Il diario dei
nostri ricordi
La
dedico a mio fratello Tomas,
perché
è un moccioso.
Ad Alessandra,
che
mi ha aiutato a scegliere il titolo.
E al
Gaylinson,
perché
è il gruppo più figo.
Quando avevo quindici anni ti ho
visto
per la prima volta.
Stai lì in piedi in mezzo alla gente, urlando le parole
delle canzoni e
saltando sul posto, la maglietta colorata e i capelli lunghi da una
parte del
viso.
Non te l'ho mai detto, ma ti preferisco con i capelli lunghi. Sembri
più
bambino.
Ti ho osservato per tutta la serata, cercando i tuoi occhi blu e
abbassando i
miei quando li trovavo, nelle orecchie la tua voce che superava le
grida degli
altri e nel petto il cuore che batteva a mille.
Tu credi nei colpi di fulmini, Louis? Io sì.
Ma non credevo affatto che tu mi avessi notato.
Però, alla fine del concerto, ti sei avvicinato e mi hai
chiesto se potevi
offrirmi da bere.
E io mi sono fidato di te.
Quanto sono stato stupido?
Quando avevo sedici anni ho capito che mi piacevi.
Sono in fila per le audizioni a quel grandioso programma inglese in cui
tutti
gli amanti della musica sognano di andare e probabilmente non sono mai
stato
così nervoso.
C'è una marea di gente che spinge, le telecamere, i
giornalisti. E ci sei tu.
"Harry!"
Quando ti ho sentito chiamare il mio nome ho creduto di immaginare,
quando mi
hai abbracciato ho creduto di sognare.
Sei identico a un anno fa, quando avevi diciassette anni, nella tua
sciarpa
leggera, la tua maglia colorata e i tuoi capelli lunghi.
"Che ci fai qui?"
Già, che ci faccio qui?
Sono venuto a vincere un sogno e ho trovato te.
Sono riuscito nel mio intento, non credi?
Quando avevo diciassette anni ci siamo baciati.
"Vieni qui."
Eccomi, sono seduto davanti a te.
Perché mi stai facendo il solletico?
"Per sentirti ridere!"
Sento di essere arrossito, te ne sei accorto?
Probabilmente no, troppo impegnato a rotolarti sul letto e a fare
smorfie
buffe; mi tiri le maniche della maglia, finisco sdraiato sopra di te,
era
questo che volevi fin dall'inizio?
E allora perché sei tutto rosso?
E perché lo sono anche io?
Smetto di ridere, tu diventi serio come me, ho quasi paura di respirare.
Possiamo rimanere così per sempre? I nasi che si sfiorano e
i miei ricci sulla
tua fronte, le guance in fuoco e gli occhi spalancati, le bocche vicine.
"Posso baciarti?"
È incredibile che tu mi abbia chiesto il permesso. Forse tu
l'hai trovata una
cosa stupida, a me è piaciuta da matti.
Però mi piacevi di più tu.
Sì, puoi baciarmi.
E lo hai fatto.
Quando avevo diciotto anni mi è crollato il mondo addosso.
Una copertura, e che sarà mai?
Non dovevamo dire che ci amavamo, d'accordo.
Non dovevamo scherzare nelle interviste, va bene.
Tu dovevi fare finta di stare con una ragazza e sarebbero usciti
articoli falsi
su di me, che importava?
Ci bastava stare insieme nel nostro appartamento, ci bastava amarci.
"Non la bacerò."
Me lo prometti, Louis?
"Certo che sì, non mi convinceranno!"
Però c'è il vostro bacio su tutti i giornali,
cosa dici adesso?
"Mi dispiace..."
Sul serio? Non sembravi troppo dispiaciuto mentre la baciavi, mentre
andavate
in giro con le mani intrecciate, mentre vi guardavate.
"Devi credermi, è tutto falso."
Crederti? Come posso farlo?
"Ti prego, non piangere."
Vattene, Louis, non abbracciarmi.
"Ti amo, Harry."
Ho lasciato che mi baciassi, mi sono abbandonato a te,
perché ti amo anche
io, Louis.
Quando avevo diciannove anni ho creduto di perderti per sempre.
