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Autore: MasakiDate    29/07/2013    0 recensioni
Non ho nessuno. Ma lui è riuscito a lasciare un segno. Sono Masaki Date e lo proteggerò.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cesare Borgia, Leonardo da Vinci , Lucrezia Borgia, Rodrigo Borgia
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Sin da piccola non  ho mai avuto amici. Sono sempre stata sola. Non ho nemmeno mai avuto un ragazzo.
Loro sanno solo approfittarsi della tua gentilezza; e nel momento in cui hai bisogno..spariscono.
Sono conosciuta come il “Dokuganryu - il drago con un occhio solo”, solo per via della mia discendenza della casata Date, sovrana nel regno dell’Oshuu condotta da Masamune Date, anch’egli denominato “Drago con un occhio solo”.
In comune abbiamo il fatto di aver perso un occhio e che in battaglia siamo potenti e temuti come dei draghi. Una forza disumana che pochi sanno controllare e che inietta puro terrore negli occhi di coloro che ci guardano; di conseguenza siamo allontanati, costretti alla triste prigionia della solitudine.
Ma non mi importa. Io non ho bisogno di nessuno, vado avanti con le mia gambe.
Sono Masaki Date. Sono un samurai solitario.
 
CAPITOLO 1              
Firenze, anno 1473
Era una mattina di luglio, in piena estate. Calda e afosa. Insopportabile.
Masaki non era abituata al caldo soffocante dell’Italia.
Lei era originaria del Giappone, per la precisione proveniva dalla regione dell’Oshuu. Quella regione era dominata da un clima fresco e piacevole, grazie alla vicinanza al mare. L’estate era calda ma accompagnata sempre da un leggero venticello fresco, e l’inverno coperto di neve e ghiaccio.
Adorava l’inverno. In qualche modo rappresentava la sua persona. Solitaria, come i fiocchi di neve che cadono lentamente al suolo, fredda come le stalattiti di ghiaccio che si formano sui tetti della sua regia.
Tuttavia dovette lasciare la sua casa per una missione assegnatale qualche mese prima.
Nella seconda settimana di Maggio, Masaki ricevette una missiva. Il messaggero le disse che proveniva dall’Italia. La samurai aveva viaggiato spesso per l’Europa per diverse missioni quindi sapeva pressa a poco dove era situata. Tuttavia non conosceva l’italiano e nemmeno la servitù della sua regia; difatti si domandò come avrebbe tradotto la missiva italiana. Con sua grande sorpresa una volta aperta scoprì che era scritta in un perfetto giapponese. Si meravigliò. Non avrebbe mai immaginato che in Italia ci fosse qualcuno in grado di scrivere e forse anche parlare la sua lingua. Masaki lesse la lettera che questo riportava:
“ Per il nobile mercenario Masaki Date.
Sono un artista italiano fiorentino. Non vi dirò il mio nome, solo che ho bisogno del vostro aiuto. A mio dispiacere vorrei potervi dire di più ma non sono nelle condizioni di poterlo fare in questa breve lettera.
Vi aspetterò alla Cupola di Firenze, in Italia, il 17 Luglio alle ore quattro pomeridiane. Se accetterete l’incarico, potrò dirvi tutto poi.
                                                                      Cordiali saluti.”
Fine della lettera. Nessuna firma.
Masaki non capiva. Come faceva a conoscerla? Di certo chiunque fosse stato il cliente non sapeva che lei era una donna, ma solo il fatto che sapeva il suo nome..insomma era a conoscenza della sua popolarità in Giappone ma in Italia..Possibile che le voci si erano sparse anche per l’Europa? E per quale motivo chiedere aiuto ad un guerriero dall’altra parte del mondo?
Ad ogni modo, come guerriero era sua preciso dovere accettare le missioni, qualsiasi compito richiedessero. Accettò, nonostante la consapevolezza che quella missione avrebbe comportato un lungo e faticoso viaggio.
E così fù a Firenze, il 16 Luglio. Un giorno prima della data stabilita. Però ne approfittò per riposare in un ostello e fece riposare anche il suo amato cavallo stremato dal lungo viaggio. Il lato positivo era che riuscì ad arrivare nella città senza troppi problemi.
Una volta arrivata la samurai rimase colpita da quella meravigliosa città. Completamente diversa dalla sua casa, dai monumenti, alle case, all’enormi regie, all’aria, ai sapori e alla sua gente. Il Giappone e l’Italia vivevano in mondi completamente diversi.
Era il 17 Luglio.
Masaki ormai sveglia, si lavò, vestì e fece colazione. Fece mangiare anche la bestia. Poi decise di girare un po’ per le vie di Firenze. Montata a cavallo intraprese il suo tour, prima di incontrarsi con il suo misterioso cliente.
