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Autore: Bluemask    31/07/2013    7 recensioni
"Ti amo."
Me lo hai mormorato nell'orecchio quando abbiamo tagliato insieme la prima fetta della torta nuziale.
Ho sorriso.
Anche io.
"Per sempre?"
Per sempre.

"Come sta papà?"
"Sta bene, è in ottima forma."
"Non si è ricordato nulla, vero?"
"Nulla, ma lo farà presto: il diario che ha tenuto per tutti questi anni gli farà tornare la memoria, te lo assicuro."
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il diario dei nostri ricordi

 

 

 

 

La dedico a mio fratello Tomas,
perché è un moccioso.
Ad Alessandra,
che mi ha aiutato a scegliere il titolo.
E al Gaylinson,
perché è il gruppo più figo.

 

 

 

 

Quando avevo quindici anni ti ho visto per la prima volta.
Stai lì in piedi in mezzo alla gente, urlando le parole delle canzoni e saltando sul posto, la maglietta colorata e i capelli lunghi da una parte del viso.
Non te l'ho mai detto, ma ti preferisco con i capelli lunghi. Sembri più bambino.
Ti ho osservato per tutta la serata, cercando i tuoi occhi blu e abbassando i miei quando li trovavo, nelle orecchie la tua voce che superava le grida degli altri e nel petto il cuore che batteva a mille.
Tu credi nei colpi di fulmini, Louis? Io sì.
Ma non credevo affatto che tu mi avessi notato.
Però, alla fine del concerto, ti sei avvicinato e mi hai chiesto se potevi offrirmi da bere.
E io mi sono fidato di te.
Quanto sono stato stupido?

Quando avevo sedici anni ho capito che mi piacevi.
Sono in fila per le audizioni a quel grandioso programma inglese in cui tutti gli amanti della musica sognano di andare e probabilmente non sono mai stato così nervoso.
C'è una marea di gente che spinge, le telecamere, i giornalisti. E ci sei tu.
"Harry!"
Quando ti ho sentito chiamare il mio nome ho creduto di immaginare, quando mi hai abbracciato ho creduto di sognare.
Sei identico a un anno fa, quando avevi diciassette anni, nella tua sciarpa leggera, la tua maglia colorata e i tuoi capelli lunghi.
"Che ci fai qui?"
Già, che ci faccio qui?
Sono venuto a vincere un sogno e ho trovato te.
Sono riuscito nel mio intento, non credi?

Quando avevo diciassette anni ci siamo baciati.
"Vieni qui."
Eccomi, sono seduto davanti a te.
Perché mi stai facendo il solletico? 
"Per sentirti ridere!"
Sento di essere arrossito, te ne sei accorto?
Probabilmente no, troppo impegnato a rotolarti sul letto e a fare smorfie buffe; mi tiri le maniche della maglia, finisco sdraiato sopra di te, era questo che volevi fin dall'inizio?
E allora perché sei tutto rosso?
E perché lo sono anche io?
Smetto di ridere, tu diventi serio come me, ho quasi paura di respirare.
Possiamo rimanere così per sempre? I nasi che si sfiorano e i miei ricci sulla tua fronte, le guance in fuoco e gli occhi spalancati, le bocche vicine.
"Posso baciarti?"
È incredibile che tu mi abbia chiesto il permesso. Forse tu l'hai trovata una cosa stupida, a me è piaciuta da matti.
Però mi piacevi di più tu.
Sì, puoi baciarmi.
E lo hai fatto.

Quando avevo diciotto anni mi è crollato il mondo addosso.
Una copertura, e che sarà mai?
Non dovevamo dire che ci amavamo, d'accordo.
Non dovevamo scherzare nelle interviste, va bene.
Tu dovevi fare finta di stare con una ragazza e sarebbero usciti articoli falsi su di me, che importava?
Ci bastava stare insieme nel nostro appartamento, ci bastava amarci.
"Non la bacerò."
Me lo prometti, Louis?
"Certo che sì, non mi convinceranno!"
Però c'è il vostro bacio su tutti i giornali, cosa dici adesso?
"Mi dispiace..."
Sul serio? Non sembravi troppo dispiaciuto mentre la baciavi, mentre andavate in giro con le mani intrecciate, mentre vi guardavate.
"Devi credermi, è tutto falso."
Crederti? Come posso farlo?
"Ti prego, non piangere."
Vattene, Louis, non abbracciarmi.
"Ti amo, Harry."
Ho lasciato che mi baciassi, mi sono abbandonato a te, perché ti amo anche io, Louis.

