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Autore: fren    09/02/2008    8 recensioni
Amelia era una principessa. E lui solo un mostro deforme. Le parole su quanto fosse stata ingiusta quella realtà, non le aveva mai pronunciate la paladina di tutti i soprusi?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse, Amelia, Zelgadis Greywords
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I lnastro rosso HTML Una breve fanfiction ispirata ad una antica leggenda cinese , scritta con un rinnovato entusiasmo per la coppia Amelia/Zelgadiss^^ In attesa di mettere online quella a capitoli che ancora sto scrivendo >.<
Spero che vi piaccia ^_^

'Le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua'
(Antoine de Saint Exupéry)


Il sole splendeva alto nel cielo, e una fresca brezza marina tirava sulla banchina del porto, perdendosi tra le stradine e gli stretti vicoli del borgo di quel villaggio che si affacciava sul mare.
Una miriade di profumi e colori non facevano che ricordare a turisti e passanti che quel giorno il mercato di Unmei era abbondante e rigoglioso, merito delle primizie di stagione e del clima favorevole delle ultime settimane che aveva particolarmente giovato a scambi e trasporti.
C’era aria di primavera, voglia di novità, e le bancarelle del mercato pullulavano degli articoli più disparati: dai cesti di verdura agli amuleti magici, dalle gabbie in cui gracchiavano falchi e gufi alle bancarelle del pesce. Il tutto in un clima di euforia generale, in cui si mescolavano le urla dei venditori e il gorgogliare entusiasta dei passanti.

