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Autore: itsaria    31/07/2013    0 recensioni
'Tempo due mesi ero fuori casa, a gridare al mondo ‘Dov’è la mia vita?’, aspettandomi l’eco delle mie stesse parole perché dai, in questo mondo così vuoto l’eco c’è per forza. Stavo aspettando di sentirmi rimbalzare le mie parole contro, quando l’eco ripose. ‘Brutto idiota, alle tre del mattino la gente normale dorme,non urla!’ Grazie mille, eco. '
[...]
'Dannazione. E poi. E poi cosa? E poi niente. Nulla, niente, bianco, caput. Di nuovo, già. Dov’erano finiti tutti? Perché mi sembrava che il tempo si fosse irrimediabilmente fermato, a discapito di tutto e tutti?'
Un Harry adulto,sposato.Un Harry sprezzante e ironico. Il tempo che scorre veloce, gli anni che passano e delle assenze che pesano molto. Un incidente,un danno irreparabile nella mente del nostro Harry,che non si spiega dov'è che siano tutti. Una mente danneggiata dai ricordi che sono sale sulle ferite ancora aperte. Una mente che distorce la cruda realtà,finché qualcosa non riporterà a galla ciò che Harry ha tentato di dimenticare.
**
spero che vi piaccia e che recensiate. grazie in anticipo!
xx,
itsaria.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Erano passati tanti anni da quando ci eravamo conosciuti. Ci eravamo innamorati sotto il sole caldo dell’estate e avevamo continuato ad amarci per anni, attraversando in un soffio gli inverni sempre più freddi delle nostre vite. Ci eravamo sposati. Era autunno. Che bello l’autunno. Le foglie di varie sfumature di rosso e arancione, l’aria che sa ancora di estate e la brezza fredda della fine di Ottobre. Ah, che goduria. Erano passati tredici anni. Tredici anni di felice matrimonio, con due splendidi bambini, tredici Halloween, tredici Natali, tredici Carnevali e tredici Pasque. Più tredici giorni del Ringraziamento, con altrettanti tacchini nello stomaco. E poi. E poi cosa? E poi niente. Nulla, niente, bianco, caput. Le stagioni erano diventate tutte uguali, tutte con la stessa aria soffocante e i tacchini sempre più insipidi. Insipidi. Già,quelli stupidi tacchini di mia suocera erano divenuti sempre più insipidi. Insipidi, come il nostro amore. Non sentivo più nulla, non provavo più niente. Lo stomaco era pieno da scoppiare di aria calda e la testa pure. Lei piangeva ogni notte, convinta che non la sentissi. Io piangevo nel bagno, mentre mi facevo la barba, convinto che non mi sentisse. Casa Styles era diventata sempre più vuota, i risolini dei nostri bambini che non c’erano già più, sostituiti da musica a palla e grida di furiose litigate tra fratello e sorella. E dei pezzi di puzzle dietro il divano nessuno traccia. Tempo due mesi ero fuori casa, a gridare al mondo ‘Dov’è la mia vita?’, aspettandomi l’eco delle mie stesse parole perché dai, in questo mondo così vuoto l’eco c’è per forza. Stavo aspettando di sentirmi rimbalzare le mie parole contro, quando l’eco ripose. ‘Brutto idiota, alle tre del mattino la gente normale dorme,non urla!’ Grazie mille, eco. Piansi, e davvero molto. Non capivo cosa ci fosse di sbagliato tra me e lei, che un tempo avevo tanto amato. Una notte arrivai persino al punto che il cuore mi faceva così male che volevo buttarmi giù dalla finestra del mio appartamentino al terzo piano. Lo stavo per fare davvero, quando guardai giù e mi resi conto che forse non volevo davvero finire la mia vita buttandomi da una finestra in un vicolo sporco e fatiscente, con come unico testimone un clochard  raggomitolato in un cartone. Di certo il tacchino non avrebbe approvato. E così, - com’è che si dice?,quarantacinque anni e non sentirli? – corsi per le vie male illuminate di quel quartiere tutta la notte. E non chiedetemi perché, non