Pezzi
di Vetro
Venezia, la
città sull’acqua. La
città dell’arte. La città
dell’Amore.
Tanti nomi
diversi per una città
speciale.
Tante
aspettative che non
lasciavano delusi i visitatori giunti da ogni parte del mondo per
ammirarne la
bellezza.
Eppure,
Manigoldo, Cavaliere del Cancro,
poteva affermare senza tanti preamboli che, al di sotto di quel velo di
perfezione, quella città era uguale a tutte quelle che aveva
visto nella sua
misera vita: sporca, colma di pregiudizi e di un male annidato negli
angoli più
oscuri, quelli che mai nessuno aveva pensato di menzionare nella
mirabolante
descrizione di quell’angolo di paradiso.
-Questo
posto fa schifo.-
L’uomo
fermò la sua avanzata,
osservando con disappunto tutto ciò che lo circondava,
rifiutandosi fermamente
di afferrarne la bellezza superficiale per dedicarsi al disprezzo di
tutto il
resto.
-Come
qualsiasi altro posto,
dopotutto.-
Una seconda
voce di uomo, più melliflua
della sua ma
nemmeno troppo carezzevole,
lo raggiunse.
Manigoldo si
voltò, squadrando
con i suoi occhi blu la figura di colui che lo stava accompagnando in
quella
missione che, a detta del Grande Sacerdote. non sarebbe stata facile: i
suoi
lineamenti androgini creavano più di un dubbio sul suo
sesso, ma lo sguardo
fiero che riposava nei suoi occhi chiari non poteva che appartenere a
un uomo
che aveva dato tutto per diventare un guerriero.
Il suo nome
era Albafica, Cavaliere
dei Pesci, uno dei pochi uomini per cui Manigoldo sentiva di provare
qualcosa
di molto simile al rispetto.
C’era
stato un tempo, nei primi
giorni in cui si trovava al Grande Tempio, in cui nemmeno sapeva chi
fosse il
custode della dodicesima casa e, quando l’aveva infine
incontrato, non aveva
potuto fare altro che dubitare delle sue capacità,
perché un volto così bello e
fragile non poteva certo essere portato per combattimento.
Ecco, quando
ripensava a quei giorni
si sentiva, all’incirca, un completo idiota.
Albafica era
come le sue rose: un
petalo delicato e perfetto che nasconde la spina più
velenosa.
Che fosse
velenoso per davvero lo avrebbe
scoperto solo più
avanti.
Nei tempi
dell’addestramento,
aveva osservato a lungo quel cavaliere solitario, chiedendosi se anche
lui
ricercava la solitudine per sfuggire ai suoi demoni, così
come faceva lui.
La risposta
era stata un secco e
sconvolgente “no”. Albafica aveva scelto la
solitudine per difendere al meglio
le persone che amava da ciò che riteneva la cosa
più pericolosa al mondo: se stesso
e il suo sangue velenoso. Era come un pazzo che correva scalzo su dei
pezzi di
vetro, consapevole del dolore che avrebbe provato, ma felice, in fondo,
per che
quella era la scelta di vita che aveva fatto.
La
situazione era assurda al
limite della follia, ma Manigoldo si era chiesto molte volte se il vero
folle fosse
il Cavaliere dei Pesci o lui, per sentirsi attratto da tutto
quell’agglomerato
di azioni illogiche.
Da quello al
ricercare
costantemente la vicinanza del secondo uomo era bastato un soffio di
vento.
Incapace di
rispettare i desideri
altrui, il Cavaliere del Cancro aveva sfruttato ogni secondo di
distrazione per
potersi avvicinare sempre di più a quel giardino proibito,
mentre la sua preda,
conscia del suo veleno, sfuggiva repentinamente, spaventata dalla
possibilità
di restare ferita o, ancor peggio, di poter ferire, dando via ad un
gioco
malsano, in cui la morte inseguiva una sorella più fragile,
nella speranza di
riconoscerla.
E mentre
Albafica scappava da
lui, innalzando muri spessi e invalicabili, costruiti con il
più cupo dei
silenzi, Manigoldo non poteva far altro che urlare nella sua testa
tutto ciò
che a parole non poteva dire.
Avvicinati.
Avvicinati. Avvicinati!
-E
avvicinati!-
Finché
un giorno non era
scoppiato, come una fragile bolla di sapone, abbattendo con una
semplicità
disarmante un muro che –forse- non aspettava altro.
Ricordava
come Albafica lo avesse
guardato con lo stupore più puro negli occhi e come, fino
all’ultimo, avesse
cercato, in ogni modo, di tenerlo lontano perché, davvero,
quello poteva essere
pericoloso.
-Potresti
morire solo standomi
vicino, Manigoldo.-
-Ah! Credi
che abbia paura della
morte? Se dovessi morire mi basterebbe seguire le scie di luce che
lasciano i
cadaveri, per tornare indietro. E non sarebbe nemmeno una
novità…-
La
discussione si era conclusa
così, con un sorriso troppo sicuro da parte sua e uno
sguardo troppo
preoccupato da parte dell’altro, ma alla fine il Cavaliere
aveva acconsentito a
lasciargli occupare quel posto al suo fianco che, per molto tempo, era
rimasto
vuoto.
E a
Manigoldo andava bene così:
non aveva alcuna importanza quanto fosse pericoloso il solo sfiorare le
dita
della mano di Albafica; sarebbe sceso volentieri all’inferno
pur di poterlo
fare. Poi sarebbe tornato indietro e lo avrebbe fatto nuovamente, in un
circolo
vizioso che lo avrebbe portato a camminare su quella strada di cocci
infranti. Poco
importava se lui si sarebbe ferito: era questa la strada che lui aveva scelto.
In uno
sbuffo riaprì gli occhi
che, non sapeva con esattezza quando, si erano chiusi, riportandolo
così alla
realtà, in quella Venezia tanto bella quanto maligna e alla
propria missione.
-Direi che
è ora di cercare
questo Nero e prenderlo a calci, nh?-
Il secondo
uomo scosse
leggermente la testa, facendo ondeggiare appena
i lunghi capelli, mentre un sorriso accondiscendente
–di quelli che le
mamme rivolgono ai bambini troppo entusiasti- andava ad incurvargli le
belle
labbra.
-Direi che,
per prima cosa,
occorre trovare un posto per passare la notte.-
Albafica
riprese a camminare,
sorpassando il suo compagno che, fermo, lo osservava un po’
contrariato.
Nel farlo le
loro dita si
sfiorarono.
Manigoldo
sorrise.
-Beh, se lo
dici tu…-
Il Cavaliere
riprese la sua
avanzata, seguendo l’altro, con un ghigno vittorioso stampato
in faccia.
Anche per
quel giorno il veleno
avrebbe aspettato.
°Blaterazioni
Varie°
Oh santo cielo cosa ho fatto….Kurumada-sensei
mi dispiace tanto!
Beh che dire…amo Albafica e amo
Manigoldo, li amo insieme e quindi è giusto che io li rovini.
Questa cosa, ad onor ci cronaca,
dovrebbe essere ambientata poco prima del Gaiden su Manigoldo, giusto
per dire
qualcosa di sensato.
Volevo scrivere da tempo qualcosa
su loro, ma non sapevo ancora cosa…la soluzione (per vostra
sfortuna) è
piombata dal cielo grazie a Kymyit che ha lanciato una sfida a tema sul
gruppo Fanfiction
Challenges di fb! Combiniamola poi alla challenge multifandom dello
stesso
gruppo e boom! Eccovi serviti!
Vi chiedo ancora scusa.
Baci, Seki