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Autore: live in love    28/07/2013    4 recensioni
Tratto dal Primo Capitolo:
-Certo che voglio- ribatto io, forse con fin troppa enfasi
- Meno male,il tuo letto è molto più comodo del mio- scherza, facendomi ridacchiare.
- Quindi mi stai solo sfruttando , eh?- ribatto.
-Ovviamente , baby- ride anche lui appoggiando la guancia sui miei capelli
-----------------
Mia prima fanfiction su Ian e Nina.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 19


PERCHE'





- Buongiorno! -

Kevin fa il suo pimpante ingresso nella sala riunioni con passo spedito e un grosso, raggiante sorriso stampato in faccia che quasi ci acceca.

Il tavolo ovale, capitanato da Julie intenta a sorseggiare un caffè bollente, si apre davanti a lui, affollato da tutti gli attori principali della serie. Kevin ci ha convocati infatti di prima mattina per una riunione urgente. Anzi, urgentissima a detta sua.

Il perché di tutta questa segretezza ed urgenza però non ci è stata svelata, lasciandoci pensierosi e confusi.

Cosa ci deve comunicare, difatti, resta però un mistero, visto che tutti già sanno che abbandonerà lo show a fine stagione. Mi stringo appena tra spalle, confusa e vagamente interdetta mentre con la mente vaglio tutte le possibili risposte senza trovarne veramente una soddisfacente.

Accompagnata dai mormorii del resto cast lo guardo, voltandomi leggermente verso la porta con una lieve torsione e ricambiando il suo saluto seppur con minor enfasi.

- Buongiorno – bofonchio con voce bassa, socchiudendo leggermente gli occhi feriti dalla luce dei faretti posti sul soffitto che illuminano la stanza.

Mi sento ancora parzialmente nel mondo dei sogni, il corpo intorpidito e la mente assonnata.

Quanto vorrei essere rimasta a letto, sospiro lentamente agognando di tornarci il prima possibile.

Un sorriso birichino e malizioso fa però capolino sul mio viso l'attimo seguente, non appena la mia memoria mi ricorda perchè ho così sonno. Dopo giorni di riprese estenuanti fatte quasi senza prendere respiro io ed Ian abbiamo finalmente avuto la nostra sana dose di intimità, passando buona parte della notte a fare l'amore nel letto della mia stanza.

Anche se forse, ormai, si può dire nostra visto che siamo praticamente sempre lì.

Mi mordo le labbra, affondandomi i denti e iniziando a torturare languidamente il labbro inferiore.

Le immagini dei nostri corpi nudi, avvinghiati e sudati a causa dell'amplesso che sta arrivando al culmine invadono prepotentemente la mia testa, inondandola e causandomi sensazioni furiose ed imponenti.

Istintivamente mi ritrovo ad inclinare leggermente il viso, abbandonando la figura di Kevin per posare lo sguardo su un paio di occhi azzurri che trovo già intenti a fissarmi. Intensi e limpidi mi studiano, percorrendo il mio volto con una lunga e lenta carezza silenziosa che mi provoca un brivido.

Impertinente mi attraversa tutta la schiena, andandosi a soffermare nel mio basso ventre. Come di consueto quella sensazione deliziosa e solleticante mi prende lo stomaco, stringendolo in una lieve morsa che mi provoca quasi le vertigini.

Suadente e sibillina si insinua dentro di me, pervadendomi totalmente fino quasi a farmi perdere il contatto con il mondo esterno. Diventa sempre più pressante, così calda e bollente da darmi la sensazione di bruciare. Il mio cuore inizia a battere lievemente più forte, accelerando i battiti e trasformando la sua corsa placida in un frenetico scalpitare.

Il mio sguardo si lega al suo in modo indissolubile, lasciando che le nostre emozioni si fondano. Quel poderoso senso di chimica e sintonia torna possente a farsi sentire, impregnando l'aria e facendo apparire la distanza che ci separa e il tavolo in legno chiaro solo come un inutile ostacolo.

Emetto un lieve sospiro desideroso, passandomi una mano tra i capelli nel tentativo di scostare una ciocca di capelli scuri dai miei occhi. Improvvisamente irrequieta a causa del suo sguardo caldo su di me li porto dietro l'orecchio, decidendo solo infine di spostare tutta la mia chioma sulla spalla sinistra, coperta appena dalla maglia che indosso.

Un mezzo sorriso malizioso gli inclina le labbra a questo mio gesto, piegando all'insù un angolo della sua bocca e non faccio fatica a comprendere che sta pensando anche lui a questa notte. Un leggero rossore, lussurioso e compiaciuto, mi vela le guance facendomi apparire più accaldata di quanto vorrei.

Ed è impossibile non pensare alla smorfia languida delle sue labbra mentre raggiungeva l'orgasmo, riversandosi dentro di me.

La morsa al mio basso ventre si acutizza, portandomi istintivamente a stringere le cosce coperte da un paio di jeans scuri.

Ripunto gli occhi su Ian, che non mi ero accorta di aver distolto, trovandolo intento a ghignare sornione e compiaciuto. E non è decisamente difficile comprendere il perchè, tutt'altro.

Deglutendo quasi a fatica noto un brillio di pura e lasciva malizia attraversargli l'iride adamantina, animandola e rendendola ancora più languidamente divertita.

Sospiro, scrollando appena il capo mentre un angolo remoto della mia mente mi ricorda che sono in un luogo pubblico, circondata dai miei amici e colleghi.

Quasi istintivamente mi ritrovo ad indirizzare un'occhiata di sottecchi a Candice, seduta al mio fianco che ricambia, fissandomi con uno sguardo vispo e un sopracciglio inarcato. Per una frazione di secondo rimaniamo a fissarci, parlando silenziosamente con gli occhi, e il sogghigno malizioso che mi rivolge mi fa chiaramente intendere che non è sfuggito questo nostro scambio di sguardi bollenti.

Colta in fragrante mi stringo appena tra le spalle, arrossendo maggiormente.

E ora chi li sente i suoi commenti, penso freneticamente rendendomi conti che ci ha praticamente beccati mentre ci spogliavamo con gli occhi.

Tentando di ricompormi passo le dita tra i miei capelli lisci e sciolti, pettinandoli distrattamente mentre i miei denti affondano nuovamente nel labbro inferiore nel tentativo di sopire la voglia suadente che mi insidia.

Prendendo poi un lungo sospiro mi stiracchio leggermente, allungando le braccia oltre la sedia ed inarcandomi contro di essa. Mentre il mio seno e il mio fisico vengono messi maggiormente in risalto a causa di questo mio gesto decido di non guardare entrambi, soprattutto Ian, ben conscia dell'espressione vogliosa che potrebbe stamparsi sul mio viso.

Ed è decisamente meglio evitare visto che sto lavorando, sospiro piegando appena il collo di lato e, inconsapevolmente, esponendolo di più al suo sguardo.

L'attimo seguente percepisco distintamente il suo sguardo scaldarsi, arroventarsi a causa di un sottile desiderio che vibra nei suoi occhi liquidi e nel respiro che mi fa bruscamente trattenere. Mi si blocca in gola, accentuando il calore torbido che mi suscita.

Mi umetto le labbra, passando leggermente la lingua sulle labbra mentre la crescente voglia di guardarlo in viso esplode dentro di me e cedo. Semplicemente cedo a questo mio intimo imperativo, non mantenendo fede alla promessa che mi ero fatta.

Una sensazione intensa e spontanea, la stessa che mi fa sbattere il cuore nella cassa toracica provocandomi una poderosa ondata di calore che mi divora.

Alzo gli occhi, scontrandomi con i suoi così bollenti ed illanguiditi da apparire come metallo fuso. Appena imbruniti risultano quasi scuriti, una punta di grigio che contamina il consueto azzurro.

Incapace di non farlo lo incateno al mio, perdendomi tra le sensazioni intense che mi provoca.

Kevin interrompe però il flusso dei miei pensieri appoggiando un plico di fogli sul tavolo, richiamando facilmente la nostra attenzione.

