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Autore: invocations    30/07/2013    1 recensioni
La fine è l'inizio è la fine. Post-game, molto avanti nel futuro. Rinoa, Squall ed Ellione.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

ALONE
scritto da invocations, tradotto da El Defe

È così che finisce, mormora a se stessa mentre giace sulla schiena, in mezzo all'erba rugiadosa. Una donna anziana, sola e senza nome, in mezzo alle pianure con l'umidità gelata che si fa strada attraverso la sua camicia da notte e brucia la sua pelle, mordendo le sue ferite ancora aperte. La sua vista si fa debole e imprecisa ma le stelle disposte in spirali e disegni sopra la sua testa sono più luminose che mai, chiare come quando aveva sette, diciassette anni.

Sente un fremito, lontano – (Rinoa!) – ma sparisce, inghiottito dal suo respiro pesante.

Guarda il cielo.

*~*~*~*~*

Lui prese la sua mano e corsero via insieme, quando la presidenza Loire fu terminata e Esthar cessò di essere un santuario sicuro per loro, quando Balamb, Galbadia e Trabia pullularono di soldati della SeeD e furono inaccessibili. Si nascosero nel mezzo dell'intenso profumo di fiori e passato, a Winhill. Lei sussurrò un paio di parole inaccessibili e plasmò uno scudo attorno a loro, un gioco di prestigio tale che nessuno che li avesse scorti avrebbe riconosciuto loro, ma avrebbe visto un uomo e una donna, semplicemente.

Una volta le diede un fiore, appena schiacciato con grazia dal vento estivo, e lei gli sorrise e lo appuntò in quei capelli che non sarebbero mai diventati grigi. Quelli di lui mutarono in una sfumatura più pallida di castano, prima per l'effetto dei raggi solari e poi semplicemente a causa dell'età. Le sue mani divennero più grinzose, ma due cose non cambiarono mai in lui: la sua mente e i suoi occhi, entrambi fermi e luminosi, agili e immutabili. Aveva un vago sospetto che fosse lei a trasmettergli qualcosa, lei che sembrava sempre così giovane anche quando era così vecchia.

Ma vennero per lei, soldati, una marea di uniformi di metallo azzurro e visori opachi. Risero nel vederla così giovane. Tastarono la sua camicia di notte come al mercato, la spinsero fuori nelle prime ore del mattino, come se non fosse più che un animale. Li schernirono quando il suo cavaliere ruggì (come un leone ferito a morte, dissero) e combatterono mentre lei richiamava antichi incantesimi nella sua mente e li scagliava contro di loro. Lei capì presto, dai loro colpi e dalle ferite poco profonde, che non intendevano uccidere ma punzecchiare. Punzecchiare cosa?

"Rinuncia, Strega!" Rinunciare a cosa? Ha già abbandonato il suo nome, la sua vecchia vita, cosa c'è ancora da poter prendere?

Vide un punto rosso cercare la sua strada sulla sua fronte, prima ancora di urlare; e lui cadde e lei lo seguì, le onde di magia che spazzavano via i corpi che non le permettevano di inginocchiarsi davanti a lui. Le afferrò la mano con dita vecchie e tremanti, e lei ignorò le ferite che le avevano inferto alla schiena mentre lo guardava morire, l'ultimo sguardo ancora fisso su di lei. Non poteva notare il suo singhiozzare, simile a quello di un bambino – "una Strega senza il suo cavaliere è instabile", le dissero una volta – e urlò.

"Ora! Sta per andare – pronti!" Pronti per cosa?

Pronti per -

Ogni cosa fluì all'esterno del suo corpo, con un suono simile allo strappo di una cucitura. Spinsero una ragazzina in avanti. È una di loro, con un elmetto fissato male sulla sua testa e i capelli biondo platino che spuntano al di sotto. Come una stella cadente, pensò la donna anziana mentre le sue gambe cedevano, come quella che vedemmo quando

*~*~*~*~*

È tutto più scuro e soffice quaggiù nell'erba, con mormorii sconnessi nelle sue orecchie che poi si riversano fuori, inascoltati. Una ragazzina si agita al suo fianco – minuti o ore più tardi, non può saperlo – ed è quasi certa di vedere le sue labbra muoversi in segno di scusa, prima che si volti di scatto, chiamata altrove, e barcolli via.

Guarda i capelli della ragazzina andare su e giù, luminosi contro l'armatura scura, e guarda l'orizzonte fino a che non diventa grigio e scuro. I fili d'erba sembrano pungenti sotto le sue dita. Può sentire a fatica i primi suoni della notte, ovattati dai suoi sensi storditi. C'è un sussurro, un—

(Rinoa!)

È andato.

*~*~*~*~*

Le ultime stelle ammiccano mentre precipita nella consapevolezza. "C'è sempre tempo per guardare le stelle," diceva sempre al suo cavaliere con una finta serietà, ed è proprio vero per lei ora, con tutto il tempo che resta nel mondo a disposizione per guardare il cielo. Cinque secondi, cinque minuti; ha tempo, abbastanza per assaporare la sua esistenza, il suo essere sola.

Non sei sola, sai.

"Sorellina?" La parola esce come un umido, aspro gracidio.

L'ho sentito lasciarti. Tu— tu stavi gridando, il suo nome e poi il mio. E poi solo il mio.

Una risata le sfugge dopo quella risposta, rossa e gorgogliante. "Non è qui. E non ci sarà, è andato via è andato via l'hanno preso e, e—"

Lo so. Io lo so. Ha l'impressione di averla sentita singhiozzare.

"Resta con me. Per favore, non posso, da sola..."

Non sei sola.

È come essere abbracciati da una madre, una sorella, un amante tutto insieme in quei minuti dilatati, ed è il suo potere, e tossisce e le sue labbra si aprono in un sorriso, e poi—

—e poi niente, soltanto un pianto lontano, spezzato.

   
 
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