Sei seduto sul tuo letto della stanza d'albergo, la testa abbassata e i
capelli
castani che nascondono gli occhi; mi immagino Zayn addormentato nella
camera
accanto, Liam che cammina avanti e indietro e Niall che gli dice di
stare
calmo, che non succederà nulla di grave, che quando tu hai
detto di lasciarci
soli era solo un altro tuo scherzo.
Alzi il capo e mi guardi, serio.
Ti odio quando hai questo sguardo. Non sembri tu. Sembra quello di un
ragazzo
stanco con le occhiaie e le pupille arrossate dal pianto, e questo non
sei tu.
Questo non sono io.
"Forse è meglio finirla qui."
Sento il mio cuore fermarsi e un brivido freddo che mi fa tremare, ho
paura di
cadere da un momento all'altro.
No. Come può essere meglio?
"Forse dovremmo dimenticare tutto quello che è successo tra
noi."
Dimenticare? Tu ne saresti capace?
Sospiri.
"Non lo so, Harry, non lo so. È così difficile."
Non mi lasciare.
"Non voglio farlo."
E allora non farlo.
Sorridi.
"Piccolo mio."
È un sussurro perso nel pianto.
Esatto, Boo, tuo. Solo tuo.
"Mi dispiace."
Spalanchi le braccia e io mi tuffo al loro intero, ci sdraiamo vicini
sulle
coperte costose, i nasi che si toccano.
Mi asciughi le lacrime con una mano. Sorridi.
"Non piangere, piccolo mio."
Se resti con me non piangerò.
Mi aggrappo alla tua maglia e premo la fronte sul tuo petto.
Tu mi tieni stretto a te.
Quando avevo vent'anni hai smesso di respirare.
Cos'è successo?
"Ha avuto un incidente."
Non è possibile.
"Ha superato il limite di velocità, non è
riuscito a girare in tempo nella
curva."
No, tu guidi bene, sei sempre attento, non è possibile.
"Harry, vieni."
È la tua voce? Dove sei?
"Sono Liam, Harry. Harry?"
Sbatto le palpebre, il volto stravolto dal pianto di Liam mi compare
nella
visuale. Zayn e Niall sono abbracciati poco lontano da noi nel
corridoio
dell'ospedale. Niall tiene gli occhi chiusi, Zayn gli accarezza la
schiena.
"Harry?"
Guardo di nuovo Liam.
Voglio vederlo.
"Non si può ancora, dobbiamo prima-"
Spingo di lato l'infermiera che parla e apro la porta che mi separa da
te.
E tu sei lì.
Sdraiato tra le lenzuola bianche, la testa fasciata da alcune bende e
dei tubi
sottili infilati nel corpo.
Gli occhi chiusi, le labbra serrate, il volto pallido.
Sembra quasi che tu sia solo svenuto.
Lo schermo scuro accanto a te lampeggia, la linea verde è
una striscia luminosa
e beffarda e dritta.
Sei morto, Louis. Non respiri più.
Un medico giovane è in piedi vicino a te con un arnese in
mano, le parole che
dice sono ovattate e vuote.
L'infermiera mi prende un braccio e cerca di tirarmi via, il medico
posa
l'arnese sul tuo petto e sei scosso dall'elettricità.
"Non serve a nulla, è morto."
Il medico scuote la testa alla replica dell'infermiera, che tenta
ancora di
tirarmi via.
Io ti fisso con gli occhi spalancati.
Una seconda scossa.
Una terza.
Non funziona.
Una quarta.
La linea verde incomincia a muoversi, si formano delle piccole onde.
L'infermiera si blocca.
Quinta scossa.
Socchiudi gli occhi, stancamente.
Il medico si blocca, appoggia l'arnese su un comodino.
Chiudi gli occhi di nuovo.
"Sta dormendo."
Il medico sorride.
Sorrido anche io.
Sento il pianto di felicità che mi fa scoppiare il cuore.
Quando avevo ventuno anni ti sei svegliato.
Dopo essere stato strappato dal paradiso sei caduto in coma,
troppo stanco
per vivere e troppo forte per morire.
Sono stato accanto a te, seduto su una sedia, tutto il tempo ad
aspettarti.