Affiancando la posizione di capotavola si apre in un leggero sorriso, iniziando poi a parlare con voce alta e decisa per richiamare la nostra attenzione.

- Allora, vi ho riuniti qui perchè vi devo parlare di alcune cose – afferma con voce decisa, congiungendo le mani e rimanendo in piedi vicino a Julie – Come sapete la stagione sta volgendo al termine, manca poco ormai – continua, indicando con un cenno del capo la lavagna alle sue spalle su cui spiccano i titoli scritti degli ultimi episodi.

Istintivamente con lo sguardo seguo quella direzione, guardando alle sue spalle e leggendo per alcuni secondi ciò che vi è scritto. Con una lenta e fugace occhiata percorro la scrittura fine e un po' riccioluta, decisamente non troppo limpida e comprensibile, che appartiene a Julie.

- E, beh, decisamente stiamo andando alla grande – ride dopo un attimo di esitazione, un'espressione compiaciuta che gli si stampa in viso.

Mormorii compiaciuti ed esaltati si alzano all'istante, portandomi a sorridere vittoriosa.

Ho lavorato tanto in questa seconda stagione dello show, sopportando orari sfiancanti e un doppio ruolo che ha pesato decisamente molto sulle mie spalle.

- Siamo ufficialmente lo show di punta dello !- continuo quasi esaltato, complimentandosi con noi subito dopo – Complimenti davvero ragazzi – mormora, sorridendo ampiamente.

A queste parole un fragoroso applauso, accompagnato dagli urletti esaltati di Candice e Kath a cui mi aggiungo subito anche io, allargando il mio sorriso mentre batto le mani.

- Ora ci aspetta lo sprint finale, che sono sicuro riuscirete a rendere al meglio – afferma, riprendendo a parlare e sovrastando il nostro vociare – Avete già i copioni e sapete cosa accadrà- continua, fermandosi tuttavia l'attimo seguente con le labbra dischiuse.

Esita infatti un millesimo di secondo, cercando lo sguardo della sua collaboratrice, Julie come se volesse averne l'appoggio.

- Ed è per questo che abbiamo pensato – afferma, indicandola con un cenno del capo mentre muove ancora la mano in un ampio gesto – Di lasciarvi qualche giorno di vacanza – conclude mentre un irreale silenzio di stupore e attesa permea la stanza all'improvviso, paralizzandoci.

Al posto del sottile chiacchiericcio si sostituisce un lieve stupore, dettato dalle sue parole non previste e assolutamente inaspettate.

Qualche giorno di vacanza? Sbarro leggermente gli occhi mentre questa domanda stupita riecheggia nella mia testa, sconcertandomi positivamente.

Sembra quasi un miraggio più che realtà, a dire il vero.

- Vacanze? - gli domanda in risposta Paul, inarcando entrambe le sopracciglia castane visibilmente stupito, quasi come se non si aspettasse queste parole.

Per una frazione di secondo l'espressione che gli si stampa in viso appare tremendamente simile a quella del suo personaggio, Stefan, facendomi ridacchiare in modo silenzioso e sommesso.

Lo prendiamo spesso giocosamente in giro sul set e anche fuori, schernendolo per la smorfia corrucciata che sembra assumere ogni volta che recita le sue battute.

Mi mordo le labbra, tentando di sopprimere una corposa risata nel momento seguente, quando aggrotta la fronte in quel serio e buffo modo tipico del personaggio che interpreta. Quasi imbronciato, pensieroso.

- Si, un week-end di riposo – afferma Kevin spiegandosi meglio mentre Julie sogghigna al suo fianco, il viso pieno che la rende ancora più sorniona.

Lei, infatti, vestita con una maglia rosso intenso e con le braccia appoggiate sul legno chiaro e lucido del tavolo ovale, annuisce lentamente mentre un'espressione convinta le si delinea sul viso.

Decisamente contenta mi apro in un sorriso smagliante, pregustandomi giù due giorni di assoluto relax. Cosa che non capitava probabilmente da interi mesi.

- Ve lo meritate – interviene lei, rompendo il rigoroso mutismo in cui si era chiusa. - E anche noi – ride l'attimo dopo allegra, socchiudendo appena i piccoli occhi.

Una leggera risata si leva all'istante, riempiendo la stanza. Lei torna però seria subito dopo,

- Ci rivediamo lunedì pomeriggio per le scene esterne – continua, alludendo chiaramente alle scene all'aperto che dobbiamo girare.

Sono quasi sempre le più faticose ed estenuanti, ma anche quelle che io trovo più divertenti ed appaganti. Per fortuna la devo girare con Ian, mi ricorda con un pensiero fulmineo e distratto la mia mente. Un senso di calore mi pervade a questo pensiero, insinuandosi tra le mie riflessioni lavorative ed impregnandole di una dolcezza intima che appartiene solo a ciò che riguardo lui.

Istintivamente lancio una occhiata di sottecchi ad Ian, trovandolo intento a sorridere compiaciuto mentre fissa i nostri capi. Non si accorge probabilmente che lo sto guardando dal momento che mantiene lo sguardo dritto davanti a se, perso chissà tra quali pensieri. Per una frazione di secondo mi ritrovo a chiedermi cosa sta pensando, tentando di intercettarne lo sguardo e intuire la portata delle elucubrazioni che lo rendono riflessivo.

Cosa che mi permette di continuare ad osservarlo tuttavia, lasciandomi il tempo di studiarlo con tutta calma e comprendere ogni sua più piccola espressione o smorfia.

Un senso di calma e dolcezza mi pervade, portandomi a rilassarmi contro lo schienale della sedia nera, leggermente imbottita.

Appoggiando una mano sul bracciolo scivolo così sulla linea semplice del suo profilo, i capelli corvini che gli solleticano appena la fronte in una carezza leggera ed impercettibile. Continuo poi il mio silenzioso cammino sul suo volto, oltrepassando il naso e il lieve strato di barba che gli vela le guance chiare. Non ha avuto il tempo di farsela questa mattina, sorrido intimamente compiaciuta dall'avergli fatto perdere tempo sotto la doccia.

Per una frazione di secondo il mio cuore accelera i battiti, portandomi ad arrossire teneramente nel ricordare il modo in cui mi ha tenuta stretta a lui dopo l'amplesso, depositando un bacio a fior di labbra sulla mia bocca che era risultato incredibilmente sconvolgente e casto al tempo stesso. Quasi lo stessi rivivendo quello stesso tumulto di emozioni scalpitano violentemente dentro di me, avvolgendomi con le loro spire calde e sicure.

Si aggrovigliano dentro di me mentre con la mente ripercorro quel senso disarmante di abbandono che mi sconvolge quando sono tra le sue braccia. È un qualcosa di bruciante, un lento e piacevole divorare che trova soddisfazione nei suoi baci, nel suo tocco.

Lo trova semplicemente avendolo al fianco. E il perchè è molto semplice, così lampante da risultare assordante.

Rilascio un respiro profondo che non mi ero accorta di aver trattenuto, soffiandolo fuori dalle labbra appena dischiuse mentre impongo ai miei pensieri di fermarsi, di arrestarsi prima di arrivare a quel perchè.

Torno così a rifocalizzarmi su di lui, puntando totalmente la mia attenzione sulla sua figura fasciata da una semplice maglia nera in cotone a maniche lunghe.

La smorfia dolce e allietata che tende le mie labbra si accentua maggiormente nel momento stesso in cui i miei occhi si posano sulla sua bocca piene, appena arricciate in un ghigno rilassato e deliziato che lo fa apparire tremendamente sbarazzino.

Tuttavia, non ho il tempo materiale di gustarmi davvero la visione che ho davanti dal momento che Kevin continua a parlare, richiamandomi forzatamente all'attenzione.

- E con te Nina, invece, giriamo quella a casa Salvatore il mattino dopo – afferma al mio indirizzo, cogliendomi di sorpresa.

Presa come ero dai miei pensieri non mi sono accorta che mi stava parlando, risultando probabilmente svampita e disinteressata.

