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Autore: Seki    27/07/2013    3 recensioni
C’era stato un tempo, nei primi giorni in cui si trovava al Grande Tempio, in cui nemmeno sapeva chi fosse il custode della dodicesima casa e, quando l’aveva infine incontrato, non aveva potuto fare altro che dubitare delle sue capacità, perché un volto così bello e fragile non poteva certo essere portato per combattimento.
Ecco, quando ripensava a quei giorni si sentiva, all'incirca, un completo idiota.
[Manigoldo/Albafica]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cancer Manigoldo, Pisces Albafica
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Pezzi di Vetro

 

Venezia, la città sull’acqua. La città dell’arte. La città dell’Amore.

Tanti nomi diversi per una città speciale.

Tante aspettative che non lasciavano delusi i visitatori giunti da ogni parte del mondo per ammirarne la bellezza.

Eppure, Manigoldo, Cavaliere del Cancro, poteva affermare senza tanti preamboli che, al di sotto di quel velo di perfezione, quella città era uguale a tutte quelle che aveva visto nella sua misera vita: sporca, colma di pregiudizi e di un male annidato negli angoli più oscuri, quelli che mai nessuno aveva pensato di menzionare nella mirabolante descrizione di quell’angolo di paradiso.

-Questo posto fa schifo.-

L’uomo fermò la sua avanzata, osservando con disappunto tutto ciò che lo circondava, rifiutandosi fermamente di afferrarne la bellezza superficiale per dedicarsi al disprezzo di tutto il resto.

-Come qualsiasi altro posto, dopotutto.-

Una seconda voce di uomo, più melliflua della sua  ma nemmeno troppo carezzevole, lo raggiunse.

Manigoldo si voltò, squadrando con i suoi occhi blu la figura di colui che lo stava accompagnando in quella missione che, a detta del Grande Sacerdote. non sarebbe stata facile: i suoi lineamenti androgini creavano più di un dubbio sul suo sesso, ma lo sguardo fiero che riposava nei suoi occhi chiari non poteva che appartenere a un uomo che aveva dato tutto per diventare un guerriero.

Il suo nome era Albafica, Cavaliere dei Pesci, uno dei pochi uomini per cui Manigoldo sentiva di provare qualcosa di molto simile al rispetto.

C’era stato un tempo, nei primi giorni in cui si trovava al Grande Tempio, in cui nemmeno sapeva chi fosse il custode della dodicesima casa e, quando l’aveva infine incontrato, non aveva potuto fare altro che dubitare delle sue capacità, perché un volto così bello e fragile non poteva certo essere portato per combattimento.

Ecco, quando ripensava a quei giorni si sentiva, all’incirca, un completo idiota.

Albafica era come le sue rose: un petalo delicato e perfetto che nasconde la spina più velenosa.

Che fosse velenoso per davvero lo avrebbe scoperto solo più avanti.

Nei tempi dell’addestramento, aveva osservato a lungo quel cavaliere solitario, chiedendosi se anche lui ricercava la solitudine per sfuggire ai suoi demoni, così come faceva lui.

La risposta era stata un secco e sconvolgente “no”. Albafica aveva scelto la solitudine per difendere al meglio le persone che amava da ciò che riteneva la cosa più pericolosa al mondo: se stesso e il suo sangue velenoso. Era come un pazzo che correva scalzo su dei pezzi di vetro, consapevole del dolore che avrebbe provato, ma felice, in fondo, per che quella era la scelta di vita che aveva fatto.

La situazione era assurda al limite della follia, ma Manigoldo si era chiesto molte volte se il vero folle fosse il Cavaliere dei Pesci o lui, per sentirsi attratto da tutto quell’agglomerato di azioni illogiche.

Da quello al ricercare costantemente la vicinanza del secondo uomo era bastato un soffio di vento.