"Forse non ci siamo capiti!!" Ribatté stizzita la chimera "Sto cercando un libro che abbia sulla copertina questo simbolo QUI!!" Esclamò infine, sbattendo sulla bancarella del mercante un pezzo di pergamena recante lo sbiadito disegno di un contorto simbolo.
Il venditore di libri, un anziano uomo sulla settantina, si sistemò gli occhiali a mezzaluna sul naso, e con uno sbuffo allungò la mano verso la pergamena scolorita, aggrottando le sopracciglia.
"E io le ripeto, signore, che no, non ho niente del genere tra i miei libri. Ora, se vuole continuare ad insistere faccia pure, ma le sarei infinitamente grato se si rassegnasse e mi lasciasse lavorare in pace!” Concluse seccamente, porgendo il foglio alla chimera.
Zelgadiss rimase alcuni secondi immobile, lo sguardo truce. Poi con aria scocciata afferrò il foglio che l’uomo gli tendeva, arrotolandolo, mentre borbottava: “Del resto avrei dovuto immaginarlo che non mi sarebbe stato di nessun aiuto, dubito che un testo tanto prezioso potesse trovarsi sulla lurida bancarella di un uomo che vende i suoi libri di fianco al banco del pesce!”
Il mercante sollevò un sopracciglio, lanciando un’occhiata storta all’indispettita chimera: “Non glie l’ho di certo suggerito io di cercare il suo preziosissimo testo tra i miei libri, ma se ci tiene a saperlo, io tratto i migliori testi magici del continente! Sono uno dei principali esperti di archivistica  e ho lavorato nelle più prestigiose biblioteche della penisola! ” Affermò con una punta di orgoglio.
Zelgaiss gli lanciò un’occhiata scettica: “E nonostante questo, non ha la più pallida idea di cosa tratti il testo che sto cercando…” Commentò.
L’uomo avvampò: “Guardi che io non ho detto di non conoscere quel simbolo!” Bofonchiò, “Ho solo detto di non averlo tra i miei libri…Del resto mi perdoni, ma dubito fortemente che lei riesca a mettere le mani su quel testo. ‘La lacrima degli dei’  è uno dei testi magici più rari che esistano, si narra che al suo interno ci siano alcune tra le formule più potenti mai venute a conoscenza dal genere umano…” Aggiunse, adottando un tono lieve e segreto.
Zelgadiss continuò a guardarlo con un misto di scetticismo. QUELLO lo sapeva bene anche lui, non gli serviva di certo che un vecchio libraio puzzolente di pesce gli elencasse le meraviglie del libro che stava cercando. Con un alzata di spalle sospirò. In fondo, che gli era venuto in mente di mettersi a cercare un libro tanto raro ad un mercatino qualunque?! Anche se in effetti, come aveva giustamente sottolineato Lina, quella mattina a colazione, tentare un po’ dappertutto non avrebbe di certo guastato alla sua ricerca. Si potevano reperire informazioni interessanti ovunque, e grazie alla giusta dose di fortuna, forse sarebbe riuscito a mettersi sulle tracce dell’agognato testo prima di quanto si aspettasse. Lo sguardo della chimera si perse tra le bancarelle che affollavano il vicolo che scendeva verso il molo, e tra le molteplici persone che affollavano la stradina, si chiese che fine avessero fatto i suoi amici.
Erano giunti in quel paesello di mare la sera prima, ognuno inseguendo le proprie buone ragioni: Lina era alla ricerca di una spada che potesse sostituire l’ennesima arma che lo spadaccino era riuscito a perdere, e Gourry ovviamente, oltre ad essere il diretto interessato, seguiva come sempre la sua maga. Zelgadiss sospettava fortemente che il suo biondo amico non avesse in fondo capito molto sullo scopo della missione, e che l’idea di una nuova arma magica non lo allettasse tanto fortemente quanto  attirava la maga. Ma Gourry seguiva Linda da talmente tanto tempo ormai, che probabilmente non esisteva nemmeno più un buon motivo per farlo. Lo faceva e basta.
Oh, certo all’inizio si era chiesto che tipo di legame ci fosse tra quei due, che di normale non avevano proprio niente, ma poi, come tutti, aveva smesso di chiederselo. Non gli importava nemmeno, se erano amici, se erano più che amici…Alla fine, erano solo Lina e Gourry, definirli in qualsiasi altro modo sarebbe stato fuorviante. I rapporti tra le persone erano qualcosa di abbastanza complicato, qualcosa che lui, solitamente, preferiva evitare. Ma in quel caso aveva più che volentieri fatto un’eccezione. Gli amici che aveva si contavano sulle dita di una mano, ed erano, per l’appunto, le persone con cui era in viaggio. Quindi non poteva dirsi più di tanto dispiaciuto se ad allietare le sue peregrinazioni erano i bisticci di Lina e Gourry, o i sermoni sulla giustizia di Amelia…
Si, c’era anche Amelia, in viaggio per conto del regno di Saillune. Missione diplomatica l’aveva chiamata, anche se poi nessuno aveva ben capito dove fosse realmente diretta. Quando erano passati da Saillune per un breve saluto alla principessa e a suo padre, la settimana prima, non si sarebbero poi immaginati di trovarsela ai cancelli del regno alla loro partenza, agghindata di tutto punto, pronta a partire.
“Lo faccio per una GIUSTA causa!” Era l’unica cosa che aveva rivelato sulla sua segreta missione, prima di accodarsi a loro con il sorriso stampato sul volto. E così si erano ritrovati in viaggio, loro quattro, come lo erano già stati molte volte in passato, ognuno con i propri obbiettivi da raggiungere. In fondo, come sottolineava Lina, non importava che stella ognuno seguisse, condividere il viaggio significava avvicinarsi alla meta dividendosi le grane.
E se lo professava una il cui motto era stato per anni ‘chi fa da sé fa per tre’, perché non avrebbe dovuto condividerlo anche lui che in passato aveva fatto della sua solitudine la sua migliore arma di difesa?
Così era cominciato quel viaggio ignoto. Ignoto perché nessuno aveva in fondo una meta precisa; tranne Amelia, che però si ostinava a non lasciar trapelare nulla. L’idea comune, in ogni caso, era più che altro quella di girare e cercare, cercare un po’ dappertutto insomma. Una spada magica o un testo raro e prezioso potevano saltare fuori dai posti più impensati. Anche dal piccolo mercato di un villaggio di mare.
Zelgadiss si scosse; sentiva ancora lo sguardo curioso del libraio su di sé. Nonostante il passare degli anni, ancora non si era abituato agli sguardi indiscreti della gente. Anche se magari avevano tutt’altro a che vedere con il suo aspetto esteriore, ma era una cosa che lo innervosiva, non c’era altro da fare.
C’era stato un tempo in cui credeva che quello l’avrebbe reso più forte. In fondo era quello che aveva desiderato, quando aveva chiesto a Rezo di donargli la forza. Ma non era stata che una vana illusione…L’effettivo irrobustimento del suo fisico, capace ora di sostenere egregiamente attacchi anche di un certo livello, gli aveva richiesto in cambio la forza dello spirito, rendendolo un uomo costretto a nascondersi  per la maggior parte del tempo a causa dell’insicurezza e della paura che il suo aspetto grottesco trasmettevano.
Una chimera, ecco cos’era. Un esperimento fallito. Un mostro.
Non avrebbe smesso di odiarsi finché il suo aspetto non fosse tornato quello di un tempo. Non avrebbe smesso di cercare, a costo di dannarsi l’anima, a costo di setacciare palmo palmo l’intero universo.
Una cura doveva esistere. Lui lo sapeva, e l’avrebbe trovata.
Solo così avrebbe messo a tacere la paura e il senso di inadeguatezza che si affacciavano in lui tutte le volte che qualcuno guardava più del dovuto il suo volto martoriato.
Solo così avrebbe guarito quella ferita che ancora sanguinava, e che non voleva saperne di cicatrizzarsi. La cura gli serviva soprattutto per quella…Per quella fiducia in se stesso mutilata, spezzata, lacerata. Per quella solitudine forzata che si era imposto, quasi a volersi punire di quello stato di cose.
