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Autore: radioactive    31/07/2013    2 recensioni
Magnus ricordò il loro primo ballo assieme, la loro passeggiata in giardino e le parole che le aveva sussurrato all’orecchio solleticandole il viso con i capelli, ricordò quando si mostrò a lei con gi occhi da gatto e il suo commento spiritoso a riguardo («mi piacciono i gatti, ma purtroppo mia madre non li ama come vorrei»), ricordò le notti a raccontarle le sue paure, i suoi sogni ed i suoi ricordi legati a Batavia e ai Fratelli Silenti, aspettando che lei se ne andasse perché è così che facevano in molti, nonostante fosse passato poco più di un secolo dalla sua nascita.
Lei invece era rimasta, accarezzandogli i capelli nella notte per farlo addormentare, come avrebbe fatto una madre.

| 1761 ● past!Magnus/?? ● 951 parole |
OS ispirata ad un momento citato ne "Le Cronache di Bane 1 ~ Cosa accade in Perù".
"Era vero. Magnus non metteva su casa in un posto fisso dalla morte della sua amante. Non la sua prima amante, ma la prima che gli era vissuta accanto ed era morta tra le sue braccia."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’anima è piena di stelle cadenti.

| cit. Victor Hugo, “L’uomo che ride”, 1869 |

 

 

 

 

— Siamo in viaggio di piacere! In vacanza!

— Tu sei sempre in vacanza — sottolineò Ragnor. — Sono trent’anni che sei in vacanza!

Era vero. Magnus non metteva su casa in un posto fisso dalla morte della sua amante. Non la sua prima amante, ma la prima che gli era

vissuta accanto ed era morta tra le sue braccia.  Lo stregone aveva pensato a lei abbastanza spesso da far sì che ormai non lo ferisse parlarne,

e il suo viso nel ricordo gli dava la sensazione dolce e distante della bellezza delle stelle, intoccabile, irraggiungibile, ma che ogni notte brillava per i suoi occhi.

 

                                                                                                              ¬ Le Cronache di Magnus Bane 1 ~ Cosa accade in Perù.

 

 

 

|| CAPITOLO UNICO il suo viso nel ricordo gli dava la sensazione dolce e distante della bellezza delle stelle.

 

 

Sedeva con pacata tranquillità vicino al letto della sua amata, Magnus. Si muoveva silenziosamente sulla sedia foderata, bilanciando il peso da un lato all’altro del proprio corpo, cercando di fare meno rumore possibile per non disturbarla. Le mani poggiate sulle ginocchia e il corpo leggermente proteso in avanti, i capelli lunghi fino alle spalle cadevano su queste arruffati e tremendamente scomposti – non era da lui, essere così fuori posto, ma qualcosa gli impediva di trovare del tempo per sé stesso. Sentiva solo il disperato bisogno di stare accanto a lei, e basta. Consumare quei ultimi tempi vicino a lei.

La sentì respirare più profondamente delle altre volte, le sue labbra si schiusero per catturare più aria di quanta ne avesse avuto realmente bisogno e gli occhi aprirsi immediatamente dopo, come se l’ossigeno inalato le servisse proprio per alzare le palpebre; ruotò piano il capo verso Magnus e gli donò un tenero sorriso, muovendo le rughe e rendendole espressive e bellissime.

«Ti sei svegliata» mormorò lui con gentilezza, passando dalla posizione seduta a quella in ginocchio con un unico, flebile, felino movimento. Allungò le mani e con una morsa delicata afferrò quello dell’anziana che giaceva sul materasso da cui lui non staccava gli occhi da giorni, ormai. Catturò la sua mano tra le proprie portandosele alle labbra, «giusto in tempo per la cena».

Lei sorrise ancora, scuotendo piano la testa: non aveva fame. Ma sapeva che se si fosse ostinata a non mangiare nulla, Magnus si sarebbe arrabbiato in quel suo modo affettuoso di sempre. Così non si sforzò di dirgli di no, ma divincolò le dita dalla sua presa gentile e allungò le dita vecchie e stanche e tremolanti tra i capelli dello stregone, affondandole in quelle ciocche corvine che preferiva ricordare pettinate e legate in modo impeccabile per un ballo o una serata fuori con gi amici. La vista le risultava sfocata da vicino, quindi non poté ammirare quei occhi verde-oro dell’uomo con cui aveva trascorso la sua vita, l’unico che l’avesse vista crescere davvero, ma i suoi occhi ora vagavano sul paesaggio che si intravedeva dalle ante del balcone aperto dietro di lui, da cui entrava un debole venticello. Riusciva a vedere le stelle, alte e brillanti.

