E questo è il mio
saluto per te..
E ora che le parole non servono, mentre il dubbio mi divora
Pensavo di impazzire
perché la mia vita prima d’ora non è
stata così chiara!
Ciao Matt,
E’ da un anno ormai
che non ci sei più Matt e non c’è
giorno
che non ti pensi incessantemente.
Che cosa ho fatto? Ti ho mandato a morire senza batter ciglio,
abbagliato dalla
mia frustrazione. Ti ho mandato a morire semplicemente
perché volevo portare a
termine il caso Kira prima di Near.
Il senso di colpa mi attanaglia lo stomaco. Perché hai
accettato? Lo sapevi
anche tu che quel rapimento era una condanna a morte per te, eppure non
hai
vacillato un attimo.
[...]
Ma soffro perché non sono stato fragile quel giorno, non ho
versato lacrime
E il ricordo mi esplode dentro
E sento che nessuno, neanche tu capiresti quello che sto vivendo!
Quel giorno una parte di me è rimasta lucida, e io vorrei
averla qui anche solo
un minuto
Per dirle qualsiasi cosa, anche la più stupida
Anche solo un saluto
E questo è il mio saluto per te
Ricordo perfettamente quel
giorno.
Quella mattina mi svegliai con uno strano macigno che mi opprimeva la
scatola
toracica e una strana sonnolenza che appesantiva gli occhi, entrambi
sintomi di
una nottata insonne passata a ripetere fino allo sfinimento tutte le
parti del
piano per rapire Kiomi Takada.
Strascicai i piedi scalzi lungo il corridoio che portava al salotto,
separato
dalla cucina da una porta in legno massiccio. La trovai semi aperta e
dopo aver
fatto pressione sulla maniglia la spinsi permettendomi di entrare
così nella
stanza. Un acre odore di fumo mi invase le narici, facendomi arricciare
il naso
infastidito.
Eri seduto al tavolo con in mano la tua adorata PSP nera mentre eri
impegnato a
superare chissà quale livello impossibile
dell’ultimo gioco in vendita, con una
sigaretta appoggiata tra le labbra sottili. Vicino alla tua mano
sinistra si
trovavano un accendino, un pacchetto di sigarette quasi vuoto e un
posacenere
stracolmo di mozziconi, filtri e cenere. Sicuramente anche tu eri
rimasto
sveglio tutta la notte, troppo agitato per dormire.
Con un colpo di tosse annunciai la mia presenza e finalmente tu
distaccasti i
tuoi occhi verdi dallo schermo e mi osservasti con sguardo vacuo, per
poi
mostrarmi un mezzo sorriso e ricominciare a smanettare con
quell’aggeggio
infernale.
Avevo visto paura, sgomento e anche preoccupazione nel tuo sguardo, ma
non ci
feci troppo caso, non volli farci troppo caso.
Afferrai una barretta di cioccolato smangiucchiata dall’anta
del frigorifero e
iniziai ad addentarla, beandomi del sapore del cacao sciogliersi tra la
lingua
e il palato.
“Tra cinque minuti dobbiamo partire”
Freddo, conciso. Come ero sempre stato.
Per tutta risposta mi sorridesti sornione, spegnesti
Infastidito dalla tua insolenza tornai nella mia stanza e afferrati un
paio di
calzini infilai con prepotenza i piedi negli anfibi neri. Come potevi
essere
così spensierato e ironico in un momento del genere?
Stizzito uscii dalla stanza e ritornai in cucina, quando sentii la
porta di
ingresso sbattere. Eri appena uscito. Afferrai l’ennesima
barretta di
cioccolato dalla mia dispensa e mi avviai all’atrio del
piccolo appartamento
che condividevamo per poter uscire di casa. Appena misi piede fuori
casa una
folata di vento gelido mi investì facendomi rabbrividire.
Girai le chiavi nella
toppa e dopo aver fatto scattare la serratura le infilai in una delle
tasche
del giubbotto di pelle che stavo indossando. Appena mi voltai verso la
strada
ti vidi già all’interno della tua macchina, rossa
come i tuoi capelli, pronto
per partire.
“Ci vediamo stasera a casa.” dicesti prima di
sfrecciare via da quel vicolo
buio che conduceva al nostro appartamento.
Quelle furono le tue ultime parole.
Casa.
Tu eri la mia casa.
Eri il luogo dove mi rifugiavo dopo una giornata estenuante di
ricerche, intercettazioni
ed inseguimenti, eri il luogo in cui potevo provare del calore, del
calore
umano.
Ma ora non ci sei più.