Quando avevo diciannove anni ho creduto di perderti per sempre.
Sei seduto sul tuo letto della stanza d'albergo, la testa abbassata e i capelli castani che nascondono gli occhi; mi immagino Zayn addormentato nella camera accanto, Liam che cammina avanti e indietro e Niall che gli dice di stare calmo, che non succederà nulla di grave, che quando tu hai detto di lasciarci soli era solo un altro tuo scherzo.
Alzi il capo e mi guardi, serio.
Ti odio quando hai questo sguardo. Non sembri tu. Sembra quello di un ragazzo stanco con le occhiaie e le pupille arrossate dal pianto, e questo non sei tu. Questo non sono io.
"Forse è meglio finirla qui."
Sento il mio cuore fermarsi e un brivido freddo che mi fa tremare, ho paura di cadere da un momento all'altro.
No. Come può essere meglio?
"Forse dovremmo dimenticare tutto quello che è successo tra noi."
Dimenticare? Tu ne saresti capace?
Sospiri.
"Non lo so, Harry, non lo so. È così difficile."
Non mi lasciare.
"Non voglio farlo."
E allora non farlo.
Sorridi.
"Piccolo mio."
È un sussurro perso nel pianto.
Esatto, Boo, tuo. Solo tuo.
"Mi dispiace."
Spalanchi le braccia e io mi tuffo al loro intero, ci sdraiamo vicini sulle coperte costose, i nasi che si toccano.
Mi asciughi le lacrime con una mano. Sorridi.
"Non piangere, piccolo mio."
Se resti con me non piangerò.
Mi aggrappo alla tua maglia e premo la fronte sul tuo petto.
Tu mi tieni stretto a te.

Quando avevo vent'anni hai smesso di respirare.
Cos'è successo?
"Ha avuto un incidente."
Non è possibile.
"Ha superato il limite di velocità, non è riuscito a girare in tempo nella curva."
No, tu guidi bene, sei sempre attento, non è possibile.
"Harry, vieni."
È la tua voce? Dove sei?
"Sono Liam, Harry. Harry?"
Sbatto le palpebre, il volto stravolto dal pianto di Liam mi compare nella visuale. Zayn e Niall sono abbracciati poco lontano da noi nel corridoio dell'ospedale. Niall tiene gli occhi chiusi, Zayn gli accarezza la schiena.
"Harry?"
Guardo di nuovo Liam.
Voglio vederlo.
"Non si può ancora, dobbiamo prima-"
Spingo di lato l'infermiera che parla e apro la porta che mi separa da te.
E tu sei lì.
Sdraiato tra le lenzuola bianche, la testa fasciata da alcune bende e dei tubi sottili infilati nel corpo.
Gli occhi chiusi, le labbra serrate, il volto pallido.
Sembra quasi che tu sia solo svenuto.
Lo schermo scuro accanto a te lampeggia, la linea verde è una striscia luminosa e beffarda e dritta.
Sei morto, Louis. Non respiri più.
Un medico giovane è in piedi vicino a te con un arnese in mano, le parole che dice sono ovattate e vuote.
L'infermiera mi prende un braccio e cerca di tirarmi via, il medico posa l'arnese sul tuo petto e sei scosso dall'elettricità.
"Non serve a nulla, è morto."
Il medico scuote la testa alla replica dell'infermiera, che tenta ancora di tirarmi via.
Io ti fisso con gli occhi spalancati.
Una seconda scossa.
Una terza.
Non funziona.
Una quarta.
La linea verde incomincia a muoversi, si formano delle piccole onde.
L'infermiera si blocca.
Quinta scossa.
Socchiudi gli occhi, stancamente.
Il medico si blocca, appoggia l'arnese su un comodino.
Chiudi gli occhi di nuovo.
"Sta dormendo."
Il medico sorride.
Sorrido anche io.
Sento il pianto di felicità che mi fa scoppiare il cuore.

