perché non aveva mai ottenuto ciò che voleva. Non avrebbe mai governato il suo paese e mai avrebbe ottenuto l’amore e la fedeltà dei cittadini, cosa che Devon aveva sempre ricevuto. La odiava perché rappresentava tutto quello che lei non sarebbe mai potuta diventare. Lanciò il telefono dall’altra parte della stanza e si mise le mani tra i lunghi ricci biondi che le ricadevano sulla schiena. Sospirò pensando che peggio di così non potesse andare e che ormai era sveglia e tanto valeva alzarsi, prepararsi e uscire per staccare un po’ la spina. Si fiondò in bagno e aprì l’acqua gelata buttandocisi sotto. Si lavò rapidamente tralasciando i capelli e se ne tornò in stanza indossando, una tuta in seta beige con scollo profondo e con una fascia in vita, sandali di cuoio decorati, bracciali, orecchini e tanto altro per poi afferrare la sua mega borsa ( modificata con un incantesimo estensivo impercettibile) e i suoi occhiali. Uscì di corsa da quell’appartamento e si diresse nella parte ovest del parco per prendersi il suo solito caffè sperando di non incontrare quel tipo. In effetti adesso che ci pensava l’aveva abbandonato al tavolo qualche giorno prima. Immediatamente l’immagine dei suoi occhi, delle sue labbra e di tutto il suo viso le si parò davanti facendola riflette. Come poteva essere così tremendamente bello ma allo stesso tempo così tremendamente lui?! Così strafottente, pieno di se, arrogante, ammaliante, seducente, interessante, attr… no, ok. adesso basta! Stava degenerando. Portò velocemente il bicchiere alle labbra che si ustionò per la troppa fretta. Si morse la lingua per evitare di imprecare malamente in mezzo a tutta quella gente. Con il suo caffè in mano e la testa immersa nei suoi pensieri tornò a camminare lungo la stradina sterrata del parco passando davanti allo stagno dove guardò il suo riflesso. “ che cosa c’è di sbagliato in me?” si chiese per l’ennesima volta in quei giorni. Tentando di trovare una risposta ad un’incognita che risposta non ha riprese la sua passeggiata fino all’uscita di quel paradiso che la catapultò nella fredda e cruda realtà. L’unico vantaggio di Londra è che se ti comporti con indifferenza e freddezza nessuno si accorge mai di te. Ecco perché ancora non era stata fermata da nessuno.

*

Josh aveva finito già il suo cappuccino da un pezzo. Ma spettava comunque di vederla arrivare da un momento all’altro. Sarebbe sicuramente passata di li, se lo sentiva nelle ossa. Si guardava intorno nervoso, quasi rassegnato dopo un’altra ora che se ne stava li impalato a fissare il vuoto poi, d’un tratto la vide. Lunghi capelli biondi e ricci, pelle bianco latte, labbra carnose e quegli occhi grigi coperti dalla montatura degli occhiali scuri. Era lei non c’era dubbio. Ci mise un po’ a realizzare il tutto poi però si alzò e in quel esatto istante si accorse che lei era sparita. Iniziò a correre come un disperato dall’altra parte dello stagno sperando di non averla persa e la vide uscire dagli enormi cancelli per andare non si sa dove. Continuò a seguirla finché non navanì nel nulla. Provò a cercarla tra tutte quelle teste di persone, saltava, evitava la gente, altre volte non era abbastanza veloce e ci andava a sbattere ma non gli importava. Continuò a girare su se stesso prima che il suo sguardo si imbattesse in quella montagna di ricci che svoltava in uno dei vicoli di Notthing Hill. La seguì con discrezione fino ad una piccola libreria. Rimase ad osservarla da attraverso il vetro. Vagava tra gli scaffali e ogni tanto afferrava un libro con disinvoltura come se non avesse mai fatto altro in vita sua.

X: posso aiutarla?

Saltò praticamente in aria quando sentì quella voce così inaspettata dietro di se. Quando si voltò vide un uomo dall'età indefinita poco più alto di lui che lo osservava curioso.

J: io stavo soltanto …
X: oh, ho capito. Guardavi lei non è così? sai ogni tanto viene qui, ci passa per diversi giorni e poi sparisce. Però alla fine ritorna sempre.
J: come sarebbe a dire sparisce?
X: beh… la si vede per qualche giorno di fila poi si dilegua nel nulla come se non esistesse e come se non fosse mai stata qui. Sappiamo che non ce lo siamo immaginato perché acquista sempre diversi libri. Sai ragazzo molto spesso sembra che esca direttamente da uno di essi tanto è particolare.

Non rispose. Si voltò di nuovo ad osservarla mentre leggeva la trama di un volume. Era assorto ad osservarlo come lei era assorta nella sua lettura ed ispezione del libro.

X: bella vero?
J: come?
X: la ragazza. non trovi sia particolarmente bella?
J: mah, niente che non abbia mai visto in verità. In America è pieno di ragazze come lei.

