Eccomi qui nella mia camera buia, con le finestre chiuse, ma non
da sola. C’è la musica con me e mi tormenta come non ha mai fatto. Di solito mi
fa sentire meglio, ma oggi sembra proprio volermi far soffrire. “I learned from you that I do not crumble, I learned that
strength is something you choose” ; così canta Hannah Montana. E io? Come faccio
a capire queste parole? La colpa non è dell’inglese, quello lo conosco fin
troppo bene.
Io non ho imparato niente da nessuno e non ho ricordi di colui che
avrebbe dovuto insegnarmi le cose. Mio padre se n’è andato di casa quando avevo
quattro anni. Non ha
detto niente a nessuno e si è chiuso alle spalle la porta d’ingresso, lasciando
soli mia madre, me e mio fratello.
Ora mi alzo e apro il cassetto del mio comodino; gelosamente
conservo una piccola conchiglia rosa. Perché non l’ho ancora gettata? Perché
non odio chi me l’ha regalata? E’ da qualche anno ormai che cerco di trovare
delle risposte ma solo ora sento che è il momento adatto per riflettere.
Mi sembra di essere stata improvvisamente catapultata in una di
quelle scene da film, con il mare sullo sfondo e il gracchiare dei gabbiani che
si diffonde nell’aria frizzante. Ed è strano che il ricordo sia ancora così
vivido.Si riferisce ad una settimana prima che papà ci lasciasse.
Mi aveva detto di voler andare a fare una passeggiata con me, cosa
che non aveva mai fatto da quando ero nata.
Mi teneva per mano e nel frattempo canticchiava qualche canzoncina
per farmi sorridere.
Io però non ne avevo voglia e per quanto fossi piccola sentivo che
qualcosa di strano sarebbe presto accaduto; la sua mano era fredda e mi
trascinava come per forza. Non era come la mano calda e amorevole di un padre.
Mi sentivo presa in giro e chiedevo insistentemente di ritornare
casa. Invece lui sembrava far finta di niente e continuando a camminare mi
portò fino alla spiaggia.
Ormai il sole stava calando sul mare, tuffandosi tra le sue onde e
salutando i bagnanti con l’augurio di rivedersi il giorno dopo.
Mi sedetti di colpo sulla sabbia, decisa a non muovere più un
passo per almeno mezz’ora. Oltre a essere scocciata per aver fatto qualcosa che
non volevo, ero stanchissima, così misi il broncio.
Fu qui che mio padre fece la cosa più bella che ricordo di lui,
anzi, l’unica cosa bella. Si sedette sulla sabbia voltandomi le spalle e
restando come me in silenzio .
Non ricordo per quanto tempo restammo così, forse due minuti,
mezz’ora, un’ora, un’eternità.
Ad un certo punto cominciò a scavare la terra con le mani,
tracciando sulla sabbia solchi a volte grandi, a volte piccoli.
Poi esclamò di sorpresa: una conchiglia rosa a forma di ventaglio
gli era rimasta tra le mani.
“Sai..” mi disse “ Le conchiglie sono il cuore del mare.. se le
avvicini all’orecchio sentirai la sua voce”.
Sembrava una fiaba e mi stupì la cosa che mi aveva raccontato così
tanto da farmi dimenticare tutta la tristezza che avevo addosso. Istintivamente
gli presi la conchiglia dalle mani come se fosse un gioiello prezioso e la
porsi all’orecchio.
Anche ora faccio la stessa cosa e la voce del mare mi sussurra
come quel giorno.
Dopo di che mio padre si alzò e riprese il cammino verso casa
lasciandomi sola a guardare le onde; questo fu l’ultimo momento che passammo
insieme. Mi chiedo se dalla conchiglia possa uscire anche l’acqua del mare o se
quelle che in questo momento stanno
bagnando il mio viso siano lacrime.
Non so a chi io stia scrivendo queste cose, sento solo il bisogno
di farlo. E’ la prima volta che piango ripensando a tutto ciò e credo di avere
esaurito il rancore che mi portavo dentro. Guardando la conchiglia ora provo
solo un forte senso di nostalgia, come se mi fossi accorta di un pezzo mancante
di me, quello che avrebbe dovuto aiutarmi nel tracciare il disegno di me
stessa.
Diciassette anni non sono poi così tanti per non cercare di
recuperare: non me ne frega più niente del passato, perché ora capisco che può
esserci qualcosa di molto più importante dell’odio che potrei avere verso mio
padre perché se n’è andato.
Mi è tornata la voglia di cercare ciò che non ho avuto, e di trovare
nascosta sotto qualche granello di sabbia la conchiglia che mi sappia parlare con la voce del
mio mare.
Sembrerà esagerato il fatto di voler rendere tutto questo la mia
nuova ragione di vita, ma non m’importa. Ora sento solamente questo bisogno che
mi spinge a provare tutti i mezzi per rintracciare mio padre.
So che ce la farò.
E così non dovrò più perdere altro tempo per scrivere su questo
quaderno quello che mi fa soffrire.
Finalmente potrò ascoltare quella canzone di Hannah Montana e capirne
il significato.
Voglio anch’io imparare da mio padre, e non è troppo
tardi.
È solo giunto il momento che aspettavo e che non avevo mai
trovato; da oggi la mia vita forse sarà un’altra. Ho bisogno di fargli domande che mi porto nel cuore da tempo e
sono curiosa di avere tante risposte.
Il mio futuro sarà diverso e non dovrò costruirmelo da sola. Ne
sono certa.