Salvo poi rendersi conto che la solitudine poteva anche essere colmata. Dalle chiacchiere incessanti di una ragazzina testarda e logorroica, per esempio; o dalle considerazioni fuori dall’immaginario dello spadaccino che si era autoproclamato la sua ineccepibile guardia del corpo. O dalle arringhe perpetuate dalla cima di alti alberi da una principessa un po’ troppo fissata con la giustizia…Una principessa dai grandi e dolci occhi blu…
Zelgadiss scosse la testa risoluto. Non aveva altro tempo da perdere davanti alla bancarella di quel libraio farlocco, che se le tenesse per lui quelle stupide considerazioni sull’impossibilità di entrare in possesso di quel testo raro. Un modo per mettere le mani sulla ‘lacrima degli dei’ lui l’avrebbe trovato.
La sua ultima speranza di venire a conoscenza di una cura….
Non doveva rassegnarsi. Non POTEVA rassegnarsi.
“Se ha finito con questi discorsi, io tolgo il disturbo.” Commentò secco, rivolto al libraio, il quale gli lanciò un’occhiataccia:
“Faccia come crede!” Gli inveì dietro “Ma dubito che troverà un banchetto più fornito del mio da queste parti!! E per quel libro si metta il cuore in pace…Probabilmente non esiste nemmeno!!”
Le sue parole tuttavia si persero tra la ressa. Zelgadiss era già sparito.
Arrancando tra la folla che gremiva il mercato, dopo essersi celato il volto con il cappuccio, la chimera scivolò tra le bancarelle, alla ricerca dei suoi compagni di viaggio.
La mattina era stata sprecata in quell’infruttuoso mercato, ma in fondo rimaneva ancora la parte alta della città. Gli avevano detto che un tempio di modeste dimensioni si ergeva nel bosco sulla collina, proprio vicino ad una fonte detta anche fonte del destino, e andare a dare un’occhiata non gli avrebbe portato via poi molto tempo.
Ma proprio mentre passava schivo al fianco di una bancarella, una folta chioma rossa attirò la sua attenzione. Lina se ne stava piantata davanti ad un banchetto di amuleti, le braccia conserte nel suo miglior atteggiamento da contrattatrice, pronta ad intavolare la trattativa. Al suo fianco, come sempre, lo spadaccino assisteva alla scena rassegnato. Zelgadiss sorrise tra sé e sé. Sapeva bene cosa voleva dire trovarsi a fare affari con Lina, era proprio così che l’aveva conosciuta. Ricordava ancora l’estenuante trattativa in cui l’aveva coinvolta sperando di sottrarle la statuetta in Orialcon contenente la pietra filosofale. E ricordava anche di aver pensato, trovandosela davanti, che fregarla sarebbe stato facile come rubare le caramelle ad un bambino. Quanto si era sbagliato! Come avrebbe mai potuto scordarsi di quando, con l’aria più innocente del mondo, la maga gli aveva detto che la statuetta glie l’avrebbe lasciata per dodici monete d’oro, si ma dodici MILIONI di monete!!
Quella volta se n’era andato con un diavolo per capello…Chi l’avrebbe detto poi che quella infallibile mercanteggiatrice sarebbe diventata una delle sue migliori amiche? A volte la vita era in grado di sorprendere anche un animo pessimista come il suo…
In quel momento però Zelgadiss si fermò, e con un certo divertimento assistette alla scena.
“Glie lo lascio per venti monete d’oro signorina, non una moneta di più, non una moneta di meno!” Esclamò il venditore, mentre Lina soppesava nella mano un massiccio amuleto rotondo, la cui pietra centrale splendeva del colore del cielo. La maga osservò attentamente l’oggetto, dopodiché fece spallucce: “Venti monete d’oro non le vale per niente…” Commentò soprappensiero “Tu che ne dici, Gourry?”
Lo spadaccino si grattò una guancia, assumendo uno sguardo critico:
“Assolutamente no…Andiamo a vedere da un’altra parte, Lina. Sono sicura che di questi affari ne troverai quanti ne vuoi, ad un prezzo decisamente inferiore!”
A quel punto il commerciante cominciò a sudare freddo: “Ma…Ma…”
Zelgadiss se la rise sotto ai baffi. A quanto pareva Gourry aveva ormai preso una certa dimestichezza su quella che Lina chiamava ‘la tecnica del ribasso’! Quei due erano peggio di un’associazione a delinquere…Lei sceglieva l’oggetto che voleva acquistare, trattava sul prezzo, e quando vedeva che il venditore non aveva intenzione di scendere ulteriormente, chiedeva un parere allo spadaccino, che, come da copione, assentiva sul fatto che guardando da qualche altra parte avrebbero fatto un affare migliore. A quel punto il venditore, nel timore di vedersi sfuggire due potenziali acquirenti, si lasciava abbindolare, vendendo l’oggetto  ad un prezzo ormai bassissimo.
Esattamente come in quel caso, constatò Zelgadiss, osservando da lontano la scena del povero mercante che incartava l’amuleto per la maga con un sorriso tirato e una goccia di sudore che gli scendeva per la tempia: “Non avrebbe trovato un simile gioiellino su nessun altra bancarella signorina, glie lo posso garantire…” Biascicò tra i denti.
Lina si esibì nel suo sorriso più furbesco, mentre prendeva il pacchetto che l’uomo le porgeva: “Mille grazie!” Commentò, prima di voltarsi e lanciare uno sguardo complice allo spadaccino, che a sua volta si esibì nella classica espressione che Zelgadiss ormai sapeva bene voleva dire: ‘ancora una volta ti è andata bene, possibile che tu le abbia tutte vinte??!’
Ma nonostante tutto, Gourry adorava Lina. Chiunque se ne sarebbe reso conto da un chilometro di distanza.
La prima volta che li aveva visti insieme, si era chiesto cosa avesse potuto legare due persone tanto diverse. Ma gli era bastato assistere a pochi gesti scambiati tra di loro per capire che quei due erano l’incastro perfetto di un unico ingranaggio. Ma sebbene non riuscisse a penetrare più di quel tanto nella psicologia apparentemente spiccia dello spadaccino, capiva perfettamente le ragioni della maga. In fondo…Lina, non era poi così diversa da lui. Orgogliosa e indipendente, abituata a mantenere sempre una discreta distanza tra sé e chi le stava accanto, tra sé e i propri sentimenti…
Eppure lei c’era riuscita. Era riuscita a lasciarsi andare con una persona che per carattere era la sua totale antitesi…Tanto dura Lina in certe cose, tanto dolce e comprensivo Gourry. Sempre pronto ad assecondarne ogni repentino cambio d’umore, capace di passare tra le tempeste del carattere di Lina con il sorriso sulle labbra, e disposto a sollevare la spada per difenderla al minimo pericolo.
Una punta di rammarico invase il petto della chimera. No, non stava invidiando i suoi due migliori amici; invidiava la loro complicità, la loro consapevolezza di esserci sempre l’una per l’altro, la loro spensieratezza che li portava a vivere senza preoccuparsi di quello che sarebbe successo.
Invidiava la naturalezza con cui Lina posava la mano sull’avambraccio di Gourry per trascinarlo verso un'altra bancarella, e l’espressione finta-scocciata dello spadaccino, che sbuffava, ma si lasciava trascinare docilmente verso un'altra trattativa, ancora e ancora…
Zel pensò che quell’uomo si sarebbe fatto trascinare all’inferno senza fiatare, se a portarcelo fosse stata Lina, e questo gli fece male.
Perché per lui non poteva esistere un modo di vivere tanto libero? Perché ogni sua scelta, ogni sua emozione o sentimento doveva essere condizionato dalla sua condanna?
Improvvisamente, nella ressa delle bancarelle, il sorriso dolce e limpido di Amelia gli balenò davanti agli occhi.
Chissà dov’era in quel momento…Chissà cosa stava facendo. Forse intratteneva una piccola folla di curiosi con qualche comizio sulla nobiltà di alti ideali, o forse stava acquistando dei fiori, o delle ciambelle…
Amelia con quegli occhi incantati. Incapaci di vedere le brutture del mondo…
Amelia con quell’ingenua innocenza, che le faceva credere di riuscire a cancellare ogni ingiustizia…
Amelia, con quelle labbra rosse…