Quando avevo ventuno anni ti sei svegliato.
Dopo essere stato strappato dal paradiso sei caduto in coma, troppo stanco per vivere e troppo forte per morire.
Sono stato accanto a te, seduto su una sedia, tutto il tempo ad aspettarti.
Zayn, Niall e Liam mi hanno fatto compagnia a turno per non lasciarci soli.
A volte hanno pianto, altre ti hanno guardato tenendomi per mano.
Una notte Zayn mi ha confessato di aver trovato nel nostro appartenente delle bottigliette d'alcool.
Da quanto tempo ti ubriacavi? Per questo hai avuto quell'incidente?
Non gli ho detto niente. 
In realtà non dico niente a nessuno da un anno.
Ho giurato a me stesso che non avrei più parlato finché tu non fossi tornato da me.
La televisione e la stampa hanno confermato la fine dei One Direction da tempo, e non mi importa.
Liam mi imbocca, a volte, come se fossi un bambino, perché non mi importa di mangiare. Mi sento debole, so di avere un aspetto orribile. Uno scheletro.
E non mi importa.
Mi importa solo di vedere di nuovo i tuoi occhi azzurri, di sentire la tua risata e la tua voce.
E un giorno di gennaio i miei desideri si sono avverati.
Quando hai aperto gli occhi ho pensato di sognare ancora una volta, per questo non ho fatto nulla.
"Pic-"
Hai strizzato gli occhi con una smorfia di dolore, ho sgranato i miei.
"Piccolo."
Ti ho stretto le mani con un sorriso che non avevo da un anno.
Louis?
La gola mi brucia per lo sforzo di parlare dopo tutti quei mesi di silenzio.
Tu annuisci.
Le tue labbra sussurrano un lieve ‘ti amo’.
Ti amo anche io.
Sorridi.

Quando avevo  ventidue anni vivevamo di nuovo insieme nel nostro appartamento.
Hai buttato l'alcool rimasto mentre mi spiegavi che ne facevi uso da poche settimane.
"Per lo stress."
Non ti ho rivolto la parola per qualche minuto, seduto sul divano, e tu sei rimasto fermo davanti a me.
Non lo farai più?
"No."
Me lo giuri?
"Te lo giuro."
Ho sorriso e tu mi hai baciato.
Abbiamo passato qualche mese chiusi nella nostra casa, la televisione usata solo per vedere film insieme e i telefoni staccati.
Niall, Liam e Zayn sono venuti a trovarci alcune volte, portando della spesa; restavano non più di un'ora, sorridendo felici e scherzando come se non fosse successo nulla.
La porta è rimasta sempre aperta solo per loro e per le nostre due famiglie. 
Mamma e Gemma sono venute rare volte per controllare che stessimo bene e spesso abbiamo pranzato con Jay e le bambine, ma siamo riusciti facilmente a recuperare l'intimità persa.
Mi sono svegliato ogni notte per un po' di tempo a causa dei miei incubi o dei tuoi, ma stiamo sempre meglio. Vero?

Quando avevo ventitré anni sono tornato in ospedale.
Mi sono accorto di non avere mai ringraziato davvero il medico giovane che ti ha riportato in vita e sono rimasto spiazzato quando un'infermiera sui sessanta mi ha detto che è morto da poche settimane.
Ha detto anche che era malato da tre anni, ma che aveva continuato a lavorare.
Quando te ne ho parlato, quella sera a cena, ti è sfuggita la forchetta dalla mano.
"Se non avesse continuato a lavorare io non sarei qui."
Ti ho abbracciato quando sei scoppiato a piangere.
Siamo andati al suo funerale con gli occhi bassi e le mani intrecciate, abbiamo scoperto che si chiamava Thomas e che aveva venticinque anni.
"Come me."
Ho annuito, tu hai stretto di più la mia mano.