A malincuore inclino leggermente il viso, indirizzando velocemente lo sguardo su di lui mentre le mie labbra sono solcate da un leggero sospiro mentre mi fingo sicura di me.

L'attenzione di tutti i presenti vira così su di me, puntandomi un numero indefiniti di occhi sul mio viso. Frastornata e imbarazzata arrossisco furiosamente, sperando vivamente che nessuno abbia notato l'oggetto dei miei pensieri e, soprattutto, di non avere una espressione colpevole stampata in faccia.

Incontro il viso tondo di Kevin, il sorriso appena accennato e le braccia aperte in attesa di una risposta.

- Per te va bene? - mi incalza portandomi ad annuire non so neanche io per cosa.

- Perfetto – aggiungo dopo una fraziona di secondo, stringendomi timidamente tra le spalle nel momento stesso in cui sfoggio una smorfia decisa.

Lui mi fissa ancora per un lungo attimo, come se volesse studiarmi, annuendo subito dopo e posando il suo sguardo su Candice, facendomi tirare finalmente un vigoroso sospiro di sollievo.

Decisamente non era il caso di farsi beccare distratta mentre fisso il mio fidanzato, sarebbe stato poco professionale.

Tuttavia, proprio colui che mi causa tutto questo miscuglio di emozioni indefinite ed indecifrabili mi rivolge una divertita occhiata di sottecchi, inchiodandomi con il suo sguardo azzurro e limpido.

E non è difficile decifrare il brillio di malizia e divertimento che li attraversa, vivacizzandoli e facendomi intuire che ha perfettamente intuito il mio momento di sbandamento. Una punta di compiacimento li attraversa l'attimo dopo, rendendolo vanesio e birichino come se avesse anche compreso di essere proprio lui la causa.

Possibile che mi conosca così bene? Mi ritrovo a chiedermi in uno slancio spontaneo e sorpreso, trovando una semplice e naturale risposta subito dopo: si.

- Vorrei inoltre approfittare di questa riunione improvvisata per ringraziare anche Joseph Morgan di essersi unito al cast nei panni di Klaus – indica l'attore con un ampio gesto della mano Kevin, distogliendomi dal fissare Ian e, soprattutto, dai miei pensieri torbidi.

Joseph si stringe appena tra le spalle, facendo un cenno del capo con la testa come saluto mentre ci rivolge uno sguardo rilassato e un sorriso semplice e cordiale.

Ho avuto modo di girare già qualche spezzone di scena in sua compagnia, trovandolo preparato e simpatico nonché caratterizzato da un inconfondibile accento inglese.

Quasi con la coda dell'occhio trovo Candice rivolgergli un'occhiata decisamente interessata, aprendosi in un sorriso leggero che mi appare al tempo stesso anche terribilmente sornione.

Tuttavia, non ho il tempo materiale di studiarla meglio poiché Kevin continua a spiegare il programma dei prossimi giorni.

- Inoltre, vorrei fare un grandissimo in bocca al lupo ad Ian – inizia a parlare dove aver snocciolato una sequela infinita di cose da fare e raccomandazioni, la voce sicura impregnata di contentezza che si alza di una ottava.

Sbarro gli occhi, il respiro che mi si blocca istintivamente in gola raschiandola.

In bocca al lupo? Mi domando confusa, non capendo assolutamente a cosa si stia riferendo. In bocca al lupo per cosa? Mi chiedo nuovamente, incapace di non farlo.

Troppo confusa e sorpresa anche solo per pensare lucidamente e in modo razionale mi ritrovo a fissare Kevin con le labbra dischiuse, un'espressione sbalordita stampata in viso.

Perché sta dicendo queste cose? La sequela infinita di domande che mi popola la mente continua, finendo quasi per stordirmi con il loro vociare.

Sibilanti e dubbiose si infiltrano tra i miei pensieri, annodandosi tra di loro fino a diventare un groviglio indistinguibile di riflessioni e quesiti.

Deglutisco, trovando la bocca asciutta e leggermente impastata.

Uno strano e inconsueto senso di agitazione ed ansia si insinua lentamente dentro di me, stringendomi leggero lo stomaco. In modo irrazionale e spontaneo mi permea, portandomi istintivamente ad irrigidirmi contro la sedia.

Quasi con occhi sbarrati mi ritrovo ad alternare lo sguardo tra Ian e Kevin, senza capire cosa stia davvero succedendo.

Un inverosimile silenzio cala tra di noi, in concomitanza con lo scalpitare di questa emozione indecifrabile dentro di me.

Deglutisco, inarcando appena un sopracciglio nel tentativo di comprendere meglio, di essere lucida e razionale. Cosa che però non accade dal momento che la mia speranza rimane vana.

La netta sensazione che qualcosa mi stia sfuggendo, mi attanaglia poderosamente.

Ian non dice o fa nulla, persistendo nel non guardarmi e portandomi ad allertarmi maggiormente. Rimane immobile, così statico da apparire quasi impassibile, lo sguardo puntato davanti a se in un punto indefinito. Solo una cosa mi fa capire che qualcosa lo turba.

Indurisce infatti leggermente la mandibola, tendendo l'espressione come se si stessa trattenendo o qualcosa lo infastidisse. E l'istinto mi dice che qualcosa non va, rafforzando quello che fino ad un secondo fa era solo un pensiero.

Quasi angosciata sospiro, mordendomi nervosamente le labbra mentre inizio torturarmi irrazionalmente le dita.

E la risposta alle mie domande, ai perchè che mi assillano arriva subito dopo, ghiacciandomi.

- So che sosterrai il provino conclusivo per la parte protagonista in un film – afferma Kevin visibilmente contento – Quindi complimenti! - inizia un applauso a cui io non partecipo.

Paralizzata, ghiacciata sul posto, il mio cuore perde irrazionalmente un battito mentre sbarro stupita gli occhi, riprendendo a battere dolorante l'attimo seguente.

La morsa al mio stomaco si accentua, diventando stringente e soffocante.

Provino conclusivo per la parte protagonista in un film....Protagonista... Film... Provino conclusivo...

Il senso di ansia e agitazione si accentua a questo pensiero, a questa constatazione dolorosa. Un sottile senso di panico vibra vigoroso dentro di me, stordendomi.

Le parole di Kevin riecheggiano nella mia testa, lasciando un vuoto assordante dietro di se.

Percepiscono unicamente le sue parole, gli occhi puntati in un punto indefinito mentre l'applauso si esaurisce e le voci si alzano per i complimenti.

Al senso di ansia subentrano però subito dopo le domande, diventando assordanti.

Deve sostenere un provino? Mi ritrovo a sbarrare gli occhi, non riuscendo a capacitarmi i questa improvvisa verità. Quando? Che film?

Qualcosa di bruciante inizia però ad insidiarsi dentro di me, bruciando incredibilmente.

Perché non me lo ha detto?

Una silenziosa domanda che suona però più come una bollente constatazione.

Non me lo ha detto.

A questa riflessione qualcosa scalpita dentro di me, divorandomi. Un sordo nervosismo mi scuote, portando il mio cuore sbattere furiosamente nella mia cassa toracica.

Con le guance rosse e una bollente irritazione che mi vibra sulla pelle alzo lo sguardo su Ian, gli occhi che bruciano e divorando nervosamente la distanza che ci separa.

Cerco voracemente i suoi occhi, per potermici specchiare e leggervi una verità che sia una risposta valida e concreta.

Lo faccio per trovarmi un perchè che anelo disperatamente, quel dolore nel petto che continua a perforarmi. Una stilettata invisibile che mi ha trafitto da parte a parte, non lasciandomi scampo.

Lui non mi fissa, persistendo nel mantenere gli occhi puntati in una direzione opposta alla mia. Non dice nulla, non fa alcun cenno.

E a questa visione la rabbia, sorda e possente, mi scuote, annebbiandomi la mente con il nervosismo che ne consegue. Istintivamente mi ritrovo a stringere la dita a pugno, le nocche che sbiancano appena mentre la lucida consapevolezza che non sapevo nulla sibila nella mia testa lasciando il vuoto dietro di se.

