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Autore: Gnammi    30/07/2013    0 recensioni
Era per questo che all’Università aveva scelto Scienze Politiche. “Il mondo non avrà più segreti per me”, diceva sempre sorridendo.
Genere: Guerra, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bang.

L’eco dello sparo risuonò in tutta la valle. Stormi d’uccelli s’alzarono dagli alberi, atterriti da quel roboante suono.Michail Andric era appostato con il suo gruppo su un’altura vicina quando il rumore giunse al suo orecchio.
“È il segnale”, disse, “dobbiamo muoverci”.
Gli uomini lo seguirono. Erano in territorio straniero, a centinaia di chilometri dalla loro casa a tentare di liberare una patria che non era loro, a vivere una vita che non era loro. Erano confluiti da ogni parte del mondo gruppi di volontari per aiutare quel paese allo stremo delle forze. La tirannide che l’aveva soggiogato aveva succhiato ogni goccia di linfa vitale, ogni rantolo di vita e annichilito le illusioni del popolo inerme. Nessuna potenza mondiale, però, aveva posto fine all’incessante dilaniare perpetrato ai danni di uomini e donne indifesi. “Tutto va preso con diplomazia”, dicevano loro, “se ci fosse anche un solo pozzo di petrolio sarebbero già qui”, era il pensiero che serpeggiava ovunque.
E così, centinaia di studenti – sì, studenti – di etnie, religioni, ideologie politiche diverse, s’erano armati di tutto punto ed erano corsi lì, a lottare per quello sputo di terra dimenticato da Dio.

Andric comandava gli Iugoslavi. Sì, certo, la Iugoslavia è sparita da un pezzo, ma lì non esistevano Stati: esisteva la guerra. E la guerra richiedeva immediatezza, rapidità di pensiero e d’azione. E così erano diventati tutti Iugoslavi.
Se proprio ci si vuole perdere nei dettagli, andare a cercare il pelo nell’uovo, Andric era croato, di Spalato. Era cresciuto lì, tra terra e mare. Tra slavi, italiani e tedeschi. Sua madre era un’italiana d’Istria e gli aveva trasmesso, oltre alla lingua un po’ annacquata dal dialetto, anche la sua cultura. Possedeva centinaia di libri: da Dante a Calvino, da Leopardi a Gramsci. Uno dei suoi miti. E poi anche la filosofia, i poeti maledetti, Hemingway, Céline…
E lui li aveva letti quasi tutti: era così che si era aperto al mondo.
Durante l’adolescenza aveva imparato anche inglese, spagnolo e tedesco, oltre all’italiano e al croato. Un ragazzo prodigio, insomma. Voleva essere un diplomatico, lui, partecipare a convegni internazionali. E viaggiare. Già, viaggiare. Era per questo che all’Università aveva scelto Scienze Politiche. “Il mondo non avrà più segreti per me”, diceva sempre sorridendo. Non l’aveva finita, l’Università. Aveva venticinque anni e da due combatteva lì, tra alture e valli, tra villaggi e grotte. L’aveva vinto la ripulsa. Il mondo che tanto amava era stato stravolto con prepotenza da chi lo popolava. Con sofferenza, doveva combatterlo.


Michail e i suoi arrivarono al rifugio sul far della sera. Avevano dovuto deviare più volte il percorso per evitare i posti di blocco delle forze governative. Quel giorno i volontari si erano avvicinati alla capitale e a breve sarebbero potuti entrare aiutati da infiltrati nell’esercito regolare. Al rifugio Michail incontrò il capo della resistenza. Nessuno, tranne i suoi più stretti collaboratori, conosceva il suo nome. Per tutti gli altri era Patriot, il Capo. Era un uomo sulla quarantina, di carnagione bruna, il viso segnato da una cicatrice che pareva un lungo lampo nell’oscurità. La forza.
Dopo essersi complimentato con lui, Patriot gli fece cenno di sedersi. “Il suo apporto alla guerriglia è stato fondamentale, Andric. Non lo dimenticherò, avrà tutto ciò che desidera”. “Non dimentichi perché combatto”. “Oh no, ricordo ancora alla perfezione le sue prime parole quando ci incontrammo due anni fa. Un’idea nobile, la sua, Andric, ma il mondo non ci ama. Non l’ha mai fatto. E va trattato con noncuranza, come qualcosa da evitare, per quanto ci è possibile”. Anche Michail ricordava perfettamente le parole di Patriot al loro primo incontro. Erano proprio quelle. “Io non smetterò mai di aver fiducia nel mondo, Patriot, sento il suo respiro. E anche se ora è solo un flebile soffio io farò di tutto per farlo durare”. Patriot sorrise.
Un sorriso spento, come al solito. Ma con un impercettibile lampo di speranza. Un lampo nell’oscurità.

