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Autore: Elysium_    30/07/2013    1 recensioni
Quando due persone si amano non esistono ostacoli che le possa fermare. Se due persone si amano è destino stare insieme, fino alla morte.
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"Quel pomeriggio freddo di Marzo scappai di casa. Non presi l'ombrello perché sarei dovuto passare difronte al salotto, dov'erano i miei, e prenderlo dal porta-ombrelli sulla destra della porta. Preferivo bagnarmi di quell'acqua, che riproduceva le lacrime versate in questi giorni per Lei."
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alaric, Saltzman, Damon, Salvatore, Elena, Gilbert, Jenna, Sommers, Jenna, Sommers, Jeremy, Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ero appena tornato da scuola, stanco morto, non aspettavo altro oltre al momento di tornare a casa e scoprire, per poi degustare, cosa aveva preparato mia madre per pranzo.
In cucina c'era lei con papà intenti nell'apparecchiare la tavola e controllare come procedeva la situazione dentro il forno.
"Sono tornato", dissi.
"Ciao tesoro, come è andata la mattinata?", era la mamma che, come al solito, mi chiedeva la fatidica domanda. E io, come al solito, risposi con la fatidica risposta: "Bene".
Salii in camera a portare lo zaino e spogliarmi dai vestiti scolastici. Misi le solite cose, i pantaloni di tuta e la mia maglia preferita, regalatami da Alaric due anni fa... ma che mi stava ancora alla perfezione.
Mi stesi tre secondi sul letto per riposarmi.
"Damon, il pranzo è pronto. Scendi a mangiare", la voce che proveniva dalla cucina e saliva su per le scale era quella di mio padre.
Le me intuizioni erano giuste, il mio naso non aveva fallito. Infatti, la mamma aveva preparato del succulento Rosbif al sangue con contorno una bella insalata mista.
Era delizioso, finii tutto in men che non si dica e mi affrettai a lavarmi i denti e andare a casa di Elena.
 
Bussai alla porta di casa, zia Jenna fece capolino da dietro la porta, ed entrai.
Mi fece accomodare nel piccolo ma confortevole salotto dei Gilbert.
Oggi la casa era più silenziosa del solito. Non si sentiva il piccolo Jeremy sbraitare e la bella Elena rincorrerlo con una scarpa per aver commesso qualche marachella. Chiesi a Jenna il motivo di tale silenzio.
"Elena non c'è, neanche Jeremy. Sono usciti con Alaric, saranno di ritorno domani."
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Il giorno dopo, cercai Elena a scuola. Le parole di Jenna si rivelarono veritiere, la piccola ragazza non aveva ancora fatto ritorno. E la sua assenza mi deteriorava.
Così accadde anche il giorno dopo, e quello dopo ancora. Passarono tre giorni, quattro, cinque, sei... una settimana senza vedere e sentire, anche solo per telefono. la mia ragazza.
Quel pomeriggio, dopo aver finito i compiti mi diressi verso casa sua. Era tornata, e io non avevo saputo niente.

Entrai in camera sua, mettendo le mani avanti e iniziando a parlare due metri prima della porta. "Io non ne sapevo niente, non sono stato informato e nessuno mi ha detto cosa fosse..."
Jeremy mi zittì non appena io entrai nella stanza. Era seduto su un lato del letto di Elena, con il diario della sorella, ormai chiuso, tra le mani.
Lei era lì, addormentata sotto coperte azzurro cielo e con la testa sul cuscino dello stesso colore. I suoi capelli castani erano sparsi su le parti del cuscino libero, le incorniciavano il volto pallido.
Mi avvicinai a lei, le diedi una carezza sulla guancia e le sfiorai la testa con i polpastrelli, come se stessi sorvolando con le dita su di lei.
Come la toccai, lei aprì gli occhi. Non aveva la forza per tenerli a lungo aperti, ma bastò per riconoscermi e sussurrare "Damon, amore mio". La sua voce si spense man mano che finiva la frase, come se voleva mettere il punto alla questione.
jenna e Alaric entrarono nella camera e ci guardarono con tenerezza. Lui mi prese per mano e mi portò dolcemente fuori, seguito dalla compagna.
"Cosa è successo? E perché non sono stato informato?", sbraitai contro Alaric e Jenna, la quale chiuse la porta della camera di Elena per evitare che sentisse.
"Be', Damon, vedi..", si inginocchiò verso di me e mi prese le mani. "hai visto anche tu come sta Elena e tu stesso puoi dedurre che non è nelle migliori condizioni", concluse lei.
"Ma io..", tentennai. "Cosa le è accaduto? Dove siete stati?", questa volta diretto ad Alaric.
Si inginocchiò anche lui e mi disse che non era il momento adatto per parlarne, che avremmo affrontato l'argomento quando tutto sarebbe passato, finito e dimenticato, che ero ancora troppo piccolo, "Ti accompagno a casa", e concluse.
 