Si avviò per vie e grandi strade che portavano a grandi piazze, animate da moltissime persone, le une diverse dalle altre: giocolieri, racconta storie, soldati, cavalieri, borghesi, nobili donne, bambini che sghignazzavano e giocavano a rincorrersi, mercanti con le proprie bancarelle ricche di merci, gioielli,stoffe, cibo, armi e altro. Notò che tra l’altro alcuni mercanti vendevano oggetti importati dall’Asia.
Firenze era allegra e divertente, penso Masaki. Peccato che quel giretto non potè goderselo a pieno. Essendo un estranea e reagendo indifferente agli insulti che qualche fiorentino maleducato le lanciava, doveva rimanere in allerta. Non sia mai che qualcuno potesse colpirla all’improvviso; dopotutto era vestita in modo differente e anche le sue armi erano differenti; per non parlare del suo aspetto asiatico. Come lei osservava qualcosa di nuovo e diverso, lo stesso facevano i cittadini al suo passare. L’Italia non era ancora a conoscenza dei samurai.
Il tour fece passare il tempo alla giovane samurai permettendole così di arrivare in orario all’appuntamento. Le quattro pomeridiane erano già passate e lei attendeva ancora dinnanzi alla Cupola di Firenze.
Ci arrivò grazie alle indicazioni di un mercante che conosceva abbastanza bene la sua lingua e che riuscì a farle capire la direzione da prendere.
Tuttavia non vide arrivare nessuno. I minuti passavano ma oltre a comuni cittadini, Masaki non vedeva arrivare nessuno. Poi il rumore inconfondibile di zoccoli che calpestavano a gran velocità il terreno. La samurai restò con l’udito attento. Il rumore proveniva da destra. Si voltò e vide una persona a cavallo che le stava giungendo incontro molto velocemente. D’istinto la samurai mise la mano sulla tsuka, l’elsa della katana, per il pericolo percepito. Stava per estrarla ma l’estraneo si fermò a pochi centimetri dal suo cavallo; e le parlò:
«Siete voi Masaki Date?» le parlò in un perfetto giapponese.
La samurai intuì che si trattava del suo cliente e gli rispose, anche se non le piaque il fatto che costui si nascondeva sotto un cappuccio e un mantello.
«Sono io»
Masaki vide un sorriso.
«Bene, seguitemi vi parlerò nella mia bottega».
La giovane annuì e seguì l’estraneo a cavallo attraverso piccole strettoie decadenti e puzzolenti di piscio, nelle quali i cavalli faticavano a passare, ma la condusse fino ad una piccola piazzetta dove più che botteghe e minuscole abitazioni non vi era altro.
L’estraneo la condusse davanti ad una porticina in legno, praticamente marcito, e scese da cavallo legandolo ad uno steccato di fianco alla porta. Invitò la samurai a fare lo stesso. 
Aprì la malridotta porta e con fare di gentiluomo fece entrare prima la giovane donna.
Masaki un po’ titubante entrò in quella che al momento le diede l’ impressione di essere una cantina impolverata e piena di cianfrusaglie, ma solo per via della scarsa luce che penetrava da una piccola bocca di lupo posta al muro. Sforzò la vista. La bottega era di piccole dimensioni, impolverata, con al centro un grande tavolo e una sedia e alle pareti quadri e disegni che la samurai non comprendeva, scaffali stracolmi di voluminosi libri e pergamene sparse ogni dove. Infatti del tavolo  si vedevano solo le gambe, che per il resto era sommerso sempre da libri e fogli, materiali e oggetti di cui ignorava l’effettiva funzione. Sommersa nella sua analisi del luogo, Masaki tornò alla realtà allo sbattere della porta, voltandosi di scatto e incontrando il volto del suo cliente, liberatosi del mantello.
Si rivelò essere un ragazzo sui 20 anni con i capelli biondo-castano, occhi azzurri, viso e naso ben definiti accompagnati da una leggera barbetta e un pizzetto, alto e proporzionato. In conclusione un bel ragazzo. Masaki arrossì un poco. Sarà il fascino italiano? Si domandò nella sua testolina.
Anche il cliente analizzò meglio l’aspetto della donna, dato che sotto il cappuccio non vide molto.
La samurai era non tanto alta ma nemmeno troppo bassa, il suo corpo era atletico ma formoso, il viso era delicato incorniciato da dei bellissimi capelli ricci sul color rosso intenso. La cosa che lo colpì furono i suoi occhi grandi a mandorla con le iridi dorate. All’uomo sembrò per un attimo di trovarsi di fronte ad una pantera. Maestosa, elegante e potente. Una bellissima creatura come la donna che aveva dinnanzi.