Il momento in cui mi fu comunicata la tua morte rimarrà per
sempre marchiato a
fuoco nella mia mente.
Ricordo il modo in cui reagii, facendomela scivolare addosso.
Una pedina sacrificata per permettere al suo re di vincere.
E quando il re fece scacco matto a Kira, andò fuori di testa.
L’effimera vittoria di una partita a scacchi. Il caso
ereditato da L finalmente
archiviato. Ma ora?
Ora non ci sei più e io non so più chi sono.
E sono ancora chiuso
qui
A chiedermi quale dio
potrà mai convincermi
Che la morte sia un
arrivederci;
Fino a quel momento per
me rimane un addio!
Destino beffardo.
Io, che ho sempre giocato con la vita e la morte delle persone con
uccisioni,
sparatorie, attentati mi ritrovo dilaniato dal dolore della tua morte.
Quale dio mi permetterà di rivedere ancora i tuoi occhi
verdi, nascosti in
parte da quegli occhiali dalle lenti di un colore improponibile da cui
non ti
staccavi mai?
Kira forse?
Nessun Kira, nessun Dio, nessun Allah ti riporterà da me.
Nessuno.
E ora non la temo perché
sono io la mia ombra
E non sento nessuna
delle emozioni che mi circondano
E vorrei dirti mille cose ma le sai
E tirare una testata a chiunque mi chiede:
“Come stai?”
Sto di merda!
Ma non “di merda” come voi
E nella testa vedo un
domino di polaroid
E senza di loro i ricordi perdono la strada
Per questo combatto perché l’ultima non cada!
Ormai la parola che mi descrive
meglio è l’apatia.
Sono diventato amorfo quasi quanto Near, e sorrido amareggiato
ripensando a
quanto mi infastidiva la sua incapacità di provare alcuna
emozione. Eppure
eccomi qui, con occhi persi nel vuoto mentre sgranocchio inconsciamente
una
barretta di cioccolato e lascio che la mente si affolli dei mille
fotogrammi che
hanno te come protagonista.
Matt, non posso neppure quantificare quanto tu mi manchi.
Questo pseudo proiettore mi riporta alla mente così tanti
ricordi che la testa
mi fa male, mentre nuove lacrime minacciano di scendere lungo le mie
guance
arrossate.
Le immagini del nostro primo incontro alla Wammy’s house e il
nostro ultimo
saluto fanno a cazzotti tra loro; che cosa ti ho fatto, Matt? Cosa ho
fatto? Ti
ho gettato nelle braccia della morte senza esitazione, accecato dal
desiderio
di vincere contro Near, contro Kira, contro tutti quelli che mi
ritenevano un
buono a nulla.
Vorrei tanto morire Matt, per poter raggiungerti, o per lo meno per
porre fine
a tutta questa agonia.
Non ce la faccio più.
Quando tornavo a casa
la sera ero tranquillo, sapevo che qualcuno c’era
Ma ora ho capito che chi sbaglia paga i propri errori
E se dimentico le chiavi resto fuori!
Questo monolocale che avevamo
il coraggio di chiamare “casa”
è ormai una topaia.
Ha perso pure quel calore umano che lo caratterizzava quando ancora ci
abitavi,
Matt.
Ormai è tutto freddo, desolato, triste.
Ma alla fine è esattamente ciò che mi merito.
Sono stato fin troppo fortunato
ad averti accanto a me per così tanto, rosso.
Ora non mi resta che sopportare la solitudine e il senso di colpa che
mi sono
meritato.
E’ questo il prezzo da pagare per far vincere
E questo è il mio saluto per te..
Ciao Matt,
salutami L
Ti ho sempre voluto bene,
tuo Mello
E questo è il mio
saluto per te..
AUTHOR’S CORNER
Buonasera!
Ti ringrazio, perché se sei arrivato fino a qui significa
che hai letto tutta la
storia, e ciò non può che rendermi felice.
Ti ringrazio per aver impiegato
parte del tuo tempo a leggerla,
spero non sia stato tempo sprecato J
Spero di ricevere un po’ di feedback, sono particolarmente
affezionata a questa
storia! (Prego, la casella “recensisci questa storia aspetta
solo voi!)
Baci
Cicuta
NOTA: Per chi non la conoscesse, la canzone che dà pure il titolo a questa OneShot è “Così Chiara”, del duo rapper Two Fingerz (tanto amore per loro)
OFF TOPIC: Qualcuno apprezza insieme a me la bellezza del mio nuovo avatar?(Tanto amore anche per Daniel Sharman, l'Isaac di Teen Wolf)