Inaspettatamente, un’ombra gli comparve davanti agli occhi, e prima che Zel se ne potesse rendere conto, una sonora pacca sulla spalla lo fece traballare:
“Ah, ma tu sei qui allora??!” Esclamò Lina con un sorriso “Io e Gourry ci stavamo giusto chiedendo che fine avessi fatto!!”
Lo spadaccino rispose con limpido sorriso all’occhiata di traverso che Zel gli lanciò:
“Si, in effetti è quasi ora di pranzo…Ci converrà darci una mossa!!” Aggiunse candidamente.
La chimera si ricompose:
“Uhmpf…Ora di pranzo?...Ma, io sinceramente contavo di fare una puntatina al tempio sulla collina…” Commentò con indifferenza.
Lina assunse un’aria pensierosa:
“Ah si, ne ho sentito parlare anch’io…Ma pare che non ci sia niente di interessante, deve essere il tempio di qualche dio minore o qualcosa del genere…” Esclamò lanciando un’occhiata verso la collina che si poteva scorgere a distanza.
“Beh, dare un’occhiata non mi farà di certo male.” Commentò la chimera. “In ogni caso non mi ci vorrà molto…” Aggiunse, davanti allo sguardo accigliato della maga.
“Ma…”
A quel punto intervenne lo spadaccino:
“Lina, io ho fame…Che ne dici se noi invece decidessimo di fare una puntatina a quella locanda che abbiamo visto dietro a quel banchetto del pesce?”
Davanti a quell’offerta la maga parve abbandonare l’idea di procedere nel discorso legato al tempio. In fondo l’idea di un bel pranzetto a base di pesce risultava un’alternativa decisamente più interessante.
“Ok, noi siamo in quella locanda, quando avrai finito la tua gita ‘spirituale’ raggiungici lì!” Esclamò, prima di dargli le spalle ed incamminarsi verso la taverna.
Gourry rimase alcuni secondi immobile, dopodiché lanciò un’occhiata a Zelgadiss:
“Amelia aveva detto che avrebbe passato la giornata al molo…” Disse, come se stesse dicendo una cosa ovvia. Zelgadiss lo guardò con un misto di stupore-imbarazzo. “Non capisco perché me lo stai dicendo…”
Gourry fece spallucce:
“Ho solo pensato di avvisarti, nel caso scendendo dal tempio non trovassi più me e Lina alla locanda…”
La chimera lo guardò con un sorrisetto stampato sul volto:
“Questa mi sembra una cosa abbastanza improbabile…” Commentò sogghignando.
Gourry sorrise a sua volta:
“Ok, però ho voluto dirtelo lo stesso, caso mai la tua gita solitaria si rivelasse più solitaria del previsto!” E prima di dargli modo di protestare, con una strizzata d’occhi gli diede le spalle.
Zel rimase tra la folla, a bocca aperta. Non aveva ancora ben deciso se pensare che Gourry si divertisse a fingersi ingenuo per amore di Lina, o se semplicemente certe intuizioni gli balenassero fuori spontaneamente nei momenti meno opportuni. Stava di fatto che certe volte centrava il punto della situazione in una maniera che definire disarmante sarebbe stato eufemistico.
Zel prese un profondo respiro, e ridandosi un contegno si incamminò verso la collina.

