Prologue
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E rientrerò a casa, fingendo nuovamente che tutto vada bene.
Ma non è così.
Farò
finta di nulla, fregandomene di tutto ciò che mi accadeva
ogni giorno, come un
replay.
Sorriderò
a mia madre, per poi chiudermi nella mia stanza, come se fossi in
punizione.
Per
le scale incontrerò sicuramente la mia sorellina. Le
scompiglierò i capelli,
salutandola in modo affettuoso.
Una
volta sola, piangerò lacrime amare, maledicendomi
mentalmente per la mia
fragilità.
Sfascerò
tutto, romperò qualcosa … mi sfogherò,
punto.
Farò
una specie di rivoluzione ma, fuori da quelle quattro mura, mi
comporterò come
una persona normale. Una persona dalla vita perfetta, a cui non manca
nulla.
Non
è la verità, continuerò a mentire a me
stessa.
Convincerò
gli altri, dicendogli che sto bene.
Che
mia brutta cera è dovuta al troppo studio.
Che
i miei occhi lacrimano per l’allergia.
Che
tutto va come dovrebbe.
Saprò
e so già che tutto continuerà nella stessa
maniera.
Perché
non ne ho mai parlato con nessuno? >>
***
Se
ne stava sdraiata sul suo letto.
Le
parole di quei maledetti bulli continuavano a
rimbombargli nella testa.
Le
lacrime lottavano per uscire.
Guardò
un punto indefinito del soffitto, per vincere
nuovamente quella battaglia.
Ogni
giorno veniva insultata, picchiata, minacciata
… a volte anche molestata.
Non
ce la faceva più.
Non
capivano che anche lei era una persona,
esattamente come loro? Una persona che piangeva, mentiva, ma
soprattutto
soffriva.
La
sua fragilità le impediva di reagire, almeno di
dirli qualcosa.
Voleva
parlarne con qualcuno, sul serio. Ma non ci
era mai riuscita.
Si
bloccava un attimo, per poi continuare a mentire.
Mentire che tutto andava bene, quando non era così.
Era
anche sola. Non per scelta, perché costretta.
Non
aveva mai avuto amici, nessuno l’aveva mai
accettata.
A
nessuno aveva mostrato il suo vero io, la vera
Avril. Continuava a nascondersi dietro una maschera invisibile. Una
maschera
che, poco a poco, la stava allontanando dal mondo.
Voleva
sbarazzarsene una volta per tutte. Voleva
vivere la sua vita, infischiandosene di tutto ciò che la
faceva stare male e
affrontando ciò che gli sarebbe prostrato davanti, senza
paura.
Lo
voleva, sul serio. Ma per farlo, aveva bisogno di
qualcuno che la spronasse.
Si
alzò di scatto e si diresse verso lo specchio,
piazzandosi davanti ad esso. Era abbastanza grande per vedersi tutta.
I
suoi lunghi capelli biondo cenere gli contornavano
il visino piuttosto scherno e pallido. Gli occhi azzurri affranti dal
pianto,
il naso all’insù e la bocca minuta. Aveva un
espressione seria.
Le
sue braccia erano piene di lividi e ferite, le
guance arrossate – per i troppi schiaffi - e le ginocchia
sbucciate.
La
maglia che indossava le stava eccessivamente
larga, dato il corpicino che si ritrovava.
Ma
come si era ridotta!
Qualche
anno prima, quando iniziò ad essere vittima
del bullismo, aveva qualche chiletto in eccesso.
La
prendevano in giro per questo, anche in maniera
non molto gradevole.
Sia
maledetto il giorno in cui decise di mettersi a
dieta, per farli chiudere quella boccaccia.
Quando
raggiunse il suo obiettivo, le cose
cambiarono. In peggio, però.
Iniziarono
a scambiarla per un’anoressica,
deridendola sempre più. La escludevano, la guardavano male,
insultata ancora
più pesantemente e persino picchiata a sangue.
Fissò
attentamente il suo riflesso con rabbia, come
se fosse una psicopatica.
Ma
lo era veramente? Insomma, soffriva di anoressia?
Quella
fottuta maschera continuava a distruggerla.
Doveva, anzi voleva, assolutamente liberarsene.
Strinse
ermeticamente i pugni.
Arrabbiata.
Era arrabbiata con sé stessa.
In
preda ad un attacco d’ira, spaccò lo specchio,
facendo schizzarne i frammenti per la stanza.
Uno
di questi, in qualche modo oscuro, le tagliò il
polso.
Un
rivolo di sangue le colò lungo tutto il braccio,
facendo bruciare ancora di più – se possibile
– la ferita.
Faceva
male, sì. Ma niente era paragonabile al
dolore che pativa ogni giorno.
Fantastico,
ora ti prenderanno anche per un’emo. Avril la emo, se ci
pensi suona anche
bene!
Si
schiaffeggiò mentalmente, mandando al diavolo la
stupida vocina interiore.
Respirò
più volte, per tentare di calmarsi.
Tentativo vano.
I
nervi cedettero e lei, più in collera di prima,
iniziò a rovesciare le sedie, a buttare le coperte a terra,
a distruggere tutto
ciò che vedeva o che gli si prostrava davanti.
Una
decina di minuti abbondanti dopo, poggiò le sue
spalle contro il muro e scese a terra, con le ginocchia al petto.
Se
l’avessero vista, sarebbe stata scambiata
sicuramente per una pazza, o perché no, per
un’insana.
La
vista cominciò ad offuscarsi e le lacrime
cominciarono a pizzicarle gli occhi.
Chiuditi,
ti prego. Chiuditi.
Ci
provò. Provò ad avere la meglio, per
l’ennesima
volta.
Non
ci riuscì. Questa volta avevano vinto loro.
E
tra i singhiozzi ormai piuttosto udibili, iniziò a
pensare che quella maschera non si sarebbe mai dissolta.
Ma
non ci voleva pensare.
In
quel momento voleva solo piangere.
Voleva,
e in un certo senso doveva, sfogarsi.
Angolo
dell’autrice:
Buongiorno!
Giovanni:
E’ sera -_-
Allora,
buonasera!
Sono
tornata con questa nuovissima long, appena
sfornata.
L’ispirazione
è venuta a farsi benedire, olè!
Che
bello, sono molto realizzata.
Questa
è la mia seconda ff qui. Se volete andare a
leggervi anche la mia shot, mi farà molto piacere.
Giovanni:
Dato anche l’alto tasso di popolarità che
sta avendo. Zero recensioni, appunto -_-
Ma
sei sempre così pessimista? Ah già, tu sei il mio
amico immaginario D:
Il
mio cervello deve star messo veramente bene, se
ha “partorito” un essere
“eccitato” (?) come te.
Giovanni:
Bene? Benissimo, te lo giuro!
Well, che ne pensate?
E’
la prima volta che tratto argomenti così pesanti,
quindi non uccidetemi.
Me
la sono cavata così tanto male? E’ da cestinare
all’istante quest’obbrobrio?
Giovanni:
Ottimista anche l’autrice, a quanto vedo.
Vai
all’inferno!
Anyway,
se non vi piace, aggiornerò comunque.
Muhahaha!
Lo
farò, ma non subito. Ho altre tre long da mandare
avanti, in un’altra fandom. E quelle hanno la precedenza.
I’m
sorry :c
Ora
devo lasciarvi, ci si vede prestissimo.
Solluxy
♥