Prese un bel respiro e prese parola con la samurai: «Ahem..come avrete notato dalla mia bottega sono un artista. Per la precisione un artista a 360°. Mi occupo un po’ di tutto e..» notò l’indifferenza della guerriera «ma di certo ti starai chiedendo come faccia a conoscervi.» incrociò le braccia al petto.
«Esatto» rispose Masaki «ma prima mi permettete di sapere il vostro nome?»
«oh brava!» disse in italiano il cliente  a confusione della ragazza «Permettetemi di presentarmi. Il mio nome è Leonardo Da Vinci» disse con un inchino «e ora risponderò alla vostra questione. Sono venuto a conoscenza della vostra esistenza tramite un mio amico mercante che ha viaggiato per tutta l’Asia. Vedete mi ha raccontato la leggenda di un guerriero solitario detto “Drago con un occhio solo”. Informatosi meglio mi disse anche il vostro nome e residenza cosi che io potessi mandarvi la missiva. Inoltre mi ha insegnato la vostra lingua madre per poterci intendere alla perfezione. »
«Souka… non pensavo di essere così conosciuta» disse sorpresa Masaki.
Leonardo rise «e io non pensavo che si trattasse di una donna»
Masaki gli lanciò una frecciata d’odio con lo sguardo e gli rispose a tono «Essere una donna è irrilevante. Sono un guerriero è questo quello che conta ora; ma se preferite un uomo a proteggervi io posso tornarmene a casa..» s’incamminò verso l’uscita ma Leonardo la bloccò afferrandola per un braccio.
«N-no! Aspettate! Non volevo offendervi!»
Masaki estrasse la katana e con un rapido girò di 180° fece sì che la lama gli arrivasse ad un soffio dalla fronte. «Come osate?! Lasciatemi immediatamente!»
Scandì bene l’ultima parola. Leonardo la lasciò e alzò le braccia in segna di resa e con la voce tremolante le chiese scusa. «M-m-mi dispiace! Vi prego rimanete e ascoltate il motivo per cui vi ho fatta venire fin qui..»
La samurai ripose la katana nel fodero e gli disse di iniziare a spiegare la ragione della missiva.
«Vedete la mia vita è in pericolo. A causa della mia grande conoscenza e inventiva sono venuto a conoscenza dei grandi poteri e segreti che nasconde un certo oggetto in mio possesso al momento, e che i Borgia vogliono a tutti i costi. Solo io sono in grado di comprenderlo e loro pensano che possa utilizzare codesto oggetto contro di loro per impedirgli di conquistare non solo l’Italia ma l’intero mondo conosciuto; perciò mi vogliono morto. Dopotutto uccidono chiunque intralci i loro piani. E ora sono a Firenze sulle mie tracce.»  spiegò Leonardo alla guerriera.
«E perché siete ancora qui? Dovreste andarvene e trovarvi un luogo sicuro e magari cercare un mercenario in zona.. Perchè proprio io?»
«Il mercante di cui vi ho parlato poco prima mi ha raccontato delle vostra incredibili gesta e penso che nessuno sia alla vostra altezza..» rispose l’artista.
Masaki divenne rossa in viso. Nessuno le aveva mai fatto dei complimenti sin’ora. La cosa le fece piacere. Ma le venne un dubbio riguardo a ciò che le aveva appena spiegato Leonardo. «Se voi siete a Firenze e i vostri inseguitori anche, come mai non vi hanno ancora trovato?»
«Sono sotto falso nome e ho cambiato abitazione e luogo di lavoro. Ma non ci vorrà molto prima che mi scovino; per questo ho bisogno del vostro aiuto.»
La samurai sapeva che quelle parole erano vere. Negli occhi azzurri marini dell’artista aveva visto la paura di morire. E nessuno meglio di lei sapeva il vero significato della parola morire.
«Va bene. Vi aiuterò. Ma non mi avete convinta del tutto. C’è qualcosa che mi state nascondendo, vero?»
«Perspicace. La vostra intuizione è esatta. Come vi ho detto sono un artista ma anche uno studioso. Mi piace scoprire, imparare e capire cose che l’uomo non è in grado di apprendere; ma che io riuscirò!
Vedete il mio amico mi ha raccontato una leggenda dove alcuni anni fa, un povero contadino di risaie  nell’Oshuu abbia visto precipitare e accasciarsi nei suoi campi una creatura gigantesca, nera, ricoperta di squame vetrate e con enormi ali da pipistrello. Naturalmente il contadino non ricorda l’aspetto della creatura ma solo che riportava una ferita ad X sulla schiena e con solo un occhio dorato. E casualmente nel momento in cui si è sparsa la storiella alcuni abitanti delle vostre terre vi hanno vista priva di un occhio e bendata su tutta la schiena. Quella creatura venne definita “drago” e voi prendeste il nome di “drago con un occhio solo” da quel giorno. Vero o falso? Voi siete quel drago leggendario o no? Voglio studiarvi perché siete davvero interessante.»
