Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Jo_March_95    30/07/2013    1 recensioni
{One shot incentrata sul personaggio di Sansa, che mi ha incuriosita sin dalla prima apparizione.}
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"Lo sguardo di gelido disappunto di Sansa cominciò a formarsi in quegli anni, come un soldato in esercizio per la guerra.
Ogni qualvolta l'orgoglio le venisse punto, anziché retrocedere o barcollare ella diventava statuaria, con quegli occhi di ghiaccio che ti inseguivano fin nelle recondite stanze dell'intelletto e facevano di te una sua preda."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sansa Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il sole pallido baciava appena l’erba ancora bianca di neve, orlata di quei fiocchi come una sposa il giorno del matrimonio, trionfa della freschezza e della purezza di quel candore che si posava ormai per otto mesi l’anno sugli aridi steli che di rado avevano conosciuto la colorazione verde di ogni arbusto che si rispetti.
I lunghi capelli rossi di Sansa ondeggiavano al vento inseguendo le nuvole cariche di pioggia, ingredienti necessari al capolavoro dell’Arcobaleno. La bambina correva, le gambe più corte di un bastone, il vestito di lana pesante era troppo lungo e ingombrante così che ogni passo per quanto frenetico pareva avvenisse a rallentatore. Robb le aveva tirato una treccia sciogliendole la folta chioma, suo vanto, sua vanagloria.
Si inseguivano da così tanto tempo da aver probabilmente dimenticato il motivo, spostandosi dalla zona circostante il laghetto all’ingresso nella città, dove alto e impettito si erigeva il castello degli Stark.
Con le guance rosse di fatica e anche un po’ di vergogna la bambina si fermò annaspando, fissando il fratello da lontano che saltava, beandosi della propria marachella, pur essendo un po’ troppo grande per quei giochetti da infante.
Lo sguardo di gelido di disappunto di Sansa cominciò a formarsi in quegli anni, come un soldato in esercizio per la guerra. Ogni qualvolta l’orgoglio le venisse punto, anziché retrocedere o barcollare ella diventava statuaria, con quegli occhi di ghiaccio ti inseguiva fin nelle recondite stanze dell’intelletto e faceva di te una sua preda.
 
<< Un giorno – esordì, ad alta voce, alzando i toni con sé stessa- sposerò un Principe. La sua pelle sarà candida quanto la mia e il suo tocco gentile ad adatto al mio viso. Non arriverà cavalcando un cavallo bianco, bensì portandomene in dono cento. Prenderà le mie dita e le intreccerà alle sue ed entrambi ci ricorderemo per sempre di quel tocco, di quanto sia speciale, di quanto sia nostro. Ci legheremo senza catene e cavalcheremo senza redini perché il mondo sarà nostro, e sarà talmente buono e giusto che ogni tentativo di protezione risulterà superfluo. Emaneremo leggi giuste agli occhi dei giusti e pochi saranno coloro che si ribelleranno, talmente pochi da poter loro concedere una seconda opportunità.
E mi sentirò amata, mi sentirò Regina del suo cuore prima ancora di ricevere la corona che mi legittimi al Reame. >>

Le parole escono a fiotti da quelle labbra carnose che non hanno mai conosciuto nessuna miseria, ma ogni sillaba scandisce un determinato tempo che una volta passato non torna più indietro. Mezza frase e i capelli di Sansa si allungano, le spalle si allargano, il seno inizia a spingere contro la pelle sottile e diafana, una frase intera e le gambe si incurvano, i fianchi si incavano, le dita si inspessiscono e la fronte si acciglia.
Mezzo discorso e i vestiti sono troppo piccoli, la lasciano nuda. Inutile provare a restare intera portandosi le braccia al petto, cercare di appartenersi e raggomitolarsi in sé stessa.
Le labbra di Sansa scandiscono l’ultima parola e sono secche, aride. La gola brucia, le corde vocali vibrano di vita propria, invocano aiuto, aiuto che non arriverà.

<< Sì, lo sarai. Sarai una Regina, colombella. >>
Una voce in lontananza attrae lo sguardo della ragazza come un magnete, la figura alta e severa di Cersei le attraversa la vista come un lampo. Tra le lacrime Sansa riesce a mettere a fuoco, zoomare sul volto senza età di sua Maestà, con le pupille dilatate di dolore ripercorre ogni centimetro di quel ghigno maledetto che la condanna senza possibilità di assoluzione, su quelle mani che una volta le hanno accarezzato i capelli e sarebbe stato meglio farseli strappare uno ad uno allora. Vuoi la mia bellezza? Prendila. Fammi diventare brutta e non bramarmi, farmi diventare brutta e non essere la tua bambola woodoo, che ogni carezza lascia segni più marcati di uno schiaffo, che quella fiducia riposta in te non me la darà indietro nessuno.

Lo sguardo gelido è congelato nel tempo di un secondo, succede tutto troppo in fretta, succede troppo.
Tre uomini la tengono ferma, le spalancano le gambe ma a Sansa non importa, che le stacchino pure.
Uno di loro ha la faccia sporca di fango e se si presenta così dall’esterno non c’è da meravigliarsi delle luride condizioni del membro che sta estraendo dai pantaloni di tela grezza.
Vogliono la purezza di Sansa ma lei si sente marcia, è come una di quelle bellissime rose da giardino con i petali grandi e la corolla luminosa. Ti senti una dea finché qualcuno non alza una foglia e mette a nudo i parassiti che ti corrodono. Puoi ignorare qualsiasi cosa a patto che resti segreta.

Sansa apre gli occhi annaspando, è sempre lo stesso sogno, è sempre la stessa scena. Come un girasole che faccia il suo dovere ogni giorno, che soffra e si bruci pur di poter seguire il sole e solo di notte abbia sollievo.
Uno strano dolore alle ovaie la fa piegare in due, il braccio destro stretto all’addome. Solleva le coperte con il viso già rigato di lacrime, con rabbia strappa via il lenzuolo rosso della sua vergogna di donna.
Il primo ciclo, la prima ovulazione. Tutto ciò la renderà donna, la renderà schiava per sempre di una matrimonio senza amore, le darà l’ingrato compito di mettere al mondo i figli di uno stupro, abomini che solo gli dei sanno come farà ad amare.
/Cersei non deve saperlo/
Appena quel pensiero le abbandona la mente sente la sconfitta martellarle nel petto, la porta spalancata è come un unico occhio sul suo mondo e i suoi peccati al quale si affacciano troppe teste per poterle fermare.
/Che gli dei abbiano pietà di me/ e quel pensiero non fa scendere più lacrime, perché nessuno avrebbe pietà di Sansa, neppure ella stessa.
  
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