Incapace di rispettare i desideri altrui, il Cavaliere del Cancro aveva sfruttato ogni secondo di distrazione per potersi avvicinare sempre di più a quel giardino proibito, mentre la sua preda, conscia del suo veleno, sfuggiva repentinamente, spaventata dalla possibilità di restare ferita o, ancor peggio, di poter ferire, dando via ad un gioco malsano, in cui la morte inseguiva una sorella più fragile, nella speranza di riconoscerla.

E mentre Albafica scappava da lui, innalzando muri spessi e invalicabili, costruiti con il più cupo dei silenzi, Manigoldo non poteva far altro che urlare nella sua testa tutto ciò che a parole non poteva dire.

Avvicinati. Avvicinati. Avvicinati!

-E avvicinati!-

Finché un giorno non era scoppiato, come una fragile bolla di sapone, abbattendo con una semplicità disarmante un muro che –forse- non aspettava altro.

Ricordava come Albafica lo avesse guardato con lo stupore più puro negli occhi e come, fino all’ultimo, avesse cercato, in ogni modo, di tenerlo lontano perché, davvero, quello poteva essere pericoloso.

-Potresti morire solo standomi vicino, Manigoldo.-

-Ah! Credi che abbia paura della morte? Se dovessi morire mi basterebbe seguire le scie di luce che lasciano i cadaveri, per tornare indietro. E non sarebbe nemmeno una novità…-

La discussione si era conclusa così, con un sorriso troppo sicuro da parte sua e uno sguardo troppo preoccupato da parte dell’altro, ma alla fine il Cavaliere aveva acconsentito a lasciargli occupare quel posto al suo fianco che, per molto tempo, era rimasto vuoto.

E a Manigoldo andava bene così: non aveva alcuna importanza quanto fosse pericoloso il solo sfiorare le dita della mano di Albafica; sarebbe sceso volentieri all’inferno pur di poterlo fare. Poi sarebbe tornato indietro e lo avrebbe fatto nuovamente, in un circolo vizioso che lo avrebbe portato a camminare su quella strada di cocci infranti. Poco importava se lui si sarebbe ferito: era questa la strada che lui aveva scelto.

In uno sbuffo riaprì gli occhi che, non sapeva con esattezza quando, si erano chiusi, riportandolo così alla realtà, in quella Venezia tanto bella quanto maligna e alla propria missione.

-Direi che è ora di cercare questo Nero e prenderlo a calci, nh?-

Il secondo uomo scosse leggermente la testa, facendo ondeggiare appena  i lunghi capelli, mentre un sorriso accondiscendente –di quelli che le mamme rivolgono ai bambini troppo entusiasti- andava ad incurvargli le belle labbra.

-Direi che, per prima cosa, occorre trovare un posto per passare la notte.-

Albafica riprese a camminare, sorpassando il suo compagno che, fermo, lo osservava un po’ contrariato.

Nel farlo le loro dita si sfiorarono.

Manigoldo sorrise.

-Beh, se lo dici tu…-

Il Cavaliere riprese la sua avanzata, seguendo l’altro, con un ghigno vittorioso stampato in faccia.

Anche per quel giorno il veleno avrebbe aspettato.

 

  

 

°Blaterazioni Varie°
Oh santo cielo cosa ho fatto….Kurumada-sensei mi dispiace tanto!
Beh che dire…amo Albafica e amo Manigoldo, li amo insieme e quindi è giusto che io li rovini.
Questa cosa, ad onor ci cronaca, dovrebbe essere ambientata poco prima del Gaiden su Manigoldo, giusto per dire qualcosa di sensato.
Volevo scrivere da tempo qualcosa su loro, ma non sapevo ancora cosa…la soluzione (per vostra sfortuna) è piombata dal cielo grazie a Kymyit che ha lanciato una sfida a tema sul gruppo Fanfiction Challenges di fb! Combiniamola poi alla challenge multifandom dello stesso gruppo e boom! Eccovi serviti!
Vi chiedo ancora scusa.
Baci, Seki

   
 
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