Qualcosa dentro di me scalpita e tutto ciò che rimane è la voragine che una sola, unica domanda crea tra i miei pensieri.

Perché?

E il perchè che è risposta al battito del mio cuore, delle mie mie emozioni brucia più che mai.

Perché?







*****





È solo il rumore fievole appena percepibile del mio respiro, agitato e fremente, che rompe lo statico silenzio della stanza in cui sono, riempiendomi i polmoni e facendomi alzare ritmicamente il petto. Scivola fuori dalle mie labbra lievemente dischiuse, scontrandosi contro la torbida fermezza della penombra che mi circonda senza scampo. Occludente e al tempo stesso pacifica mi avvolge tra le sue spire, facendomi desiderare di sprofondarvici mentalmente e fisicamente per trovare pace al tumulto che si agita dentro di me.

La stessa oscurità che mi abita anche interiormente, oscura e densa di dubbi e domande che sembrano essere privi di risposta.

Perché?

Appoggiata con i fianchi contro la scrivania del camerino di Ian non faccio altro che chiedermelo ininterrottamente, non sono in grado di non farlo o di puntare la mia attenzione su altro. Ho bisogno di sapere perché non m ha detto che girerà un film, che ha sostenuto già dei provini e a giorni avrà quello conclusivo.

Una profonda amarezza mi pervade, stridendo dolorosamente con ciò che provo nei suoi confronti e acuendo il mio nervosismo.

Sospiro pesantemente
E tutta questa snervante attesa decisamente non fa altro che irritarmi ulteriormente, tendendomi e irrigidendomi in modo innaturale.

Perché?

Mi sono tormentata tutta la mattina, chiedendomi cosa lo aveva portato a non dirmi una cosa così importante per la sua carriera e la risposta non è arrivata, rimanendo avvolta da un alone di nebbia e mistero che non mi permette di leggerla davvero. Sfuggente come il suo padrone, piego stizzita le labbra in una smorfia nervosa.

L'ho dovuto sapere da Kevin, mi ripeto per la milionesima volta non  capacitandomene davvero. Il mio sguardo si abbassa istintivamente, finendo sulla punta dei miei stivali neri.

Alla rabbia si è così mischiata una fitta lancinante di tristezza, sottile e devastante mi aveva lentamente dilaniato interiormente facendo insidiare domande su domande. E quella stretta  all'altezza del cuore torna a farmi visita, provocandomi un nodo alla gola quasi soffocante.

Stanca di pensare e frustrata dal fatto di  non poter spegnare il cervello neanche un attimo sbuffo, passando nervosamente una mano tra i miei lunghi capelli, districando le ciocche. La appoggio poi sul bordo della scrivania, restando immobile. La stessa su cui abbiamo fatto l'amore tra una pausa e l'altra più di una volta nel corso di questi mesi.

La morsa che mi stringe lo stomaco aumenta nel ricordare la sua bocca affamata di me sulla mia pelle e il suo corpo seminudo contro il mio.

Il nodo in gola si intensifica, impedendomi quasi di respirare talmente tanto è pressante, soffocante.

Perché?

E il perché non lo so davvero, non lo comprendo. Non riesco neanche a ipotizzarlo.

Il bisogno di parlargli, di guardarlo negli occhi e scorgervi una verità taciuta a lungo è nata da tutto ciò. Peccato, però, che il lavoro me lo abbia sfacciatamente impedito, sottraendolo alle mie domande.

La porta si apre però all'improvviso, facendo entrare uno spiraglio di luce nella stanza. Fioco e fievole contamina appena il buio che mi circonda.

Rimango tutta via immobile, il cuore che sbatte nervosamente nel mio petto mentre riconosco immediatamente i suoi passi strascicati.

Lo vedo mettervi piede, la postura appena curvata e il tintinnio delle chiavi nella mano che fanno da sfondo ai suoi movimenti.

Sembra però notarmi l'attimo successivo, alzando i suoi occhi azzurri su di me.

- Ei – afferma lui, l'espressione sorpresa ben stampata in viso che lo fa apparire interdetto e confuso al tempo stesso.
Non si aspettava di trovarmi qui, noto con un'occhiata veloce che lo scruta da capo a piedi.

Qualcosa dentro di me si muove ancora, provocando un acutizzarsi della morsa snervante che mi stringe lo stomaco senza lasciarmi scampo.
Con gli occhi azzurri leggermente allargati mi fissa, la mano ancora appoggiata sulla maniglia della porta rossa del suo camerino mentre le sue labbra rimangono stupite e dischiuse.
Avvolti da una leggera penombra stringo le braccia sotto il seno, un nervoso latente che mi pervade e mi offusca la vista.
- Ciao – soffio in risposta lasciando cadere nel vuoto quello che è diventato ormai il nostro saluto, soppiantato da uno più semplice.

La voce sottile esce a fatica dalla mia gola, occlusa da un mix di emozioni che stridono tra di loro e che non so distinguere davvero.
Forse semplice non voglio, questa volta più che mai.
Perché farebbe male, troppo probabilmente.
Alla nitidezza della razionalità preferisco questa nebbia corposa e infida che mi offusca i sensi, dettata dalla rabbia e dal nervoso. È quasi confortante potervi sprofondare, non doversi chiedere perché.

Deglutisco, rimanendo in silenzio per una lunga frazione di secondo. La testa strapiena di domande e pensieri che non mi lasciano scampo e uno strano sento di rabbia che mi pervade.

Non è solo irritazione. Oh no, è qualcosa di più forte e corposo, quasi divorante.

Lui si apre in un lieve sorriso che sono in grado di vedere nonostante la penombra, piegando dolcemente un angolo della bocca mentre con un gesto veloce delle dita accende la luce.

La stanza viene rischiarata subito dopo, portandomi a socchiudere lievemente gli occhi che vengono feriti da questo improvviso chiarore.

Tuttavia, mi da anche la possibilità di vederlo meglio, scoprendolo vestito inaspettatamente con una maglietta nera. Non ci bado però più di tanto, troppo concentrata sul tumulto interiore che si sta scatenando senza di me e che non vede l'ora di uscire, di scoppiare.

Reprimo tutto, però, con un lungo sospiro che solca le mie labbra, subito torturate nervosamente dai miei denti.

Ian riprende a parlare l'attimo seguente, piegando appena il capo mentre mi scruta attentamente.

- Cosa ci fai qui? Pensavo dovessi...-

Tuttavia, non ha il tempo materiale di finire la frase perchè il suo telefono inizia a squillare insistentemente.

Mi irrigidisco maggiormente a questo suono, tendendomi fino quasi allo spasimo.

Con un gesto frenetico e veloce infila la mano in tasca, agguantandolo e scrutando velocemente  lo schermo del cellulare per vedere, probabilmente, chi lo sta chiamando.

Contratta trattengo quasi il respiro, lo sguardo affilato e glaciale che lo trafigge.

Sentendo forse il peso del mio sguardo su di sé lui alza gli occhi, scontrandoli con i miei.

E qualcosa dentro di me scatta, raggiungo il limite di sopportazione e scoppio. Semplicemente scoppio.

- Non rispondi alla tua agente?- sibilo fredda e tagliente, assottigliando maggiormente gli occhi fino a renderle due fessure - Magari voleva darti gli ultimi dettagli del contratto - continuo glacialmente ironica, innervosita dalla calma con cui continua a porsi nei miei confronti.

Lui aggrotta le sopracciglia mentre una sequela di emozioni scorrono veloci e leggibili sul suo viso.

All'iniziale confusione si sostituisce dopo una frazione di secondo un genuino stupore, venato da una punta di colpevolezza che suona quasi come ad una ammissione. Dura però solo un attimo, troppo breve per scalfire la mia rabbia.

Un'espressione tesa prende il sopravvento sul suo viso, svettando sul resto.

- E' mia madre, vuoi parlarle per accertarti che sia lei? - ribatte lui, visibilmente interdetto e con una punta di freddo sarcasmo nella voce.