Le ore successive le trascorsero a discutere delle strategie da adottare per prendere la capitale: i governativi erano ormai deboli e una massiccia azione frontale avrebbe frantumato la loro flebile resistenza. Solo all’alba Michail si concesse un po’ di riposo stendendosi su un giaciglio. Ivo, prima compagno d’Università, ora il suo luogotenente (proprio a voler essere precisi, perché la guerriglia non prevede gradi. Ci sei tu, coi tuoi compagni, col tuo fucile.) “Nostalgia di casa, fratello?”, disse. “Il mondo è la mia casa. Anche tra le persone che amo mi sentirei come un pesce fuor d’acqua. Solo intuendo l’universo tutto in me si placherebbe. “Beh, potresti sempre credere in Dio. Chi lo fa dice di elevarsi, di intuire, ‘dell’eternità s’arroga il vanto’”, rispose Ivo, aggiungendo in italiano i versi della Ginestra leopardiana. Michail si voltò verso di lui: “Abbiamo tanto da scoprire, tanto il mondo ha da offrirci, perché creare un Dio?” Ivo sorrise: “Adesso, per esempio, vorrei proprio scoprire che sapore ha quella vodka che il mondo ci ha offerto!” Ed entrambi scoppiarono a ridere, dimenticando la guerra, la nostalgia, la rabbia, la ripulsa. È questo un modo di aprirsi al mondo, di scorgere qualcosa in quello sconfinato mare. La dimenticanza.

Quando il sole era già altro arrivarono, costituiti da vari gruppi, i rinforzi attesi per dare inizio all’assalto della capitale: Tedeschi, Russi, Italiani, Turchi, Messicani. Il comandante di questi ultimi, De la Rocha, era famosissimo per le sue azioni di guerriglia in tutto il mondo e aveva addirittura rifiutato svariati ministeri offerti dai paesi che aveva aiutato e che avrebbe ricoperto alla perfezione. Era laureato in Legge. Un paradosso. Quella legge non gli piaceva e il suo posto era tra i suoi uomini a combattere. Fatica, sudore e sangue per cambiare la legge. Si diresse subito verso Michail, del quale Patriot gli aveva già parlato: “Anch’io ho lo stesso legame col mondo che hai tu. Ecco perché lo affronto con la guerriglia. È più sottile, richiede corpo e mente. Mai irruenza”. È questo un modo di aprirsi al mondo, di scorgere qualcosa in quello sconfinato mare. La sottigliezza.
Andric e De la Rocha avrebbero guidato insieme le operazioni sul lato est, la mattina dopo. Il giovane comandante era rimasto folgorato da quell’uomo imponente e umile allo stesso modo. Indomabile e mite. La giusta misura di tutte le cose. Era quella la legge del mondo, pensò.

Dopo una giornata d’attesa, finalmente l’alba del nuovo giorno arrivò. Tutti erano ansiosi di lottare, di porre fine a quell’atroce tortura che affliggeva quella disgraziata terra. Michail lo era più di tutti. Voleva eliminare quell’innaturale e macabra storpiatura dal mondo che amava. Patriot diede il segnale. Tutti, come un sol uomo, si riversarono nella città. L’esercito governativo tentava di opporre un’improvvisata resistenza. Il dittatore, il tiranno, sapeva che tutto era ormai vano. Che si era spinto troppo oltre per non aspettarsi nulla in cambio. Patriot lo strappò al regno dei viventi con un colpo di pistola in pieno volto. Michail e i suoi erano penetrati in un edificio. Era lì che Ivo era morto. Non c’era stato nulla da fare. Sorridendo, il suo migliore amico, suo fratello, era andato in avanscoperta da solo, “a scoprire cosa mi offre il mondo!”, aveva detto. Nell’edificio c’era una bomba. E Ivo non c’era più. Pianse, Michail, e sembrava che le sue lacrime dovessero scorrere all’infinito per purificare ciò che la distruzione aveva inquinato. Una catarsi. De la Rocha lo portò via a forza: lui urlava, si scuoteva, faceva di tutto per liberarsi da quella possente presa che voleva fermare il suo pianto. Chiamava suo fratello, il lato allegro, spensierato della loro amicizia.

È questo un modo di aprirsi al mondo, di scorgere qualcosa in quello sconfinato mare. Il dolore.

  
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