Faith.
Tutti
almeno una volta nella vita hanno pensato di cambiare nome,
perché quello che
altri avevano loro appioppato non rispecchia i propri gusti,
perché troppo
corto o lungo, perché troppo comune o magari così
inconsueto che le volte in
cui qualcuno lo ha pronunciato correttamente, anche non per forza al
primo
tentativo, sono così poche che le dita di una mano sono
più che sufficienti per
numerarle.
Faith.
Questo
era il suo.
No,
non il suo nome; ma il suo cruccio di perfezionista, il suo tormento di
scrittrice,
il suo più grande rimpianto. Se potesse tornare indietro
anche solo per
pochissimi secondi, per una sola volta nella vita, sicuramente lo
farebbe solo
per costringere la madre a non condannarla ad un simile perpetuo
supplizio.
Faith.
Come
si fa, a dare un simile nome ad una bambina i cui polmoni avevano
appena
iniziato a funzionare autonomamente?
Domanda
che lo specchio della cameretta aveva ascoltato così tante
volte che la
matrigna di Biancaneve sarebbe apparsa la più pietosa
padrona del mondo,
avrebbe preferito essere servo delle brame di una donna affetta da
manie di
protagonismo che soggiogato ad una ragazzina il cui solo pensiero era:
come
evitare di presentarsi con il proprio nome?.
Faith.
Fede.
Esattamente
quella cosa che le mancava.
Strano sadismo il
destino.
Si beffava di lei.