Zayn, Niall e Liam mi hanno fatto compagnia a turno per non lasciarci
soli.
A volte hanno pianto, altre ti hanno guardato tenendomi per mano.
Una notte Zayn mi ha confessato di aver trovato nel nostro appartenente
delle
bottigliette d'alcool.
Da quanto tempo ti ubriacavi? Per questo hai avuto quell'incidente?
Non gli ho detto niente.
In realtà non dico niente a nessuno da un anno.
Ho giurato a me stesso che non avrei più parlato
finché tu non fossi tornato da
me.
La televisione e la stampa hanno confermato la fine dei One Direction
da tempo,
e non mi importa.
Liam mi imbocca, a volte, come se fossi un bambino, perché
non mi importa di
mangiare. Mi sento debole, so di avere un aspetto orribile. Uno
scheletro.
E non mi importa.
Mi importa solo di vedere di nuovo i tuoi occhi azzurri, di sentire la
tua
risata e la tua voce.
E un giorno di gennaio i miei desideri si sono avverati.
Quando hai aperto gli occhi ho pensato di sognare ancora una volta, per
questo
non ho fatto nulla.
"Pic-"
Hai strizzato gli occhi con una smorfia di dolore, ho sgranato i miei.
"Piccolo."
Ti ho stretto le mani con un sorriso che non avevo da un anno.
Louis?
La gola mi brucia per lo sforzo di parlare dopo tutti quei mesi di
silenzio.
Tu annuisci.
Le tue labbra sussurrano un lieve ‘ti amo’.
Ti amo anche io.
Sorridi.
Quando avevo ventidue
anni vivevamo di
nuovo insieme nel nostro appartamento.
Hai buttato l'alcool rimasto mentre mi spiegavi che
ne facevi uso da
poche settimane.
"Per lo stress."
Non ti ho rivolto la parola per qualche minuto, seduto sul divano, e tu
sei
rimasto fermo davanti a me.
Non lo farai più?
"No."
Me lo giuri?
"Te lo giuro."
Ho sorriso e tu mi hai baciato.
Abbiamo passato qualche mese chiusi nella nostra casa, la televisione
usata
solo per vedere film insieme e i telefoni staccati.
Niall, Liam e Zayn sono venuti a trovarci alcune
volte, portando della
spesa; restavano non più di un'ora, sorridendo felici e
scherzando come se non
fosse successo nulla.
La porta è rimasta sempre aperta solo per loro e per le
nostre due
famiglie.
Mamma e Gemma sono venute rare volte per controllare che
stessimo bene e
spesso abbiamo pranzato con Jay e le bambine, ma siamo riusciti
facilmente a
recuperare l'intimità persa.
Mi sono svegliato ogni notte per un po' di tempo a causa dei miei
incubi o dei
tuoi, ma stiamo sempre meglio. Vero?
Quando avevo ventitré anni sono tornato in ospedale.
Mi sono accorto di non avere mai ringraziato davvero il medico giovane
che ti
ha riportato in vita e sono rimasto spiazzato quando un'infermiera sui
sessanta
mi ha detto che è morto da poche settimane.
Ha detto anche che era malato da tre anni, ma che aveva continuato a
lavorare.
Quando te ne ho parlato, quella sera a cena, ti è sfuggita
la forchetta dalla
mano.
"Se non avesse continuato a lavorare io non sarei qui."
Ti ho abbracciato quando sei scoppiato a piangere.
Siamo andati al suo funerale con gli occhi bassi e le mani intrecciate,
abbiamo
scoperto che si chiamava Thomas e che aveva venticinque anni.
"Come me."
Ho annuito, tu hai stretto di più la mia mano.
Quando avevo ventiquattro anni mi hai portato fuori a cena.
Me lo ricordo perfettamente perché è stata una
delle serate più speciali che
abbiamo passato insieme.
Mi hai detto di mettermi qualcosa di elegante addosso, ché
una celebrità ci
aveva invitati a un party: alle otto in punto una limousine nera si
è fermata
davanti a casa nostra e noi siamo entrati dentro, per tutto il viaggio
ti ho
chiesto dove saremmo andati e tu ridevi, guardando fuori dal finestrino.