“ Ma se veramente anche a LA è pieno di ragazze così, perché tu non stai ancora con una di quelle razza di cretino?” la sua coscienza aveva parlato per lui. Che grandissima cazzata aveva sparato. Nessuna era come lei a LA e mai ne aveva vista una come lei. Se era bella? Oh, altro che! Se se ne sentiva attratto? Ovvio, ma solo fisicamente. Difetti? Schietta, acida, cinica, glaciale, senza cuore e arrogante. Perfetto. Due pro e sei contro. Bel colpo Hutch.

X: vuoi entrare o hai intenzione di restare qui fuori ad osservarla per tutto il giorno?
J: come?

Quando si girò l’uomo era entrato nella libreria. Forse aveva ragione. Stando li fuori sarebbe sembrato uno stalker. Meglio entrare, o almeno era quello che gli diceva il suo buon senso. Oltrepassò la porta facendo suonare il campanello e attirando lo sguardo dell’uomo con cui aveva parlato prima che gli fece cenno di avvicinarsi.

X. se ti interessa è al piano di sopra confinata tra gli scaffali dei best sellers. Passa li delle ore.
J: grazie.

Sorrise e poi iniziò a salire silenziosamente le scale. Arrivato sul pianerottolo iniziò a camminare lungo il corridoio centrale osservando tra i vari scaffali e cercando quello giusto. Dovette arrivare alla fine prima di trovare una Devon messa sotto una luce diversa. Piedi scalzi appoggiati al parquet di noce scuro, capelli tirati su alla buona con una matita e viso arrossato dal pianto.

*

Era tornata  trovare George e Louis nella loro vecchia libreria di Notthing Hill. Era tanto che non ci tornava ma loro la aspettavano sempre con ansia. Ogni volta che andava li passava giornate intere fra gli scaffali ad arraffare i libri più vecchi che riuscisse a trovare per odorarne le pagine. Aveva la strana mania di sfiorare le pagine ad occhi chiusi per sentire la grana della carta, i rilievi delle lettere impercettibili ad occhio nudo e poi si sa. Con gli occhi chiusi si sentono meglio gli odori e tutti i sensi si affinano.

D: Lou!
L: Devon! Dio mio quanto tempo. che ci fai qui?
D: lunga storia. Non mi va di parlarne. Scusami.
L: oooh, suvvia. Non è niente che un buon libro non può sistemare.
D: hai ragione. George? Non viene?
L: si tra poco dovrebbe essere qui. Tu intanto fai come se fossi a casa tua.

Sorrise dolcemente e quel vecchietto che se ne stava al bancone a leggersi il suo giornale. Iniziò a girovagare tra gli scaffali afferrando qualche libro dall’aspetto invitante, distrattamente poi afferrò una delle prime stesure del viaggio al centro della terra. La copertina logora, le immagini ingiallite e il forte odore di inchiostro misto all’umidità le fecero venire la pelle d’oca. Amava quell’odore, probabilmente era uno dei suoi preferiti. Iniziò a leggere la trama sul retro e si lasciò trasportare dall’immaginazione creandosi immagini fantastiche, ascoltando suoni che solo lei poteva sentire, poi però la su attenzione fu attirata dal campanello dell’ingresso.

G: Devon? Lo so che ci sei! Ti ho vista!
D: ciao George!
G: già iniziata l’ispezione?
D: mi sembrava d’obbligo.
G: se ti interessa abbiamo aggiornato il piano di sopra. Ci sono molti nuovi arrivi. Vai a dare un’occhiata. Sono sicuro che troverai qualche cosa che ti piace.

Come consigliato salì al piano di sopra ritrovandosi catapultata in un qualche cosa di meraviglioso. Scaffali alti due metri stracolmi di libri vecchi, nuovi, piccoli, grandi, trilogie, pezzi unici, romanzi cavallereschi, di avventura, fantasy, opere leggere e impegnative. Si ritrovò nel suo mondo. Vagando tra tutti i ripiani notò subito un volume che avrebbe riconosciuto fra altri mille. Senza pensarci oltre lo afferrò e lo portò con se nel suo angolino. Si tolse poi i sandali, fermò i ricci biondi con una matita e si mise a sedere sul pavimento. sfogliò rapidamente le prime pagine prima di trovare quella giusta. Scorse i paragrafi poi si bloccò e da li iniziò a leggere…

La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me, è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro, allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano... Disse la volpe: ecco il mio segreto.”

J: È molto semplice: non vedo bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.

Devon alzò gli occhi leggermente gonfi e arrossati a causa dell’imminente pianto per poi incontrare ancora i suoi, e con quegli occhi anche quel sorrisino soddisfatto. Nemmeno li poteva restarsene sola.

