Capitolo
7: Una verità oscura
ANGELICA
-Jack dove sei?- chiedo guardandomi intorno con preoccupazione.
Qualcosa di freddo mi tocca la spalla sinistra, rabbrividisco e mi
volto
all'istante: Jack. Nella penombra si notano i suoi capelli dorati che
incorniciano il viso pallidissimo dovuto, secondo lui, alla sua
metà celtica
come i capelli, ma so che non è per quel motivo. Gli occhi
sono di una tonalità
grigio scuro, misteriosi e inquietanti allo stesso tempo.
Sussulto -Jack, mi hai spaventata a morte!-
Lui rimane immobile come se non mi avesse sentita, come se non fossi
lì davanti
a lui.
Mi afferra le braccia e mi sbatte con ben poca delicatezza al muro.
Mantenendo
la sua ferrea stretta fa un sorriso amaro e freddo.
Il mio corpo è percorso dal dolore dovuto all'impatto.
Inizio a sudare freddo.
-Che cosa vuoi da me?- chiede in tono agghiacciante.
-Che cosa stai dicendo?- replico realmente sorpresa dalla sua domanda.
Jack fa più pressione sulle mie braccia, mi mordo il labbro
inferiore per non
urlare, non gli darò questa soddisfazione.
-Hai perso per caso la lingua? Come mai ora non parli più?-
chiede sprezzante.
Non rispondo.
-Rispondimi dannazione!- sbraita, scuotendomi con forza contro il muro.
Lo guardo pietrificata e terrorizzata. Aveva
forse scoperto quello che stavo facendo?
-So che cosa volevi farmi.- sussurra.
Faccio un sospiro e lo guardo sfoderando il mio sguardo non curante
migliore -Solo
questo? Pensavo che fosse qualcosa di molto più grave,
Jack.-
Mi libera dalla sua presa ma continua a fissarmi.
-Tu mi hai ingannato, Angelica.-
-Non sei il primo e non sarai l'ultimo.- rispondo fredda.
-Mi hai illuso- continua.
Sbuffo annoiata dalle sue parole.
-Allora tu sei così realmente? Era tutta una montatura?-
chiede.
-Non farla più tragica di come è in
realtà. Tu dai troppa importanza all'amore,
pensavo che fossi diverso.- rispondo tagliente.
Con uno scatto felino Jack mi riafferra il braccio e mi avvicina a
sé: il suo
petto contro la mia schiena.
Avvicina la sua bocca al mio orecchio -é così che
la pensi sull'amore?- chiede.
Cerco di liberarmi dalla sua presa ma lui è troppo forte,
chiudo gli occhi e mi
concentro sull'aria che mi sta attorno.
Jack aumenta la forza della sua presa.
Spalanco gli occhi appena in tempo per vederlo catapultato all'indietro
da una
massa d'aria. Ero riuscita a controllare
i miei poteri. Ma ogni cosa ha il suo prezzo, avevo speso
troppe energie e
al primo tentativo di scappare le
gambe
mi cedono e cado a terra.
Jack impreca e in un batter d'occhio è vicino a me. Mi
afferra per i capelli e
mi costringe ad alzarmi -Ma bene! Cosa abbiamo qua? Un'altra mezza
aliena,
complimenti! Ma non sei l'unica ad avere qualche asso nella manica.-
Mi avvicina di nuovo a sé. Mi inizia a baciare delicatamente
il collo fino ad
arrivare di nuovo al mio orecchio -Tu mi hai mentito. Mi hai usato. Hai
usato
l'amore come se fosse un gioco per bambini.- dice scandendo ogni
singola
parola. -Ma ora, pagherai il prezzo. Forse così imparerai a
conoscere l'amore,
forse. Non la tratterai più come se fosse un gioco,
inizierai a temerla a
nasconderti da essa.-
Rimango immobile, trattengo per fino il respiro.
-Io ti maledico...-
Il suono della tazza che si frantuma a terra mi porta alla
realtà. Erano passati
tre giorni da Siviglia. Ed erano tre giorni che i ricordi mi
tormentavano. Dopo
quel frequente sogno avevo deciso di non dormire più ma ora
c'erano quei ricordi
che si annidavano nel mio cervello quando non facevo niente. Cercavo
sempre di
tenermi occupata ma appena smettevo ritornavano.
Guardo in basso. La tazza è completamente distrutta e il
sangue al suo interno
inizia a fuoriuscire spargendosi sul pavimento. Quello era l'unico
sangue che
ero riuscita a procurarmi in quei tre giorni ed era andato.
Mi siedo sul divano e osservo il vestito che mi era stato regalato al
mio compleanno.
