Erano passati tanti anni da quando ci eravamo conosciuti. Ci eravamo innamorati sotto il sole caldo dell’estate e avevamo continuato ad amarci per anni, attraversando in un soffio gli inverni sempre più freddi delle nostre vite. Ci eravamo sposati. Era autunno. Che bello l’autunno. Le foglie di varie sfumature di rosso e arancione, l’aria che sa ancora di estate e la brezza fredda della fine di Ottobre. Ah, che goduria. Erano passati tredici anni. Tredici anni di felice matrimonio, con due splendidi bambini, tredici Halloween, tredici Natali, tredici Carnevali e tredici Pasque. Più tredici giorni del Ringraziamento, con altrettanti tacchini nello stomaco. E poi. E poi cosa? E poi niente. Nulla, niente, bianco, caput. Le stagioni erano diventate tutte uguali, tutte con la stessa aria soffocante e i tacchini sempre più insipidi. Insipidi. Già,quelli stupidi tacchini di mia suocera erano divenuti sempre più insipidi. Insipidi, come il nostro amore. Non sentivo più nulla, non provavo più niente. Lo stomaco era pieno da scoppiare di aria calda e la testa pure. Lei piangeva ogni notte, convinta che non la sentissi. Io piangevo nel bagno, mentre mi facevo la barba, convinto che non mi sentisse. Casa Styles era diventata sempre più vuota, i risolini dei nostri bambini che non c’erano già più, sostituiti da musica a palla e grida di furiose litigate tra fratello e sorella. E dei pezzi di puzzle dietro il divano nessuno traccia. Tempo due mesi ero fuori casa, a gridare al mondo ‘Dov’è la mia vita?’, aspettandomi l’eco delle mie stesse parole perché dai, in questo mondo così vuoto l’eco c’è per forza. Stavo aspettando di sentirmi rimbalzare le mie parole contro, quando l’eco ripose. ‘Brutto idiota, alle tre del mattino la gente normale dorme,non urla!’ Grazie mille, eco. Piansi, e davvero molto. Non capivo cosa ci fosse di sbagliato tra me e lei, che un tempo avevo tanto amato. Una notte arrivai persino al punto che il cuore mi faceva così male che volevo buttarmi giù dalla finestra del mio appartamentino al terzo piano. Lo stavo per fare davvero, quando guardai giù e mi resi conto che forse non volevo davvero finire la mia vita buttandomi da una finestra in un vicolo sporco e fatiscente, con come unico testimone un clochard raggomitolato in un cartone. Di certo il tacchino non avrebbe approvato. E così, - com’è che si dice?,quarantacinque anni e non sentirli? – corsi per le vie male illuminate di quel quartiere tutta la notte. E non chiedetemi perché, non lo so neppure io. Arrivai allo straziante punto di passare ogni giorno davanti alla mia vecchia villa, quella che condividevo con
-Spazio autrice.
Hi guys! Spero che la storia vi sia piaciuta. In questo caso,perchè non lasciare una recensione o inserirla tra le preferite? Anyway, ho scirtto questa storia tempo fa, in un momento piuttosto brutto e rileggendola mi è piaciuta tanto da volerla pubblicare..e così,eccola qua!
xx,
itsaria.