lo so neppure io. Arrivai allo straziante punto di passare ogni giorno davanti alla mia vecchia villa, quella che condividevo con mia moglie  la mia ex moglie, per vedere se per caso sul campanello ci fosse scritto il nome di un altro uomo. Ma dai, avevo davvero paura che si fosse messa con un altro? Che idiota, lei non avrebbe voluto altri che me, quindi di che mi preoccupavo? L’amavo ancora. Già. Non la vedevo da un po’. Né lei né i miei figli,d’ altronde. E tutte le volte che passavo davanti alla mia fottutissima vecchia villa la trovavo sempre più mal messa. Non so quanto tempo passò. So solo che ad un certo punto nel giardino comparve un cartello. ‘IN VENDITA’. Woah. Si sarebbero mica trasferiti? Passò altro tempo. Ogni giorno mi guardavo allo specchio e mi passavo una mano tra i capelli ricci e indomabili. Lei lo faceva sempre. Sorrisi al ricordo e due fossette spuntarono ai lati della mia bocca. Ricordo anche quando lei mi metteva le dita nelle fossette. Ricordo il suo sorriso radioso. E i suoi occhi vivaci. Ricordo i capelli ricci di mia figlia. E le fossette sul viso di mio figlio. E poi ricordo gli occhi nocciola di mia figlia, come quelli della madre. I capelli biondo cenere di mio figlio. Isuoi capelli biondo cenere. Dannazione. E poi. E poi cosa? E poi niente. Nulla, niente, bianco, caput. Di nuovo, già. Dov’erano finiti tutti? Perché mi sembrava che il tempo si fosse irrimediabilmente fermato, a discapito di tutto e tutti? E poi, come per magia, il tempo tornò a scorrere. E di nuovo, gli anni volarono. Mi trasferii, portando con me tutti gli scatoloni. Tranne quello dove viveva il barbone, ovviamente. Troppi brutti ricordi. Presi un altro appartamento, questa volta più grande. E poi. E poi cosa? E poi nien-. No, aspetta. Non niente. Tutto. E poi tutto. Trovai uno scatolone, il giorno del trasloco. Aperto, conteneva varie cose. Un DVD. Un abito da sposa. Uno da sposo. Un paio di scarpe con il tacco. E un cofanetto. Un minuscolo cofanetto di velluto contenente una fede. Mi guardai l’anulare sinistro e la mia fede scintillò alla luce del sole. Quella nel cofanetto era il suo anello. Quello che aveva suggellato la nostra unione.  ‘Misericordia-12 Settembre 1998’ era ciò che era scritto all’interno. E poi. E poi ricordai. Ricordai che scegliemmo di scrivere Misericordia nella fede perché lei da qualche parte aveva letto che significava ‘per sempre e nonostante’ e le era piaciuto. Sorrisi. Inserii il disco nel lettore e partì il video. Era il video del matrimonio. Vidi tutta la cerimonia e fu come rivivere quel momento. Avevo uno strano ronzio nelle orecchie. E poi. E poi le fatidiche parole. ‘..Con la grazia di Cristo prometto di esserti vicina sempre, nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia e di amarti e rispettarti tutti i giorni della mia vita,finché morte non ci separi’ E poi. E poi vidi nella mia testa una strada. E poi sentii delle urla. Profonde. Laceranti. Uno schianto. Buio. Sangue,sangue ovunque. Una sala d’ospedale. Luci al neon. Accecanti. Il Tg dei giorni seguenti. ‘Tragico incidente,tre famiglie coinvolte. Un sopravvissuto.’ Buio,di nuovo. Funerali. Tre bare. Lacrime. Scatoloni. Un brivido lungo la schiena. Anni. Tanti anni. E una luce accecante. Ero sul divano. La Tv era in statico,il DVD era finito. C’era troppa luce. Tanta,troppa luce. Chiusi gli occhi.





-Spazio autrice.
Hi guys! Spero che la storia vi sia piaciuta. In questo caso,perchè non lasciare una recensione o inserirla tra le preferite? Anyway, ho scirtto questa storia tempo fa, in un momento piuttosto brutto e rileggendola mi è piaciuta tanto da volerla pubblicare..e così,eccola qua!
xx,
itsaria.
  
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