La pace profonda e la quiete del bosco erano come un balsamo per l’anima ferita della chimera, che solo nel silenzio della vegetazione poté finalmente rilassarsi e allentare le proprie difese.
Zel si lasciò scivolare il cappuccio che gli copriva il volto, lasciando che il riverbero del sole tra i rami degli alberi illuminasse debolmente la sua pelle coriacea.
Quel luogo infondeva serenità, e Zel non si pentì minimamente di non aver seguito Lina e Gourry nella locanda. Gli sembrava quasi di sentirle fin lì le urla bellicose dei suoi amici, mentre si combattevano armati di forchetta, in una gara all’ultima lisca di pesce.
Pozzi senza fondo. Questo molto spesso aveva pensato di loro, mentre in disparte sorseggiava silenziosamente il suo caffè.
“Sono fatti così! Non c’è niente che amino più del cibo!” Avrebbe commentato Amelia con un sorriso.
Quel sorriso…
L’aveva detestato quel sorriso.
Sciocco e vanesio sorriso di una ragazzina incapace di comprendere quanto dolore ci fosse dietro al suo silenzio.
Non le aveva nemmeno stretto la mano, quando si erano presentati. Perché avrebbe dovuto sprecare la sua comprensione per una ragazza tanto superficiale?
Dirsi che era stato un cretino adesso avrebbe avuto senso? Mai considerazione si era rivelata più sbagliata. E di tutte le persone che aveva conosciuto sulla sua strada, mai di nessuno si era pentito così tanto di essersi fatto una cattiva opinione inizialmente.
Perché Amelia non era superficiale, era profonda, di una profondità che lo spaventava.
Perché Amelia era semplice, di una semplicità quasi banale. Di una dolcezza fuorviante. Incapace di mascherare i propri sentimenti, sempre in lotta per i propri ideali. Sembrava che il male non potesse trovare un solo piccolo spiraglio per insediarsi nel suo cuore.
Zelgadiss camminava tra le fronde in cui si stagliava il riverbero dorato, e i suoi pensieri scappavano verso il mare.
Ma non li avrebbe lasciati liberi di giocare con la bianca spuma che forse in quel momento carezzava i piedi della principessa. I suoi pensieri erano prigionieri; schiavi, come lui, dell’agognata cura.
Era quella la sua ossessione, la sua ragione.
Qualunque cosa gli sarebbe stata preclusa senza quella cura, lo sapeva, se ne convinceva ogni volta di più.
Se ne era convinto la prima volta che aveva guardato le sue mani, non più rosee e lisce, ma ispessite e ricoperte di pietra. Se ne era convinto tutte le volte che qualcuno guardandolo l’aveva indicato come un mostro dalla pelle verdognola. Se ne era convinto anche quando Amelia gli aveva lasciato il suo braccialetto, chiedendogli di tornare.
Come poteva una creatura tanto perfetta aspettare il ritorno di un mostro?
La cura avrebbe risolto anche quello.
Prima di quello non ci sarebbe stato niente che avrebbe potuto renderlo felice. Lo sapeva, l’aveva messo in conto.
Non importava quante volte avrebbe sorpreso la principessa a guardarlo quando pensava che non la stessa guardando. Non importava quante volte la sua mano si fosse ‘erroneamente posata sulla sua, o quante parole avesse potuto sprecare ricordandogli che non era il suo volto a spaventarla.