Irritata stringo le labbra in una linea netta e stizzita, chiudendo istintivamente a pugno le mani mentre le mie braccia rimangono strette sotto il mio seno, conferendo staticità alla mia posizione.

- Voglio parlare del perché non mi hai detto che hai praticamente firmato un contratto per un film!- sbotto non riuscendo a trattenermi dal non farlo, allargando furiosa le braccia.

Con gli occhi allargati dalla rabbia e le labbra arrossate dall'irritazione lo fisso, espirando violentemente l'aria tra le labbra.

Ian non dice nulla, irrigidendosi ed assomigliando alla mia speculare figura. Contrae la mandibola, il viso che diventa improvvisamente serio e teso da un nervosismo che non sembra abitare unicamente me.

- Perché? - lo incalzo ancora, non lasciandogli forse il tempo di parlare - Perché diavolo non mi hai detto che hai un progetto in ballo da quasi un mese? - gli sputo contro le parole, agitando la mano.

Avvampo, bruciando a causa di una rabbia intensa che mi annebbia la ragione, i sensi.

- Devo venirlo a sapere da Kevin! - tuono ancora, non riuscendo a frenare il flusso corposo e imponente di pensieri che si tramutano in parole.

- Ma cosa ti dovevo dire sentiamo! - sbotta a sua volta lui, reagendo veementemente. - Non ho ancora firmato nulla, comunque. - puntualizza subito dopo, rivolgendomi un'occhiata bruciata che accolgo quasi come una giustificazione.

Cosa che mi fa arrabbiare maggiormente, portandomi a vedere quasi nero.

Allarga le braccia, sfibrato dal mio incalzare probabilmente e con gli occhi animati da una agitazione che li rende terribilmente torbidi e indecifrabili.

Irritata stringo le labbra, arricciandole nervosamente prima di parlare a mia volta.

- Mi dovevi dire che stavi valutando la possibilità di fare un film, che hai fatto dei provini - gli urlo quasi contro, non riuscendo a contenermi e facendomi sentire probabilmente da vari addetti - Dannazione, Ian me lo hai praticamente tenuto nascosto! -

E questa consapevolezza brucia più che mai, risultando terribilmente dolorosa.

Con occhi lucidi di rabbia lo fisso, raggelata incomprensibilmente dalla bruciante ira che mi divora, dilaniandomi interiormente.

Mi corrode con le sue domande, con i dubbi che comporta. Con i suoi perché senza risposta.

- Perché? - mi ritrovo ad incalzarlo ancora, le unghie che affondano leggermente nella carne morbida e delicata del mio palmo mentre le dita si chiudono serrate in un pugno.

Lui continua a non dire nulla, rimanendo chiuso in un ostinato mutismo che mi manda in bestia. La mia mente si annebbia ulteriormente, pervasa da un mix letale di nervoso e irritazione che è sconvolgente. Elimina quasi totalmente ogni mia razionalità, rendendomi fragilmente irrequieta e pronta a scoppiare da un momento all'altro.

Non ha neanche niente da dirmi per giustificarsi, sbarro gli occhi davanti alla sua palese ammissione di colpa.

Lui allarga esasperato le braccia, guardandomi in viso.

I suoi occhi, cupi ed ingrigiti dal nervoso, sono puntati dritti su di me, come se volesse trapassarmi da parte a parte.

Mi risultano però terribilmente imperscrutabili, illeggibili. È come se vi fosse una patina invisibile di cripticità che mi impedisce di capire o anche solo intuire cosa pensa.

Cosa che mi innervosisce maggiormente, portandomi ad irrigidire fin quasi allo spasimo la schiena.

Con la postura terribilmente rigida e contratta lo fisso ancora, l'espressione contrita e irosa.

- Cosa vuoi che ti dica, Nina? - mi chiede, la voce che traballa a causa di un nervoso e di una irritazione corposa che la venano. - Che mi dispiace? - sbotta ancora, sbeffeggiandomi con tono ironico.

Totalmente basita lo guardo, una furiosa rabbia che mi brucia sulla pelle, marchiandola.

Prossima al limite lo fulmino con lo sguardo, lanciandogli uno sguardo al vetriolo che lo trafigge. Ian sostiene orgogliosamente il mio sguardo, socchiudendo appena gli occhi mentre ricambia silenziosamente la portata dei miei.

Innervosita e furente stringo le labbra, quella dispettosa domanda che continua a vorticare nella mia testa acutizzando il mio nervosismo. Il mio cuore scalpita nel petto, provocandomi un fastidioso ronzio alle orecchie.

- Quando pensavi di dirmelo? - sbotto io in risposta, allargando le braccia e gesticolando furiosamente.

Il mio stomaco si stringe dolorosamente, un senso di devastante tristezza che mi sconvolge, stringendomi tra le sue spire finendo quasi per stritolarmi.

Annaspo, alla ricerca della verità che i suoi occhi mi negano, alla ricerca di una pallida ombra di razionalità che mi mantenga calma e lucida.

Ma tutto ciò rimane una speranza vana. Il suo sguardo rimane impassibile e il mio stato di rabbiosa ansia ed agitazione non si placa, tutt'altro. Anzi, se possibile si acutizza, crescendo ancora dentro di me.

- Pensavi di non dirmelo magari? - lo incalzo ancora, incapace di non farlo mentre quell'acido corrosivo che deriva dalla rabbia.

- Ma che domanda è? - mi chiede in risposta io, una latente irritazione che mal nasconde dietro un tono esasperato.

Io non aspetto altri secondi, non indugio, continuando invece a parlare.

- Vorrei sapere il perché – sibilo glaciale, gli occhi puntati su di lui mentre gli riservo un'occhiataccia torva e cupa – Perché Ian? - mi ritrovo a chiedergli ancora il millesimo di secondo dopo, una voracità nel parlare che mi porta quasi a mangiarmi le parole.



Perché? Dannazione perchè?

Ringhio nel silenzio della mia mente, stringendo i pungi fino a far sbiancare le nocche delle mia mani.

L'eco disarmante di queste parole che non mi lascia scampo.

E lui ancora una volta non dice nulla. Tace. Non cancella il riecheggiare delle mie domande, non zittisce i miei pensieri con delle calde parole.

Non fa nulla. Ancora.

Sta semplicemente zitto.

Scuoto vigorosamente il capo, i capelli che si muovono sulle mie spalle in un lieve ondeggiare che a malapena riesce a trasmettere tutto il tumulto interiore che mi travolge.

Con il respiro affretta e sconvolto dalla rabbia furiosa che mi pervade alzo aritmicamente il petto, perforandolo con uno sguardo glaciale.

Espiro poi violentemente l'aria tra le labbra, rilasciandola con un sospiro pesante e sibilante.

Non mi vuole dare spiegazioni, mi dico non riuscendo a comprendere il perchè.

E io raggiungo il limite, prossima a scoppiare.

- Io me ne vado visto che non vuoi parlare – sibilo impulsivamente subito dopo, lo sguardo alterato da una glaciale rabbia che non lo abbandona neanche per un momento.

Non dico altro, frenando a forza l'istinto di dirgli che sa dove trovarmi.

Mmi mordo quasi a sangue le labbra, compiendo un passo in avanti.

Distolgo lo sguardo dal suo, così imperscrutabile e criptico da risultare doloroso. Non mi lasciano intravedere i suoi pensieri, le sue emozioni.

Non mi lascia vedere i suoi perchè.

Senza dire altro mi muovo ancora, avvicinandomi a lui. Non lo tocco o sfioro, però, sorpassandolo e dirigendomi verso la porta.

Qualcosa nel mio petto stride dolorosamente, come trafitto da una stilettata e solo dopo un attimo comprendo cos'è.

Quel perchè che mi muove, che mi fa agire.

Quel perchè che riguarda lui.

Con delle pungenti lacrime che premono improvvisamente contro i miei occhi per uscire deglutisco a fatica, respingendo il magone mentre appoggio la mano sulla maniglia della porta, aprendola.