Venni riportato a casa dei miei genitori, a cui raccontai tutto.
"Vai a giocare", mi rispose mia madre con aria stranita ma non sorpresa. Feci per andare in camera e udii mio padre dirle a toni pacati "Come facciamo a dirglielo? Ha solo quattordici anni, è troppo piccolo, e ancora non può..."
Mi ritrovai in camera mia, sopra le coperte del letto tra tutti i peluche che Elena mi aveva regalato e che portavano addosso il suo dolce profumo.
Pensavo.
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Mi vietarono di uscire per diversi giorni, non potevo uscire da casa mia. Mi portavano a scuola loro, mi venivano a prendere, il pomeriggio mi portavano al parco giochi con Stefan, mio fratello. Lui che non era mai a casa nostra ma sempre a quella di Lexi, oggi era con me a giocare nel luogo in cui incontravo sempre Elena.
A differenza di Stefan, non osavo divertirmi e tralasciare il pensiero di cosa stesse accadendo a Lei.
Rimasi per tutta la sera, sino al tramonto, sotto il grande scivolo giallo, a strappare fili d'erba e sotterrarli nella sabbia, mentre la mia mente divagava.
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Quel pomeriggio freddo di Marzo scappai di casa.
Pioveva, perciò i miei non riuscirono a sentire il rumore della porta che dava al giardino interno e non si preoccupavano di cosa stessi facendo. Come in tutte le giornate piovose, dovevo essere in camera mia a scrivere o a giocare; ma quella era una giornata diversa.
Non presi l'ombrello perché sarei dovuto passare difronte al salotto, dov'erano i miei, e prenderlo dal porta-ombrelli sulla destra della porta. Preferivo bagnarmi di quell'acqua, che riproduceva le lacrime versate in questi giorni per Lei.
 
Giunsi a casa di Elena tutto bagnato, zuppo d'acqua. Suonai il campanello e, come al solito, Jenna mi invitò ad entrare.
Alaric mi portò un suo maglione, dopo avermi fatto asciugare. Sembravo un adulto con quello indosso, era talmente grande che dovetti piegare le maniche quattro volte; mi arrivava sopra le ginocchia.
 
Lei era addormentata nel letto, ma in camera sua non c'era nessuno e Jenna e Alaric erano rimasti al piano di sotto. Aveva il viso scavato, bianco pallido, gli occhi chiusi, le labbra secche. 
Le mani affusolate erano una distante dall'altra: la sinistra era appoggiata sullo stomaco coperto dalle lenzuola, quella destra era vicino al viso, sotto l'orecchio a sostenersi i piccoli ciuffetti di cap...
Aveva perso i capelli. Quei bei capelli castani, color castagna/mogano con riflessi chiari, spariti.
Delle piccole lacrime affioravano sulle palpebre inferiori, ma non scendevano, come se trattenute da qualcosa.
 
Debolmente lei aprì gli occhi e mosse la mano destra verso la mia che era appena posata sulla dolce curva dell'addome.
Sussurrò qualcosa ma fu troppo debole per far sì che riuscissi a sentirla.
"Ba..." soffiò due lettere tra le labbra.
"Basta? Amore mio, vuoi che ti lasci riposare? Se è questo che vuoi, sono più che disposto a farlo. Hai bisogno di riposare, dovresti essere stanca", le dissi a bassa voce per non turbarla.
"Baciami", mi rispose lei con quella fioca e tenera voce.
Le mie tiepide labbra si posarono sulle calde di lei. Socchiuse le sue, si staccò lievemente e sussurrò "Mi sei mancato, non te ne andare più, tesoro".
"Non ti affaticare, piccola mia, riposa".
"Voglio dirti queste ultime parole, vita mia: tu sei stato il primo mio ragazzo e se non fosse per questa disgrazia, saresti l'unico e il solo che amerei eternamente. Ricordati di me quando guardi il cielo, le nuvole, il sole, i fiori, le farfalle, il vento", sorrise mentre pronunciava quelle parole deboli. "Baciami ancora, Damon".
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Erano passati due mesi ormai. Come tutte le sere mi affacciai alla finestra di camera mia: stava tramontando il sole, i suoi ultimi raggi erano proiettati su un basso prato di margherite e ogni tanto si scorgeva qualche piccola farfalla sospinta nel volo da un lieve anelito di vento.
 
 
 
L'avevo amata.
Fino all'ultimo battito.




***
Ciao a tutti voi.
Vi ringrazio per aver letto la mia storia e per essere arrivati fin qui -sono sicur che ognuno di voi ignorerà questo piccolo spazio.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va. Io ho amato questa storia mentre la scrivevo e mentre la  rileggevo. Scusatemi per eventuali errori.
Alla prossima,
Maurizio.                                       
  
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