Amelia era bella, troppo bella. Amelia era perfetta.

Ma Amelia non capiva. Non capiva che non era LEI il problema. Che fino a quando non avrebbe trovato quella dannata cura, non poteva permettersi di amarla
Che fino a quando non fosse stato in pace con se stesso, non ci sarebbe stato posto per nessuno.
Per nessuno…

Amelia era una principessa.
E lui solo un mostro deforme.
Le parole su quanto fosse stata ingiusta quella realtà, non le aveva mai pronunciate la paladina di tutti i soprusi?

Finalmente giunse in prossimità del tempio. Era una costruzione in pietra non molto alta, che si stagliava tra la quiete degli alberi; al suo fianco, il rilassante rumore di una fontana, contribuiva a dare un tocco mistico all’ambiente.
Zel si guardò attorno circospetto, ma solo il lieve ondeggiare delle foglie rispose alle sue incertezze. Non c’era dubbio, era solo, completamente solo su quella montagna.
Con concentrazione la chimera osservò le incisioni sulle pareti del tempio. Strani simboli arcaici, a lui sconosciuti, ed effettivamente incapaci di dare una risposta alle sue domande.
Non era una novità…
L’avrebbe mai trovata una risposta alle sue domande? Esisteva un luogo nel mondo in cui avrebbe potuto dire di essere arrivato alla meta?
Un improvviso rumore di campanelli lo distolse dalle proprie elucubrazioni. Zel si mise sulla difensiva, scrutandosi intorno, ma subito dopo capì che il tintinnio proveniva dall’interno del tempio. Allora estraendo la spada dal fodero si incamminò sugli scalini in pietra, e spalancò la porta in legno di quel luogo dimenticato dagli uomini.
Un alito di vento profumato lo investì non appena il pesante battente gli lasciò intravedere l’ingresso del tempio; tuttavia, a dispetto di quanto aveva pensato, niente lo attendeva all’interno della costruzione. Si trattava di una stanza ampia e circolare, ma non un oggetto di mobilio ne decorava l’anima. Solo uno scacciaspiriti composto da un cangiante nastro di seta rossa a cui erano appesi dei campanelli dondolava lentamente al centro della stanza, gli stessi campanelli che , evidentemente, mossi da un alito di vento, avevano catturato la sua attenzione. La chimera si guardò attorno circospetta ancora per alcuni minuti, dopodiché rinfoderò la spada. Era palese che quel luogo non avesse altro da offrirgli, probabilmente era stato un altro buco nell’acqua.
Ma fu proprio quando si girò, che lo vide.
Un uomo sugli scalini del tempio.
Sedeva tranquillo leggendo un libro, come se fosse stata la cosa più normale del mondo, e quando la chimera uscendo dal tempio gli si avvicinò, guardandolo stupito, l’uomo si limitò a rivolgergli un candido sorriso: “E’ una splendida giornata, non è vero?” trillò gioioso.
Zelgadiss non riuscì a mascherare il proprio disorientamento: “Ma…Ma lei chi è?...Due secondi fa avrei giurato di essere TOTALMENTE solo quassù…” Esclamò.
L’uomo fece spallucce: “Forse non hai guardato attentamente, ma io sono sempre stato qui…” Commentò semplicemente, tornando a concentrare la propria attenzione al libro.
A quel punto la chimera cominciò a chiedersi se quello sconosciuto non si stesse prendendo gioco di lui; tentò di sbirciare la copertina del libro che l’uomo teneva tra le mani, ma prima che potesse scorgerne il titolo la voce dell’uomo lo fece sobbalzare: “Qui non troverai quello che stai cercando.”
Zelgadiss dopo un attimo di incertezza si riprese, lanciandogli un’occhiata torva:
“Non credo che siano affari suoi…” Commentò “Ma in ogni caso, cosa le fa credere che io STIA cercando qualcosa?”
L’uomo sorrise: “Tutti cercano qualcosa. E’ una caratteristica della specie umana, l’eterna insoddisfazione.” Con uno scatto chiuse la copertina del libro “Non vi importa quanto di prezioso già  possediate, siete sempre alla ricerca disperata di qualcosa che vi faccia sentire completi, o come minimo, qualcosa che SPERIATE vi faccia sentire completi. Ma non la troverete, perché ogni cosa ottenuta è destinata semplicemente ad essere assimilata, generando nuovi desideri ai quali non vi potrete sottrarre, e via dicendo…In sostanza, vivrete tutta la vita convinti di dover raggiungere una meta che non vedrete mai, perché in effetti, le vostre vite sono state create apposta per lasciarvi incompleti, per darvi questo brivido della ricerca. E’ questo che non riuscite ad accettare.” Il sorriso tornò ad illuminare il volto dell’uomo.
“Lei chi è?” Chiese semplicemente la chimera.
 “Sono il dio di questo tempio.” Rispose con calma quello, lasciando la chimera a chiedersi se in realtà non fosse un mitomane che viveva da eremita su quella collina.
“Il dio di questo tempio…Certo, e che tipo di dio, se non sono indiscreto?” Chiese con scetticismo.
“Ma, ho molti nomi...Alla gente di questo villaggio piace chiamarmi Ming, o destino…Puoi chiamarmi come vuoi, non ho preferenze!”
Una grossa goccia scese dalla tempia di Zelgadiss. Quell’uomo doveva essersi bevuto il cervello.
“Va bene, Ming…Io adesso devo proprio andare, è stato un piacere fare la sua conoscenza, ma ho cose molto importanti da fare e quindi…”
“Oh lo so, devi cercare la tua cura…La troverai Zelgadiss, non temere…”
A quelle parole il sangue si gelò nelle vene della chimera: “C-Cosa?...” Riuscì a biascicare.
L’uomo a quel punto gli rivolse una limpida occhiata: “Non stai forse cercando qualcosa che ti possa ridare la forza di guardarti con occhi compassionevoli, invece che con il consueto odio che ti rivolgi abitualmente?”
Zelgadiss annuì, di sale.
“Bene,” Proseguì l’uomo “La troverai, ma non qui. E in nessuno dei bui ed asfittici luoghi in cui l’hai cercata finora. Quello che tu cerchi, non lo troverai in un libro magico, ne tantomeno nell’ampolla di qualche oscuro e segreto laboratorio. Non la troverai nell’ostinazione della solitudine, ma nelle stelle del cielo. Quello che tu stai cercando, Zelgadiss, in realtà ce l’hai già addosso…”
A quel punto una strana rabbia invase il petto della chimera. E dire che per un attimo aveva creduto…Aveva sperato…
Ma no, era impossibile. Quell’uomo si stava solamente prendendo gioco di lui.
“Di cosa sta parlando?? Stelle? Ma quali stelle?!!”
“Stelle Zelgadiss, sto parlando proprio di stelle…Anzi, di una in particolare.” Ribattè l’uomo, criptico.
La chimera stava perdendo la pazienza. Stava addirittura per rimpiangere il pranzo alla locanda tra le urla della maga e dello spadaccino…
“Senta io non ho molto tempo, quindi la saluto…”
L’uomo gli sorrise:
“Lo so, adesso è ancora presto. Fra cinque anni. Fra cinque anni avrai l’equilibrio necessario per affrontare il tuo destino. Viaggerai molto Zelgadiss, cercherai e cercherai, senza rassegnarti. Ma poi tornerai. Il nastro rosso ti riporterà indietro, perché quello è il destino al quale sei legato, indipendentemente dalla distanza che cercherai di frapporci nel mezzo. Sai, ci sono legami che non si possono spezzare.”
La chimera incrociò le braccia al petto: “Nastro rosso? Ma di cosa parla?”
“Del filo che lega le persone destinate a stare insieme.” Sussurrò l’uomo “Ricordati Zelgadiss, sarà in una stella che troverai la tua risposta…” Aggiunse infine, prima di svanire.
La chimera si ritrovò improvvisamente sola, davanti al tempio deserto, e cominciò a temere di aver avuto un’allucinazione. Poi lentamente girò i tacchi, e si rincamminò lungo il sentiero nel bosco, lasciandosi alle spalle quel luogo di culto misterioso e i suoi segreti.