Me la richiudo subito dopo alle spalle con un movimento secco e furioso, facendola sbattere.

E mentre l'eco di questo rumore sconvolge la tranquillità del corridoio rimbombando un'altra cosa riecheggia dentro di me, nella mia testa.

Perché?





******







Gioco distrattamente con una patatina nel mio piatto, lasciando che, croccante e appena intrisa di olio, mi unga i polpastrelli insieme ad un lieve strato di sale. Il cibo ancora perfettamente intatto e ormai freddo fa bella mostra di se senza aizzare il mio appetito, attirandosi solo il mio sguardo vacuo e disincantato. Anzi, fa praticamente l'opposto.

Lo stomaco, infatti, continua a rimanere chiuso in una morsa stringente e opprimente che mi opprime, facendomi passare decisamente la voglia di mangiare.

Quel miscuglio di emozioni e sensazioni differenti annodate intrinsecamente tra di loro mi occludono la gola, avviluppanti e stordenti come non mai. Tutto ruota intorno a quella domanda, a quel perché che mi è stato negato. Che mi ha negato.

E questa constatazione brucia più che mai, vibrando soffocante sulla mia pelle e nella mia mente, non lasciandomi di fatto scampo. Mi riecheggia nella mente, nell'anima, rendendomi irrequieta al massimo.

Tentando di scacciarlo emetto un leggero sospiro, espirando esasperata l'aria fuori dalle labbra.

Vorrei davvero poter allontanare i pensieri e tutto ciò che comporta quel quesito snervante almeno per qualche secondo, ma non ci riesco. Mi risulta quasi impossibile farlo.

Non riesco ad esimermi dal chiedermelo, non riesco a non pensare a lui.

Stizzita dalle mie stesse riflessioni abbandono la patatina nel piatto con un gesto secco, allontanandolo lievemente da me e premendo le dita sul tovagliolo per pulirle subito dopo.

Cosa che mi fa guadagnare un'occhiata interdetta.

- Tutto ok? - mi domanda, difatti, una voce interessata, portandomi ad alzare istintivamente gli occhi ed incontrare quelli verdi smeraldo di Paul.

Inclino appena il capo, alzandolo e lasciando che i capelli mi investano il viso, mentre un'espressione quasi colpevole si palesa sul mio viso, portandomi ad allargare gli occhi.

Non stavo ascoltando, mi rendo colpevolmente contro stringendo appena le labbra. Di nuovo.

Non è, infatti, la prima volta che capita oggi, ma resistere al flusso di domande ed elucubrazioni appare decisamente troppo complicato, portandomi così a sprofondarvici senza troppe resistenze.

Leggermente spaesata riemergo così dai miei pensieri, torbidi e intensi, che mi avevano assorbito fino a farmi estraniare dalla realtà.

- Si - soffio, non sforzandomi troppo di suonare sicura e decisa, sincera - Perché? - domando subito dopo, usando beffardamente quella stessa domanda che mi sta tormentando, perforandomi con le sue considerazioni.

Forse sono masochista, mi dico con un piccolo sbuffo. O forse, semplicemente, il karma si sta rivoltando verso di me.

Mi stringo appena tra le spalle, appoggiando un braccio sul bracciolo della sedia rosso scuro su cui sono seduta.

Lui aggrotta leggermente le sopracciglia castane, corrugando la fronte mentre mi fissa interdetto e vagamente confuso.

Le persone intorno a noi continuano a parlare, fornendo il loro chiacchiericcio come sfondo al silenzio che è appena sceso sul nostro tavolo.

Sono infatti a pranzo con Candice e Paul in un piccolo ristorante di Atlanta. Calmo e tranquillo è diametralmente opposto ai miei consueti pasti sul set, fugaci e frenetici tra una ripresa e l'altra. Spinta da non so cosa mi guardo brevemente intorno, facendo vagare lo sguardo intorno a me.

Delle pareti di un color panna appena accennato ci circondano, creando un'atmosfera semplice e pacata che risulta terribilmente rilassante nonostante il mio umore nero pece.

Dei tavoli, in legno scuro ricoperti da delle tovaglie azzurro chiaro, sono sparsi per l'ampia sala, in parte vicino al muro e in parte, come il nostro, vicino alle finestre che danno sul panorama. La strada, difatti, compare oltre la vetrata trasparente, lasciandomi scorgere una leggera nebbia impregnare il cielo nonostante l'ora tarda del mattino.

Un sole pallido filtra tra le nuvole, illuminando la via poco affollata e apparendo tremendamente speculare e simile al mio umore: sbiadito e fiacco, quasi scuro.

Rimanendo chiusa in un ermetico silenzio mi volto, abbandonando il paesaggio e puntando gli occhi sui miei amici, intenti a mangiare tranquilli.

- Non so, magari perchè non hai toccato il tuo cibo preferito? - mi domanda in modo sarcastico Candice, inarcando inquisitoria ed ironica un sopracciglio biondo.

Il vestito blu che indossa le mette in risalto lo sguardo ed io, per un lungo attimo, mi ritrovo a pensare ai suoi occhi. Penso alla sfumatura torbida e calda di grigio che assumo quando mi guarda, quando mi accarezza in quel modo passionale ed invisibile. Quella stessa sfumatura che aveva questa mattina, prima che succedesse tutto.

La stretta allo stomaco si accentua, diventando quasi dolorosa a questo pensiero. Con una incredibile sensazione di amaro in bocca mi ritrovo a scuotere appena il capo, allontanandolo dalla mia mente. O meglio, tentando di farlo seppur con scarsi risultati.

Sotto la spinta delle sue parole abbasso lo sguardo sul mio piatto di porcellana colorata, nuovamente, trovando la mia porzione di patatine totalmente intatta, praticamene non toccata.

Una piccola smorfia piega le mie labbra, storcendole e oscurando il mio volto con un'ombra di scuro disappunto.

- Ed è grave – ride subito dopo Paul, prendendomi bonariamente in giro e dando man forte a Candice.

Un pallido sorriso fa capolino sul mio viso, senza incrinare tuttavia la maschera di imperscrutabile oscurità che mi pervade. Non mi illumina, non raggiungendo gli occhi e rimanendo delimitato ad una smorfia facciale.

La mia bionda amica mi scruta silenziosamente da sopra il bicchiere che sta sorseggiando, perforandomi con uno sguardo azzurro attento e indagatore.

Un leggero vibrare, fugace e intenso, interrompe momentaneamente il silenzio che si è creato. Istintivamente il mio sguardo scuro si posa sul tavolino, dove, vicino al tovagliolo di Paul, il suo cellulare si illumina, suonando in modalità silenzioso con un vibrante ronzio.

Paul si affretta subito ad agguantarlo, prendendolo in mano ed iniziando a pigiare i tasti in quello che deve essere il testo di un messaggio. E intuire il destinatario non è poi così difficile: Torrey.

Candice rotea gli occhi al cielo, sbuffando e abbandonando il bicchiere sul tavolo con una espressione stizzita stampata sul viso fine e delicato.

- Non mi stai ascoltando! - tuona indispettita all'indirizzo del nostro amico e collega, facendomi ridacchiare lievemente.

Cosa che mi provoca subito la sua occhiataccia ammonitrice.

- Tu che ridi? Non hai praticamente ascoltato nulla di quello che abbiamo detto – si infervora scrollando il capo, i capelli biondi che si muovono sulle sue spalle – Di nuovo – mi lancia l'ennesima occhiataccia, alludendo sfacciatamente al fatto che persisto nel perdermi tra i miei pensieri.

Non dico nulla in risposta, limitandomi a fare leggermente spallucce. Le mie labbra si imbronciano appena, curvandosi lievemente al in giù. L'ombra scura e torva torna ad ombreggiarmi il viso prepotentemente, scurendolo.

- Scusate, era Torrey – si giustifica Paul, tornando a porre l'attenzione tra di noi. - E' mia moglie! - sbotta poi giocosamente all'indirizzo di Candice, stringendosi tra le spalle come se questo solo fatto valesse le sue distrazioni.