Altri ricordi raggiungono la mia mente: Parigi, un enorme salone da
ballo, almeno
un centinaio di persone che vorticano con i loro sontuosi vestiti, la
musica,
la mano di Orlando che stringe la mia, le sue labbra sul mio collo, i
suoi
sussurri...
I miei lieti ricordi vengono interrotti da il suono del mio cellulare.
-Pronto?-
-Come hai osato mollarmi a scuola da solo anche oggi?!- urla la persona
dall'altra parte del cellulare, Ben.
-Indisposizione. - rispondo non curante.
-E questo ti ha impedito di rispondere ai miei messaggi o di ignorare
le mie
visite?- chiede ironico.
-Probabilmente.-
-La puoi smettere di rispondermi con una sola parola?-
-Forse- rispondo con un lieve sorriso.
-Fra un'ora ti voglio a casa mia per le ripetizioni. Per quanto mi
riguarda
potresti avere anche la peste bubbonica, non m'interessa.-
-E se non potessi?- chiedo.
-Forse Gigante potrebbe farti una visitina...-
-A tuo rischio e pericolo, Tennyson. A tuo rischio e pericolo.- e
riattacco.
Tre giorni senza sangue non sono il massimo per un vampiro e non
conviene a un
umano infastidirlo, forse nessun vampiro aveva conosciuto Ben Tennyson.
BEN
Apro
la porta di casa pronto per rimproverare Angie per
il suo ritardo. Appena lo faccio una raffica di vento mi sbatte contro
al muro.
-Questo è per avermi obbligata a venire da te. -
Mi rialzo. Angie, aveva uno strano colorito chiaro , i capelli corvini
raccolti
in una coda con qualche ciocca ribelle, delle occhiaie sotto agli
occhi,le
labbra stavano perdendo colore e in alcuni punti del viso si
intravedevano
alcune vene. Forse non mentiva sulla sua indisposizione.
-Non voglio essere bocciato.- rispondo.
-Siamo a Novembre.- osserva.
-Meglio pensare al futuro.- replico.
Lei alza gli occhi al cielo -Allora, cosa dobbiamo ripassare oggi?-
chiede.
-Ci ho messo poco a convincerti. Se dovevo spiaccicarmi al muro per
avere un
tuo aiuto, lo avrei fatto due giorni fa.-
-Non mi tentare.-
La conduco in salotto facendola sedere su uno dei due divani
disponibile.
-Biscotto?- chiedo.
Lei fa una smorfia e rifiuta.
-Allora cosa avete fatto in questi giorni.- chiede sfogliando il libro
di testo.
-Dovresti mangiare, visto le tue condizioni.- osservo.
Lei alza lo sguardo e lo punta su di me. Oggi i suoi occhi avevano una
strana
sfumatura. Sembravano schegge di vetro.
-Non sono mica incinta. So badare a me stessa. Allora cosa avete
fatto?- chiede
di nuovo.
-Abbiamo iniziato l'Eneide, la fondazione mitologica di Roma.-
rispondo.
-E che cosa hai capito?- chiede mentre sfoglia il libro.
-Che è assurdo crederci.- rispondo.
-Per questo si chiama mito e non scienza.- replica alzando lo sguardo
verso di
me e non più sul libro.
-Sì, ma insomma... come potevano crederci? è
assurdo.-
Angie con un fluido movimento chiude il libro -Non è
assurdo, è fede. E ora
dimmi cosa vuoi ripassare.-
ANGELICA
Mentre Ben è in cucina rileggo qualche verso dell'Eneide
riportato sul libro di
scuola. Era passato qualche decennio dall'ultima volta che la lessi ma
sapevo
quasi tutti i versi a memoria. Tengo sempre quel libro con me durante i
viaggi,
anno dopo anno, epoca dopo epoca, persone dopo persone. Era come una
tradizione, dopotutto era come una Bibbia per me.
-Senti Angie. Che ne dici se usciamo a mangiare qualcosa con Gwen e
Kevin?-
Cerco di non correggerlo per l'ennesima volta sul modo con cui deve
chiamarmi.
-Preferisco tornare a casa. -
Nello stesso momento in cui Ben sbuca dalla cucina si sente un
clackson. -Ops,
troppo tardi.-
Lo fulmino con lo
sguardo. Lui fa
spallucce -Dobbiamo parlare di tua sorella. Non sappiamo cosa vuole.
Potrebbe
attaccarci in qualsiasi momento.-
Su quel punto aveva ragione, non potevo negarlo.
