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Autore: Lionking17    30/07/2013    1 recensioni
Oltre il grande fiume che divide il sacro dal profano, tra querce secolari e ruscelli gorgheggianti.
Oltre la pace di quel paradiso terreno, tra salite impervie e rocce millenarie, dove le nubi si confondono con la terra e il sague ribolle nelle vene.
Oltre tutto, fino alla culla della vita, la casa delle divinità: l'Olimpo. Pare quasi strano, ironico eppure proprio in questo luogo albergano i sentimenti più umani e mendaci, passionali e puri, puri come l'aria che ti circonda, puri come il cielo che ti sovrasta, puri come il battito del cuore in un corpo divino.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Nike/ Atena


Atena era sicura della vittoria.
Dovunque lei si trovasse, qualsiasi povero mortale o pallido dio le si parasse davanti, lei era sicura. Nessuno poteva sconfiggerla. Nessuno.
Si concedeva un rapido sorriso, i denti bianchi e perfetti come perle che rilucevano nell’alba del mattino, per poi, inflessibili e battagliera, combattere.
Non le piaceva poi così tanto, alla fine, combattere.
La lotta era bruta, sudata, rozza, ideale per il suo baldanzoso fratellastro. La lotta era un mezzo, non un fine, come l’ago per il cucito, il filo che penetrava  sfrontato la tenera carne del tessuto o le parole di un poeta, che fluide si distendevano sul foglio, piegandosi, ma mai umiliandosi agli occhi cechi di un maestro.
Per questo lei primeggiava in qualsiasi ambiente, ogni gara, ogni tenzone. Perché Lei era lì.
Volteggiante nel sole del mezzogiorno, le sue parole sussurrate al vento del tramonto, il suo canto di vittoria che esplodeva nel fragore del silenzio prima della battaglia. Le parole fluivano delicate e potenti, dischiuse come tremuli boccioli tra quelle labbra sottili. Oh, quanto adorava le quelle labbra.
La vittoria le provocava sempre una vertigine sopraffina, eccezionalmente lucida e appagante. Ma era sempre un’emozione subalterna al dopo.
Quando incedeva gloriosa nei corridoi marmorei dell’Olimpo, pregustava già l’attimo, il momento.
Avrebbe aperto silenziosamente la porta, rivelando la sua presenza, languidamente distesa sul talamo. Lei. Nike, la vittoria. L’aeda solenne di suo padre Zeus, che aveva cantato la sua vittoria contro i Titani e il padre Crono. Fino ad ora, per lo meno.
Lei era sua. La aspettava, le tremule ali bianche ripiegate sul corpo snello, gli occhi color oro che la fissavano. Il suo premio, la sua vittima sacrificale.
Nessuna avrebbe mai sconfitto la grande Atena, per il semplice fatto che Nike non avrebbe mai incoronato nessun altro con corone d’alloro.
Atena vinceva per la vittoria, per la sua piccola Nike, la sua musa, la sua dea, la sua droga.
  
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