Anche Magnus le aveva notate, mentre poco prima passeggiava per la stanza. Qualcosa gli diceva che con il passare degli anni non le avrebbe più viste, e non sapeva con esattezza il perché. Lo stregone le amava davvero, perché come lui sembravano immutevoli nel loro cambiamento: potevano dire di essere le stesse per decine di anni, eppure lo spettacolo che offrivano non era nient’altro l’ombra di quello che erano state e, cosa più importante, non potevano ritornare a quello che erano. Una teoria bizzarra ma interessante, su cui aveva scaricato i propri pensieri.

La donna tossì appena, abbastanza perché Magnus si preoccupasse e il suo viso si colorasse di malcelato terrore, «mia cara…» mormorò appena, la voce spezzata dall’ansia che fosse arrivato il momento, le riprese la mano affogata tra i suoi capelli (un tocco gentile che amava) e tornò a stringerla, stavolta con più forza, «mia cara… non sono ancora pronto…», le parole gli uscivano come lacrime, sgorgando dalle labbra come quelle avrebbero fatto dagli occhi, ella tossì di nuovo e Magnus sentiva la vita scivolarle via, lentamente.

«Sei sempre pronto, Magnus… per qualsiasi occasione» il mormorio era roco e stanco, ricordava i fiori appassiti di un giardino essiccato d’estate perché nessuno lo ha innaffiato con cura. Si sforzò di mettere a fuoco il suo bel viso giovane come lo aveva conosciuto, mentre lui le faceva la corte in un ballo dove ella si era recata assieme ai genitori. Magnus ricordò il loro primo ballo assieme, la loro passeggiata in giardino e le parole che le aveva sussurrato all’orecchio solleticandole il viso con i capelli, ricordò quando si mostrò a lei con gi occhi da gatto e il suo commento spiritoso a riguardo («mi piacciono i gatti, ma purtroppo mia madre non li ama come vorrei»), ricordò le notti a raccontarle le sue paure, i suoi sogni ed i suoi ricordi legati a Batavia e ai Fratelli Silenti, aspettando che lei se ne andasse perché è così che facevano in molti, nonostante fosse passato poco più di un secolo dalla sua nascita.

Lei invece era rimasta, accarezzandogli i capelli nella notte per farlo addormentare, come avrebbe fatto una madre.

Una madre, un’amante, una figlia.

Rimase inginocchiato al suo capezzale con la sua mano che ricambiava la stretta che egli offriva, il viso affondando sul materasso. Cercava di rammentare il suo viso quando l’aveva conosciuta, e poi gli anni a venire mentre la pelle invecchiava e le rughe sbocciavano come margherite, dandole un’aria saggia e vissuta.

Rialzò lo sguardo sentendo le sue dita più deboli attorno alla sua mano, gli occhi felini richiedevano un’urgenza che sapeva di sale delle lacrime, si allungò a scostarle un ciuffo bianco dalla fronte e notò che gli occhi erano chiusi, il viso pallido, il torace fermo.

Un verso strozzato gli morì tra le labbra, affondò il viso sul materasso mentre le lacrime gli rigavano le guance color caramello. Singhiozzava piano, cercando di non far rumore.

Era morta.

Quelle parole gli vorticavano ferocemente nella mente assieme ai ricordi, sentiva come se delle dita gli stessero strappando la carne dalle ossa. Continuava a piangere, l’unica cosa di cui si sentiva capace, stringendole la mano inerme tra le sue con una forza che non avrebbe mai usato, come se quella morsa potesse riportarla in vita, ancora per un’ora, una sola.

E mentre sentiva il proprio cuore essere strappato dal suo petto, le stelle brillavano in cielo, come rivolte alla stanza. Anche loro piangevano per la morte dell’amante di Magnus.

 

 

 

 

Note d’Autrice ◊ «viviamo e respiriamo parole»

 

Forse dovrei smetterla di maltrattare Magnus.

Non ho molto da dire, in realtà.

Scrivo queste note solo per dire che non ho assolutamente idea di chi fosse questa donna che ha amato Magnus, per questo non le ho dato un nome né una posizione geografica (anche se penso sia la Francia, metto le mani avanti). L’unica cosa che posso dire è che temporalmente siamo nel 1761 circa, dato che sono passati trent’anni da quando viene citata ne “Le cronache di Bane 1 ~ Cosa accade in Perù” (1791).

Il titolo è una citazione di Victor Hugo (come scritto sopra), l’ho scelto perché mi piace pensare che l’anima di Magnus sia piena di stelle, ognuna delle quali rappresenta un suo amore durante questi anni passati a consumare la sua eterna esistenza.

Lascio a voi il resto.

 

radioactive,

 



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