Mi alzo dal divano togliendomi la coda di cavallo. -Andiamo Tennyson.-
-Io non capisco perché dobbiamo sempre usare la tua auto,
Kevin! Anch'io ne ho
una!- protesta Ben.
Alzo gli occhi al cielo. Era da venti minuti che si andava avanti
così. Neanche
avesse cinque anni!
Un'altra sillaba emessa da lui e sarebbe finita.
Non capisco come Gwen faccia a sopportarli, continuano a bisticciare e
lei si
limita solo a sbuffare e a guardare fuori dal finestrino. Magari stava
pensando
a come zittirli o forse è così abituata che ci ha
fatto l'abitudine, chi può
dirlo?
Mi giro a guardare Ben. Stava per riaprire la bocca per parlare,
nemmeno Giove
poteva sapere cosa sarei stata capace di fare se avesse parlato.
-Avete notizie su mia sorella?- dico quasi urlando. Ben mi guarda
perplesso.
Gwen si gira verso i sedili posteriori, dove siamo seduti io e Ben.
-Mi spiace ma non abbiamo nessuna notizia.-
-Ne sei sicura?- chiedo.
Kevin mi guarda attraverso lo specchietto retrovisore - Se lo dice Gwen
puoi
starne certa. Avrà fatto tipo cinquanta ricerche prima di
dirti il risultato.-
-Non è assolutamente vero!- protesta la sua ragazza.
-Sì che lo è. Lo sai persino tu. - replica lui.
Imbarazzata sul loro bisticcio tra fidanzatini mi volto verso Ben.
Aveva un'aria pensierosa mentre si fissava le mani con insistenza. -Che
hai?-
chiedo.
-Stavo riflettendo su tua sorella.-
-Davvero? Tu sei in grado di pensare?- chiedo con falsa sorpresa
sorridendo.
Lui annuisce -Già, incredibile. Non riesco a capire
perché chiedi novità su di
lei a noi quando dovremmo essere noi a chiedere spiegazioni a te.-
Mi irrigidisco un po'. -Ne so quanto voi.- rispondo.
Lui abbozza un sorriso -Ma lei sa molto su di te.-
-Sarà una stalker. - suggerisce Kevin.
-Qual'è il segreto di cui parlava lei?- chiede Ben, non
vuole mollare l'osso.
-Non lo so!- rispondo cercando di essere il più convincente
possibile. Sono secoli che mento non
può essere così
difficile.
-Siamo arrivati- annuncia Gwen.
L'auto non fa nemmeno tempo a fermarsi che Ben esce. Si precipita ad
aprirmi la
portiera.
-Perché tutta questa cavalleria?- chiedo.
-Perché non te ne stai zitta per una buona volta?- chiede
stizzito.
-Ben!- grida Gwen schiaffeggiando il cugino.
Senza spiegazioni entriamo dentro a un locale.
Kevin, Gwen e io ci sediamo e Ben, ancora una volta, scompare.
Indico la direzione in cui Ben è andato -Che cos'ha?-
chiedo.
-è Ben. Hai bisogno di altre spiegazioni?- chiede Gwen.
Non me la raccontavano giusta.
Ben ritorna e si siede di fianco a me. -Che hai fatto?- chiedo.
Lui alza le spalle e mi porge una scatolina. - A volte dovresti goderti
la vita
e fare meno domande.- risponde.
Guardo la scatolina -Che cosa sarebbe?-
Incrocia le braccia -Ecco appunto.- sbuffa.
Guardo Gwen e Kevin ma loro evitano il mio sguardo, sono complici.
Non mi rimane che aprire la scatolina, al suo interno c'è
una collana con un
ciondolo a forma di gufo. -Auguri!- grida Kevin.
-Anche se un po' in ritardo.- replica la sua ragazza. Li guardo
stupita, mi avevano fatto un regalo.
Qualcuno solleva i miei capelli, mi giro e a pochi, troppo pochi,
centimetri da
me c'è il viso di Ben, impegnato a mettermi la collana.
-Il gufo è il simbolo di Minerva, la dea della saggezza.-
-Lo so.- sussurro guardandolo, quasi incantata.
Lui si volta a guardarmi, i nostri sguardi allacciati.
-Allora ti piace?- chiede la voce di Gwen rovinando la magia.
Mi giro verso di lei -Certo, è bellissima. Grazie.- Un
grazie sincero, non
fingevo.
A un certo punto tutte le finestre del locale esplodono. E anche parte
del
locale segue l'esempio delle finestre. E la mia vista si fa buia.
Quando riapro gli occhi mi accorgo di essere sotto a un blocco di
macerie, almeno
penso. Sento gli allarmi delle auto e la gente gridare.