E io, per un attimo, mi ritrovo ad essere invidiosa del sorriso smagliante e vagamente trasognato che sfoggia con calma e tranquillità. La verità, intima e nascosta, è che vorrei poterlo avere anche io in questo momento.

Il mio umore scende ulteriormente a questo pensiero, finendo in picchiata verso la tonalità pece.

Sbuffo ancora, abbandonando totalmente l'idea di mangiare. Nervosa e irrequieta incrocio le braccia sotto il seno, stringendomi in una sorta di abbraccio. Con le dita torturo il bordo del mio maglioncino verde bosco, tirando leggermente il polsino verso il palmo della mano nel tentativo di scaldarle.

Non fa freddo, tutt'altro visto il caldo tepore che c'è in questo locale, eppure io sento il bisogno fisico di scaldarmi.

Perché la realtà è che vorrei il suo calore a stringermi, essere avvolta dalle sue braccia in un contatto intimo e dolce che solo lui sa creare con i suoi abbracci. È questo il perchè che detta la mia azione. Forse è semplicemente lui il mio perchè.

Un sospiro che non so trattenere solca le mie labbra, gli occhi che si fanno inspiegabilmente lucidi e quel nodo alla gola che diventa insopportabile. Stringente e soffocante rende difficile anche il semplice atto di prendere un respiro profondo, aumentando il mio nervoso e la mia irritazione.

I miei occhi, traditori del mio stato d'animo, iniziano inspiegabilmente a bruciare, velandosi leggermente a causa del magone che mi attanaglia.

Una domanda arriva però a squarciare i miei pensieri subito dopo, suonando come un fulmine a ciel sereno.

- Tu e Ian avete litigato -

Come scottata alzo bruscamente la testa, facendo finire una ciocca di capelli castani ad offuscarmi la vista. La scosto velocemente subito dopo, puntandoli su Candice.

- No – nego testardamente, non avendo assolutamente voglia di parlare di cosa è successo.

Semplicemente non mi va.

Il sorriso finto e tirato che avevo fino ad un secondo fa si è sciolto, lasciando il posto ad una espressione apparentemente neutrale che cela dietro ad una labile apparenza una tristezza sorda e tagliente. Nonostante la discussione che ho avuto con Ian nulla si è risolto, i dubbi sono rimasti tale e senza risposta.

La sua indecifrabilità è diventata impermeabile, risultando un muro di gomma a difesa dei suoi pensieri.

- Non era una domanda - mi dice lei con voce sicura e decisa, genuinamente consapevole che è così.

E, ripensandoci, mi rendo conto che le sue parole sono suonate infatti più come una affermazione che come una domanda vera e propria.

Io non dico nulla per un lungo, lunghissimo attimo guardando dritta davanti a me.

Cosa dovrei rispondere? Mi chiedo non sapendolo davvero, gli occhi verdi e caldi di Paul puntati dritti su di me.

- Non abbiamo litigato, Candice – ribatto io, finendo per risultare più brusca e tagliente di quanto vorrei chiamandola per nome.

Lei, tuttavia, sembra non farci molto caso continuando a fissarmi cocciutamente interessata a strapparmi le parole fuori dalla bocca.

- Litigare implica uno scambio di battute – continuo con un mormorio gelidamente sarcastico che lascia malamente trapelare il mio più intimo e torbido nervosismo. - Ian non ha detto nulla, per cui no, non abbiamo litigato – concludo decisa, indurendo l'espressione.

Le mie labbra si stringono infatti in una linea netta, serrandosi quasi come a non voler far scappare altre parole rabbiose dette tra i denti.

E l'immagine di Ian, fermo ed impassibile, mentre gli inveisco contro brucia nella mia memoria, irritandomi maggiormente. Il nervoso cresce, la mancanza di un perché come sua beffarda causa. Un ulteriore fiotto di bollente irritazione si riversa nelle mie vene, corrodendomi con il suo calore innaturale che mi fa quasi avvampare.

Perché non ha detto nulla? Mi domando ancora, incapace di non farlo mentre la morsa si stringe, schiacciandomi con le sue spire fino a quasi a stritolarmi.

Come intuendo la portata dei miei pensieri e il quesito che affolla la mia mente, Paul parla, rompendo lo statico silenzio che si è creato.

- Forse, sapendo di essere in torto, non sapeva neanche lui cosa dire – afferma il mio amico, stringendosi appena tra le spalle mentre gesticola, la forchetta ancora stretta tra le dita.

Un'espressione dispiaciuta fa capolino sul suo viso, rendendolo costernato quasi. È molto amico di entrambi, mi dico, è normale che gli dispiaccia vederci così.

Candice non dice invece nulla, lasciandomi lo spazio per parlare e continuando a fissarmi senza alcun timore di irritarmi.

- Non lo difendere – gli ringhio quasi contro, assottigliando gli occhi in due fessure che quasi lo fulminano – Non lo difendere – ripeto, una calma disarmante che nasconde una rabbia latente pronta ad esplodere.

Vibra dentro di me, sconcertandomi e facendomi tendere come una corda di violino. Il pensiero remoto che loro non centrano nulla e sto solo sfogando il mio nervoso emerge da un angolo buio della mia mente, venendo però soppresso velocemente dal nervosismo.

Candice emette un lungo sospiro, quasi pensieroso, distogliendo per una breve frazione di secondo gli occhi da me.

- Ma non ti ha detto proprio nulla? - mi chiede con calma, incitandomi probabilmente a parlare.

Mi stringo tra le spalle, i polpastrelli che affondano nel tessuto morbido del polsino fino a creare una stretta nervosa .

Scuoto il capo in segno di diniego, non riuscendo a dire altro.

- Già - soffio unicamente come aggiunta, il magone che ho respinto con così tanta fatica che torna facilmente a galla.

E respingerlo è tremendamente faticoso, forse impossibile. Uno sforzo che mi appare quasi disumano mentre il mio corpo, tutto il mio corpo, preme con forza per sfogarsi e trovare liberazione in delle bollenti lacrime. Cosa che, però, gli nego.

Con uno spossante senso di fragile nervosismo mi stringo tra le spalle, piegando il viso senza tuttavia guardarli negli occhi.

Trovo il coraggio di farlo dopo una manciata di minuti di totale silenzio, guardandolo sconfortata e rabbiosa allo stesso tempo.

- Non mi ha detto nulla - mormoro, alludendo chiaramente al progetto di cui Ian mi ha tenuto allo scuro.

Per una breve frazione di secondo mi ritrovo a chiedermi se sono io che sto semplicemente facendo storie per una cosa del genere. No, mi dico dandomi una risposta.

Mi ha volutamente tenuto nascosta una cosa che lo riguarda.

- Magari voleva essere semplicemente sicuro di essere preso prima - afferma pacato Paul, capendo subito a cosa mi riferisco e finendo di fatto per difenderlo in qualche modo.

- No - gli dico subito, fermando sul nascere il resto del discorso che mi appare quasi irritante- Paul, non me lo ha detto perché non ha voluto - sibilo, il nodo alla gola che si intensifica diventando quasi soffocante.

È questa la verità

È questo il perché.

Lui sbuffa, soffiando l'aria fuori dalle labbra senza però aggiungere nulla.

Candice rimane specularmente in silenzio, apparentemente avvolta e persa tra i suoi pensieri.

Una atmosfera irreale e silenziosa cala così tra di noi, corposa e possente risulta quasi imbarazzante

- Dovresti parlargli – mi dice Candice, una nota di innata saggezza, che le impregna la voce.

Le mie labbra si tendono in una smorfia di vistoso dissenso.

- Non mi parla – ribatto sconsolata in riposta io, l'espressione amara che rende appieno il mio stato d'animo demoralizzato. - E poi è già partito per Los Angeles – sospiro pesantemente, soffiando con un sibilo le parole fuori.

Vorrei davvero poterlo fare, parlargli e sentire i suoi perché. Probabilmente è una delle cose che voglia di più al momento.