Fu quando raggiunse il mare che la vide. Seduta al tavolino all’aperto di una locanda che si affacciava proprio sul porto, stava mangiando un enorme gelato da una coppa di vetro.
Zelgadiss scrollò le spalle e sospirò, avvicinandosi all’amica. Quando la raggiunse prese una sedia e senza dire una parola le sedette al fianco, con la solita consueta espressione truce.
Amelia non si scompose. Era fin troppo abituata all’atteggiamento rude della chimera.
Gli rivolse un sorriso sincero, mentre i suoi lucidi capelli neri riflettevano il riverbero del sole: “Deduco che le tue ricerche di oggi non siano andate propriamente a buon fine?” Gli chiese dolcemente. Zelgadiss sospirò: “Peggio che peggio direi. Al mercato ho litigato con un libraio che puzzava di pesce e al tempio sulla collina ho incontrato un eremita pazzo che sosteneva di essere il dio di quel posto…”
Ad Amelia scappò una risata cristallina: “Oh, Zel! Ma non ti devi scoraggiare!! La giustizia trionfa sempre, dovresti saperlo…Prima o poi la troverai una cura!! E comunque…” Improvvisamente arrossì, distogliendo lo sguardo “Non a tutti importa sapere se il tuo aspetto è più o meno…’roseo’…” Concluse imbarazzata.
Zel  picchiò il pugno sul tavolo:
“Ma importa a me, per gli Dei!!” Poi rendendosi conto di aver ferito in qualche modo la principessa tentò di porvi ammenda: “Scusami, so che cercavi solo di tirarmi su di morale…”
Amelia scosse la testa:
“Oh, no, non ti devi scusare!! Sono…Sono stata indelicata…” Mormorò, abbassando il capo.
Zelgadiss sospirò.
Si detestava per il solo fatto di adottare sempre quell’atteggiamento rude/menefreghista con lei. Ma non poteva farne a meno. Mostrarsi duro era il solo modo che avesse per difendersi, se avesse abbandonato anche quella facciata, sarebbe stato completamente in balia dell’incertezza. E quello non se lo sarebbe potuto permettere.
Solo che Amelia era in grado ogni volta di mescolargli le carte in tavola, di minare tutte le sue certezze. Quelle poche che aveva, come minimo.
Lo faceva tremare il solo fatto di starle accanto.
Però non poteva sopportare quel muso lungo, soprattutto visto che era stato lui a provocarlo.
Con un gesto abbastanza inusuale per lui allungò un braccio, posandole gentilmente la mano sulla guancia, e le sollevò il viso verso il suo.
Gli occhi della principessa brillavano, mentre un lieve rossore le imporporò immediatamente le gote.
Zelgadiss la guardò a lungo negli occhi.
“Io…” Sussurrò “Devo andare.” Concluse infine.
Amelia deglutì:
“Ma…Ma come?”
La chimera avrebbe voluto prendersi a schiaffi da solo:
“Il fatto è che ho bisogno di tempo. Ho bisogno di calma per ragionare lucidamente, e per quanto mi divertano i battibecchi di Lina e Gourry su chi riuscirà a mangiarsi l’ultima polpetta, ti renderai conto anche tu che la mia ricerca non può fermarsi ogni due per tre perché quei due hanno bisogno di mangiare, svaligiare qualche bancarella, curiosare nei negozi…” Concluse con un sospiro.
Lo sguardo di Amelia assunse toni cupi. La sua pelle di porcellana risultava ancora più eterea a contatto con l’orribile palmo pietroso della chimera. Zelgadiss se ne rese conto e levò bruscamente la mano, sentendosi in colpa anche solo a turbare una cosa tanto bella come i lineamenti della principessa con la sua deformità.
Amelia cadde indietro contro allo schienale della sedia: “E…Dove pensi di andare?” Chiese in un sussurro.
“Ancora non so…Comunque verso l’entroterra. Tu che farai, continuerai il viaggio con Lina e Gourry?”
La principessa arrossì: “Oh, beh…Non credo. A dire il vero…Credo che me ne tornerò a Saillune.”
Zelgadiss sollevò un sopracciglio:
“E la tua missione diplomatica?”
“Ecco, a dire il vero…” Amelia giocherellava ora nervosamente con le dita “A dire il vero non c’è nessuna missione diplomatica. Mi sono aggregata a voi solo per passare un po’ di tempo insieme, sai, come hai vecchi tempi…” Poi improvvisamente il suo sguardo si fece serio “In realtà volevo passare un po’ di tempo con  te. Tu sei sempre così lontano, sfuggente…Insomma, mi è sembrata una buona occasione per poterti stare un po’vicino…” Concluse timidamente.
Zelgadiss non distolse gli occhi dai suoi: “Mi…Mi ha fatto piacere viaggiare con te in questi giorni. Davvero. Ma….”
Amelia concluse la frase per lui: “Ma adesso devi andare. Lo so, non ti devi giustificare…”
Il silenzio si insinuò lentamente tra la principessa e la chimera, come un nodo irrisolto di cui erano ormai troppo stanchi. Tra di loro la coppa di gelato si scioglieva sotto al sole.
Zelgadiss guardò nuovamente verso la principessa.
Non riusciva nemmeno a concepire che una ragazza tanto bella potesse trovare qualcosa di interessante in un esperimento andato a male come lui. Anzi, più ci pensava e più lo trovava irreale.
Ma la verità, era che gli metteva addosso una fifa blu.
Appellarsi alla sua fantomatica cura per infilare la porta tutte le volte che la vita lo portava davanti a qualcosa di concreto, era diventato ormai fin troppo facile. E Amelia lo sapeva. Stava al gioco, e come sempre sorrideva, esattamente come stava facendo in quel momento. La principessa indicò il gelato: “E’ un peccato vederlo sciogliersi senza averne assaggiata nemmeno una cucchiaiata, vero?”
Gli occhi di Zelgadiss la scrutarono a lungo: “Non è un peccato, è da stupidi.”
“Infatti…Cosa ne dici di farmi compagnia? Ti faccio portare un cucchiaino?”
“Ok…”