Mi giro da una parte e vedo Kevin inchinato vicino a qualcosa. No, era
qualcuno. Gwen.
Grazie ai miei poteri mi teletrasporto accanto a lui.
-Vai da Ben. Ha bisogno di te. Io posso occuparmi di lei.
Starà bene.- mi dice
Kevin senza nemmeno guardarmi. Il suo tono non ammetteva repliche.
Mi faccio strada tra le macerie del locale fino ad arrivare a quello
che una
volta era il parcheggio.
Ben trasformato in Gelone stava combattendo con mia sorella. Non faccio
nemmeno
in tempo a pensare a un piano che Ben precipita sotto ai miei occhi
mentre
torna di nuovo in se stesso.
BEN
L'impatto con l'asfalto non è una cosa piacevole. Questa
volta penso di essermi
fatto male sul serio.
Un secondo dopo, mi piomba addosso l'aliena, la sorella di Angelica. I
suoi
occhi color miele mi guardano con disprezzo, sembrano andare a fuoco.
-Ben!- un grido stridulo e allo stesso tempo strozzato si fa largo tra
le
sirene e gli allarmi in giro per il quartiere. Angelica.
Il cuore mi si riempie di sollievo. Angie è viva.
L'elfo/furia che ho sopra, volge lo sguardo verso sua sorella. Poi lo
rivolge a
me. Si lecca le labbra e inizia a ridere.
-Oh Angelica, sei così sciocca? Così umana?-
chiede pronunciando l'ultima
parola come se fosse la cosa più disgustosa di tutte le
galassie.
Mi afferra il coletto della giacca e inizia a scuotermi contro
l'asfalto. La
testa inizia a farmi male.
Un vento impetuoso ci colpisce in pieno e il caro elfo viene
scaraventato a
parecchi metri di distanza.
Angie si avvicina a me. Sul suo viso un'espressione che non le avevo
mai visto.
Preoccupazione? Per me?
Mi aiuta a sedermi. Mi prende il viso tra le sue fredde e pallide mani.
-Tutto
bene?- chiede in un sussurro.
-Ho avuto giornate migliori.- risponde.
l'inizio di un sorriso si fa strada sul suo viso ma scompare subito
sostituito
da un'espressione di orrore.
-Ben stai sanguinando.-
Mi tocco la testa e poi mi guardo le mani, completamente rosse. Anche
le mani
di Angie sono come le mie. Lei se le guarda con terrore e disgusto.
Quasi
strisciando si allontana da me.
-Cos'hai?- chiedo.
-Stammi lontano.- sussurra. -Angie...- cerco di avvicinarmi. Lei
protende le
mani e urla -Ti ho detto di strare lontano da me!-
E con un fluido movimento delle gambe si alza in piedi e guarda in
direzione di
sua sorella, stesa a terra ancora priva di sensi.
I suoi muscoli sono tutti in tensione, pronti in ogni momento a
scattare verso
l'aliena.
Le afferro una gamba prima che possa correre. Mi guarda con terrore.
-Che
diavolo stai facendo Tennyson?!-
-Non sembri molto lucida. Cosa pensi di fare?- chiedo cercando di
rimanere
cosciente.
-Voglio eliminarla prima che si riprenda.- risponde. Ha gli occhi
sgranati e
sotto al mio tocco la potevo sentire tremare.
-Non mi sembri in condizioni di combattere. Andiamo via prima che si
riprenda.-
suggerisco.
-Non pensavo che fossi uno che molla, Tennyson.-
-E non lo sono! Ma la nostra squadra non sta bene e lei è
troppo forte.
Dobbiamo riprendere le forze.-
Scrolla la gamba per liberarsi di me. Mollo la presa.
-Io vado.-
Cerco di alzarmi in piedi. -Allora vengo anch'io.- replico.
Lei mi guarda con paura. Mi prende le spalle e mi guarda dritto negli
occhi.
Nei suoi occhi si intravedono dei capillari rossi. Fa un sospiro
tremante -Ti
prego Ben, ti supplico non venire con me. E stammi il più
lontano possibile.- Mi aveva chiamato Ben e
non Tennyson.
-Non posso combattere se tu non sei al sicuro. E ora con me non lo sei.
Ti
prego rimani qua. Non posso proteggerti. Posso solo farti del male. Va
via.-
Appoggia la sua fronte sulla mia. -Ti prego. Ti prego. Ti prego.-
sussurra.