Prendo un respiro profondo, rilasciandolo tremolante subito dopo. Quell'insieme opprimente di sensazioni persiste nel chiudermi la gola, infondendomi uno strano senso di agitazione che non riesco a scacciare. Subdolo e suadente si insinua dentro di me, trai miei pensieri non lasciandomi di fatto scampo.

Distolgo poi lo sguardo dalla tavola imbandita davanti a me, puntandoli nuovamente su Candice.

Le rivolgo un'occhiata quasi implorante di un consiglio che faccia chiarezza tra le mie riflessioni, in modo da pensare in modo più nitido.

Lei si stringe leggermente tra le spalle, facendo arricciare appena la scollatura casta del vestito blu di cotone che indossa.

- Se no puoi sempre passare qualche giorno di relax e aspettare che torni – afferma lei, scoccandomi un'occhiata eloquente che fatico subito a decifrare.

Mi sta implicitamente dicendo di prendere e andare da lui o di fare l'opposto? Mi domando interdetta, non capendolo realmente.

Inspiro profondamente, prendendo una lunga bocca d'aria.

Paul non dice nulla, rimanendo per un lungo attimo in silenzio mentre mangia.

- Io voterei per la prima – mi consiglia con voce calda e pacata, riservandomi un sorriso dolce e tranquillo che sa di vera amicizia.

Annuisco, non sapendo neanche io cosa fare. L'unica cosa che voglio al momento è tornare in albergo e sprofondare nel letto, senza avere confusione e gente intorno.

Senza prendere decisioni, senza pensare a lui. Cosa che probabilmente è pura utopia dal momento che impossibile per me non farlo.

- Io vado a pagare e poi in albergo, ragazzi – mormoro di punto in bianco, puntellando i piedi contro il pavimento per alzarmi in piedi.

Lo faccio l'attimo dopo, spingendo indietro la sedia e appoggiando le mani sul tavolino. Il tessuto in cotone della tovaglia mi solletica momentaneamente il palmo mentre i miei amici alzano simultaneamente gli occhi su di me.

- Tranquilla, offro io – mi sorride ancora Paul, risultando più carino e premurosa di quanto io oggi sia stata con lui.

Gli rivolgo un sorriso sincero, grato. Forse il primo della giornata, mi dico con un pensiero distratto.

Allungo poi la mano, agguantando il mio cappotto nero ed infilandomelo velocemente,

subito dopo aver preso la borsa faccio il giro del tavolo, scoccando un bacio sulla guancia a Paul come ringraziamento.

- Grazie – affermo in un sussurro e non è chiaramente solo per il pranzo.

Lui mi sorride, inclinando dolcemente il viso.

- Ci sentiamo dopo, ok? - mi domanda invece Candice, guadagnandosi subito la mia attenzione mentre raddrizzo la schiena e mi tiro su.

Tento di sorriderle, riuscendo a produrre solo una lieve smorfia che non raggiunge i miei occhi lasciandoli cupi e impassibili.

- Si – soffio con sincerità.

Probabilmente la chiamerò dopo una bella dormita, finendo qualche ora dopo a mangiare con lei schifezze mentre parliamo.

- Ciao – li saluto infine con un breve cenno del capo, girandomi subito dopo.

Senza dire null'altro muovo un passo in avanti, lasciandomi alle spalle i loro saluti e il vociare della sala.

Evitando abilmente un cameriere con delle portate arrivo finalmente all'uscita, appoggiando la mano sulla maniglia ed aprendola.

Con il capo chino e lo sguardo puntato sul marciapiede esco all'aperto, richiudendomi la porta in vetro e acciaio del locale alle spalle. L'aria fresca e frizzante del primo pomeriggio mi investe, accarezzandomi con il suo tiepido vento mentre fa smuovere le fronde degli alberi.

Deglutendo muovo un passo in avanti, iniziando a camminare e percorrere la via quasi totalmente deserta.

Dopo neanche un secondo mi ritrovo però ad affondare la mano all'interno della tasca del mio cappotto alla ricerca del mio telefono. Lo tiro fuori subito dopo, rigirandolo per un lungo attimo tra le dita, quasi come se stessi soppesando l'idea di fare qualcosa. Forse, semplicemente, la portata dei miei pensieri.

La spontanea voglia di chiamarlo e chiarire si insinua leggermente dentro di me, sovrastando per un attimo la rabbia e la frustrazione.

È solo un secondo, tuttavia, dal momento che quella domanda sconvolgente e subdola torna a tormentarmi.

Perché?

Sospiro, posando gli occhi sullo schermo ancora oscurato del mio cellulare, l'eco dei miei dubbi che cozza contro la sicurezza del mio sentimento in uno scontro che risulta devastante.

Cosa dovrei fare? Mi chiedo, ricercando dentro di me la risposta.

E la cosa da fare appare apparentemente limpida l'attimo seguente, cristallina.

Senza pensarci troppo o ragionarci premo i numeri, componendo velocemente un numero telefonico. Me lo porto poi all'orecchio, percependo gli squilli suonare a vuoto fino a quando una voce femminile risponde.

Esito un attimo, le labbra dischiuse mentre rimango immobile al centro del marciapiede con i capelli scompigliati dalla brezza.

- Pronto -



Deglutisco, trovando un perché come risposta a ciò che sto per fare.

Il mio istinto si rafforza, portandomi a parlare.

Parlo decisa, soffiando le parole fuori dalle labbra senza alcuna incertezza.

- Buongiorno, vorrei prenotare un volo –

Perchè.

















-Note:

Buona domenica! No, non sono un miraggio dovuto al soffocante caldo estivo e questo aggiornamento esiste davvero ;) A parte gli scherzi e il fatto che probabilmente non ci speravate più, eccoci qui con un nuovo capitolo.

1- Mi vorrei scusa per l'immenso ritardo che ho avuto nel pubblicare e non c'è molto da dire come giustificazione se non un immenso SCUSA a chi legge, a chi recensisce e a chi mi segue. Mi dispiace davvero molto di averci messo così tanto, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che in qualche modo vi abbia ripagato dell'attesa.

2- Passando al capitolo dopo qualche momento di tenera tranquillità sono arrivate le prime nuvole su Ian e Nina. Saranno di passaggio o permanenti? Questo non ve lo posso dire, lo scoprirete solo leggendo i prossimi capitoli.

3- Il prossimo capitolo non so di preciso quando arriverà, ma vi anticipo che sarà in qualche moda un giro di boa, nel bene o nel male e la casualità vuole che sia proprio il numero 20. non mi svelo il titolo, anche se ce l'ho già pronto da mesi interi.

4- Vi volevo informare che ho iniziato anche una storia originale, in collaborazione con un'altra persona. E' di genere romantico ed è il mio primo tentativo al riguardo, se vi va datele un'occhiata mi farebbe piacere avere il vostro parere. Ho già pubblicato quattro capitolo e qui di seguito vi lascio il link e la trama introduttiva;)


Ritratto di Te


" Certe persone sono come un famoso ritratto: per comprendere l'insieme si deve comprendere la sfumatura di ogni pennellata "
Tratto dal Prologo:
[ - Mi dispiace signorina Cornelia - afferma con finta voce costernata, continuando imperterrito a fare il suo lavoro.
Indignata al massimo avvampo violentemente, scoccandogli un'occhiata al vetriolo che spero lo faccia definitivamente tacere.
Mi ha chiamato con il mio secondo nome! Penso irritata al massimo dalla sua persona, così tranquilla e ironica da risultare arrogante.
- Emma - lo correggo asciutta e stizzita, pervasa da un imponente voglia di picchiarlo.
Tentando di placare i miei istinti omicidi lo guardo male, di sbieco, mentre ridacchia divertito.
- In ogni caso, Emma, ho fatto medicina non scuola di estetica - ribatte lui, calcando volutamente sul mio nome e conferendogli un alone quasi sarcastico. ]



Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto, che non ci siano errori o ripetizioni e che mi farete sapere che ne pensate se vi va;)

A presto!

Xoxoxo



Live in Love

   
 
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