Quando ci siamo fermati eravamo davanti a un ristorante pieno di luci.
Mi hai
preso per mano e, mentre qualche giornalista ci scattava delle foto, mi
hai
fatto entrare in una porta che portava sul retro, in un giardino enorme.
In mezzo all'erba e ai cespugli pieni di fiori si trovavano un tavolino
apparecchiato alla perfezione e due sedie.
Mi hai preso sottobraccio fino a lì, hai spostato una sedia
per farmi sedere e
poi ti sei messo davanti a me.
Era tutto bellissimo, ma la cosa più bella eri tu.
Alla fine della cena ti sei inginocchiato per terra, aprendo una
scatola nera
con un anello argentato al suo interno; tenevi gli occhi azzurri
spalancati, i
miei erano lucidi, ed eri completamente rosso.
"Vuoi sposarmi, Harry?"
Ho sorriso con le lacrime che pungevano cercando di uscire.
Sì.
Quando avevo venticinque anni sono stato il ragazzo più
felice del mondo.
Siamo in municipio, le mani intrecciate e i sorrisi felici.
Zayn, Liam e Niall sono dietro di noi con uno sguardo orgoglioso e
lucido – prima
ho intravisto Zayn asciugarsi una lacrima, le nostre famiglie e pochi
amici
intimi ci osservano fieri.
Le fedi dorate splendono come i tuoi occhi quando ci siamo baciati,
finalmente
sposi, e siamo rimasti abbracciati per non so quanto tempo prima di
festeggiare
il matrimonio con tutti altri.
"Ti amo."
Me lo hai mormorato nell'orecchio quando abbiamo tagliato insieme la
prima
fetta della torta nuziale.
Ho sorriso.
Anche io.
"Per sempre?"
Per sempre.
Louis
smette di leggere, chiude il diario, abbassa le palpebre stanche per
non
piangere e quando le riapre un signore più giovane di lui di
due anni dorme
tranquillo in un letto bianco.
Louis, un uomo di settantotto anni compiuti da poco, si alza con il
quaderno
nero tra le mani e si avvicina all'altro, accarezzandogli i rari
capelli
bianchi e ondulati, gli posa un bacio leggero sulla fronte.
"Buonanotte Harry, a domani" soffia a bassa voce per non svegliarlo.
Esce dall'ospizio lentamente, sul marciapiede lo sta aspettando un uomo
di
quarantacinque anni che si apre in un sorriso e gli va incontro; riesce
ancora
a vederlo, Louis, seduto tra gli altri bambini
dell’orfanotrofio con un trenino
di legno in mano, i capelli ricci che cadono sugli occhi nocciola, il
primo
giorno che lui e Harry lo hanno visto e quello in cui hanno deciso di
adottarlo, quarantadue anni fa.
"Come
sta papà?" domanda, preoccupato, prendendolo per un braccio.
Louis sorride, appoggiando una mano su quella del figlio.
"Sta bene, è in ottima forma" lo rassicura, allegro.
Thomas annuisce. "Non si è ricordato nulla, vero?"
"Nulla" Louis si stringe nelle spalle. "Ma lo farà presto:
il
diario che ha tenuto per tutti questi anni gli farà tornare
la memoria, te lo
assicuro."
Thomas deglutisce sentendo un sasso incastrato in gola e cerca di
sorridere.
"Certo, papà" mente, perché sa che non ci sono
speranze, lo hanno
ripetuto tante volte i dottori.
Louis si volta un'ultima volta verso la finestra della camera di Harry
e gli
sembra di vederla aperta, ma deve essere solo una sua impressione.
E così, mentre una macchina blu parte con Louis e Thomas
dentro, un uomo di
settantasei anni con i capelli bianchi e ondulati sorride.
Tira le tende, poi, e ritorna a letto, sperando che il giorno dopo
arrivi
presto, perché proprio non vede l'ora che torni quel vecchio
simpatico e
divertente, Louis, che gli fa provare una sensazione strana allo
stomaco.
Non se lo ricorda, ma è sicuro di averlo amato.
Ed è sicuro di amarlo ancora.