Prendo il suo viso tra le mie mani, sembra così fragile. Al
tocco con le mie
mani lei sussulta e trattiene il respiro. -Porta Kevin e Gwen via. Ti
prego. Ti
prego. Ti prego. Non voglio farti del male.- Mi lascia un bacio
tremante sulla
mano sinistra e poi si dissolve nell'aria.
Non ho più forza per stare in piedi. Cado con molta poca
grazia a terra e cerco
di raggiungere quel poco che resta del bar per andare da Gwen e Kevin.
Strano,
ma sto cercando di obbedire ad Angelica. Stava nascondendo qualcosa, ne
ero
certo. Ma per ora non avrei indagato. Le sue parole, il tono disperato
della
sua voce e i suoi occhi sgranati mi avevano convinto a fare quello che
mi aveva
chiesto. Ma le sue parole continuavano a ripetersi nella mia testa,
conseguenza
del probabile trauma cranico? Probabilmente sì.
Angie e sua sorella stanno combattendo. Nella loro direzione si intravedono due sagome che
saettano da una parte
all'altra. Un bagliore azzurrino, l'acqua, contro un bagliore rosso, il
fuoco,
che circondava una delle due sagome, Angelica.
In pochi secondi una sagoma infuocata afferra Angelica, o almeno la
sagoma che
dovrebbe essere lei.
In un turbinio di scintille, bagliori rossi e azzurri, grida ed
imprecazioni si
dirigono in volo verso di me e vanno a sbattere contro ad un muro
esterno del
locale che era rimasto quasi integro.
Angelica è a spalle al muro, le mani della sorella stringono
la sua giacca,
come aveva fatto con me.
Una di fronte all'altra erano così simili ma anche
così diverse. Gli stessi
capelli neri leggermente mossi, le forme del corpo si assomigliavano ma
Angie
era leggermente più bassa di sua sorella, gli occhi erano
tutt'altra storia.
Troppo diversi.
Mi avvicino a loro, forse se riesco a trasformarmi...
Si guardano negli occhi con astio, poi lo sguardo di Angelica si ferma
verso di
me. Sgrana gli occhi.
Sua sorella si gira. Mi guarda e sorride. Sbatte Angelica contro al
muro. -Sei
così patetica. Anzi siete entrambi patetici.-
-Perché?- chiedo strisciando ancora di più verso
di loro.
L'aliena estrae dalla cintura un pugnale argenteo, continua a
sorridere.
-Umani. Siete così deboli e prevedibili.-
Con una mano prende il viso di Angelica e lo fa girare in modo da
potermi
guardare. -Guarda sorellina. Guarda il tuo piccolo umano mentre
striscia nel
proprio sangue. Guardalo perché sarà l'ultima
volta che lo vedrai.-
Angie mi guarda con sguardo assente -Perché non mi hai
ascoltato, Ben?-
sussurra. Detto questo si libera dalla presa della sorella. La guarda e
le
sputa addosso -Va all'inferno-
La sorella ride -Allora ci vediamo là.- e trafigge con il
pugnale il petto di
Angelica.
-No!- Un urlo. Il mio urlo. Non capisco più niente, ne
quello che faccio.
Continuavo a vedere quella scena a ripetizione.
Poi una risata mi riporta alla lucidità. Quell'essere osava
ridere? Ma non è
lei, ma Angelica. Continua a sghignazzare con ancora nel petto il
pugnale della
sorella, mentre lei la guarda con sorpresa.
Estrae il pugnale da se stessa -Oh sorellina, sono io la maggiore sai?
Quanto
sei sciocca?-
-C-come hai fatto?- chiede tremante.
-Io stessa sono tornata dall'inferno.- spiega Angelica con il pugnale
in mano
avvicinandosi alla sorella.
-Alcuni popoli mi considerano una creatura dell'inferno.- Sorride
mentre i suoi
canini si allungavano. -E ora vattene via o banchetterò con
te.- urla.
Un secondo dopo la sorella non c'era più.
Angelica sembra accorgesi di me adesso. Mi guarda con terrore.
-Stammi lontano.- e questa volta ero io a dirlo. -Va via. Non ti voglio
vedere
mai più!-
Mi guarda scioccata -Come?-
-Mi hai mentito- urlo. -Vattene! Non farti più vedere!- e
svengo.
CONTINUA
ANGOLO
AUTRICE:
Sono una vergogna. Un ritardo così è
imperdonabile, non ci sono scuse. Mi
dispiace.
Ma con Agosto farò del mio meglio, non ho niente da fare e
mi concentrerò per
scrivere più capitoli possibile. Sto già
preparando il prossimo e posso dirvi
che sarà veramente... Non dico niente!
Spero che qualcuno mi perdoni.
Un bacio grande,
ASTRID