D: che vuoi?
J: fare conversazione.
D: se non te ne fossi accorto stavo leggendo.
J: però ora stai parlando con me e sono più che certo che ormai conosci a memoria quel libro.
D: presuntuoso, arrogante e anche pieno di se a quanto pare.
J: oh. Così mi lusinghi non ti interessa. Però sono più che certo si avere ragione e sai perché lo so? perché è pressoché impossibile che in così poco tempo tu si già arrivata a quel punto della storia, ergo  devi averlo già letto diverse volte, perciò adesso farai conversazione con me.
D: ti ho dato l’idea di volerlo fare?
J: intanto stiamo già conversando.
D: a me sembri di più che tu ti stia facendo insultare da me.
J: ma non mi stai insultando.
D. perlomeno non in maniera diretta. Però se non sparisci dal mio campo visivo puoi star sicuro che passerò alla maniera diretta.
J: facciamo così. tu mi dici il tuo nome e io me ne vado.
D: cosa ti fa pensare che ti dirò il mio vero nome?
J: beh, il mio sesto senso credo e soprattutto il tuo subconscio che a quanto pare è attratto dai miei occhi.
D: come scusa?!
J: ammettilo. I miei occhi ti piacciono. Li guardi sempre ogni volta che mi vedi.
D: indipendentemente dal fatto che mi piacciono, è un fatto di educazione guardare le persone negli occhi quando esse parlano anche quando queste sparano un mare di cazzate.

Silenzio. Josh iniziò a sorridere soddisfatto. Odiava quella specie di smorfia che compariva su quel viso perfetto. Rovinava tutto, esattamente come la sua linguaccia al loro primo incontro.

D: e ora che cos’hai da ridere? si può sapere?
J: l’hai ammesso. Hai ammesso che ti piacciono i miei occhi.

Sbuffò sonoramente e visibilmente infastidita chiuse il libro che ripose sullo scaffale rischiando di cadere inciampando nei propri sandali. Era ormai pronta a sentire il contatto con il legno freddo ma due mani calde l’avevano afferrata per la vita appena in tempo. Quando realizzò di chi si trattasse si scostò immediatamente.

D: levami le mani di dosso.
J: ehy, non c’è di che.
D: sparati.

Devon si chinò a raccogliere le sue scarpe  e la borsa per poi andarsene di corsa al piano di sotto salutando George e Louis.

L: già te ne vai?
D: si scusa Lou ma l’aria è veramente troppo pesante qui dentro.

Rispose alludendo al ragazzo che scendeva velocemente le scale per raggiungerla.

G: Devon davvero resta ancora un po’. Giusto per una tazza di tè.
D: scusa George ma ho fretta.

Lasciò un bacio ad ognuno e sgusciò fuori dal negozio a passo di marcia. Si era incamminata nel vicolo per raggiungere il più in fretta possibile la folla per mischiarcisi in mezzo.

J: ehy!

Aumentò ancora il passo. Non voleva avere niente a che fare con quel tipo. Odiava quelli come lui. doveva odiarli a prescindere. Non erano fatti per stare con una come lei.

J: ehy fermati!
D: che diavolo vuoi ancora!?

Josh le afferrò la mano e la portò più vicino a se quasi petto contro petto. Entrambi sentirono una strana sensazione che non riuscirono a spiegarsi, come una sorta di elettricità che in quel momento aveva riempito l’aria.

D. eh lasciami!
J: perché?
D: fottiti! Lasciami ho detto!

Prima di lasciarla andare lasciò scivolare qualche cosa nella sua mano per poi sorridere malizioso. Mai gli era capitato di ricevere certi sorrisi da parte di qualcuno.

J: adoro il modo in cui mi dici vai a farti fottere.

Detto questo le lasciò un casto bacio sullo zigomo e si volatilizzò in mezzo alla gente. Come se non fosse successo nulla. Devon a quel punto non sapeva più a che cosa pensare. Perché soltanto a lei capitavano cose del genere?! sospirando esasperata si ricordò dell’oggetto che le aveva lasciato. Una palletta di carta  era appoggiata sul palmo della sua mano. la srotolò velocemente per poi ritrovarci dentro al sua spilla della ghiandaia  imitatrice che non riusciva più a trovare. Un leggero sorriso le si dipinse sul viso. Poi lesse quello che c’era scritto sul biglietto e come un moschicida fa con le mosche lo uccise.

“ Devi averla persa quando mi sei venuta addosso. La prossima volta stai più attenta Latte. Xx Josh”

 


Buon giornooooo!! Sono esattamente le 3:57 di notte e sono stata sfrattata dal mio letto da quella palla di pelo del mio cane ( non vi interessa lo so). 
Ricapitolando: Josh sta mostrando una strana fissa per Devon che a sua volta è acida come un limone ( sai che novità) ma che si saprà sciogliere con i due teneri vecchietti Louis e George, i proprietari della biblioteca. La madre di Devon si sta dimostrando per quello che è ( e questo è solo l'inizio), il padre per ora non si afarà vivo ma avrà un ruolo importante più avanti e poi che dire. Colin McMurrey, beh senza parole.

P.S. grazie a Violetrica per la primissima recensione ( e come richiesto ho aggiornato).

E STARK vi dice ciao.
 
  
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