Masaki non voleva credere alle proprie orecchie. Cosa doveva sentire! Un altro idiota che credeva a quella stupida diceria. Fece un ringhio e sbuffò.
«Non so chi abbia messo in giro questa assurda diceria! Non sono un drago! Pensate a quello che volete ma io sono solo una samurai con una grande forza!»
«Davvero? E per quale motivo vi siete messa sulla difensiva in questo modo?»
Leonardo la guardava con occhi maliziosi e attenti. Masaki notò la luce della piccola finestrella della bottega che essi riflettevano e diventò rossa dall’imbarazzo. Voltò lo sguardo altrove socchiudendo gli occhi.
Leonardo sorrise e le disse: «Interessante e allo stesso tempo molto carina. Allora anche un mercenario sanguinario può provare sentimenti.»
Masaki non lo guardò, ma le parole che le aveva appena detto le fecero sussultare il cuore. Aveva preso a battere più forte, tanto da farle portare una mano al seno. Non era abituata a certi discorsi. No. Mentiva. Nessuno le aveva mai detto parole così belle che le fecero ricordare che era una ragazza. Per tutti quegli anni aveva sempre cercato di togliere il divario tra l’uomo e la donna. Ci era riuscita fino a quel momento, ma bastarono le poche parole dette dal bizzarro ed eccentrico artista a scavare di nuovo quel burrone che aveva coperto.
 
Leonardo invitò Masaki a restare anche se lui aveva da fare. La samurai accettò e si accomodò su una sedia a pensare. Mentre pensava osservava Leonardo, immerso nei suoi lavori. Quel ragazzo era molto di più di quello che lasciava credere. Poi cosa voleva dirle con “ voglio studiarvi”? L’avrebbe studiata anche se non era la creatura di cui le aveva raccontato? Quindi per il tempo che avrebbe passato per la missione avrebbe avuto i suoi magnifici occhi azzurri puntati su di lei e..si mise la mani nei capelli «Ma cosa diavolo mi viene in mente?! No, no, no, no, non è vero! Non può essere quello che penso!!» lo guardò ancora «Dio è così..bello. possibile che mi piaccia? Cosa dovrei fare?» si domandò in continuazione torturandosi con la visione, purtroppo reale, che aveva dinnanzi.
Leonardo era concentrato sul suo lavoro, ma la sua grande mente vagava pensando a tutt’altro. E lui sapeva cosa. Masaki Date.
Alzò lo sguardo senza farsi notare. La samurai era seduta a gambe accavallate. Bella, elegante, forte e dannatamente sexy. Quella donna non solo le piaceva in un modo che avrebbe definito insolito, dato che non era mai stato molto interessato al genere femminile.  Anche lui si pose la stessa domanda. «Mi piace davvero così tanto? Non riesco a togliermela dalla testa.»
Cercò di pensare ad altro, così decise di discutere con la fonte del suo interesse: «Scusate se vi disturbo;ma vorrei sapere come avete fatto a perdere l’occhio.»
Masaki ancora immersa nei suoi pensieri che si stavano divagando in qualcosa di molto eccitante per lei, riemerse al suono della voce di Leonardo. Ma dato che non aveva capito domandò un «Avete detto qualcosa?»
Leonardo sorrise. Capì che la samurai era immersa nel mare dei suoi pensieri.
E le ripetè la domanda «Vi ho chiesto come avete perso l’occhio.»
Masaki mise una mano sull’occhio sinistro, rievocando quella disgrazia.
«Durante una battaglia. Mi hanno colta di sorpresa e con una spada mi hanno colpito in pieno l’occhio sinistro. E dato che era gravemente danneggiato i medici hanno deciso di togliermelo. E al suo posto ho un occhio di vetro.»
«Deve essere stato doloroso. Ma Stavate combattendo da sola?»
«Sì.»
«E Perché? Non combattete con i vostri compagni?»
«No. Preferisco combattere da sola. Non ho bisogno di nessuno.»
«Non avete nemmeno amici?»
«Come ho già detto non ho bisogno di nessuno. Sono solo delle inutili persone che sanno approfittarsi di te e nel momento in cui hai bisogno spariscono.»
«Non tutti sono così.» ribattè Leonardo.
«Tutti.» disse in modo freddo e spietato la mercenaria.
«Pensate che io possa farvi cambiare idea?»
Strana domanda, pensò Masaki.
«Voglio esservi amico.» disse l’artista raggiante, per poi tornare ai suoi lavori col sorriso sulle labbra.
La samurai rimase perplessa, ma quel sorriso la fece sorridere altrettanto.
  
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