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Autore: Dark Spectrum    26/07/2013    2 recensioni
Dalla shot: "Era come se entrambi si capissero, perché condividevano la stessa sofferenza; come se potessero scavare nell'anima dell'altro, per trovarvi, infine, ciò che sapevano si nascondesse nella propria."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Sceriffo Stilinsky, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Blood, rain and ice.
Autore: Dark Spectrum.
Fandom: Teen Wolf.
Paring: Sterek (Stiles/Derek)
Rating: Arancione.
Genere: Drammatico, sentimentale, introspettivo.
Avvertimenti: Character death, Hurt/Comfort.
Disclaimer: I personaggi sono di proprietà di Jeff Davis e di chiunque ne possegga i diritti. La storia è stata scritta senza fini di lucro e non intende infrangere alcun copyright.
Note: Ascoltare in continuazione musica depressa mi divora il cervello, e questo ne è il risultato. Una bozza di questa shot era sulle note del mio iPod da un po' di tempo e solo oggi sono andata a spulciare, correggere e sì, pubblicare. Forse sono andata un po' OOC, ma vabbè, pubblico lo stesso. Spero di aver creato, nonostante tutto, qualcosa di sufficientemente tragico/introspettivo, -perché è ciò che puntavo a scrivere- e di aver suscitato anche una sola, piccola emozione in voi lettori. Mi piacerebbe sapere qualunque vostro pensiero in merito alla storia; che siano critiche, complimenti o consigli, accetto e apprezzo tutto. Che dire, spero che la fanfiction vi prenda almeno un po' e vi auguro buona lettura.

- - -

Il volto di Stiles era cinereo. Aveva gli occhi sbarrati, il cui sguardo spento sembrava oltrepassare qualunque corpo si ponesse dinanzi a lui. Fissava solo la figura immobile di suo padre, o meglio, ciò che di lui era rimasto: un cadavere, il guscio senz'anima della persona che meno avrebbe avuto bisogno di perdere. Non una lacrima scese ad inumidire il suo viso, non un'espressione di disperazione mutò i suoi lineamenti, neppure per un secondo. Rimase immobile a guardare lo squarcio all'altezza del suo cuore, i graffi -troppo profondi per essere definiti tali- provocati da artigli che appartenevano ad individui dalla forma non umana: lupi mannari.
Avevano strappato l'esistenza di suo padre, l'avevano privato della vita serena di coloro che sono ignari dei ringhi animali, dei miti che si scoprono avere basi più che fondate, degli orrori delle notti buie.
La carnagione dello sceriffo era biancastra, molto più di quella di Stiles. Era spento, ormai, senza più vita: il ragazzo era arrivato troppo tardi. Immobile, era seduto sul terreno umido di un bosco muto come non mai; l'unico rumore delicato, era quello della pioggia, che si posava silenziosa sul mondo, come a non voler disturbare i pensieri di nessuno, in quel momento tanto drammatico. Il suo odore selvaggio, però era sovrastato da uno metallico, più forte e penetrante: quello del sangue.
Il ragazzo, tuttavia, non pensava a nulla: non stava ricordando i momenti trascorsi con suo padre, né stava tentando di scacciare il dolore pungente della perdita. Perché Stiles non aveva ancora perfettamente realizzato cosa fosse accaduto;
la sua mente si rifiutava di elaborare le informazioni che i suoi sensi gli stavano suggerendo. Era impossibile.
Trascorsero interminabili minuti, forse ore o, addirittura, giorni -questo, il ragazzo, non fu in grado di ricordarlo-, prima che si rassegnasse totalmente a ciò che era evidente, finché non comprese. Tuttavia, dopo non cambiò quasi nulla, tranne che per i suoi occhi; si formò un sottile spessore di lacrime, che però rimasero lì, senza scendere sul suo volto, come invece la pioggia stava facendo. Rimasero lì, incatenate, ad offuscargli la vista.
Il suo sguardo rimase perso nel vuoto, il suo corpo e la sua mente ormai senza difese, mentre attendeva che il dolore lo pervadesse e che lo distruggesse lentamente, pronto ad abbandonarsi alle sue fitte acute, ai suoi brividi di disperazione; pronto a non chiedere un solo istante di tregua.