Il riverbero del sole si rifletteva sulla cristallina superficie del mare, e Zelgadiss si trovò ad osservare il cielo con un sorriso. Una strana, nuova sensazione gli riempiva il petto, sotto a quel sole che, non l’avrebbe ammesso, ma era in grado di riscaldare anche una pelle coriacea come la sua.
Improvvisamente, due voci fin troppo note riempirono l’aria:
“Molla l’osso cervello di medusa, l’ultimo spiedino mi spetta di diritto!!!”
“E per quale oscuro motivo??”
“Perché sono una fanciulla, testa vuota, è tanto difficile da capire???!!!”
“E com’è che tu sei una fanciulla solo quando ti gira??!!”
Lina e Gourry camminavano sulla banchina del molo, avvicinandosi alla locanda, e stavano litigando furiosamente nel tentativo di sgraffignarsi a vicenda un sacchetto di carta contenente l’ultimo spiedino di pesce. Zelgadiss sorrise tra sé e sé, vedendo come la maga, una ragazza che non arrivava al metro e sessanta, fosse in grado perfettamente di tenere testa ad uno stangone grande e grosso come Gourry. Anche se sotto sotto, sospettava seriamente che lo spadaccino glie ne desse vinta più di una.
 La chimera stava per scuotere la testa, divertito davanti al siparietto dei due amici, quando si accorse improvvisamente di un particolare che lo lasciò sconcertato.
Dal mignolo di Lina partiva un sottile nastro di seta rossa, che risalendo si congiungeva alla sua estremità, legata al mignolo di Gourry.
Zelgadiss strabuzzò gli occhi, e quando provò a riguardare non notò più nulla di strano.
La maga e lo spadaccino continuavano a battibeccare, come se niente avesse tenuto legate insieme le loro mani.
Eppure avrebbe giurato di averlo visto.

Quel nastro rosso capace di legare le persone destinate a trovarsi.

Proprio in quel momento un cameriere passò di fianco al tavolino cui sedevano lui e la principessa, e Amelia con un sorriso si sporse verso l’uomo: “Mi scusi, sarebbe possibile avere un altro cucchiaino?” Chiese gentilmente.
E fu proprio quando sollevò la mano per attirare l’attenzione del cameriere che Zelgadiss lo sentì.
Quel leggero strattone al mignolo della sua mano sinistra.


C’avrebbe messo esattamente cinque anni a rendersi conto che Saillune sorgeva su un enorme pentacolo.

Una stella a sei punte.


  
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