Quando avevo ventiquattro anni mi hai portato fuori a cena.
Me lo ricordo perfettamente perché è stata una delle serate più speciali che abbiamo passato insieme.
Mi hai detto di mettermi qualcosa di elegante addosso, ché una celebrità ci aveva invitati a un party: alle otto in punto una limousine nera si è fermata davanti a casa nostra e noi siamo entrati dentro, per tutto il viaggio ti ho chiesto dove saremmo andati e tu ridevi, guardando fuori dal finestrino.
Quando ci siamo fermati eravamo davanti a un ristorante pieno di luci. Mi hai preso per mano e, mentre qualche giornalista ci scattava delle foto, mi hai fatto entrare in una porta che portava sul retro, in un giardino enorme.
In mezzo all'erba e ai cespugli pieni di fiori si trovavano un tavolino apparecchiato alla perfezione e due sedie.
Mi hai preso sottobraccio fino a lì, hai spostato una sedia per farmi sedere e poi ti sei messo davanti a me.
Era tutto bellissimo, ma la cosa più bella eri tu.
Alla fine della cena ti sei inginocchiato per terra, aprendo una scatola nera con un anello argentato al suo interno; tenevi gli occhi azzurri spalancati, i miei erano lucidi, ed eri completamente rosso.
"Vuoi sposarmi, Harry?"
Ho sorriso con le lacrime che pungevano cercando di uscire.
Sì.

Quando avevo venticinque anni sono stato il ragazzo più felice del mondo.
Siamo in municipio, le mani intrecciate e i sorrisi felici.
Zayn, Liam e Niall sono dietro di noi con uno sguardo orgoglioso e lucido – prima ho intravisto Zayn asciugarsi una lacrima, le nostre famiglie e pochi amici intimi ci osservano fieri.
Le fedi dorate splendono come i tuoi occhi quando ci siamo baciati, finalmente sposi, e siamo rimasti abbracciati per non so quanto tempo prima di festeggiare il matrimonio con tutti altri.
"Ti amo."
Me lo hai mormorato nell'orecchio quando abbiamo tagliato insieme la prima fetta della torta nuziale.
Ho sorriso.
Anche io.
"Per sempre?"
Per sempre.




Louis smette di leggere, chiude il diario, abbassa le palpebre stanche per non piangere e quando le riapre un signore più giovane di lui di due anni dorme tranquillo in un letto bianco.
Louis, un uomo di settantotto anni compiuti da poco, si alza con il quaderno nero tra le mani e si avvicina all'altro, accarezzandogli i rari capelli bianchi e ondulati, gli posa un bacio leggero sulla fronte.
"Buonanotte Harry, a domani" soffia a bassa voce per non svegliarlo.
Esce dall'ospizio lentamente, sul marciapiede lo sta aspettando un uomo di quarantacinque anni che si apre in un sorriso e gli va incontro; riesce ancora a vederlo, Louis, seduto tra gli altri bambini dell’orfanotrofio con un trenino di legno in mano, i capelli ricci che cadono sugli occhi nocciola, il primo giorno che lui e Harry lo hanno visto e quello in cui hanno deciso di adottarlo, quarantadue anni fa.
"Come sta papà?" domanda, preoccupato, prendendolo per un braccio.
Louis sorride, appoggiando una mano su quella del figlio.
"Sta bene, è in ottima forma" lo rassicura, allegro.
Thomas annuisce. "Non si è ricordato nulla, vero?"
"Nulla" Louis si stringe nelle spalle. "Ma lo farà presto: il diario che ha tenuto per tutti questi anni gli farà tornare la memoria, te lo assicuro."
Thomas deglutisce sentendo un sasso incastrato in gola e cerca di sorridere. "Certo, papà" mente, perché sa che non ci sono speranze, lo hanno ripetuto tante volte i dottori.
Louis si volta un'ultima volta verso la finestra della camera di Harry e gli sembra di vederla aperta, ma deve essere solo una sua impressione.
E così, mentre una macchina blu parte con Louis e Thomas dentro, un uomo di settantasei anni con i capelli bianchi e ondulati sorride.
Tira le tende, poi, e ritorna a letto, sperando che il giorno dopo arrivi presto, perché proprio non vede l'ora che torni quel vecchio simpatico e divertente, Louis, che gli fa provare una sensazione strana allo stomaco.
Non se lo ricorda, ma è sicuro di averlo amato.
Ed è sicuro di amarlo ancora.

  
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