Fu solo questione di tempo, prima che gli altri lo raggiungessero.
Scott, Isaac e Derek furono lì, l'uno dopo l'altro, ma nonostante la diversità delle loro figure, lo sguardo e l'espressione che assunsero, alla vista di Stiles accasciato accanto al corpo di suo padre, con una mano stretta al tessuto della sua maglietta, fu la stessa: stupore, compassione e qualcos'altro che il ragazzo non riuscì a decifrare, perché il mondo aveva cominciato a girare troppo velocemente. Ed era impossibile, per lui, scorgere dettagli così minuziosi.
Prima che se ne rendesse conto, tutto si fece buio e si sentì più che mai vicino al suolo, al terriccio umido, all'odore di sangue e di pioggia.
Tutto ciò che udì, prima che la sua mente si spegnesse, giunse alle sue orecchie come un sussurro flebile, pronunciato da colui che aveva sempre ritenuto un fratello.
«Derek..»
E poi si sentì sollevare da braccia forti e calde, si sentì trasportare via, lontano da tutto. Ma non ebbe la forza di aprire gli occhi, di protestare, di scalciare o di urlare, desiderando di restare accanto al corpo esanime del suo papà, di continuare a stringerlo forte a sé.
E la sua mano destra rimase serrata in un pugno, come se stesse continuando a tenere la presa sui suoi vestiti umidi, nonostante nella sua morsa ferrea non fosse rimasta che aria, ormai.
Poi, il buio impregnò persino i suoi pensieri, offuscando le sue capacità riflessive, oltre che quelle percettive. Fu trasportato in un sogno di cui al risveglio non ricordò nulla; gli sembrò di essere svenuto o di essersi addormentato per ore. Invece rimase ad occhi chiusi solo per una manciata di minuti: il tempo necessario perché le due braccia forti lo conducessero in un luogo caldo e sicuro.

Spalancò gli occhi umidi, allarmato, balzando a sedere su un divano caldo e familiare. E solo dopo aver sbattuto le palpebre più volte, realizzò che si trattava di casa McCall.
Ma non c'era Scott, nei paraggi, né Isaac, come si aspettava. C'era la persona che meno avrebbe pensato di vedere accanto a sé in un momento simile. Derek era lì, sullo stesso divano, la mascella serrata e gli occhi fissi nel vuoto. Stiles non ebbe voglia di chiedergli dove fossero gli altri, né perché proprio lui si trovasse lì.
Semplicemente, rimasero muti, l'uno accanto all'altro, perdendosi nei meandri delle loro menti troppo vuote e troppo piene allo stesso tempo, vittime della stessa sofferenza, consapevoli che il dolore sarebbe riemerso continuamente.
Erano seduti entrambi in posizione eretta, poggiati allo schienale del divano.

«Scott arriverà presto..» sussurrò d'un tratto Derek, come se quella fosse la maggiore delle sue preoccupazioni. E il ragazzo ebbe la forza di annuire quasi impercettibilmente.
La verità era che Derek comprendeva Stiles, soprattutto in quel momento. Era come se entrambi si capissero, perché condividevano la stessa sofferenza; come se potessero scavare nell'anima dell'altro, per trovarvi, infine, ciò che sapevano si nascondesse nella propria: il dolore della perdita e la solitudine successiva, che continuava a fare capolino nelle loro vite.

Il lupo, dettato da qualcosa che non riuscì a definire, portò la sua mano destra su quella sinistra di Stiles, chiudendo leggermente le dita attorno alle sue, più minute.
E poi rimasero fermi come poco prima, a fissare il nulla, riscaldati da qualcosa di nuovo.
Fu come se dinanzi a loro vi fosse un fuoco scoppiettante a riscaldarli da quel terribile inverno, ma anche in grado di sciogliere alcuni
degli strati di ghiaccio che si erano formati dentro di loro, rinchiudendo i loro cuori sotto il dolore freddo e pungente.

Forse, pensò Stiles, il contatto umano è davvero in grado di alleviare il dolore

   
 
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